Con buona pace di tutti

Spazio dedicato alla Gara stagionale d'estate 2020.

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Leonardo74
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Con buona pace di tutti

Messaggio da leggere da Leonardo74 »

leggi documento Spiacente ma, in questo browser, la lettura a voce non funziona.

C’è una strana fase della vita in cui si viene annichiliti in gradazioni e modalità variabili. Si chiama elaborazione del lutto. L’afflizione potrebbe spegnere una luce negli occhi, che in alcuni casi non si riaccenderà mai più. Potrebbe anche screziarsi la voce, oppure comparire qualche tic nervoso. La sofferenza somatizza in tanti modi. La mente è un luogo strano. Mi è stato raccontato di persone che nell’immediatezza della tragedia si sono mostrate allegre e gioviali. Anche se non sono una psichiatra, è facile indovinare che si tratti di una bizzarra forma di rifiuto, forse un meccanismo analogo a quello noto come “spogliamento paradossale”. Capitò qualche anno fa a quegli escursionisti scalatori che avevano tentato di spogliarsi poco prima di morire d’ipotermia.
L’ex maggiore Tom aveva proprio uno strano modo di elaborare il lutto. Il suo annientamento non era misurabile con nessuno di questi criteri, bensì attraverso la comparsa di alcuni dettagli che di sicuro rimanevano invisibili ai più. Non a me, che sui dettagli avevo costruito una carriera nell’esercito, per quando modesta possa essere la carriera di una donna in un’istituzione maschilista quasi quanto quella ecclesiastica. Per esempio avevo notato che Tom, da allora, aveva preso a radersi ogni giorno. La pelle sulle guance era irritata, nonostante gli evidenti trattamenti con creme idratanti. Se Tom poteva radersi i peli dalla faccia, tuttavia non poteva fare altrettanto con quelle chiazze brunastre di dolore che avevano preso il posto delle occhiaie e che si inspessivano ogni giorno di più, fino a somigliare a croste.
Quella mattina ero fuori in perlustrazione con il sergente Lamara quando mi telefonò il capitano Di Cillo per chiedermi di rientrare. A quanto pare l’ex maggiore Tom Grelli s’era presentato in ufficio vestito di tutto punto, chiedendo di me. Quando tornai vidi un uomo distrutto dalla vita, eppure fiero, non piegato. Non c’era più nulla che potesse ferirlo o umiliarlo.
«Vorrei che te ne occupassi tu», disse.
Era chiaro a cosa si riferisse. Credo che per qualche istante rimasi pietrificata, senza riuscire neppure a ruotare le pupille né a deglutire.
«Eri una sua amica», aggiunse.
«Proprio per questo, io non…»
«E sei anche una brava detective. La migliore.»
Negli anni addietro Tom era sempre stato gentile con me. Lo avevo sempre visto come una specie di zio, forse addirittura una padre – visto che io non ne avevo mai avuto uno decente. Per lui non ero soltanto una scapolona di mezza età con qualche chilo di troppo, e neppure soltanto una divisa. Si era sempre speso al massimo per me, senza che dovessi neanche chiederlo. Ora, per la prima e forse ultima volta nella vita di entrambi, era lui ad aver bisogno di me. Mi pesava troppo dover dire di no.
«Ecco io… il tenente colonnello non…»
«Ci ho già parlato. Sarebbe lieto di assegnarti il caso, se lo vorrai.»
«E poi il capitano Milla…»
«Nessun problema, lascerà che sia tu a condurre.»
«Hai già pensato a tutto, allora.»
«Sai, tutti mi dicono che devo accettare quello che è accaduto, che posso farcela, che mi saranno vicini. Va bene, dico io. Va bene. Posso farcela, posso riuscire a vivere perfino dopo una cosa del genere, certo. Ma non ce la farò, se non saprò come sono andate le cose. Lo capisci questo, primo luogotenente Sonia Ravera?»
Quando cercava la mia complicità, mi chiamava scherzosamente con la qualifica completa seguita dal cognome. Avrei potuto tirarmi indietro, oppure assecondarlo. Avrei potuto dirgli che doveva accettare la situazione punto e basta, oppure abbracciarlo e mettermi a piangere, o invece arrabbiarmi con lui. Avrei potuto dire o fare un sacco di cose, invece restai immobile, con lo sguardo a terra e dissi soltanto: «Sissignore, lo capisco.»
«Bene», fece lui. E se ne andò.

