L'Angelo Triste
Inviato: 15/10/2021, 18:08
Udite dunque la storia meravigliosa dell’Angelo Triste, così come è tramandata nei testi antichi ed è giunta fino a noi grazie alla cura di pochi uomini saggi che, in ogni epoca, hanno colto in essa un insegnamento degno di essere tramandato. Uditela con attenzione, perché in essa molti misteri sono svelati, e molte cose che generano confusione e turbamento nei cuori degli uomini sono chiarite, sì che ciascuno potrà trovare in essa una risposta alle proprie domande.
Si dice che la storia sia stata raccontata da un piccolo Angelo a un uomo buono migliaia di anni fa, e che egli abbia subito cercato di ripeterla ai suoi familiari e amici, ma mentre l’Angelo era dotato della facoltà di imprimere fedelmente il proprio pensiero nella mente dell’uomo, la parola dell’uomo è materia più rozza, e di bocca in bocca il racconto originale è certamente cambiato, si è corrotto, perdendo qualcosa della sua maestosa bellezza.
Pure, dicono i commentatori, l’Angelo non avrebbe donato questa conoscenza all’uomo se non fosse stato certo che il suo insegnamento più importante si sarebbe conservato inalterato per tutte le ere a venire. Perciò ecco ora il racconto, confidando che, come già accaduto innumerevoli volte in passato, anche questa volta la penna non ne tradisca il messaggio.
Questa vicenda rimonta a prima che l’Uomo venisse al mondo, quando Dio stesso era ancora alle prese con la sua Creazione, opera meravigliosa per la quale si faceva aiutare da stormi di Angeli di ogni tipo.
Nella sua infinita saggezza, il Signore aveva infatti già creato questi esseri di puro Spirito, totalmente dediti a servirlo per l’Amore che portavano al loro Creatore.
La loro capacità era quella di farsi tramite della volontà creatrice, strumenti di quella e, ricolmi com’erano d’Amore, provavano infinito diletto dall’essere da Lui impiegati per realizzare qualunque cosa, per piccola che fosse.
Ce n’erano che curavano il suolo e lo rendevano fertile, sapendo che su quel terreno il loro Signore avrebbe fatto crescere piante; c’erano quelli che aiutavano il Signore a disegnare i miliardi di forme che le foglie degli alberi avrebbero assunto per tutte le primavere a venire; c’erano quelli che creavano fiocchi di neve, ciascuno diverso dall’altro, quali più artistici, quali più indicati per ricoprire un intero continente sotto centinaia di metri di neve… Sarebbe impossibile descrivere quanti e quali erano, e quanto meravigliosi mentre erano presi dalle loro incombenze!
Ma ancora più meravigliosa era l’armonia fra tutti, perché per piccolo che fosse il loro compito nella Creazione, l’essere toccati dal loro Signore anche una sola volta in tutta l’Eternità era premio superiore a qualunque altro che possiamo immaginare: in quel singolo tocco essi si riunivano al loro Sommo Bene.
E giacché a ciascuno toccava solo una piccola parte dell’Opera che il Signore stava creando, tra tutti c’era anche una meravigliosa intesa, perché a ciascuno era stata data abbastanza saggezza da capire che solo grazie all’aiuto di tutti gli altri il Creato sarebbe stato all’altezza del progetto divino.
Alcuni di questi Angeli si trovavano spesso a lavorare insieme: quelli ai quali era stato dato potere sull’acqua e sulla terra tracciarono insieme mari, laghi e fiumi; quelli dell’acqua e dell’aria crearono nuvole e pioggia; quelli di fuoco e terra generarono i vulcani che, sebbene terribili a vedersi, diventavano isole lussureggianti dove più forte attecchiva qualunque tipo di pianta… Visto con la Suprema Saggezza del Creatore, ogni angolo della sua Opera sarebbe diventato pari in splendore a un altro progetto, ancora più grandioso, al quale aveva cominciato a pensare, e che aveva chiamato “Paradiso”.
E siccome alcuni Angeli, ricolmi com’erano di quest’Amore divino, devoti ciascuno al proprio compito, diventavano massimamente abili proprio grazie alla vicinanza e all’aiuto dei loro consimili, tra loro si sviluppavano naturali e istintivi sentimenti di affetto, amicizia, e amore.
Si vedevano così Angeli andare spesso abbracciati gli uni agli altri mentre compivano il loro compito, e nessuno ne restava scandalizzato, perché ciò che gli Angeli creavano insieme era sempre più meraviglioso di ciò che avrebbero potuto mai realizzare ciascuno per proprio conto.
Questa storia narra di due di questi piccoli Angeli che avevano trovato grande diletto dall’operare insieme. Vaserel era un Angelo delle acque, chiaro d’aspetto, esile di forma al punto di potersi intrufolare ovunque il Creatore gli avesse chiesto di andare. Docile di temperamento e accomodante come pochi, aveva una voce malinconica come il suono delle onde che sempre richiamano i marinai a casa dalla spiaggia. Era anche dotato di grande pazienza e, sebbene sembrasse che quando cominciava un’opera si arrendesse alla prima difficoltà per allontanarsene, col tempo insisteva caparbiamente, la sua volontà ferma sull’obiettivo da raggiungere, sicché non c’era compito che il Signore gli affidasse che non fosse condotto a termine nel giusto tempo. Vaserel era un Angelo che il Signore prediligeva quando un compito richiedeva una lealtà costante come il firmamento.
