Cronaca di una notte di mezza estate
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Cronaca di una notte di mezza estate
Attraversò il vialetto lastricato con cautela, afferrandosi allo steccato per non scivolare. Aveva appena smesso di piovere e il profumo dell’erba mischiato all'asfalto si intrufolava prepotentemente nelle narici. Un brivido le percorse la schiena. Era luglio, ma la pioggia fresca aveva fatto scendere di qualche grado la temperatura. Un alito di vento le sollevò la gonna scoprendo per un attimo le gambe abbronzate. Il quartiere era deserto. Affondò i tacchi sul prato incolto che penetrarono dolcemente nella terra fangosa. Faticava ad avanzare ma in qualche modo riuscì a trascinarsi fino al capanno degli attrezzi, una piccola casupola nascosta dietro un cespuglio di oleandro. Si guardò intorno, poi una rapida occhiata all'orologio, 16.20; era puntuale.
Ricominciò a piovere. La piccola tettoia non riusciva a proteggerla dall'acquazzone improvviso: era fradicia. In pochi secondi la camicetta si appiccicò al corpo, così la gonna. Decise di entrare nella baracca: era buio, non c’erano finestre, la luce filtrava solo dalle fessure delle assi di legno inchiodate alle pareti. Il suono del ticchettio delle gocce sui tavoloni del tetto era amplificato e si diffondeva dappertutto. Aveva freddo. Si strinse le spalle con le mani, i capelli le scendevano pesanti e gocciolanti lungo la schiena. Spostò una ciocca dal viso e strizzò gli occhi per vedere un po’ meglio. La vista si adattò alla semioscurità e riuscì a distinguere qualche sagoma, perlopiù pale, rastrelli e attrezzi vari. Sollevò la gonna e, afferrandone un lembo, la strizzò per alleggerirla dall'acqua.
Poi fu un attimo: all'improvviso due mani le strinsero il collo, le uscì un rantolo. Il battito del cuore accelerò disperatamente, pensò che le sarebbe scoppiato nel petto. Si dimenò, cercò di voltarsi. A quel punto le mani lasciarono il collo e le afferrarono i capelli costringendola a guardare avanti. Incominciò a tossire piegandosi su se stessa, ma fu strattonata e sollevata verso l’alto. Allungò le braccia cercando di raggiungere forse un manico di scopa. Fu strattonata con maggiore violenza facendola cadere e battere violentemente l’anca. Il dolore fu lancinante. Avrebbe voluto gridare ma la paura era paralizzante e le usciva solo un verso strozzato. Poi qualcosa di morbido si avvicinò al viso e alla bocca, un odore acre, poi più nulla.
Riaprì gli occhi a fatica, si sentiva stordita, i polsi le dolevano. Si accorse che erano legati tra loro con una corda fissata ai tavoloni del soffitto. Altre due corde le trattenevano le caviglie al pavimento polveroso. Cercò di muoversi, ma più si torceva più si feriva i polsi; il destro cominciò a sanguinare. Aveva paura, le labbra tremavano sotto il nastro isolante. Pianse silenziosamente. Si trovò a concludere che quelli erano i suoi ultimi attimi di vita. Lasciò cadere la testa pesantemente in avanti, sopraffatta; non sapeva quanto tempo fosse passato, ma non molto a giudicare dagli abiti ancora fradici.
Un rivolo di urina calda le scese lungo le gambe e in un attimo l’odore impregnò l’aria. Il terrore le sfigurava il volto. Incurante del dolore ai polsi iniziò a dimenarsi come una bestia selvatica.
Una risata alle sue spalle e uno strano scricchiolio.
“Ecco, ci siamo” pensò “ è la fine di tutto”.
Dei passi alle sue spalle, poi di nuovo quell'odore acre e il buio totale.
Si risvegliò stesa sul pavimento impolverato, indolenzita e confusa. Gli abiti si erano asciugati. Tentò di sollevarsi da terra ma le gambe le dolevano. Nell'aria un forte odore di erba, terra e urina. Fuori i grilli cantavano in quella strana notte di mezza estate.
Ricominciò a piovere. La piccola tettoia non riusciva a proteggerla dall'acquazzone improvviso: era fradicia. In pochi secondi la camicetta si appiccicò al corpo, così la gonna. Decise di entrare nella baracca: era buio, non c’erano finestre, la luce filtrava solo dalle fessure delle assi di legno inchiodate alle pareti. Il suono del ticchettio delle gocce sui tavoloni del tetto era amplificato e si diffondeva dappertutto. Aveva freddo. Si strinse le spalle con le mani, i capelli le scendevano pesanti e gocciolanti lungo la schiena. Spostò una ciocca dal viso e strizzò gli occhi per vedere un po’ meglio. La vista si adattò alla semioscurità e riuscì a distinguere qualche sagoma, perlopiù pale, rastrelli e attrezzi vari. Sollevò la gonna e, afferrandone un lembo, la strizzò per alleggerirla dall'acqua.
