Mafie

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Giampiero
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Mafie

Messaggio da leggere da Giampiero »

leggi documento Spiacente ma, in questo browser, la lettura a voce non funziona.

Sotto lo sguardo indefinito di donna Agatina, ferma in piedi accanto al credenzone con uno straccio in mano, il parroco è alle prese con il suo piatto preferito. Broccoletti affogati con cipolla e olive.
A capotavola, su un largo tovagliolo decorato con motivi floreali è perfettamente centrata la ciotola dove i broccoletti sono sistemati in una struttura piramidale. Ma, proprio sotto il naso del gesuita, che non deve fare altro che allungare la forchetta e rimpinzarsi lo stomaco, continuano a emettere fumo senza subire assalti.
L'appetito del parroco è guastato da un pensiero fisso. Don Calogero Battaglia, il nuovo boss del paese, non muove mai minacce a vuoto. Il don gli ha concesso un mese per lasciare la parrocchia e andarsene per sempre, e il termine è scaduto.
E se il pensiero del parroco è fisso, lo sguardo in compenso vaga per la stanza, instancabile, quasi un giro del Peloponneso. Alla fine si arresta sul piatto. E quando la piramide cede di colpo, per effetto del brodo che scompone la sua massa compatta, il parroco sbarra gli occhi, atterrito: dal piatto vede allungarsi un braccio con una mano gigantesca che lo afferra per la gola.
«Sono scotti?»
Il parroco balza sulla sedia. Partita dall'oltretomba la voce della perpetua gli arriva come una fucilata: un'aggiunta a quella mostruosità.
«Chi è? Che cosa dice?»
La donna scrolla il capo. «Volevo solo sapere se sono scotti.»
La donna ricomincia a passare lo straccio sul mobile. «Gesù, non mi so mai regolare.»
Il parroco alza gli occhi al soffitto e vi deposita una giaculatoria in cui si parla di "chi me l'ha mandata 'sta scimunita?" e "che ho fatto di male per meritarmi una pazza così?".
Infila i rebbi della forchetta nei broccoletti e intanto fissa la donna.
«No» risponde incarognito «è il mio cervello che è scotto.»
«Vedrete, prima o poi si stancherà e vi lascerà in pace.»
«Di chi sta parlando?»
«Di don Calogero Battaglia.»
«Non ci conti. Ormai io sono il suo gioco preferito. E tutti lo sanno: quel lupo della foresta odia i preti e qualsiasi cosa santificata di questo mondo.»
«Avete ragione. Deve odiare anche Dio. Avete visto domenica in chiesa? Non si è tolto la coppola.»
«Cieco non sono.»
Don Carmelo solleva la forchetta ma nel portarla alla bocca si blocca con la mano a mezz'aria: un ricordo improvviso si tramuta in un'ennesima esternazione di rabbia. «E pensare che voleva farsi prete, il mala carne!»
Donna Agatina assume una posa che, straccio in mano, al parroco riporta alla mente la scena di Saul fulminato sulla via di Damasco.
«Davvero voleva farsi prete?»
«E che, dico cretinate, io? Lo chieda in giro. Nel quartiere tutti lo sanno.»
«Gesù. Si vede, allora, che qualcosa di buono deve averlo anche lui nel cuore.»
«Come no. In effetti, con quel suo coltello dalla lama affilatissima che mette in mostra a ogni brivido di collera, dicono che abbia fatto cose buone. Molte buone. Buonissime. Tante buone che nella borgata de' pescatori non si contano più le sue vittime.»
La perpetua gli indirizza uno strano sguardo. «Ditemi la verità, don Carmelo, voi avete paura di lui, vero?»
Il parroco tace. Accantona la domanda in un angolo del suo cervello, promettendosi di rispondere per le rime alla perpetua. Il ricordo di un colloquio al confessionale con don Calogero ragazzo, tantissimo tempo fa, prende il sopravvento.
"… La tua vocazione è una cosa preziosa, Calogero. Mi fa capire che sei un ragazzo speciale. Devi fare attenzione, però, tante sono le tentazioni in questo mondo. Ed è opportuno che io ti prepari alla vita da servitore di Dio. Ma devo sapere se c'è qualcosa che ti turba".
"Padre, in effetti sono preoccupato per la malattia di mio fratello. Purtroppo nemmeno mia madre sta bene. Dalla morte di mio padre non s'è più riavuta, sapete".
"Coraggio, non devi abbatterti. Ognuno di noi ha la sua croce da portare su questa terra".
"La malattia di mio fratello è di quelle rare, una complicanza ai polmoni. Occorre del denaro per curarlo, e la mia famiglia purtroppo è povera. Abbiamo già tanti debiti".
"Un rimedio lo troveremo".
"Davvero padre?"
"Si può sempre organizzare una colletta. Ma devi prima mettere a nudo la tua anima".
"E come padre?"
"Con la preghiera arriveremo al cuore di Dio. Ma immagino, data la tua giovane età, che tu sia attratto dai piaceri della carne e non puoi fare a meno di toccarti".
"Toccarmi?"
"Su, che hai capito".
"Padre, veramente non so cosa c'entri questo discorso con l'arrivare al cuore di Dio".
"C'entra figliolo, c'entra. Se dobbiamo rivolgere quelle famose preghiere a Dio, devi essere com-pletamente leale con Lui. Ti insegnerò io come fare".
"Non capisco, padre".
"Sabato pomeriggio vieni a trovarmi in canonica, ti spiegherò come toccarti senza peccare. Poi risolveremo il tuo problema".
Calogero Battaglia non aveva risposto subito, ma alla fine la sua voce era arrivata chiara, diversa.
"Va bene, verrò a farvi visita".
"Dopo le sette, però. Non dimenticarlo".
"Non lo dimenticherò, avete la mia parola d'onore".
E l'aveva mantenuta la sua parola d'onore. Lo aveva aspettato dietro le mura della chiesa e, quando lo aveva visto arrivare, gli aveva sferrato una randellata in testa. Una botta terrificante. Una settimana in coma. Quasi lo uccise. Calogero fu arrestato e le sue accuse di pedofilia per fortuna rimbalzarono invano contro le pareti di una sala dell'Arcivescovado.
Passando davanti alla finestra, donna Agatina si ferma di colpo e guarda in strada. Si volta verso il parroco e si butta le mani al volto. Poi le toglie. Se le butta di nuovo. Infine muove le labbra, senza suono: Là sono!
Don Carmelo si alza dal tavolo e corre alla finestra.
Gli sgherri di Don Calogero sono appostati proprio all'angolo della strada. Uno di fronte all'altro, spalle e piede al muro.
