La parte degli angeli

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Namio Intile
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La parte degli angeli

Messaggio da leggere da Namio Intile »

È una pellicola di Ken Loach, con un titolo che è pura poesia; e questa volta, oltre ai soliti temi sociali di denuncia della follia del capitalismo lasciato a se stesso, viene fuori anche una commedia amara, all'italiana, come l'avrebbe potuta girare il nostro Dino Risi qualche decennio addietro.
E quel titolo, che è pura poesia, è una gigantesca metafora che riassume tutta l'opera.
Che è ambientata nella Scozia proletaria tanto cara a Loach, dove un manipolo variegato di morti di fame, monadi nomadi che si oppongono al globalismo quasi d'istinto, senza arte né parte, né speranza, inseguiti da una giustizia ingiusta incontra il whisky. Che non serve solo ad ubriacarsi, come prima avevano creduto. Uomini e donne scoprono la materia, ossia il lavoro che serve a trasformare elementi naturali in materia costruita ma viva. E si appassionano, e cambiano dentro, mutano il loro rapporto con il mondo attraverso la scoperta del lavoro e la possibilità di trasformare le cose. Cessano di essere dei consumatori ciechi.
Ma siccome il nostro Loach è un grande e sa bene come stanno le cose a questo mondo, non si limita a fare il solito film all'americana tipo Alla ricerca della felicità: dove basta impegnarsi, lavorare duro, per farcela. Dove la volontà batte sempre la necessità.
Ma Loach lo sa, per i poveri, per i derelitti, per i senza mestiere, il whisky, il lavoro, la passione, non offrono redenzione, ma sconfitte e sconforto. Nel mondo reale il whisky è solo un prodotto industriale fabbricato da multinazionali.
E quindi a questa banda allegra e importuna non rimane che la parte degli angeli, che grazie a Ken Loach ho scoperto cosa sia.
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Andr60
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Re: La parte degli angeli

Messaggio da leggere da Andr60 »

Caro Namio, ho apprezzato anch'io questo film (come tutti quelli di Loach) per i motivi che hai così bene esposto, però non mi ha "preso" come altri sulla working (e anche poor) class britannica. Sarà perché sono astemio...
A parte gli scherzi, secondo me Loach dà il meglio di sé quando (in "Terra e libertà") parla della guerra civile spagnola e del tradimento dell'URSS ai danni delle classi subalterne spagnole del Fronte Repubblicano, o quando parla dei crimini dei fascisti sudamericani foraggiati dalla CIA ("La canzone di Carla"), fino ad arrivare al suo capolavoro "Il vento che accarezza l'erba" di cui ho già parlato.
Il maggior numero di film di Loach sono ovviamente dedicati alla situazione sociale in patria, in particolare del proletariato e sottoproletariato, le cui condizioni di vita sono precipitate dalla Thatcher in poi.
In "Riff-Raff", "Piovono pietre" e "Il mio nome è Joe" mi pare che il regista riesca di più a fornire un quadro d'insieme della vita delle persone, così lontano dai film plastificati di Hollywood o dai filmetti nostrani girati grazie agli amici degli amici.
Un saluto a alla prossima
Namio Intile
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Re: La parte degli angeli

Messaggio da leggere da Namio Intile »

Grazie per l'intervento. In questi giorni è molto difficile scrivere di certi argomenti, ma prima o poi la bufera passerà. Quelli che citi sono opere molto importanti e ben strutturate che ognuno dovrebbe vedere: ma per chi non conosce l'opera di Ken Loach forse una commedia che dà da pensare è la scelta giusta da cui iniziare.
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Roberto Ballardini
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Re: La parte degli angeli

Messaggio da leggere da Roberto Ballardini »

Mi piacciono i film di Loach! Lo cerco
Roberto Ballardini
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Re: La parte degli angeli

Messaggio da leggere da Roberto Ballardini »