***

Nessuno del mio reggimento avrebbe dovuto occuparsi di questo caso, in teoria. In pratica, invece, gli ufficiali superiori avrebbero fatto a gara per favorirmi in quest’indagine. Primo perché l’ex maggiore Tom era benvoluto da tutti; secondo perché il suicidio di sua figlia era oggettivamente un caso controverso, con elementi poco chiari. La classica patata bollente.
Nessun dubbio sul fatto che a sparare fosse stata la pistola d’ordinanza di Katie, una Beretta 92, sulla quale non erano state rilevate impronte diverse dalle sue. Il guanto di paraffina aveva confermato che il colpo era stato esploso proprio da lei, mentre era seduta sulla poltrona in camera da pranzo, a bruciapelo sulla sua tempia destra. Quello che appariva strano era il colpo precedente – visto che non poteva essere successivo - finito contro la parete alle spalle di Katie. Chi è che si suicida sparando due colpi?
Altra cosa che non quadrava era la posizione della rivoltella. Nessuno aveva notato questo particolare, ma se si fosse suicidata la pistola avrebbe dovuto cadere a terra in corrispondenza – più o meno – della verticale del braccio destro, che ciondolava disteso lungo il fianco. Questa cosa non l’avevo imparata in un corso di polizia, bensì leggendo “Una storia semplice” di Leonardo Sciascia. È per questo che l’avevo tenuta per me. Mi sembrava di sentire già le risatine dei colleghi (“Ti rendi conto? Sciascia!”- “E chi è?” - “Un romanziere italiano!”) e i biasimi dei superiori (“Guardi maresciallo che questa è la realtà, mica un romanzo”).
Conoscevo molto bene Katie Grelli. Se avesse voluto nascondere qualcosa, nessuno l’avrebbe scoperta. In caso contrario avrebbe lasciato degli indizi, come fanno quasi tutti i suicidi. In mancanza del corpo e del movente, e con quel proiettile conficcato nel muro, non si poteva biasimare suo padre nel voler sondare l’ipotesi dell’omicidio.
Pensai che non avrei trovato nulla grufolando nelle scartoffie: non nel verbale, non nei referti autoptici e neppure sulle trascrizioni delle telefonate. Invece convocai suo marito, Ray Boreanaz. Non avevano mai divorziato, ma la vita sentimentale di Katie era un mezzo disastro. Lui da qualche tempo era andato a vivere da solo. Era un uomo tutt’altro che esemplare, qualche bicchiere e qualche ceffone di troppo, perfino qualche scappatella con ragazze più giovani. Almeno questa era l’idea che m’ero fatta di lui, interpretando certi sfoghi di Katie. Forse era per questo che anche Tom non lo poteva sopportare. Avevo addirittura la sensazione che l’ex maggiore mi avesse ingaggiato proprio per indagare sul genero, ed è quel che avrei fatto. Il suo profilo sembrava perfetto per un uxoricidio: ex militare che lavora in un’agenzia di sicurezza, con funzioni di vigilanza e di scorta; uomo risoluto, in crisi matrimoniale, a proprio agio con una Beretta tra le mani. Dalle indagini non era emerso nulla su di lui, soltanto volevo guardarlo negli occhi e fargli delle domande. Ma niente convocazioni, stanze degli interrogatori e stronzate simili. Semmai due chiacchiere informali di fronte a una birra, nel locale dove andava a trastullarsi abitualmente.
«Allora, Ray, avrei delle curiosità su Katie.»
«Ma certo», e prima dei preliminari s’era già scolato una birra.
«Vorrei sapere come definirebbe il suo rapporto con la sua ex… cioè con sua… insomma con Katie.»
Avrebbe sollevato le sopracciglia, se le avesse avute. Invece increspò la pelle della fronte e tirò un’altra boccata al calice masticando luppolo. Ebbi l’impressione che stesse pensando: “ma chi me l’ha mandata questa cretina”. Poi si asciugò la bocca con il dorso della mano e rispose: «Lo definirei un rapporto felice.»