Fayerel era invece un Angelo delle lave vulcaniche. Dotato di un temperamento esplosivo, la sua forma pesante travolgeva spesso tutto ciò che gli si parava dinanzi. Negli occhi gli covava sempre un fuoco rosso che egli non sapeva spiegare, e che pure era la Luce della Creazione filtrata appena dalla sua particolare essenza. Anche sul lavoro Fayerel era spesso impulsivo, impetuoso; diversamente da Vaserel egli agiva sempre con gran fretta, poco badando alla qualità del proprio operato e spesso eccessivamente alacre, bruciando in lui il desiderio di essere costantemente gratificato dal Creatore per aver compiuto rapidamente ciò che gli era stato chiesto.
Né Vaserel né Fayerel si illudevano di essere più meritevoli di tanti altri loro compagni dell’apprezzamento divino, ma entrambi godevano dell’essere sé stessi agli occhi di Dio.
Il quale un giorno convocò Vaserel e gli disse: «Vaserel, io apprezzo enormemente la pazienza che usi in tutto ciò che fai, e ti sarei enormemente grato se d’ora in avanti volessi dedicarti a un piccolo tratto di mare di particolare bellezza, e sul quale desidero lavorare molto a lungo. Vorresti accompagnarmi in quest’opera?»
«Farò tutto ciò che il Signore chiede», rispose Vaserel, deliziato, «e l’impazienza di mettermi all’opera mi fa chiedere quale possa essere questo tratto di mare, perché il Creato è ormai quasi a punto».
«Certo, hai ragione, guarda», il Creatore gli indicò una lunga penisola al centro di un grande mare. «Vorrei che ti occupassi delle acque costiere di questo golfo».
Vaserel osservò con sorpresa la zona indicatagli, una piccola cosa rispetto alle immense vastità degli oceani che aveva contribuito a coprire, e il Signore gli lesse la delusione nell’animo.
«Non temere che ti sia stato affidato un compito di poca importanza», gli disse, «perché nell’affrontarlo capirai che le tue doti sono le uniche che possono portarlo a compimento. Come ti ho già detto, per quest’angolo di mondo ho previsto bellezza senza eguali, e tu ne sarai l’artefice. Ti affiancherò qualcuno che possa aiutarti col suo particolare temperamento».
Così confortato e reso orgoglioso dalle belle parole del Creatore, che gli aveva affidato un compito di speciale importanza, Vaserel scese sulle acque e cominciò a dimorare nei luoghi che erano stati affidati alle sue cure. Lì trovò sabbie finissime e rocce bianche, e pesci d’ogni tipo, e coralli rossi, e si dedicò a curare ogni cosa come aveva imparato a fare in tanto tempo al servizio del Signore con scrupolo meticoloso, come solo lui avrebbe saputo fare.
Nello stesso tempo, il Creatore chiamò a sé anche Fayerel, e gli fece una richiesta simile, ma più acconcia al diverso carattere di quest’Angelo di maggior temperamento: «Fayerel, io apprezzo enormemente l’energia che infondi in tutto ciò che fai, e ti sarei enormemente grato se d’ora in avanti volessi dedicarti a un piccolo tratto di costa di particolare bellezza, e sul quale desidero lavorare molto a lungo. Vorresti accompagnarmi in quest’opera?»
«Farò tutto ciò che il Signore chiede», rispose Fayerel con entusiasmo, «Dove devo andare, Signore? Qual è questo tratto di costa? Perché il Creato è ormai quasi a punto».
«Certo, hai ragione, guarda», il Creatore gli indicò la stessa lunga penisola che aveva già indicato a Vaserel, al centro del grande mare. «Vorrei che ti occupassi della costa di questo golfo».
Fayerel osservò con sorpresa la zona indicatagli, una piccola cosa rispetto ai continenti che aveva contribuito a sollevare, e il Signore gli lesse la delusione nell’animo.
«Non temere che ti sia stato affidato un compito di poca importanza», gli disse, «perché nell’affrontarlo capirai che il tuo entusiasmo è unico per portarlo a compimento. Come ti ho già detto, per quest’angolo di mondo ho previsto bellezza senza eguali, e tu ne sarai l’artefice. Ti ho affiancato qualcuno che possa aiutarti a realizzare il tuo compito che è così difficile, lo vedrai, che richiederà le tue energie per molto tempo».
Così confortato e reso orgoglioso dalle belle parole del Creatore, che gli aveva affidato un compito di speciale importanza, Fayerel scese sulla costa e cominciò a dimorare nei luoghi che erano stati affidati alle sue cure. Lì fece sorgere colline e cominciò a spingere il suolo dal basso finché, su, su, creò alte montagne che cominciarono a eruttare con violenza fuoco, cenere e lapilli, e si dedicò a far emergere l’impressionante potenza nascosta nel sottosuolo come aveva imparato a fare in tanto tempo al servizio del Signore, con energia impareggiabile, come solo lui avrebbe saputo fare.
È a questo punto doveroso osservare che, pur rispettando l’opera dei loro simili, gli Angeli della Creazione peccano spesso di zelo: quando si mettono al lavoro, non pensano ad altro che a compiere quanto è stato loro comandato, e non pensano minimamente a qualunque altra cosa intorno a loro. Così accadde anche a Fayerel che, mentre stava spingendo cenere e lave roventi dal sottosuolo, nemmeno si accorse che tanta materia incandescente stava rapidamente coprendo tutto il territorio che gli era stato affidato, era corsa lungo i ripidi pendii delle montagne che egli aveva innalzato, e si stava versando nelle acque del mare dov’era Vaserel. Al contatto tra la lava e l’acqua una gran nube di fumo si alzò con un rumoroso schiumare, e per un momento i due Angeli fermarono ciò che stavano facendo per capire che origine avesse quel suono che non avevano mai udito prima.