Poi fu un attimo: all'improvviso due mani le strinsero il collo, le uscì un rantolo. Il battito del cuore accelerò disperatamente, pensò che le sarebbe scoppiato nel petto. Si dimenò, cercò di voltarsi. A quel punto le mani lasciarono il collo e le afferrarono i capelli costringendola a guardare avanti. Incominciò a tossire piegandosi su se stessa, ma fu strattonata e sollevata verso l’alto. Allungò le braccia cercando di raggiungere forse un manico di scopa. Fu strattonata con maggiore violenza facendola cadere e battere violentemente l’anca. Il dolore fu lancinante. Avrebbe voluto gridare ma la paura era paralizzante e le usciva solo un verso strozzato. Poi qualcosa di morbido si avvicinò al viso e alla bocca, un odore acre, poi più nulla.
Riaprì gli occhi a fatica, si sentiva stordita, i polsi le dolevano. Si accorse che erano legati tra loro con una corda fissata ai tavoloni del soffitto. Altre due corde le trattenevano le caviglie al pavimento polveroso. Cercò di muoversi, ma più si torceva più si feriva i polsi; il destro cominciò a sanguinare. Aveva paura, le labbra tremavano sotto il nastro isolante. Pianse silenziosamente. Si trovò a concludere che quelli erano i suoi ultimi attimi di vita. Lasciò cadere la testa pesantemente in avanti, sopraffatta; non sapeva quanto tempo fosse passato, ma non molto a giudicare dagli abiti ancora fradici.
Un rivolo di urina calda le scese lungo le gambe e in un attimo l’odore impregnò l’aria. Il terrore le sfigurava il volto. Incurante del dolore ai polsi iniziò a dimenarsi come una bestia selvatica.
Una risata alle sue spalle e uno strano scricchiolio.
“Ecco, ci siamo” pensò “ è la fine di tutto”.
Dei passi alle sue spalle, poi di nuovo quell'odore acre e il buio totale.
Si risvegliò stesa sul pavimento impolverato, indolenzita e confusa. Gli abiti si erano asciugati. Tentò di sollevarsi da terra ma le gambe le dolevano. Nell'aria un forte odore di erba, terra e urina. Fuori i grilli cantavano in quella strana notte di mezza estate.
Ultima modifica di Carol Bi il 13/11/2019, 11:56, modificato 5 volte in totale.
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Il racconto è scritto davvero molto bene, descrizioni belle, veloci e coinvolgenti. Rappresenta proprio la cronaca di un avvenimento da film horror (del tipo "Non aprite quella porta") e per questo mi piace anche di più… purtroppo non capisco il finale, la ragazza si risveglia con gli abiti asciugati, va bene, ma perchè? Cosa le succede? Sembra quasi ci debba essere un prosieguo, se così fosse lo aspetto volentieri.
Buona scrittura.
Diego. G
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Ti commento mano a mano che procedo nella seconda lettura. L'inizio è ad alto livello e le descrizioni poetiche e coinvolgenti. La prima volta, apprendendo che lei doveva essere lì proprio alle 16:20 ed era puntuale, mi ero domandato perché, e con chi, avesse appuntamento in quello che ritengo essere un'orto di periferia (se no che ci sta a fare un capanno degli attrezzi?). Strano posto per un appuntamento a un'ora precisa e pensavo che avrei avuto una risposta. Invece no, il motivo non lo saprò mai.
Un'osservazione di minima importanza: personalmente, in frasi come questa (ce ne sono parecchie) "Il battito del cuore accelerò inconsultamente, pensò che le sarebbe scoppiato nel petto." sostituirei la virgola con una "e".
Questa frase non funziona: "Fu strattonata con maggiore violenza facendola cadere e battere violentemente l’anca." Se avessi scritto "Qualcuno la strattonò.. facendola.." sarebbe andato tutto bene, ma scrivendo come hai scritto, quale è il soggetto di "facendola"?
Per il resto non posso che ripetere quando ha detto Diego sulle domande senza risposta. E ci aggiungo anche lo strano scricchiolio e l'odore di benzina che prima non c'era. Non è che la bruceranno nel prossimo episodio?
Riassumendo, un racconto scritto molto bene che lascia a bocca asciutta.
Un'osservazione di minima importanza: personalmente, in frasi come questa (ce ne sono parecchie) "Il battito del cuore accelerò inconsultamente, pensò che le sarebbe scoppiato nel petto." sostituirei la virgola con una "e".