«Tutto a gonfie vele, insomma.»
«Proprio così.»
«Però lei aveva abbandonato il tetto coniugale…»
Fece spallucce: «Solo per qualche giorno. Un bisticcio da nulla, sarei tornato a casa.»
Mentiva con naturalezza, come se non sapesse che ero un’amica della sua ex moglie e che sono un ufficiale dell’esercito incaricata di indagare sulla sua morte. Sul suo presunto omicidio, per essere chiari.
«Vuole raccontarmi, precisamente, cosa ha fatto quel giorno?»
Abbozzò uno strano sorriso. Era di circostanza, ma scopriva molto i denti. Era spiacevole.
«Non ha letto il verbale, signora?»
«Maresciallo Ravera, per cortesia, non signora. E sì, l’ho letto il verbale, però mi compiaccia per qualche minuto, me lo racconti ancora.»
Sorrise ancora con quel ghigno e ordinò un’altra pinta, poi mi accontentò. Ripeté le dichiarazioni del verbale, come se le avesse imparate a memoria. Era stato a casa di Katie - cioè la casa in cui viveva anche lui, quella che l’ex maggiore Tom, prima di andare in pensione , aveva lasciato a sua figlia – verso le ore 19, perché lei lo aveva chiamato. Voleva che Ray gli sistemasse un rubinetto che perdeva. Una scusa per farlo tornare a casa, forse. Invece lui era andato via, e mentre Katie si sedeva nel sofà e si faceva saltare le cervella, Ray era già a cena con una sua collega, un certa Martha. Una delle sue sgallettate.
«Che rapporto ha con questa Martha?»
«Siamo colleghi.»
«E che altro?»
«Colleghi e basta.»
Già, quasi dimenticavo che il matrimonio andava a gonfie vele.
«A dire il vero», fece lui, «mi avevano detto che questo caso era stato chiuso. Non sono state trovate altre impronte sull’arma di Katie, nessun movente, nessun sospettato. Quanto a me, se proprio ha intenzione di lavorare con la fantasia e immaginarmi nei panni dell’assassino, sappia che a quell’ora ero al ristorante con Martha. Sia lei che il cameriere possono confermare. Ho perfino lo scontrino del conto.»
Mi serve un colpevole, Ray. Devo poter dire al maggiore Tom che sei stato tu: «Bene. Resta da capire come mai si conservi lo scontrino di una cena con la sua amata…»
Ecco di nuovo quei denti scoperti: «Pensavo fosse una chiacchierata informale, ma vedo che converrà chiamare il mio avvocato.»
«Le ho solo fatto una domanda, Ray. Perché non risponde e basta?»
Ray corrugò la fronte e scosse il capo: «Conservo sempre gli scontrini di tutto. Questo fa di me un sospettato?»
«Tutti lo sono.»
«Perché allora non interroga pure suo padre, l’ex maggiore Tom? Magari le ha sparato proprio lui.»
«Ma che cosa dice!»
«E perché no? Soltanto perché la versione del paparino cattivo non le piace, invece gongola con quella del marito violento? Ha mai provato a pensare a cosa sto passando io?»
Si alzò e gettò dei soldi sul tavolo, senza contarli né curarsi di dare le ultime boccate alla birra che restava in fondo bicchiere.
Mi scoccò un’occhiataccia rabbiosa, risentita. Dopotutto che elementi avevo contro di lui? Il mio infallibile istinto? Quello stesso istinto che nella vita mi aveva trasformato in una poliziotta zitella senza un cane che avrebbe pianto la mia morte? Sono io che dovrei suicidarmi, forse. Ma Katie… lei…
Sì, d’accordo, Ray era uno stronzo. Ma un’omicida? Proprio non ce lo vedevo.
«Me ne vado», sbottò, «cerchi di riposarsi che ha una brutta cera. Signora.»
Rimasi seduta a guardare la schiuma della birra evaporare dal boccale, una bollicina alla volta.