Fu così che Fayerel guardò in direzione dell’acqua, alla quale non aveva prima nemmeno fatto caso, e Vaserel guardò verso la terraferma, alla quale neanche lui aveva badato, si guardarono negli occhi, e per quanto potessero essere diversi nel loro aspetto, seppero in quello stesso istante chi era l’aiuto che il Creatore aveva mandato a ciascuno dei due.
Vaserel vide negli occhi di Fayerel, quegli occhi attraverso i quali ancora bruciava inestinguibile la Luce della Creazione, e Fayerel vide lo stesso in quelli di Vaserel, con la loro regale serenità. I due si corsero immediatamente incontro come se si fossero sempre conosciuti e si fossero appena ritrovati dopo una ricerca lunga e, finalmente, felicemente conclusa.
Da allora, e a lungo, i due operarono insieme tutto il tempo, Fayerel creando montagne di lava che giungevano a mare che, prima si ritraeva, poi subito raffreddava la lava in roccia dalle forme fantastiche, dura come non avrebbe mai potuto essere senza l’intervento dell’acqua, allungando la linea di costa nel mare e innalzandola velocemente, rendendola ricca di scogli e anfratti tra i quali trovavano riparo migliaia di conchiglie; e le alghe che lì crescevano erano forti e vigorose come poche in tutto il Creato, ed erano cibo e riparo eccezionali per gli innumerevoli pesci che vennero a dimorare costì.
Sì che ciascuno dei due Angeli cominciò a pensare dentro di sé: «Il Signore mi ha mandato un compagno che rende la mia opera davvero meritevole, perché senza di lui tutto quello che creo non sarebbe altrettanto bello: ciò che io faccio sarebbe il mio lavoro di sempre, ma con lui ha quelle qualità che a me mancano, ed è davvero più meraviglioso così di quanto io avessi mai potuto precedentemente immaginare».
In questo modo entrambi erano grati al Signore di ciò che Egli aveva chiesto loro, e lo lodavano nelle loro preghiere, il loro modo di parlare con Lui, e anziché sentirsi sminuiti dal fatto che per realizzare tanta bellezza Egli li avesse affiancati a un loro simile, se ne sentivano esaltati, perché vedevano quanto la loro opera congiunta fosse superiore alla somma di quanto avrebbero mai potuto realizzare individualmente.
Col tempo, con la vicinanza, con l’amicizia, col vedere la Luce della Creazione l’uno negli occhi dell’altro, tra loro nacque Amore, e a tutti gli altri Angeli sembrava incredibile che due tra loro, apparentemente così diversi per aspetto, natura e temperamento, potessero vivere in una tale armonia, e quando qualcuno li vedeva anche da lontano riconosceva in essi una Luce ancora più forte, che era solo riflesso di quella del Creatore, e che pure così spingeva chiunque a innalzare un canto di lode al Signore.
Altrove si narra di come un Angelo si ribellò al Signore. Quel racconto è troppo triste e crudele per riportarne qui anche solo i tratti più importanti. Inoltre, la sua materia è troppo controversa per arrischiarsi a darne qualsiasi lettura o interpretazione. Io stesso ne ho sentito molte versioni diverse, ciascuna con il suo fondato valore. Ciò che è certo è che molti Angeli abbandonarono il Regno Celeste.
Prima di conoscere Vaserel, Fayerel era stato spesso in compagnia di quell’Angelo che avrebbe guidato la rivolta, e ne condivideva per temperamento alcuni tratti. Se normalmente Fayerel era impulsivo ed energico, in compagnia di quello diventava impaziente e iroso; ne condivideva l’incantamento per le luci brillanti; si faceva spesso guidare dalla fretta avventata e sconsiderata combinando spesso qualche guaio, sia pure involontariamente. Perciò, di questo ne era cosciente, aver trovato Vaserel era stato per lui un riconciliarsi totalmente con la propria natura angelica. Ma ecco che la rivolta, o quello che fu, scosse i pilastri del Creato, e tutti gli Angeli decisero di sostenere l’una o l’altra parte della contesa.
Nonostante l’Amore che c’era tra i due, pur sempre solo un riflesso della Luce della Creazione, Vaserel decise di restare fedele al Signore, mentre Fayerel si fece trascinare dall’ira e si allontanò con l’altro Angelo. Si dice che, nonostante la confusione del momento, la loro separazione poté udirsi come un profondo boato che sovrastò ogni altro suono in tutto il Creato per un istante. Si dice anche che, udito il suono e riconosciutolo, Dio stesso abbia versato molte lacrime, talmente cocenti che, cadendo sulla trama del tempo, vi aprirono uno squarcio.
Né Vaserel né Fayerel, totalmente frastornati da ciò che stava accadendo, presero più parte a quei dolorosi eventi, annichiliti nello spirito dalla loro separazione.
Cosa sia dell’Angelo di Fuoco non è dato sapere, ma di Vaserel si dice che dimori ancora lungo la costa che il Signore gli aveva affidato, incapace di abbandonarla, perennemente intento a lavorare all’opera affidatagli, sebbene i suoi modi e la sua arte siano molto cambiati da quando Fayerel l’ha abbandonato. Come se il suo Amato debba tornare da un momento all’altro, non tocca più le rocce che ha imparato a riconoscere come quelle che Fayerel trasformava, e la sua maestria si è così raffinata in forme ardite e incomprensibili, tranne che per chi sappia vedere in quelle stesse forme l’impronta di ciò che esse sarebbero se anche la mano di Fayerel vi operasse. Vedreste lì caverne aprirsi sul mare, perché Vaserel ancora aspetta che Fayerel porti le sue lave a chiuderle, e spuntoni di roccia smozzicati, perché era Fayerel che dava loro il tocco finale, e scogli sorgere in circolo laddove Fayerel avrebbe un giorno appoggiato mensole di roccia, sì che chi vive in tutta quella vasta regione sente una perenne malinconia al solo vederla, perché gli occhi riconoscono in essa un progetto sempre iniziato, e mai condotto a termine.