Quello alto col labbro storto, che pare sempre disgustato dalla vita, si è accorto di lui. E, pronto, fa scattare la lama del coltello, maneggiando la punta per pulirsi le unghie. Poi fa segno al compare, lo sbarracorta e lesto di occhi, di guardare verso la finestra.
I due ora lo fissano con sguardi che scintillano di ironia.
Per don Carmelo ormai è chiara la questione: alla minaccia del don, in chiesa seguiranno fatti sempre più tangibili, e tramite quei due cani ormai sciolti dal loro padrone. Il parroco sa bene che non può evitarli. Quindi decide che tanto vale affrontarli e tentare di prenderli con le buone.
Quando, giù in strada, arriva al loro cospetto, lo sgherro più basso lo apostrofa con una frase dal tono cantilenante.
«Ohè padre miracolo! Avete dormito bene stanotte?»
«Discretamente.»
«Come scorre veloce il tempo eh?»
«Già.»
«Lo dico sempre anch'io» dice a ruota l'altro compare. «Il tempo è una cosa buona. Un regalo che nostro Padre Santo fa a chi gli vuol bene e lo rispetta.»
«Giusto» riprende lo sgherro più basso. «L'unica cosa spiacevole del tempo è che passa troppo in fretta. Non so che cosa ne pensiate voi, don Carmelo. Quindi vi chiedo: è o non è come dico io?»
«Ma certo figlio, che è come dici tu. Ma sai, a volte Dio concede altro tempo alle anime pentite. Non per nulla Egli è detto il Misericordioso. Una proroga, in genere, non la rifiuta mai a nessuno.»
«Proroga? E che minchia sarebbe?» Ribatte lo sgherro più alto, detto il Continentale, che smette di pulirsi le unghie col coltello. «Perché parlate in latino, adesso? Vabbè che avete fatto le scuole, ma se volete che persone come noi vi capiscano dovete usare la loro stessa lingua. Noi due, per esempio, non sappiamo una minchia di proroghe!»
«Avete ragione, perdonatemi. Volevo dire che a volte Dio concede altro tempo a chi ha un debito con Lui, per metterlo alla prova e dargli così la possibilità di redimersi.»
«Questo, dunque, sta solo a Dio deciderlo. Giusto?» Dice lo sgherro più basso.
«Sicuro, a Dio. E se dai suoi arcangeli Gli arrivassero le preghiere giuste dell'uomo pentito, forse Egli potrebbe prendere in considerazione la richiesta e concedere altro tempo.»
«Voi credete nella forza della preghiera, vero don Carmelo?» Gli chiede lo sgherro dal labbro storto, gli occhi di nuovo fissi sulla punta del coltello.
«Sicuro figlio, che ci credo. Non sarei un uomo di Dio, sennò.»
«E cosa sareste, sentiamo.» Il tono dello sgherro più alto è duro. Una pietra.
«Be', un peccatore, temo.»
«Un rinnegato di Dio, magari?»
«Anche.»
«Un saracino privo di carità cristiana?»
«Ma sì, anche un saracino, probabilmente.»
«Un pezzo di merda?» Sul volto truce dell'altro compare che ha preso la parola, quello più basso, c'è uno sguardo che lo rende sinistro. Sembra uno di quei mastini che si incontrano per strada e ringhiano in continuazione.
«Ma che volete che vi dica ancora, figlioli?»
«No, padre. Dite, dite» ribatte il Continentale. «Siamo qui apposta per ascoltarvi. E vi garantisco che nessuno vi impedirà di parlare. La democrazia è una bella cosa, perché tutti possono fare delle domande lecite e ricevere lecite risposte.»
«Certo, certo, avete ragione. Be', anche in quel caso sarei quella "cosa" lì. Insomma avete capito.»
«Che vi succede, don Carmelo?» Ribatte lo sgherro lesto di occhi. «Avete paura delle parole al punto da non saperle più pronunciare? Suvvia, un uomo come voi, che conosce il latino, non dovrebbe avere nessuna difficoltà nel pronunciare parole nostrane. E poi ci sono cose più brutte delle parole, cose che fanno male davvero!»
Con un balzo, lo sgherro sfila il coltello dalla tasca e, fatta scattare la lama, piomba sul padre parroco sferrandogli una coltellata al volto. Da orecchio e mento, il sangue zampilla come una fontana. Il parroco grida di dolore. Si guarda attorno, in cerca di aiuto. Alza lo sguardo alla canonica: donna Agatina è alla finestra, le mani al volto, poi le congiunge, come in preghiera.
Dagli usci scuri ai lati della via non si ode uno scricchiolio. Don Carmelo è certo che la gente scruta dalle porte e finestre. Ma ha troppa paura del nuovo boss e dei suoi sgherri. E, come previsto, nessuno muove un dito.
«Allora che facciamo, signor prete? Stiamo ancora aspettando una vostra risposta.»
Stavolta è lo sgherro alto a parlare. Anche la lama del suo coltello sembra voler bere il sangue del gesuita. Con una mossa studiata del braccio il Continentale lancia il coltello verso il parroco. Proprio nel momento in cui questi si scansa. Il coltello si pianta sul legno dell'imposta di una finestra, nel punto in cui si trovava il parroco un secondo prima.
Con passo dinoccolato e con tutta la flemma possibile, il Continentale si avvicina all'imposta e stacca il coltello. Poi si gira e storpia un sorriso troppo poco rassicurante al padre parroco.
«Certo, certo, figli miei» cinguetta don Carmelo. «È naturale, in quel caso sarei anche un pezzo di merda. Anzi, un "gran" pezzo di merda.»
I coltelli scompaiono dalle mani degli sgherri con un gioco troppo veloce perché il parroco avesse potuto seguirlo.
«Bene. Avete visto che alla fine ci siete riuscito?» Dice lo sgherro più basso. «E sapete che ne penso delle vostre proroghe? Penso che in effetti Dio le vada concedendo alla brava gente, a quella probabilmente che merita di essere redenta. Ma ai pezzi di merda secondo voi Dio le va concedendo?»
«Badate, padre, che non accetteremo una risposta che non sia ispirata dall'Eterno» dice a ruota l'altro compare.
«Giusto, figliuolo. Non ci piove. Dio non potrà mai concedere proroghe a certa gente.»
«E allora?»
«Domani chiederò al vescovo di mandarmi in pensione.»
«Bene, nel frattempo faccia sapere a sua eccellenza il vescovo che ha un mese di tempo per togliersi anche lui dalla minchia!»
La paura è un cavallo con le ali: una volta lanciato al galoppo perde il contatto con il suolo e incomincia a volare.
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Eliseo Palumbo
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Messaggio da leggere da Eliseo Palumbo »