Questa frase non funziona: "Fu strattonata con maggiore violenza facendola cadere e battere violentemente l’anca." Se avessi scritto "Qualcuno la strattonò.. facendola.." sarebbe andato tutto bene, ma scrivendo come hai scritto, quale è il soggetto di "facendola"?
Per il resto non posso che ripetere quando ha detto Diego sulle domande senza risposta. E ci aggiungo anche lo strano scricchiolio e l'odore di benzina che prima non c'era. Non è che la bruceranno nel prossimo episodio?
Riassumendo, un racconto scritto molto bene che lascia a bocca asciutta.
- Isabella Galeotti
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Ma il finale? Sono partita dal fondo. La protagonista mi sembra una personcina a modo, precisa 16.20, vestita da ufficio, mi sono chiesta cosa ci facesse nel capanno degli atrezzi, con chi aveva appuntamento? Ho notato molte ripetizioni, ma sono di facile sostituzione, e un piccolo refuso "inizio" dovrebbe mancare l'accento.
Sembra che tu abbia preso una pagina di un tuo racconto, molto più ampio, e l'abbia incollata qui. Comunque a discapito del finale è carino. Voto 3
Sembra che tu abbia preso una pagina di un tuo racconto, molto più ampio, e l'abbia incollata qui. Comunque a discapito del finale è carino. Voto 3
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Mi ripeto, ma la mancanza di un finale, o almeno di un indizio rispetto a quello che le è successo, toglie il valore a tutto il racconto. Funzionerebbe se fosse il primo capitolo di un romanzo, ma qui noi lo leggiamo solo come un racconto isolato. Qualche avverbio di troppo. "Inconsultamente" proprio non mi piace. Peccati veniali, che sarebbero per me passati quasi inosservati se non ci fosse stato il problema del finale. A rileggerti
- Carol Bi
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Re: Cronaca di una notte di mezza estate
Sapevo che il finale avrebbe creato dei dubbi, ma era proprio ciò che volevo: lasciare un certo senso di insoddisfazione, di incertezza, di curiosità, di dubbio. Lasciare una conclusione aperta ad una libera interpretazione di ognuno. Ci ho provato! Forse non ho centrato il bersaglio come volevo.
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Mi associo ai commenti precedenti, la storia è un po' lasciata lì... La terminologia usata non è molto appropriata. Si intende essere un racconto di violenza subita ma i precedenti al fatto lasciano un po' perplessi. Cosa ci faceva la ragazza nel capanno degli attrezzi? Comunque dai, poco male, a rileggerti e son certa al meglio, ciao
- Roberto Bonfanti
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Mah… Scritto bene, ma quei due buchi nella narrazione, corrispondenti ai periodi in cui la ragazza è rimasta incosciente, narcotizzata dal suo aggressore, rimangono oscuri. Come hanno detto altri funzionerebbe se fosse l’incipit di un racconto più lungo. “Era puntuale”, per cosa? Lo strano scricchiolio… un po’ troppe domande senza risposta, anche nell’ottica di lasciare un alone misterioso sulla vicenda. Andando a intuito si direbbe che si tratta di un appuntamento rivelatosi una trappola, ma il suo stato d’animo alla fine (confusa, non sotto shock, come sarebbe naturale dopo tale esperienza traumatica; notte strana? Direi allucinante!) potrebbe far pensare anche ad altro. La cronaca di una notte di mezza estate (o meglio, di un pomeriggio, visto che inizia poco dopo le 16) promessa nel titolo non c’è.
Che ci vuole a scrivere un libro? Leggerlo è la fatica. (Gesualdo Bufalino)
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Non ho trovato strappi logici nel racconto. Il come e il perché sono spiegati bene. La protagonista aveva un appuntamento e si trovava in quel posto per quel motivo. Quel che succede dopo va da sé.
Riesci a trasmettere l'incertezza e l'angoscia della protagonista, legata e imbavagliata, meno l'offesa per la violenza subita, che solo lasci immaginare - è una tua legittima scelta, dato che i fatti avvengono sempre in moment di incoscienza indotti da un qualche anestetico- quindi l'obiettivo è centrato da parte mia. Il finale, con il temporale cessato e il cielo che si apre la notte, lascia ben sperare sull'epilogo. Ma anche questa è una sensazione, perché l'orrore potrebbe ricominciare.
Beh, forse sul finale potevi essere più esplicita.
Non mi è piaciuto quell'inconsultamente, ma da dove ti è venuto? E quel silenziosamente dopo pianse non serve a nulla. La protagonista era imbavagliata, o sbaglio?
Riesci a trasmettere l'incertezza e l'angoscia della protagonista, legata e imbavagliata, meno l'offesa per la violenza subita, che solo lasci immaginare - è una tua legittima scelta, dato che i fatti avvengono sempre in moment di incoscienza indotti da un qualche anestetico- quindi l'obiettivo è centrato da parte mia. Il finale, con il temporale cessato e il cielo che si apre la notte, lascia ben sperare sull'epilogo. Ma anche questa è una sensazione, perché l'orrore potrebbe ricominciare.