Finché un giorno il Signore, mosso a compassione per l’evidente stato di prostrazione di Vaserel, lo mandò a chiamare e gli chiese se l’opera non gli fosse diventata troppo gravosa.
«Sono passato di là», disse, «e ho apprezzato tutte le deliziose minuzie nelle quali ti sei espresso, ma il luogo comunica in ogni anfratto malinconia, la tua malinconia! Temo per te, e capisco che ogni istante che spendi in quei luoghi dev’essere un continuo e straziante richiamo dei ricordi di Fayerel».
«Signore», rispose l’Angelo, «questo è il compito che mi hai dato, e ricordo che già allora mi anticipasti che solo le mie qualità avrebbero reso possibile la sua realizzazione.
«Intendo che già allora non ti riferivi a quanto difficile potesse essere l’opera in sé, quanto piuttosto a quanto difficile essa potesse rivelarsi dopo la perdita dell’amato Fayerel. In considerazione di ciò, se nella tua infinita Saggezza hai valutato che potessi realizzare questo compito, io lo condurrò a termine, confidando nella tua Misericordia».
«Eppure, buon Vaserel», gli disse il Creatore, «tutti nel Creato vedono la tua pena, e temo che ne sarai infine consumato. Permetti allora che io la renda più lieve facendoti dono di una facoltà nuova: che il suono delle onde da te governate e tanto care al tuo amato Fayerel divenga canto, e possa quel canto, misto a lacrime che hanno il salso sapore del mare e accompagnato da singhiozzi rumorosi come il verso dei gabbiani, essere fonte di calore per cuori che sentono il freddo dell’abbandono come quello del mare in tempesta. Possa quel canto, Vaserel, spingere per sempre gli amanti a tornare agli amati, e possa tu trovare, nel testimoniare del loro reincontrarsi, speranza al di là di quella che Io stesso posso infonderti».
«Il Signore mi fa un gran dono e mi concede un grande privilegio!», rispose l’Angelo offrendo un inchino.
«Pure», ammise il Creatore, «ci saranno giorni che nessun dono e nessun privilegio sembreranno colmare il vuoto che questa faida ha scavato dentro di te. Di ciò mi dolgo molto».
«Possa la mia fiducia in Te mai venir meno», pregò Vaserel, «perché vedo che mi è stato dato più di quanto fosse lecito chiedere senza sconvolgere i Tuoi disegni. Ora, se permetti, tornerò alla mia opera, perché nessuno dei Tuoi doni viene senza che debba essere messo a buon frutto».
Il Signore vide che Vaserel aveva colto tutte le implicazioni del dono ricevuto e lo congedò con ogni forma di benevolenza. «Vai, allora», gli disse, «e continua a operare bene».
Vaserel andò via e, proprio come il Signore aveva anticipato, da allora in poi la sua voce si ode lungo le coste di quel golfo: un perenne richiamo per gli amanti che si trovano separati dal caso e da altre vicende della vita. Molti, seguendo quella voce, hanno ritrovato sul bagnasciuga un amore perduto, e nel loro abbraccio Vaserel si è sentito ogni volta enormemente confortato.
La sua voce, che i più solo percepiscono senza poterla udire distintamente, risuona però chiara e squillante nei cuori di artisti e poeti, sì che molte leggende sono state scritte su quel tratto di mare, che in quelle leggende sarebbe popolato da creature magiche e mitologiche di ogni tipo, anche da sirene, che col loro canto invitano i marinai ad abbandonare il pericolo dei flutti e a tornare verso il loro amore a terra.
Solo i più attenti odono distintamente quella voce malinconica ma, non intendendo cosa dica, riconoscendone la natura angelica ma non essendo stati dotati del dono di poter vedere creature così elevate, dicono nelle loro rime che lì dimora, di tutto il Creato, l’unico Angelo Triste.
Quello che non tutti sanno, né va detto a Vaserel stesso, è che, appena Vaserel fu tornato alle sue acque, il Signore chiamò a sé un altro Angelo, il quale gli restituì quasi furtivamente un piccolo pezzo di qualcosa che sembrava una stoffa impalpabile, eppure impossibile da piegare: nelle mani del Creatore essa assunse ogni forma immaginabile, poi divenne un grande fiore candido che Egli strinse tra le mani come se la cosa gli arrecasse dolore.
«Signore, tutti qui sappiamo che indossate sempre bene in vista quel frammento di tempo quasi fosse un promemoria, di cosa, non sappiamo. Perché non avete voluto tenerlo con voi dinanzi a Vaserel?», chiese l’Angelo.
«Perché un giorno Io riunirò tutto il Creato», rispose il Creatore e, meraviglia!, il Sommo Bene piangeva di dolore, «e Vaserel e Fayerel torneranno ad amarsi come un tempo. Quel giorno io ricucirò lo strappo nella trama del tempo causato dalla loro separazione e cancellerò dalle loro menti ogni singolo istante di dolore che possano aver provato».
L’Angelo restò meravigliato dalla maestà espressa dal Creatore in quel momento, una luce abbagliante e universale come non s’era vista dai tempi della Creazione. S’inginocchiò in segno di riverenza e si ritirò dalla presenza di Dio, ora assorto in tristi pensieri.