***

Se escludiamo Ray, Louise era stata l’ultima persona a incontrare Katie ancora viva. Almeno questo presumevo, affidandomi agli appunti scarabocchiati nel taccuino rinvenuto sulla scena del… in casa di Katie. Li rilessi tutti quegli appunti, a caccia di qualche indizio, anche soltanto uno spunto, un’idea. Passai di nuovo al setaccio tutte le scartoffie e le fotografie sul caso del maresciallo Katie Grelli, coniugata Boreanaz. Nulla. Sperai che l’autopsia avesse scovato labili tracce di droga, indizi di qualche malattia, un elemento di dubbio sul fatto che fosse incinta. Invece no. Mens sana in corpore sano. Quel caso era un buco nero, e l’ex maggiore Tom mi ci aveva scaraventato dentro.
Mentre ero in viaggio verso l’appartamento di Louise non feci che pensare quanto fosse impossibile tirar fuori una verità da quel caso. Forse perché non c’era nessuna verità nascosta? E se Katie si fosse sparata punto e basta?
Quando qualcuno si uccide tutti domandano perché. C’è un’infinità di ragioni per porre fine a una vita. Lutti, esperienze drammatiche, traumi, delusioni amorose, difficoltà sul lavoro, depressione e così via. Nel caso di Katie non c’era nulla di tutto questo. E quindi niente suicidio, bensì omicidio. Allora la domanda diventava: chi è stato? Perché? La maggior parte degli omicidi prevede l’utilizzo di un’arma di fuoco, e fin qui ci siamo. La maggior parte degli omicidi matura in ambito familiare, e allora dovrebbe entrarci Ray, perché nel nucleo familiare non c’era nessun altro che potesse annoverarsi nella lista dei sospettabili. Eppure contro il marito di Katie non c’era nulla. Dopo averci parlato avevo la chiara sensazione che fosse una vittima pure lui. Altra causa abbastanza frequente di omicidi era quella passionale. Ma ero sempre all’interno della prima traccia: Ray tradiva Katie con ragazze, magari giovani e belle, lei non sopportava più questa cosa, era scoppiata una violenta lite ed era finita in tragedia. Perfetto, perché la maggior parte degli omicidi familiari avviene proprio così. Il punto era che sul corpo di Katie – e anche in casa - non c’era la benché minima traccia di colluttazione.
Se escludiamo la triade famiglia/lite/passione, allora restavano il suicidio/omicidio, la depressione, le ragioni economiche o di criminalità. Scenari davvero distanti da Katie. Ragionai su possibili lutti, su presunte delusioni amorose, su inesistenti difficoltà sul lavoro. Ma sempre tornavo al punto di origine: tutto questo non spiegava il mio caso, non c’erano elementi, non calzava con Katie. Neanche un po’.
Louise aveva la pelle olivastra e una strana luce negli occhi, che le brillava sotto la chioma corvina. Sarebbe stata ancora affascinante, se la malattia non la stesse divorando senza pietà. La sclerosi in stato avanzato ne aveva seriamente compromesso l’autonomia, ma non abbastanza da impedirle ancora qualche spostamento sulla carrozzina. Perciò congedò la badante e restammo a parlare da sole, separate da un tavolo ovale al centro del quale campeggiavano dei biscotti alla cannella fatti in casa e una teiera in ceramica dal cui beccuccio sbuffava - come fumo da un comignolo - vapore all’odore di mela verde.
«Da quando non riesco più a spostarmi, Katie mi viene a trovare tutti gli ultimi venerdì del mese. Cioè veniva… ancora non riesco a credere che sia vero.»
«Compreso l’ultimo venerdì, cioè il giorno prima che…»
Louise annuì.
Cercai di capire se potesse esserci qualche ragione particolare dietro i loro incontri, ma tutto quello che c’era da sapere emerse da una candida constatazione di Louise, mentre un luccicone le scendeva sulle guance: «Eravamo amiche, mi voleva bene.»
Non era forse un motivo sufficiente?