Un racconto senza tempo, molto vero e plausibile, profondo, che lascia riflettere, molto, specie a chi è nato e cresciuto in Sicilia, dove, purtroppo, si viene quasi sempre a contatto con questi piccoli bossetti di paese.

Il titolo credo sia già molto indicativo: abbiamo a confronto due tipi di mafia, quella più conosciuta e quella che si insinua tra i banchi della più grande organizzazione mondiale, ahimé pure al suo interno si trovano diavoli e demoni, nonostante debbano essere in teoria debellati dall'organizzazione stessa.

Troviamo quindi uno scontro tra criminali in primis; è presente anche uno scontro generazionale tra il vecchio parroco e i due sicari del vigliacco nuovo boss, che, a differenza del precedente scontro avveuto in gioventù, decide di non affrontare in prima persona il parroco; la motivazione che mi do è che forse il Battagia sia ancora schifato per quel invito, o schifato perché da quel incontro in poi è venuta fuori, giorno dopo giorno, la sua vera natura, che non era di certo angelica. Uno scontro generazionale perché non sappiam ocosa sia scattato nella testadel giovane Battaglia, ma quello che ronzava nel cervelo del parroco è più che chiaro, ed era sicuramente un'abitudine; quel pomeriggio qualcosa cambiò.

Mi è piaicuto moltissimo tutto il racconto, il rapporto tra parroco e perpetua, la descrizione della paura del prete, ma il punto forte sono i dialoghi, veramente fatti molto bene, sembrava quasi di rivivere le scene, dialoghi assolutamente veritieri, come se l'autore avesse assistito a tale scena e si sia limitato semplicemente a trascriverla.
Mostrare ad altri le proprie debolezze lo sconvolgeva assai più della morte

POSARE LA MIA PENNA E' TROPPO PERICOLOSO IO VIVO IO SCRIVO E QUANDO MUOIO MI RIPOSO


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Giampiero
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Re: Mafie

Messaggio da leggere da Giampiero »

Ti ringrazio, Eliseo, e sono davvero felice che ti sia piaciuto. Vedi, ho pensato che nell'ambiente mafioso un boss riconosciuto tale di solito non si "abbassa" ad agire di persona, piuttosto si serve dei propri scagnozzi. Nel racconto, per altro, il boss lo fa per ottenere un triplice scopo: una dimostrazione di forza verso i superiori del parroco, un messaggio trasversale che implicitamente coinvolge tutto il panorama interessato: i clan rivali, la polizia, la povera gente, e ottenere finalmente quella giustizia che altri gli avevano negato in gioventù e che altrimenti, in quella società rappresentata nel racconto (che volendo considerare non è fantascienza, anzi spesso la realtà è ancora più cruda ed esplicita), sapeva che mai avrebbe potuto ottenere.
Il racconto è totalmente frutto della mia fantasia, ma come ho detto prima, la realtà a volte supera l'immaginazione: basta leggere il giornale o guardare la TV e si rimane a bocca aperta.
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ElianaF
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Commento: Mafie

Messaggio da leggere da ElianaF »

complimenti per il racconto! però non ho dato il massimo dei voti perchè ci sono dei punti che non mi convincono: Agatina, il prete e il boss parlano allo stesso modo, la paura così ben tratteggiata all'inizio non rende credibile il fatto che il prete esca ad affrontare i due e la fine non mi ha un po' delusa.
Giampiero
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Re: Mafie

Messaggio da leggere da Giampiero »

Ti ringrazio Eliana, il linguaggio usato è un po' sotterraneo, trasversale, con doppi sensi. La lingua, soprattutto la cadenza vernacolare, spesso prevale sugli autori e detta le sue leggi in modo indiretto. Terrò in considerazione i tuoi rilievi.
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Roberto Ballardini
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Messaggio da leggere da Roberto Ballardini »