Restato solo, il Signore diede nuovamente bella forma al fiore che aveva tra le mani e vi si adornò la cintura, per non separarsene mai più.
Si dice che la storia sia stata raccontata da un piccolo Angelo a un uomo buono migliaia di anni fa, e che egli abbia subito cercato di ripeterla ai suoi familiari e amici, ma mentre l’Angelo era dotato della facoltà di imprimere fedelmente il proprio pensiero nella mente dell’uomo, la parola dell’uomo è materia più rozza, e di bocca in bocca il racconto originale è certamente cambiato, si è corrotto, perdendo qualcosa della sua maestosa bellezza.
Pure, dicono i commentatori, l’Angelo non avrebbe donato questa conoscenza all’uomo se non fosse stato certo che il suo insegnamento più importante si sarebbe conservato inalterato per tutte le ere a venire. Perciò ecco ora il racconto, confidando che, come già accaduto innumerevoli volte in passato, anche questa volta la penna non ne tradisca il messaggio.
Questa vicenda rimonta a prima che l’Uomo venisse al mondo, quando Dio stesso era ancora alle prese con la sua Creazione, opera meravigliosa per la quale si faceva aiutare da stormi di Angeli di ogni tipo.
Nella sua infinita saggezza, il Signore aveva infatti già creato questi esseri di puro Spirito, totalmente dediti a servirlo per l’Amore che portavano al loro Creatore.
La loro capacità era quella di farsi tramite della volontà creatrice, strumenti di quella e, ricolmi com’erano d’Amore, provavano infinito diletto dall’essere da Lui impiegati per realizzare qualunque cosa, per piccola che fosse.
Ce n’erano che curavano il suolo e lo rendevano fertile, sapendo che su quel terreno il loro Signore avrebbe fatto crescere piante; c’erano quelli che aiutavano il Signore a disegnare i miliardi di forme che le foglie degli alberi avrebbero assunto per tutte le primavere a venire; c’erano quelli che creavano fiocchi di neve, ciascuno diverso dall’altro, quali più artistici, quali più indicati per ricoprire un intero continente sotto centinaia di metri di neve… Sarebbe impossibile descrivere quanti e quali erano, e quanto meravigliosi mentre erano presi dalle loro incombenze!
Ma ancora più meravigliosa era l’armonia fra tutti, perché per piccolo che fosse il loro compito nella Creazione, l’essere toccati dal loro Signore anche una sola volta in tutta l’Eternità era premio superiore a qualunque altro che possiamo immaginare: in quel singolo tocco essi si riunivano al loro Sommo Bene.
E giacché a ciascuno toccava solo una piccola parte dell’Opera che il Signore stava creando, tra tutti c’era anche una meravigliosa intesa, perché a ciascuno era stata data abbastanza saggezza da capire che solo grazie all’aiuto di tutti gli altri il Creato sarebbe stato all’altezza del progetto divino.
Alcuni di questi Angeli si trovavano spesso a lavorare insieme: quelli ai quali era stato dato potere sull’acqua e sulla terra tracciarono insieme mari, laghi e fiumi; quelli dell’acqua e dell’aria crearono nuvole e pioggia; quelli di fuoco e terra generarono i vulcani che, sebbene terribili a vedersi, diventavano isole lussureggianti dove più forte attecchiva qualunque tipo di pianta… Visto con la Suprema Saggezza del Creatore, ogni angolo della sua Opera sarebbe diventato pari in splendore a un altro progetto, ancora più grandioso, al quale aveva cominciato a pensare, e che aveva chiamato “Paradiso”.
E siccome alcuni Angeli, ricolmi com’erano di quest’Amore divino, devoti ciascuno al proprio compito, diventavano massimamente abili proprio grazie alla vicinanza e all’aiuto dei loro consimili, tra loro si sviluppavano naturali e istintivi sentimenti di affetto, amicizia, e amore.
Si vedevano così Angeli andare spesso abbracciati gli uni agli altri mentre compivano il loro compito, e nessuno ne restava scandalizzato, perché ciò che gli Angeli creavano insieme era sempre più meraviglioso di ciò che avrebbero potuto mai realizzare ciascuno per proprio conto.
Questa storia narra di due di questi piccoli Angeli che avevano trovato grande diletto dall’operare insieme. Vaserel era un Angelo delle acque, chiaro d’aspetto, esile di forma al punto di potersi intrufolare ovunque il Creatore gli avesse chiesto di andare. Docile di temperamento e accomodante come pochi, aveva una voce malinconica come il suono delle onde che sempre richiamano i marinai a casa dalla spiaggia. Era anche dotato di grande pazienza e, sebbene sembrasse che quando cominciava un’opera si arrendesse alla prima difficoltà per allontanarsene, col tempo insisteva caparbiamente, la sua volontà ferma sull’obiettivo da raggiungere, sicché non c’era compito che il Signore gli affidasse che non fosse condotto a termine nel giusto tempo. Vaserel era un Angelo che il Signore prediligeva quando un compito richiedeva una lealtà costante come il firmamento.
Fayerel era invece un Angelo delle lave vulcaniche. Dotato di un temperamento esplosivo, la sua forma pesante travolgeva spesso tutto ciò che gli si parava dinanzi. Negli occhi gli covava sempre un fuoco rosso che egli non sapeva spiegare, e che pure era la Luce della Creazione filtrata appena dalla sua particolare essenza. Anche sul lavoro Fayerel era spesso impulsivo, impetuoso; diversamente da Vaserel egli agiva sempre con gran fretta, poco badando alla qualità del proprio operato e spesso eccessivamente alacre, bruciando in lui il desiderio di essere costantemente gratificato dal Creatore per aver compiuto rapidamente ciò che gli era stato chiesto.