Anche io ero amica di Katie, ma non allo stesso modo. Lei mi aveva accennato a Louise ma non aveva mai voluto approfondire quale fosse il loro rapporto. Ora scoprivo che insieme guardavano film, facevano giochi da tavolo, a volte uscivano e Katie la portava a prendere un gelato. Una volta aveva perfino caricato la carrozzella in macchina ed erano fuggite insieme al mare. Thelma e Louise. Come due sorelle. A quanto pare Katie parlava con l’amica anche del suo matrimonio. Ray ne uscì come il grande amore di Katie, uomo e marito inappuntabile e irreprensibile. Sì qualche bisticcio, qualche gelosia, ma nulla di straordinario. Il mostro traditore, alcolista e manesco, era una creazione della mia mente che cercava a tutti i costi un colpevole.
Cercai di capire se Katie avesse potuto confidarle qualcosa – qualsiasi cosa – che avrebbe potuto gettare nuova luce su questo caso o aprire qualche spiraglio in questa maledetta indagine. Confessioni tra amiche, tra donne magari. Confessioni che forse a me non avrebbe fatto, perché dopotutto ero un militare o perché ero amica anche di suo padre, chissà. Erano illusioni le mie, l’ultima spiaggia di un detective impelagato in un caso insolvibile.
Louise era sgomenta quanto me, mi dipinse con esattezza la stessa Katie che conoscevo anch’io: amorevole, solare, sicura di sé, bendisposta verso la vita, generosa e benvoluta da tutti. Una donna così non può spararsi un colpo in testa all’improvviso.
«Semplicemente non è possibile», disse.
Eppure è quel che aveva fatto.
Sì, perché anche se era “semplicemente impossibile” – e Dio sa quanto lo fosse – bisognava pur sempre adottare qualche versione. Se non si trovava nulla, allora restava quella ufficiale: suicidio. Inspiegabile quanto si vuole, ma sempre suicidio. Con mia buona pace che avrei fallito come amica e come investigatore; con buona pace del maggiore Tom che avrebbe fallito come padre; con buona pace di Louise che non riusciva ancora a nominare l’amica senza scoppiare in singhiozzi; con buona pace di Ray, privato del suo amore e perfino costretto nella lista dei sospetti da un’investigatrice incapace. Insomma, con buona pace di tutti.
Con quel colpo di pistola – non quello finito contro il muro alle sue spalle, ma quello che le aveva fatto esplodere la testa – Katie aveva esploso un dannato proiettile contro tutti noi. Col primo è come se avesse pensato alle conseguenze del suo gesto e le fosse mancato il coraggio all’ultimo istante. Coraggio che doveva esserle tornato qualche istante dopo. Con quel secondo colpo aveva fatto centro. Aveva svuotato la vita di una manciata di persone. Le aveva rese persone peggiori, aride, esasperate. Tutti potenziali suicidi.
Avrei potuto accettarlo, col tempo.
Ma Tom? Cosa avrei potuto dire a lui?
Avevano ragione i miei superiori, anche se non avevo dato loro occasione per dirlo: questa è la realtà, mica un romanzo. In un poliziesco, con l’andare della storia, i sospetti si moltiplicano, esplodono, come fiori in primavera. Nella realtà invece questo caso è imploso nella sua miseria.
Guardai ancora Louise e pensai che sarebbe morta prima che io potessi rivederla. D’un tratto seppi cosa avrei detto a Tom. Potevo farcela, avrei soltanto dovuto essere veloce, decisa. Niente esitazioni. “Katie parlava di morte con alcune amiche, aveva un libro sul suicidio”; “era depressa ma tu non c’entri, ti amava molto”; “un tizio… le dava delle droghe”; “non importa chi, non mi interrompere, e non venire a cercarmi: i conti tornano e il caso è chiuso”; “perdio fattene una ragione”.
Poi avrei ficcato la testa sotto l’acqua gelida per qualche ora. Se fossi sopravvissuta avrei campato il resto dei miei giorni maledicendoli uno ad uno.
Ultima modifica di Leonardo74 il 01/07/2020, 13:16, modificato 3 volte in totale.
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Messaggio da leggere da Teseo Tesei »