Argomentazione pesante come un macigno (in senso buono) per un racconto che quasi fino alla fine sembra organizzato in forma leggera, da commedia. Poi il coltello e il sangue, e risulta chiaro che non si scherza proprio per niente, nemmeno e soprattutto su quell’ultima battuta dello sgherro mafioso. Ottimo lo spunto su cui è costruito il racconto, ovvero la confessione del giovane boss in ascesa e l’incauta profferta del povero (si fa per dire) parroco. E naturalmente quel titolo al plurale che porta tutto il peso della denuncia.
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Massimo Baglione
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Re: Mafie

Messaggio da leggere da Massimo Baglione »

Ricordatevi che il titolo dei commenti deve essere esattamente "Commento", senza prefissi come "Re:" o altri suffissi.
Il titolo del commento qui sopra l'ho corretto io.
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Mi è piaciuta molto l’immagine iniziale, le paure che prendono forma quasi concreta nel piatto del sacerdote. Anche il fatto che non ci siano il “buono” e il “cattivo” della situazione dà un valore aggiunto al racconto. Lo rendono realistico, così come anche i dialoghi azzeccati. Globalmente il racconto mi è piaciuto, voto 4.
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Roberto Bonfanti
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Bel racconto. Trovo particolarmente efficaci i dialoghi, soprattutto le parole dei due sgherri, sono da manuale. Mi ha un po' spiazzato il cambio di registro, sottile ma significativo, diciamo dal ricordo del prete in poi, come dice Roberto Ballardini nel suo commento, da quel momento la farsa si fa molto seria, ma anche questo non è un aspetto negativo in un racconto, tutt'altro. Il prete pedofilo oggi è un po' inflazionato (in letteratura, intendo!), qui trovo la cosa declinata in maniera molto efficace e funzionale alla storia.
Che ci vuole a scrivere un libro? Leggerlo è la fatica. (Gesualdo Bufalino)
https://chiacchieredistintivorb.blogspot.com/
Intervista su BraviAutori.it: https://www.braviautori.it/forum/viewto ... =76&t=5384
Autore presente nei seguenti ebook di BraviAutori.it:
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Roberto Ballardini ha scritto: 29/12/2019, 7:49 Argomentazione pesante come un macigno (in senso buono) per un racconto che quasi fino alla fine sembra organizzato in forma leggera, da commedia. Poi il coltello e il sangue, e risulta chiaro che non si scherza proprio per niente, nemmeno e soprattutto su quell'ultima battuta dello sgherro mafioso. Ottimo lo spunto su cui è costruito il racconto, ovvero la confessione del giovane boss in ascesa e l'incauta profferta del povero (si fa per dire) parroco. E naturalmente quel titolo al plurale che porta tutto il peso della denuncia.
In effetti, Roberto, questo cambio di registro l'ho effettuato dopo una ponderata revisione del racconto, con i dialoghi allora scritti in dialetto. Che non mi piacevano neanche un po'. Dovevo (nel senso che volevo) sottrarmi alla facile ironia, quindi ho rimediato in lingua. Ho però cercato di conferire la tonalità, i messaggi in codice e la mimica dei personaggi tratti spesso dalla realtà sociale della mia terra. Sono lieto che ti sia piaciuto, con racconti del genere non sai mai che effetto può avere sulla gente.
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Selene Barblan ha scritto: 29/12/2019, 12:51 Mi è piaciuta molto l'immagine iniziale, le paure che prendono forma quasi concreta nel piatto del sacerdote. Anche il fatto che non ci siano il "buono" e il "cattivo" della situazione dà un valore aggiunto al racconto. Lo rendono realistico, così come anche i dialoghi azzeccati. Globalmente il racconto mi è piaciuto, voto 4.
Grazie Selene. Questo aspetto, della non individuazione del buono e del cattivo un po' ha a che fare con me, di quello che penso in genere della vita. Ma nel racconto ha voluto essere un paradosso camuffato da metafora, per la serie: spesso per sconfiggere un male ci vuole un male maggiore.
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Roberto Bonfanti ha scritto: 30/12/2019, 21:02 Bel racconto. Trovo particolarmente efficaci i dialoghi, soprattutto le parole dei due sgherri, sono da manuale. Mi ha un po' spiazzato il cambio di registro, sottile ma significativo, diciamo dal ricordo del prete in poi, come dice Roberto Ballardini nel suo commento, da quel momento la farsa si fa molto seria, ma anche questo non è un aspetto negativo in un racconto, tutt'altro. Il prete pedofilo oggi è un po' inflazionato (in letteratura, intendo!), qui trovo la cosa declinata in maniera molto efficace e funzionale alla storia.
Grazie, Roberto, temevo infatti tale inflazione, quindi il tuo commento è graditissimo. Certo, da lettore anch’io mi rendo conto che la coltellata arriva in modo inatteso, se vuoi brusco, ma necessaria per dare consistenza, implicito significato, al finale.
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Scritto in maniera inappuntabile, mi è piaciuto meno del precedente. A cominciare da quel titolo. Troppo ammiccante e facile. Da siciliani sappiamo bene che la mafia non è solo criminalità, ma un qualcosa di molto più complesso. Figuriamoci la Chiesa cattolica. E ti parlo da laico e non credente. Qualsiasi organizzazione protegge i propri iscritti e partecipanti. Lo fanno gli ordini professionali, lo fanno i sindacati e le associazioni datoriali, lo fa l'Arma dei Carabinieri. Lo fa lo Stato, lo fanno le società private, lo fanno le famiglie. A volte la difesa dei propri membri che hanno violato le regole, la morale, se non la legge positiva, assume forme omertose. Così spesso la legge è solo quella del più forte. E se la mafia è la legge del più forte allora tu hai ragione: la mafia è ovunque, a cominciare dalle nostre case. Attenzione però, per questa via si va incontro al qualunquismo dilagante e al nichilismo imperante, all'uccisione della morale e della politica. Il discrimen esiste, seppure spesso sia così sottile da essere invisibile. Bisogna avere occhi buoni e mente salda e non lasciarsi tentare dalle sirene di Odisseo.
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Re: Mafie