Né Vaserel né Fayerel si illudevano di essere più meritevoli di tanti altri loro compagni dell’apprezzamento divino, ma entrambi godevano dell’essere sé stessi agli occhi di Dio.
Il quale un giorno convocò Vaserel e gli disse: «Vaserel, io apprezzo enormemente la pazienza che usi in tutto ciò che fai, e ti sarei enormemente grato se d’ora in avanti volessi dedicarti a un piccolo tratto di mare di particolare bellezza, e sul quale desidero lavorare molto a lungo. Vorresti accompagnarmi in quest’opera?»
«Farò tutto ciò che il Signore chiede», rispose Vaserel, deliziato, «e l’impazienza di mettermi all’opera mi fa chiedere quale possa essere questo tratto di mare, perché il Creato è ormai quasi a punto».
«Certo, hai ragione, guarda», il Creatore gli indicò una lunga penisola al centro di un grande mare. «Vorrei che ti occupassi delle acque costiere di questo golfo».
Vaserel osservò con sorpresa la zona indicatagli, una piccola cosa rispetto alle immense vastità degli oceani che aveva contribuito a coprire, e il Signore gli lesse la delusione nell’animo.
«Non temere che ti sia stato affidato un compito di poca importanza», gli disse, «perché nell’affrontarlo capirai che le tue doti sono le uniche che possono portarlo a compimento. Come ti ho già detto, per quest’angolo di mondo ho previsto bellezza senza eguali, e tu ne sarai l’artefice. Ti affiancherò qualcuno che possa aiutarti col suo particolare temperamento».
Così confortato e reso orgoglioso dalle belle parole del Creatore, che gli aveva affidato un compito di speciale importanza, Vaserel scese sulle acque e cominciò a dimorare nei luoghi che erano stati affidati alle sue cure. Lì trovò sabbie finissime e rocce bianche, e pesci d’ogni tipo, e coralli rossi, e si dedicò a curare ogni cosa come aveva imparato a fare in tanto tempo al servizio del Signore con scrupolo meticoloso, come solo lui avrebbe saputo fare.
Nello stesso tempo, il Creatore chiamò a sé anche Fayerel, e gli fece una richiesta simile, ma più acconcia al diverso carattere di quest’Angelo di maggior temperamento: «Fayerel, io apprezzo enormemente l’energia che infondi in tutto ciò che fai, e ti sarei enormemente grato se d’ora in avanti volessi dedicarti a un piccolo tratto di costa di particolare bellezza, e sul quale desidero lavorare molto a lungo. Vorresti accompagnarmi in quest’opera?»
«Farò tutto ciò che il Signore chiede», rispose Fayerel con entusiasmo, «Dove devo andare, Signore? Qual è questo tratto di costa? Perché il Creato è ormai quasi a punto».
«Certo, hai ragione, guarda», il Creatore gli indicò la stessa lunga penisola che aveva già indicato a Vaserel, al centro del grande mare. «Vorrei che ti occupassi della costa di questo golfo».
Fayerel osservò con sorpresa la zona indicatagli, una piccola cosa rispetto ai continenti che aveva contribuito a sollevare, e il Signore gli lesse la delusione nell’animo.
«Non temere che ti sia stato affidato un compito di poca importanza», gli disse, «perché nell’affrontarlo capirai che il tuo entusiasmo è unico per portarlo a compimento. Come ti ho già detto, per quest’angolo di mondo ho previsto bellezza senza eguali, e tu ne sarai l’artefice. Ti ho affiancato qualcuno che possa aiutarti a realizzare il tuo compito che è così difficile, lo vedrai, che richiederà le tue energie per molto tempo».
Così confortato e reso orgoglioso dalle belle parole del Creatore, che gli aveva affidato un compito di speciale importanza, Fayerel scese sulla costa e cominciò a dimorare nei luoghi che erano stati affidati alle sue cure. Lì fece sorgere colline e cominciò a spingere il suolo dal basso finché, su, su, creò alte montagne che cominciarono a eruttare con violenza fuoco, cenere e lapilli, e si dedicò a far emergere l’impressionante potenza nascosta nel sottosuolo come aveva imparato a fare in tanto tempo al servizio del Signore, con energia impareggiabile, come solo lui avrebbe saputo fare.
È a questo punto doveroso osservare che, pur rispettando l’opera dei loro simili, gli Angeli della Creazione peccano spesso di zelo: quando si mettono al lavoro, non pensano ad altro che a compiere quanto è stato loro comandato, e non pensano minimamente a qualunque altra cosa intorno a loro. Così accadde anche a Fayerel che, mentre stava spingendo cenere e lave roventi dal sottosuolo, nemmeno si accorse che tanta materia incandescente stava rapidamente coprendo tutto il territorio che gli era stato affidato, era corsa lungo i ripidi pendii delle montagne che egli aveva innalzato, e si stava versando nelle acque del mare dov’era Vaserel. Al contatto tra la lava e l’acqua una gran nube di fumo si alzò con un rumoroso schiumare, e per un momento i due Angeli fermarono ciò che stavano facendo per capire che origine avesse quel suono che non avevano mai udito prima.
Fu così che Fayerel guardò in direzione dell’acqua, alla quale non aveva prima nemmeno fatto caso, e Vaserel guardò verso la terraferma, alla quale neanche lui aveva badato, si guardarono negli occhi, e per quanto potessero essere diversi nel loro aspetto, seppero in quello stesso istante chi era l’aiuto che il Creatore aveva mandato a ciascuno dei due.