Mi è piaciuto, è avvincente e si legge molto bene.
Verso la fine, vedendo il testo ormai diminuire, viene da chiedersi: Chissà come finirà.
Manca davvero poco alla fine del testo, resta ormai spazio per una confessione o poco più.
Invece nulla. Neppure un antico: il seguito alla prossima puntata.
Sonia Ravera incallita lettrice di “Una storia semplice” di Leonardo Sciascia comincia le sue indagini controvoglia, tuttavia al contrario di quel che accade in quel romanzo poliziesco i sospetti anziché esplodere moltiplicandosi, implodono riducendosi.
Sonia che fa quindi?
Alza bandiera bianca e si arrende.
Convincendosi che si è trattato di un suicidio.
Storia semplificata: caso risolto.

Nulla è impossibile, specie quando la verità è una.
In tali casi vale sempre l'antico adagio: "Spesso tutti sono convinti che una soluzione sia impossibile, poi arriva uno sprovveduto che non lo sa trovando la soluzione".

Per questo resta un amaro in bocca alla fine della lettura.
Gli esseri umani spesso alzano bandiera bianca, anche quando non dovrebbero.
La nostra natura tuttavia indica nel nostro cuore quando siamo davanti ad un atto di vigliaccheria.

Voto 4.
Le stelle brillano soltanto in notte oscura.
https://www.youtube.com/watch?v=HTRHL3yEcVk

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Messaggio da leggere da Laura Traverso »

Il tuo racconto, nonostante non sia breve, cattura l'attenzione e crea interesse, non annoia per nulla. E' ben costruito, dal mio punto di vista, con una storia accattivante che si sviluppa tra dialoghi e pensieri. Diciamo che sul finale mi sarei aspettata, come lettrice, una maggiore soddisfazione. Mi è parsa, la chiusura, un poco frettolosa.
Comunque mi è piaciuto, voto alto...
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Fausto Scatoli
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Messaggio da leggere da Fausto Scatoli »

scritto molto bene, scorre liscio fino alla fine.
davvero gradevole.
storia che appare complessa e viene poi semplificata d'improvviso, con un finale, a mio parere, un po' sorprendente.
ottime le descrizioni.
c'è qualche refuso ma nulla di che, probabilmente errori di battitura.
bel lavoro
l'unico modo per non rimpiangere il passato e non pensare al futuro è vivere il presente
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Messaggio da leggere da Namio Intile »