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Ciao, Namio, grazie intanto dell'attenzione. Il tuo punto di vista è condivisibile, però tengo a precisare che ho scritto il racconto senza voler necessariamente lanciare un messaggio di fondo: anzi, diciamo che non amo gli autori che utilizzano la scrittura per darsi ragione, fare del moralismo spicciolo o determinare un punto di vista in base al proprio "credo sociale", lo reputo una cosa troppo facile visto che non vi è contraddittorio. Quindi da parte mia nessuna voglia di denunciare, nessun moralismo, né tentativo di spiegare agli altri che cosa sia mafia. Semplicemente ho evidenziato un aspetto della società che credo di conoscere bene, ma per vie trasversali, in base al mio vissuto di uomo qualunque. Ho scritto quindi un racconto in cui i personaggi dovrebbero riconoscersi di primo acchito nel contesto rappresentato: in base agli atteggiamenti, al linguaggio messo in bocca, alla mimica, con il plot che, nel complesso, ne denuncia semmai il lassismo in questo caso da parte di una certa Chiesa che, in detti contesti, pare abbia "il formidabile merito" di ripetersi nel tempo. Poi, se vuoi, come detto prima in risposta a un altro commento, nel racconto vi si potrebbe cogliere un paradosso. Questo affonda le sue radici nell'utopico tentativo del voler ottenere giustizia con la semplice denuncia, il tutto in piena linea con il tuo ragionamento di "classi" di cui condivido in toto l'autodifesa che essi, rispettivamente, scatenerebbero a oltranza. Però, scusa, non sta scritto da nessuna parte che all'autodifesa a oltranza ci si debba rassegnare o la si debba accettare come un comandamento religioso. Pertanto, diciamo che io "ho" volutamente attinto nel "qualunquismo dilagante e al nichilismo imperante", come dici tu, ma solo per evidenziare (magari supponendo di fare ironia, sì) questo aspetto utopistico della società. Insomma, ho voluto svelare il segreto di Pulcinella.
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Re: Mafie

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Certo che non ci si deve rassegnare ai comportamenti scorretti altrui, figuriamoci a quelli lesivi della propria persona. E comprendo anche l'intento ironico del racconto, ma io mi limitavo a suggerire di non fare di tutta l'erba in fascio mettendo sullo stesso piano mafia e Chiesa; i delitti commessi dai sacerdoti vengono denunciati, ma la Chiesa non è andata oltre finora la difesa corporativa dei propri interessi. Una difesa immorale e vigliacca, soprattutto con riferimento alle finalità di quell'istituzione millenaria. Ma prendi il caso Cucchi. Anche lì chi ha denunciato si è trovato di fronte a un muro di gomma di omertà, depistaggi, falsi ecc. Per non parlare di gran parte delle stragi avvenute in questo paese, da piazza Fontana a via dei Georgofili. Stragi di stato le chiamano. L'accostamento tra la mafia e queste vicende, pur se presenta dei punti in comune, non è esatto, a mio parere. Ed è semplicistico; col rischio di andare incontro a quel qualunquismo dilagante e nichilismo imperante che è il padre di altre e più gravi sciagure.
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Re: Mafie

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Ma guarda che io non la penso in modo diverso: non metterei affatto sullo stesso piano mafia e Chiesa (e non era mia intenzione farlo nel racconto) o altri peggiori scenari da te evidenziati, sapendo bene che il lassismo della Chiesa mi fa – se possibile – ancora più orrore della vecchia mafia (che ho "respirato" proprio negli anni di sangue, avendo avuto in famiglia membri buttati in prima linea). Per completarti il quadro di me, sono e mi definisco un credente cristiano ma di quelli che non pregano mai e non entrano in Chiesa se non perché costretti da qualche amico che si sposa. Inoltre sono uno che va controcorrente: le "classi", nel mio piccolo, li combatto professionalmente, dovendoci sbattere il muso tutti i giorni. Il mio pc è pieno di esposti inascoltati. Poi, sai, se hai già deciso che "dobbiamo pensarla in modo diverso", ben venga: mica mi oppongo: basta che mi fai sapere quale ruolo mi toccherebbe e cercherò, quanto meno, di interpretarlo alla perfezione. :wink:
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Messaggio da leggere da Fausto Scatoli »

piaciuto parecchio, a partire dal titolo che, col suo plurale, da un'ottima definizione della situazione.
molto ben scritto, dialoghi assolutamente credibili e descrizioni davvero buone. a tratti anche ottimali.
non mi permetto di parlare di mafia, ma una storia del genere è probabilissima un po' ovunque.
la bravura sta nel riuscire a trasmettere certe sensazioni, cosa non facile.
e qui ci riesci piuttosto bene.
bel lavoro.
l'unico modo per non rimpiangere il passato e non pensare al futuro è vivere il presente
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Laura Traverso
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Messaggio da leggere da Laura Traverso »

Bravo! il racconto mi è piaciuto molto. Hai affrontato lo spinoso problema della Chiesa e dei suoi, troppi, preti pedofili. Hai saputo raccontare al meglio, con dialoghi efficaci e molto bene esposti, un problema reale. E il fatto che a farsi giustizia per un doppio torto ricevuto da ragazzo (il tentativo di molestie e l'essere stato "sbugiardato" dopo aver denunciato il fatto) sia stato "per mano", non diretta, di quel fanciullo poi divenuto boss mafioso, mi fa dire: bene! La giustizia è sempre cosa buona e giusta, da qualunque parte provenga (sul metodo magari ci sarebbe da dire ma, sarebbe un'altra storia...). Il titolo è assai azzeccato, con quel plurale intende bene che di mafie ce ne sono diverse: non solo quella a cui, di solito, ci si riferisce...
Giampiero
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Re: Mafie