Beh, forse sul finale potevi essere più esplicita.
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Re: Commento
Grazie. Nemmeno io so da dove mi sia uscito "inconsultamente", è davvero brutto e credimi se ti dico che mi sono soffermata molto su questo termine, ma non ne ho trovato nessuno che potesse sostituirlo. La protagonista era imbavagliata, ma "pianse in silenzio" ha un significato evidente (per via dell'impossibilità a causa del nastro adesivo ) e inoltre, come hai sottolineato tu, perché ognuno ha un suo modo personale di reagire alla paura, sull'esprimere e il non esprimere.Namio Intile ha scritto: ↑12/11/2019, 11:29Non ho trovato strappi logici nel racconto. Il come e il perché sono spiegati bene. La protagonista aveva un appuntamento e si trovava in quel posto per quel motivo. Quel che succede dopo va da sé.
Riesci a trasmettere l'incertezza e l'angoscia della protagonista, legata e imbavagliata, meno l'offesa per la violenza subita, che solo lasci immaginare - è una tua legittima scelta, dato che i fatti avvengono sempre in moment di incoscienza indotti da un qualche anestetico- quindi l'obiettivo è centrato da parte mia. Il finale, con il temporale cessato e il cielo che si apre la notte, lascia ben sperare sull'epilogo. Ma anche questa è una sensazione, perché l'orrore potrebbe ricominciare.
Beh, forse sul finale potevi essere più esplicita.
Non mi è piaciuto quell'inconsultamente, ma da dove ti è venuto? E quel silenziosamente dopo pianse non serve a nulla. La protagonista era imbavagliata, o sbaglio?
A proposito di questo hai perfettamente ragione, avrei dovuto approfondire di più il suo stato d'animo per l'offesa subita.
- Carol Bi
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Re: Commento
Grazie Diego. In realtà questo è un racconto che ho scritto qualche anno fa. L'ho ripreso, ho fatto un taglia e cuci...ho tolto di qua, ho aggiunto di là e voilà, il risultato è questo.Diego.G ha scritto: ↑03/11/2019, 18:44Il racconto è scritto davvero molto bene, descrizioni belle, veloci e coinvolgenti. Rappresenta proprio la cronaca di un avvenimento da film horror (del tipo "Non aprite quella porta") e per questo mi piace anche di più… purtroppo non capisco il finale, la ragazza si risveglia con gli abiti asciugati, va bene, ma perchè? Cosa le succede? Sembra quasi ci debba essere un prosieguo, se così fosse lo aspetto volentieri.
Buona scrittura.
Diego. G
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In generale mi è piaciuto, molto scorrevole, ti invoglia ad andare avanti nella lettura. Il problema secondo me è il finale: insomma come è riuscita a cavarsela? ho anche pensato che la protagonista avesse avuto un incubo dal quale si è risvegliata dolorante.
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Re: Cronaca di una notte di mezza estate
Ma cosa ho appena letto? Grazie veramente, mi è piaciuto moltissimo!
Io ho apprezzato i "buchi" lasciati di proposito, ho volato con la fantasia, mi sono sentito coinvolto perché ho potuto cercare e immaginare i motivi.
Scritto molto bene.
Massimo punteggio
Io ho apprezzato i "buchi" lasciati di proposito, ho volato con la fantasia, mi sono sentito coinvolto perché ho potuto cercare e immaginare i motivi.
Scritto molto bene.
Massimo punteggio
Mostrare ad altri le proprie debolezze lo sconvolgeva assai più della morte
POSARE LA MIA PENNA E' TROPPO PERICOLOSO IO VIVO IO SCRIVO E QUANDO MUOIO MI RIPOSO

https://betoofarka.blogspot.it
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Con un racconto così bisogna evitare di farsi domande o farsene tante e trovare da sé le risposte; propendo per la seconda possibilità e quest’aria di mistero no mi ha infastidito affatto. La narrazione è coinvolgente e suscita immagini molto nitide, un bel racconto globalmente. Voto 4.
COMMENTO
Quando un racconto mi piace, perché mi colpisce, ho poco da suggerire, anche perché questo testo è scritto a mio giudizio in modo efficace tecnica parlando. Ma a lasciarmi senza parole è il dramma rappresentato in modo così crudo. In genere, da lettore salto queste scene, perché mi mettono subito di malumore, ma ciò è anche il segno che l'autore ha scritto in modo incisivo.
Carlo Ragonese
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Autori partecipanti: (vedi sopra),
A cura di Tullio Aragona.
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