Un buon racconto, pure se l'epilogo arriva a mio avviso troppo in fretta togliendo equilibrio all'insieme.
Ti segnalo: "Mi serve un colpevole, Ray. Devo poter dire al maggiore Tom che sei stato tu:" che presumo sia un pensiero della protagonista e quindi forse un punto fermo e un a capo sarebbero meglio dei due punti.
Qui invece viri al presente. "Se escludiamo la triade famiglia/lite/passione"
Il racconto mi ha incuriosito, come i nomi e la strana ambientazione e quella citazione della Storia semplice di Sciascia. Quell'idea, quella della pistola voglio dire, la lasci poi cadere però. E a mio avviso avresti dovuto spiegare, perché è da lì che partono i sospetti di Ravera. Che è un tenente, mentre in un'occasione la scambi con un maresciallo. Grado che nelle forze armate americane poi non esiste. Ma che ci troviamo in America è solo una mia idea. Il luogo, in effetti, lo lasci un po' all'immaginazione del lettore, quindi anche quel maresciallo potrebbe servire a confondere e nascondere
Curioso quel Boreanz, mi sono scervellato per trovare un riferimento, invano.
Bello il finale, con il suicidio che appare per quello che è. Troppo veloce, però.
Un racconto che potresti allungare ed allargare e approfondire.
Nell'atmosfera mi ha ricordato un film di qualche tempo fa: Nella valle di Elah, di Haggis.
Bravo.
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Andrepoz
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Messaggio da leggere da Andrepoz »

Molto bello, non era facile riuscire a raccontare una storia tanto complessa in uno spazio così breve. Il finale forse è appena appena affrettato, come anche altri hanno notato, ma a me è piaciuto molto: si resta tutto il tempo in attesa di un colpevole… e alla fine il colpevole non c'è. Ottimo lavoro davvero.
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Lucia De Falco
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Messaggio da leggere da Lucia De Falco »

Il racconto mi è piaciuto perché il testo scorre velocemente, con un ritmo serrato e intrigante. È ben resa la psicologia della donna militare, apparentemente forte, dura nei modi e nel linguaggio, ma dall'animo sensibile, a tal punto da non voler ferire il padre della donna morta suicida. Anch'io credo che il finale vada modificato e approfondito. Secondo me è buona l'idea che alla fine si tratti di un suicidio e che l'investigatrice inventi una menzogna per il padre della ragazza, ma ci vorrebbe qualche altra prova al riguardo e qualche rivelazione più scottante, ad esempio da parte dell'amica sulla sedia a rotelle o tramite qualche diario. Sarebbe interessante se la ragazza si fosse suicidata proprio perché stanca di rispondere ad una serie di regole e al conformismo impostile, fin da piccola, dal padre, magari rivelando un' omosessualità celata o qualche altro segreto.
Vcpvcp
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Messaggio da leggere da Vcpvcp »

Amaro, credibile, bei personaggi, a me personalmente è piaciuto anche il finale e mi sembrerebbe invece sbagliato ricorrere a troppe spiegazioni, a diari segreti, a trovare un perchè... la vita spesso è un misterioso e opaco casino senza risposte.
Simone_Non_é
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Messaggio da leggere da Simone_Non_é »

Ciao Leonardo! Voto alto anche per me, nonostante la lunghezza del racconto il ritmo prende e riesce a far immedesimare perfettamente il lettore in un clima teso ed a tratti colmo di disperazione. Unica pecca il finale che lascia un senso di insoddisfazione a discapito di un lavoro tanto costruito bene
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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.



I sette vizi capitali

I sette vizi capitali

antologia AA.VV. di opere ispirate alle inclinazioni profonde, morali e comportamentali dell'anima umana

A cura di Massimo Baglione.

Contiene opere di: nwMarco Bertoli, Federico Mauri, nwEmilia Pietropaolo, nwFrancesca Paolucci, nwEnrico Teodorani, nwUmberto Pasqui, Lidia Napoli, nwAlessandro Mazzi, Monica Galli, nwAndrea Teodorani, nwLaura Traverso, nwNicolandrea Riccio, nwF. T. Leo, Francesco Pino, nwFranco Giori, Valentino Poppi, Stefania Paganelli, nwSelene Barblan, Caterina Petrini, nwFausto Scatoli, nwAndr60, Eliana Farotto.

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