Messaggio da leggere da Giampiero »

@ Fausto, lieto che ti sia piaciuto: il titolo in effetti dovrebbe collegarsi con il finale per un ritorno di riflessione. E qui, di fatto, è implicito un confronto che non può certo essere equo, visto che le due realtà criminali (tanto per dare a Cesare quello che è di Cesare) si pongono in netta contrapposizione, e visto che queste realtà nel racconto sono destinate a entrare in conflitto tra loro. Le cose che ci stanno davanti agli occhi, e che io per simpatia verso me stesso definisco “rasoterra”, sono quelle più gradisco e spesso utilizzo. In quanto alla storia probabile, ho già detto in un altro commento che la realtà spesso supera la fantasia.


@ Grazia, Laura (sì, Carlo è il mio nome reale). Il “metodo” a cui fai riferimento è proprio il focus del racconto, dove in forma sotterranea vi si potrebbe cogliere il paradosso, l’utopia di ottenere giustizia semplicemente con la (inutile) denuncia. Ma c’è un altro aspetto nel racconto che andrebbe considerato: il giovane Calogero Battaglia, aspirante prete, senza le schifose e vigliacche avance del prete pedofilo (che promette un aiuto solo in cambio di sesso) e l’aggressione a quest’ultimo, sarebbe lo stesso diventato un capo mafia? Con ciò non lo si deve assolvere, sia chiaro, ma inevitabilmente ci si addentra in un sentiero in cui un’ingiustizia genera altre ingiustizie. E dove porta, poi, questo benedetto sentiero? Insomma, non ne veniamo più fuori.
La paura è un cavallo con le ali: una volta lanciato al galoppo perde il contatto con il suolo e incomincia a volare.
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Teseo Tesei
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Messaggio da leggere da Teseo Tesei »

Ho letto con attenzione.
Papa Francesco ha detto: "Il prete deve portare il bambino o la bambina alla santità. E questo si fida di lui. Invece di portarlo alla santità, lui lo abusa. È gravissimo, è come fare una messa nera. Invece di portarlo alla santità lo porti a un problema che avrà per tutta la vita".
"Non ci sono privilegi su questo tema dei minori. In Argentina dei privilegiati diciamo: questo è un figlio di papà. Ecco su questo tema non ci saranno figli di papà. È un problema molto grave. Un sacerdote che compie un abuso, tradisce il corpo del Signore".
La coerenza con questo pensiero è tangibile con i recenti provvedimenti del Vaticano e l’agire del Pontefice.

Detto questo …
E’ innegabile che legioni e legioni di anticristi sfruttino questo argomento per screditare la Chiesa.
Questo accade da anni con ritmo esponenziale.
Ora, non so voi quanti sacerdoti pedofili conosciate personalmente.
Nessuno nega che esistano, sia chiaro, ma sono poche mele marce da levare al più presto dalla cassetta.
Finalmente il Vaticano ha parlato chiaro, agendo di conseguenza.
Fortunatamente, sacerdoti pedofili non ne ho mai incontrati.
Ne ho tuttavia trovati parecchi, in giro per il mondo, che tra privazioni e sacrifici portano stoicamente con Amore la parola di Dio a chi è felice di ascoltarla e dalla quale trae sollievo, speranza e gioia.
Spesso lo fanno a rischio più che reale e costante della loro stessa vita.
E’ indubbio che il loro agire sia coerente ed in linea con la loro scelta di vita, sull’esempio di nostro Signore morto in croce per noi tutti.
Penso che tutti i sacerdoti, a prescindere dalla loro confessione, che parlino il linguaggio universale di Dio, ovvero: Amore, Verità e Giustizia, debbano essere trattati con profondo rispetto.
Pertanto, mi si passi il termine, ma dal profondo del cuore, si “fottano” tutti gli anticristi senza eccezioni.
Non é leale, né giusto fare di tutte le erbe un fascio.
Fermo restando che la gramigna, come noto, non ha scampo e non può minimamente pensare di salvarsi e scampare al fuoco eterno della Geenna.
Questo vale sia per coloro che fanno messe nere, come per tutti gli anticristi del mondo, indipendentemente dalla spoglia sotto la quale si presentino, di volta in volta, promuovendo il caos, dal quale, secondo la loro distorta visione, dovrebbe risorgere “ordine”.

Precisato questo, leggevo tra le righe che la giustizia fai da te può talvolta essere cosa buona e giusta.
Vediamo il racconto: Prima la bastonata, poi lo sfregio, poi le minacce … dovrebbero essere la corretta risposta al deplorevole vizio del parroco?
Non credo proprio!
Ve lo dice chi sull’uso lecito della forza, anche letale, spesso riflette, per diverse ragioni.
Mai e poi mai, un impiego della forza fuori dalle regole di ingaggio, dalle leggi internazionali e dalle leggi Universali è lecito.
Non esiste legge, almeno nel mondo civile che ben conosciamo, dove l’uso della forza possa essere esercitato in modo vile e laddove la difesa non sia proporzionata all’ offesa.
Si veda ad esempio l’attuale assassinio del 3 gennaio, durante il quale ha perso la vita un alto ufficiale iraniano
Non esiste legge che possa giustificare un simile atto vile e sproporzionato.
Né umana, né Universale.
Per quanto quell’alto ufficiale iraniano fosse il burattinaio nascosto di una sequela di provocazioni, quell’azione ha di fatto violato più di una legge.