Un film delizioso, ben costruito e condotto, con quella che a me sembra la particolarità del cinema inglese di mettere spesso in campo volti nuovi, spontanei, non ingessati nelle anche pregevoli maschere attoriali delle star statunitensi. E poi apparentemente struccati, con tutti i difetti fisici che qualificano la quotidianità, insomma naturali e autentici.
Un film delizioso, dicevo, a partire dal bel titolo e dalla bella similitudine che lo sottende (quel 2% di essenza che il whiskey perde nella botte nel corso del processo di invecchiamento), e tuttavia, proprio perché trattasi dell’opera di un regista come Loach, a me ha lasciato un retrogusto amaro, di rassegnazione, di resa, di sconfitta, laddove a tutti gli effetti sembra che il lieto fine oramai consista nella semplice acquisizione di un lavoro, nell’anche sofferta ottemperanza ai doveri che implica il proposito di crearsi una famiglia, e la nuova condizione di paternità.
Ebbene, mi dispiace per Loach (tanto manco mi conosce) ma questa volta non stiamo dalla stessa parte. Non voglio dire che avverso la retorica familiare e tutto il corollario di speranza che la sottende, ma certo non spenderò mai una parola (vabbè, si fa per dire, mai dire mai) per sponsorizzare una nuova nascita, principalmente perché mi sono sempre riproposto di non sollecitare negli altri azioni che io non sono disposto a compiere, e di questi tempi (parlo di quelli precedenti all’esplosione del covid, quindi figuriamoci adesso), non vorrei mai generare altra sofferenza, a costo di sacrificare la speranza. Dico questo pur essendo tutt’altro che insensibile al potenziale emotivo di una convivenza familiare, ma a questo proposito confesso di aver apprezzato molto di più il modo in cui lo stesso soggetto viene proposto nel film che ho visto e commentato in precedenza, Manbiki Kazoku – Un affare di famiglia, dove vengono posti tutti i dubbi e le contraddizioni del caso, senza offrire illusori finali lieti e soprattutto circoscritti a pochi individui fortunati e avveduti (uno su quattro, in questo caso, ma pensavo proprio, guarda caso, al da me odiatissimo e citato da Namio “La ricerca della felicità” di Muccino).
Vabbè, non è che mi scandalizzi poi più di tanto questa vena buonista di Loach. Con l’età che avanza, si sa, ci si ammorbidisce e si diventa sentimentalisti. Fra qualche anno, se sarò ancora vivo, mi riprometto di scrivere qualcosa tipo “Una casa nella prateria”, daje.
Comunque, lo ripeto, il film è ben fatto e molto piacevole da vedere, e la recensione di Namio mi offre un punto di vista che stempera in me la vena polemica di questa mia. Vabbè, metabolizzo e magari cambio idea, chissà. Non sarebbe né la prima né l’ultima volta.
Namio Intile
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Re: La parte degli angeli

Messaggio da leggere da Namio Intile »

Eheheh, in pratica abbiamo visto due film diversi.
Secondo me centrale in Loach rimane il tema del lavoro. Quel che ho visto, o ricordo di aver visto, è l'indicazione della strada maestra: la realizzazione delle proprie aspettative attraverso il lavoro; e non un lavoro qualsiasi, ma un lavoro che è "poiesis", cioè trasformazione della materialità naturale attraverso l'opera della propria conoscenza e delle proprie mani. Questo secondo me il nocciolo duro della poetica di Loach. Il tema della famiglia francamente mi è sembrato marginale, un espediente narrativo per dare il via al flusso degli eventi e per indirizzare la narrazione verso un punto in cui possa risorgere speranza in maniera, forse hai ragione, un po' buonista. Ma, a differenza delle altre sue opere, non bisogna dimenticare che questa rimane una commedia.
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Roberto Ballardini
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Re: La parte degli angeli

Messaggio da leggere da Roberto Ballardini »

Giusto, e infatti in qualità di commedia mi è piaciuta molto, l'ho detto. Per il resto, immagino che ognuno di noi abbia dei tasti più o meno sensibili sui quali un'opera agisce in modo diverso. D'altra parte il tuo punto di vista mi trova estremamente ben disposto e quindi mi dà un motivo in più per apprezzare il film.
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Nel 1977 andava in onda l'ultima puntata del popolare spettacolo televisivo serale seguito da adulti e bambini. Carosello era una sorta di contenitore pubblicitario, dove cartoni animati e pupazzetti vari facevano da allegro contorno ai prodotti da reclamizzare. Dato che questo programma andava in onda di sera, Carosello rappresentò per molti bambini il segnale di "stop alle attività quotidiane". Infatti si diffuse presto la formula "E dopo il Carosello, tutti a nanna".
Per il 40° anniversario della sua chiusura, agli autori abbiamo chiesto opere di genere libero che tenessero conto della semplicità che ha caratterizzato Carosello nei vent'anni durante i quali è andato felicemente in onda. I dodici autori qui pubblicati hanno partecipato alle selezioni del concorso e sono stati selezionati per questo progetto letterario. Le loro opere sono degni omaggi ai nostri ricordi (un po' sbiaditi e in bianco e nero) di un modo di stare in famiglia ormai dimenticato.
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