Vaserel vide negli occhi di Fayerel, quegli occhi attraverso i quali ancora bruciava inestinguibile la Luce della Creazione, e Fayerel vide lo stesso in quelli di Vaserel, con la loro regale serenità. I due si corsero immediatamente incontro come se si fossero sempre conosciuti e si fossero appena ritrovati dopo una ricerca lunga e, finalmente, felicemente conclusa.
Da allora, e a lungo, i due operarono insieme tutto il tempo, Fayerel creando montagne di lava che giungevano a mare che, prima si ritraeva, poi subito raffreddava la lava in roccia dalle forme fantastiche, dura come non avrebbe mai potuto essere senza l’intervento dell’acqua, allungando la linea di costa nel mare e innalzandola velocemente, rendendola ricca di scogli e anfratti tra i quali trovavano riparo migliaia di conchiglie; e le alghe che lì crescevano erano forti e vigorose come poche in tutto il Creato, ed erano cibo e riparo eccezionali per gli innumerevoli pesci che vennero a dimorare costì.
Sì che ciascuno dei due Angeli cominciò a pensare dentro di sé: «Il Signore mi ha mandato un compagno che rende la mia opera davvero meritevole, perché senza di lui tutto quello che creo non sarebbe altrettanto bello: ciò che io faccio sarebbe il mio lavoro di sempre, ma con lui ha quelle qualità che a me mancano, ed è davvero più meraviglioso così di quanto io avessi mai potuto precedentemente immaginare».
In questo modo entrambi erano grati al Signore di ciò che Egli aveva chiesto loro, e lo lodavano nelle loro preghiere, il loro modo di parlare con Lui, e anziché sentirsi sminuiti dal fatto che per realizzare tanta bellezza Egli li avesse affiancati a un loro simile, se ne sentivano esaltati, perché vedevano quanto la loro opera congiunta fosse superiore alla somma di quanto avrebbero mai potuto realizzare individualmente.
Col tempo, con la vicinanza, con l’amicizia, col vedere la Luce della Creazione l’uno negli occhi dell’altro, tra loro nacque Amore, e a tutti gli altri Angeli sembrava incredibile che due tra loro, apparentemente così diversi per aspetto, natura e temperamento, potessero vivere in una tale armonia, e quando qualcuno li vedeva anche da lontano riconosceva in essi una Luce ancora più forte, che era solo riflesso di quella del Creatore, e che pure così spingeva chiunque a innalzare un canto di lode al Signore.
Altrove si narra di come un Angelo si ribellò al Signore. Quel racconto è troppo triste e crudele per riportarne qui anche solo i tratti più importanti. Inoltre, la sua materia è troppo controversa per arrischiarsi a darne qualsiasi lettura o interpretazione. Io stesso ne ho sentito molte versioni diverse, ciascuna con il suo fondato valore. Ciò che è certo è che molti Angeli abbandonarono il Regno Celeste.
Prima di conoscere Vaserel, Fayerel era stato spesso in compagnia di quell’Angelo che avrebbe guidato la rivolta, e ne condivideva per temperamento alcuni tratti. Se normalmente Fayerel era impulsivo ed energico, in compagnia di quello diventava impaziente e iroso; ne condivideva l’incantamento per le luci brillanti; si faceva spesso guidare dalla fretta avventata e sconsiderata combinando spesso qualche guaio, sia pure involontariamente. Perciò, di questo ne era cosciente, aver trovato Vaserel era stato per lui un riconciliarsi totalmente con la propria natura angelica. Ma ecco che la rivolta, o quello che fu, scosse i pilastri del Creato, e tutti gli Angeli decisero di sostenere l’una o l’altra parte della contesa.
Nonostante l’Amore che c’era tra i due, pur sempre solo un riflesso della Luce della Creazione, Vaserel decise di restare fedele al Signore, mentre Fayerel si fece trascinare dall’ira e si allontanò con l’altro Angelo. Si dice che, nonostante la confusione del momento, la loro separazione poté udirsi come un profondo boato che sovrastò ogni altro suono in tutto il Creato per un istante. Si dice anche che, udito il suono e riconosciutolo, Dio stesso abbia versato molte lacrime, talmente cocenti che, cadendo sulla trama del tempo, vi aprirono uno squarcio.
Né Vaserel né Fayerel, totalmente frastornati da ciò che stava accadendo, presero più parte a quei dolorosi eventi, annichiliti nello spirito dalla loro separazione.
Cosa sia dell’Angelo di Fuoco non è dato sapere, ma di Vaserel si dice che dimori ancora lungo la costa che il Signore gli aveva affidato, incapace di abbandonarla, perennemente intento a lavorare all’opera affidatagli, sebbene i suoi modi e la sua arte siano molto cambiati da quando Fayerel l’ha abbandonato. Come se il suo Amato debba tornare da un momento all’altro, non tocca più le rocce che ha imparato a riconoscere come quelle che Fayerel trasformava, e la sua maestria si è così raffinata in forme ardite e incomprensibili, tranne che per chi sappia vedere in quelle stesse forme l’impronta di ciò che esse sarebbero se anche la mano di Fayerel vi operasse. Vedreste lì caverne aprirsi sul mare, perché Vaserel ancora aspetta che Fayerel porti le sue lave a chiuderle, e spuntoni di roccia smozzicati, perché era Fayerel che dava loro il tocco finale, e scogli sorgere in circolo laddove Fayerel avrebbe un giorno appoggiato mensole di roccia, sì che chi vive in tutta quella vasta regione sente una perenne malinconia al solo vederla, perché gli occhi riconoscono in essa un progetto sempre iniziato, e mai condotto a termine.