In breve, se Tizio provoca in continuazione Caio, Caio non è legittimato ad ucciderlo.
Così se il Parroco è malato e vizioso, Don Calogero non è legittimato né a bastonarlo, né a sfregiarlo.
Qualcuno potrebbe sostenere: Ma se le denunce non portano frutto allora è lecita l’autodifesa!

No, non lo è, parimenti al non essere giusto prendere a legnate il parroco.
Don Calogero doveva e poteva limitarsi a non presentarsi, denunciando “l’approccio” pedofilo.
Non lo è parimenti al pretendere che parroco e vescovo si dovessero “togliere dalla minchia”.
Non lo è parimenti all’ordine dato di sfregiare il parroco.
Non lo è parimenti all’affrontare con mollezza e permessivismo, la malattia ed il vizio di questi soggetti da parte dei loro superiori. Non dimentichiamo poi che sovente questi carnefici di oggi sono stati, a loro tempo, vittime ieri
Per quanto delicata la questione, pur mantenendo la giusta riservatezza, il fenomeno deve essere estirpato con determinazione. Questa volontà oggi è ben presente. Forse è per questo che tanti anticristi agitano tanto la coda oggi. Rischiano di rimanere senza argomenti. Infatti, così come fatto notare, oggi il binomio prete-pedofilo è altamente inflazionato e pubblicizzato.
La Chiesa tuttavia è ben altro ed è vile ed ingiusto voler farla passare solo per il suddetto binomio a mo’ della propaganda, oggi tanto di moda.

L’ordine non proviene dal caos.
L’ordine e le Leggi Universali, o di Dio, se preferiamo, esistono fin dalla notte dei tempi.
Per le sopracitate ragioni, il mio voto si attesta sul 3, perché nonostante sia scritto più che bene, per il messaggio, più o meno consciamente, trasmesso non lo ritengo bello e neppure posso dire mi possa piacere.

Questo naturalmente è solo il mio modesto punto di vista di attento lettore, uso guardare più oltre le parole che dentro le stesse.

Alla prossima.
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Le stelle brillano soltanto in notte oscura.
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Re: Mafie

Messaggio da leggere da Giampiero »

Ciao, Teseo, sinceramente non credo che i preti pedofili siano pochi, magari fosse così. In ogni caso, anche se fossero pochi, di questi pochi dovremmo far riferimento. Dell'impossibilità di ottenere giustizia, laddove questa dovrebbe essere garantita in primis dai cosiddetti paladini della fede. Accade così nella vita reale? Purtroppo non mi pare. Capisco il tuo punto di vista, ma come detto, nel racconto non puntavo a indicare che cosa sia peggio o meno peggio, né giustifico in alcun modo la violenza dell'aggressore, ma il tutto mi è servito per mostrare un paradosso, l'utopia di ottenere giustizia. Ti ringrazio quindi della lettura e della lunga riflessione.
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Messaggio da leggere da Stefyp »

Il racconto è ben scritto, i dialoghi magistralmente diretti e i caratteri ben delineati. Complimenti.
Per il resto mi sento di dire che, chissà perchè, i racconti, i libri e i film che parlano di preti pedofili attirano sempre molto interesse. Molto meno i tanti sacerdoti che si battono in prima linea nelle nostre città, nei luoghi più desolanti e cercano umilmente di dare il loro contributo. Di loro si che ne ho conosciuti parecchi...
Giampiero
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Re: Mafie

Messaggio da leggere da Giampiero »

Grazie del passaggio Stefy, i complimenti sulla scrittura fanno piacere. Il tuo punto di vista è condivisibile.
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Giorgio Leone
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Messaggio da leggere da Giorgio Leone »

Giampiero, dalle tue risposte ai commenti mi sembri un tipo parecchio assennato e conciliante, mentre io, anche per cose di poco conto per giunta non mie, ormai mi scasso facilmente la minchia (tanto per restare sul tono del tuo racconto). Insomma, ti è venuta l’idea di raccontare di un prete pedofilo che insidia un bambino, non ottiene giustizia a causa dell’omertà e complicità del Vescovo, da grande diventa un mafioso e decide di farla pagare a tutti e due. Ma per alcuni non hai scritto una storia: hai pubblicato un saggio, emanato un proclama, esplicitato una morale, insegnato e approvato comportamenti invitando altri ad emularli. Riassumendo, se da una parte qualcuno ti riconosce il merito di aver affrontato in modo organico lo spinoso problema dei preti pedofili (complimenti!), dall’altra ti accusano di aver diffuso messaggi abietti avallando l’utilizzo della legge del più forte, della violenza e dell’assassinio (per cui la mafia è ovunque, a cominciare dalle nostre case), giustificando qualunquismo dilagante e nichilismo imperante, uccidendo morale e politica, facendo di tutta l’erba un fascio ponendo sullo stesso piano mafia e Chiesa, con ciò insultando i sacerdoti che si battono in prima ovunque linea. Di questi dovevi parlare, che sono tanti, non di un pedofilo, che ce n’è pochi. Ma come ti sei permesso? Certo che, con i pochi caratteri a disposizione, sei riuscito a fare un bel casino! Però non sei l’unico, già altri hanno scritto in passato racconti anche più diseducativi del tuo. Tipo i Vangeli nei quali giudici vigliacchi, avversari corrotti, paurosi, invidiosi e rancorosi, nonché plebaglia ignorante e manipolata, riescono addirittura nell’impresa di graziare un noto omicida crocifiggendo il figlio di Dio.
Tornando a noi, preciso che non mi sto permettendo di criticare i commenti altrui, bensì i loro non commenti: ovvero sto condannando un modo di commentare che giudico scorretto e fuorviante. Tranne i pochissimi casi che ho incontrato sino ad ora – nei quali effettivamente un messaggio disgustoso c’era, e gridava vendetta giustificando reazioni sdegnate – i racconti che vedo pubblicati richiedono solo un’attenta lettura del testo per giungere a un giudizio complessivo basato sulla bontà e logicità della trama, dei personaggi, del contenuto, dello stile e del rispetto della grammatica e della sintassi. Commenti quindi che non debordano, come quelli - tanto per citar cognomi che iniziano con la “B” - di Ballardini, Bonfanti e Barbian.
A questo punto vengo a commentarti io, ho già detto abbastanza. Ti anticipo che il giudizio finale complessivo è positivo, soprattutto per il tuo modo di scrivere, molto chiaro e senza imperfezioni e tentennamenti. Ho invece da ridire a proposito del personaggio Don Abbondio... pardon, don Carmelo, la somiglianza c’è. Questi è un prete cacasotto, vigliacco e ricattatore, tanto da condizionare le preghiere e una raccolta fondi a favore del fratello malato del futuro boss in cambio di una “toccatina” a quest’ultimo. Per giunta ha una certa età, è siciliano, conosce la mafia e sa che don Calogero non scherza facendo promesse a vuoto, ma che sa usare personalmente il suo coltello affilatissimo, oltre ad servirsi di sgherri che assomigliano un po’ troppo a quelli manzoniani. Per tutto ciò il suo comportamento è parecchio illogico. Resta al suo posto, lascia scadere l’ultimatum, mangia i broccoli e prova a prendere con le buone i sicari? Ma cosa pensa mai di ottenere? Proprio ci vuole una coltellata per fargli capire ciò che già non poteva non sapere?
Per cui, secondo me il racconto andrebbe ripensato. Magari mandando il don a piagnucolare dal Vescovo complice, che anche lui ha ricevuto minacce dal don Calogero. E adesso che facciamo? Che vuoi che facciamo, meno male che c’è quota 100. Andiamo tutti e due in pensione, che ci è già andata bene così!
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Re: Mafie