Finché un giorno il Signore, mosso a compassione per l’evidente stato di prostrazione di Vaserel, lo mandò a chiamare e gli chiese se l’opera non gli fosse diventata troppo gravosa.
«Sono passato di là», disse, «e ho apprezzato tutte le deliziose minuzie nelle quali ti sei espresso, ma il luogo comunica in ogni anfratto malinconia, la tua malinconia! Temo per te, e capisco che ogni istante che spendi in quei luoghi dev’essere un continuo e straziante richiamo dei ricordi di Fayerel».
«Signore», rispose l’Angelo, «questo è il compito che mi hai dato, e ricordo che già allora mi anticipasti che solo le mie qualità avrebbero reso possibile la sua realizzazione.
«Intendo che già allora non ti riferivi a quanto difficile potesse essere l’opera in sé, quanto piuttosto a quanto difficile essa potesse rivelarsi dopo la perdita dell’amato Fayerel. In considerazione di ciò, se nella tua infinita Saggezza hai valutato che potessi realizzare questo compito, io lo condurrò a termine, confidando nella tua Misericordia».
«Eppure, buon Vaserel», gli disse il Creatore, «tutti nel Creato vedono la tua pena, e temo che ne sarai infine consumato. Permetti allora che io la renda più lieve facendoti dono di una facoltà nuova: che il suono delle onde da te governate e tanto care al tuo amato Fayerel divenga canto, e possa quel canto, misto a lacrime che hanno il salso sapore del mare e accompagnato da singhiozzi rumorosi come il verso dei gabbiani, essere fonte di calore per cuori che sentono il freddo dell’abbandono come quello del mare in tempesta. Possa quel canto, Vaserel, spingere per sempre gli amanti a tornare agli amati, e possa tu trovare, nel testimoniare del loro reincontrarsi, speranza al di là di quella che Io stesso posso infonderti».
«Il Signore mi fa un gran dono e mi concede un grande privilegio!», rispose l’Angelo offrendo un inchino.
«Pure», ammise il Creatore, «ci saranno giorni che nessun dono e nessun privilegio sembreranno colmare il vuoto che questa faida ha scavato dentro di te. Di ciò mi dolgo molto».
«Possa la mia fiducia in Te mai venir meno», pregò Vaserel, «perché vedo che mi è stato dato più di quanto fosse lecito chiedere senza sconvolgere i Tuoi disegni. Ora, se permetti, tornerò alla mia opera, perché nessuno dei Tuoi doni viene senza che debba essere messo a buon frutto».
Il Signore vide che Vaserel aveva colto tutte le implicazioni del dono ricevuto e lo congedò con ogni forma di benevolenza. «Vai, allora», gli disse, «e continua a operare bene».
Vaserel andò via e, proprio come il Signore aveva anticipato, da allora in poi la sua voce si ode lungo le coste di quel golfo: un perenne richiamo per gli amanti che si trovano separati dal caso e da altre vicende della vita. Molti, seguendo quella voce, hanno ritrovato sul bagnasciuga un amore perduto, e nel loro abbraccio Vaserel si è sentito ogni volta enormemente confortato.
La sua voce, che i più solo percepiscono senza poterla udire distintamente, risuona però chiara e squillante nei cuori di artisti e poeti, sì che molte leggende sono state scritte su quel tratto di mare, che in quelle leggende sarebbe popolato da creature magiche e mitologiche di ogni tipo, anche da sirene, che col loro canto invitano i marinai ad abbandonare il pericolo dei flutti e a tornare verso il loro amore a terra.
Solo i più attenti odono distintamente quella voce malinconica ma, non intendendo cosa dica, riconoscendone la natura angelica ma non essendo stati dotati del dono di poter vedere creature così elevate, dicono nelle loro rime che lì dimora, di tutto il Creato, l’unico Angelo Triste.
Quello che non tutti sanno, né va detto a Vaserel stesso, è che, appena Vaserel fu tornato alle sue acque, il Signore chiamò a sé un altro Angelo, il quale gli restituì quasi furtivamente un piccolo pezzo di qualcosa che sembrava una stoffa impalpabile, eppure impossibile da piegare: nelle mani del Creatore essa assunse ogni forma immaginabile, poi divenne un grande fiore candido che Egli strinse tra le mani come se la cosa gli arrecasse dolore.
«Signore, tutti qui sappiamo che indossate sempre bene in vista quel frammento di tempo quasi fosse un promemoria, di cosa, non sappiamo. Perché non avete voluto tenerlo con voi dinanzi a Vaserel?», chiese l’Angelo.
«Perché un giorno Io riunirò tutto il Creato», rispose il Creatore e, meraviglia!, il Sommo Bene piangeva di dolore, «e Vaserel e Fayerel torneranno ad amarsi come un tempo. Quel giorno io ricucirò lo strappo nella trama del tempo causato dalla loro separazione e cancellerò dalle loro menti ogni singolo istante di dolore che possano aver provato».
L’Angelo restò meravigliato dalla maestà espressa dal Creatore in quel momento, una luce abbagliante e universale come non s’era vista dai tempi della Creazione. S’inginocchiò in segno di riverenza e si ritirò dalla presenza di Dio, ora assorto in tristi pensieri.
Restato solo, il Signore diede nuovamente bella forma al fiore che aveva tra le mani e vi si adornò la cintura, per non separarsene mai più.