Messaggio da leggere da Giampiero »

Ciao, Giorgio, grazie della lettura. Non c’è maturazione di idee se non c’è scambio di opinioni e di punti di vista. Assennato e soprattutto conciliante lo sono diventato col tempo, allorché la vita mi ha insegnato qualcosa. Almeno spero che sia così. Ma a darmi l’input maggiore è stato l’amore per la scrittura, la lettura soprattutto. All’inizio ero convinto che era un amore a senso unico, che non ero ricambiato, ma mi sbagliavo.
Premesso ciò, vengo subito al succo del tuo discorso introduttivo. Nessuno, credo, mi ha accusato di qualcosa, tutti i commentatori, anzi, hanno espresso il loro garbatissimo punto di vista, lasciando per altro sempre qualcosa di positivo in riferimento alla mia scrittura. Non ho quindi assolutamente nulla da recriminare se non ringraziare chi ha avuto la pazienza di leggere il mio racconto. Ci mancherebbe altro. Tornando ai commenti, anzi, mi hanno fatto riflettere alquanto, tanto che mi sono posto una domanda: se io avessi avuto un amico sacerdote l’avrei forse scritto un testo del genere? Conoscendomi, per rispetto di quell’amico stimato, non l’avrei nemmeno pensato di scriverlo. Ecco, mi sono detto, come le diverse esperienze di vita o le non esperienze di ognuno di noi cambiano il destino delle cose.
In merito al tuo commento al testo, intanto apprezzo il giudizio positivo circa il modo di scrivere, il che per me è importante per avere riscontri. Per la somiglianza del personaggio don Calogero con don Abbondio, c’è tutta, anzi devo confessare che è stata voluta da me ironicamente. La scena del parroco che mangia i broccoli, no: quella è roba della mia fantasia (o di altre mie letture, chissà).
In quanto al rivedere il racconto… In realtà la scena che proponi tu l’ho già scritta: il parroco va infatti dall’arcivescovo eccetera. Boh, non so se possa interessare a qualcuno, in effetti. La stima che ho di me come scrittore di questi tempi è sotto i calcagni. M’incazzo con m stesso anche per una virgola sbagliata ritenendola giusta o viceversa. Per la serie: sono più convinto che persuaso.
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Re: Mafie

Messaggio da leggere da Giorgio Leone »

Giampiero, ovviamente il modus operandi dei commenti incriminati mi ha infastidito "per procura", in quanto mi infastidisce non poco quando li fanno a me. Quanto al fatto che non avresti scritto questo pezzo se avessi avuto un amico prete, spero proprio che tu abbia pochi amici. Altrimenti potresti anche pensare di darti alla musica.
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Re: Mafie

Messaggio da leggere da Giampiero »

Vedi, caro Giorgio, in quell’”ovvietà” di cui parli spesso ci passa un oceano nel mezzo. E poi, incazzarsi per i presunti incazzamenti altrui lo trovo davvero pittoresco. Ti darei un consiglio gratis: incazzati di meno e non pensare alla mia alternativa artistica, lascia almeno che ci pensi da me.
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Re: Mafie

Messaggio da leggere da Massimo Baglione »

Per cortesia, rimaniamo sul binario artistico e letterario delle Gare, ed evitiamo e lasciamo ad altri le analisi psicologiche degli autori.
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Re: Mafie

Messaggio da leggere da Giorgio Leone »

Ricevuto da tutti e due. Ho sbagliato
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Messaggio da leggere da Goliarda Rondone »

Complimenti. Per quel che vale il mio piccolo parere è un racconto davvero molto ben orchestrato, buoni i personaggi, eccellenti i dialoghi, buon lessico, abbastanza evocativo, curato, si percepisce il lavoro che c'è dietro. Mette voglia di leggere il resto del romanzo (perché diventerà un romanzo, vero?). Mi è piaciuto molto e metto il massimo voto.
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