Qualche vecchia Parola
Inviato: 19/10/2021, 16:17
Spiacente ma, in questo browser, la lettura a voce non funziona.
“… la parola umana è spesso come un pentolino di latta su cui andiamo battendo melodie da far ballare gli orsi mentre vorremmo intenerire le stelle”
(Gustave flaubert)
Meditavo su questa frase, reminiscenza di passate letture, durante una delle mie frequenti passeggiate per la città.
Forse Flaubert aveva un poco esagerato: senza pretendere di dare lezioni all’illustre scrittore, io sono del parere che ci siano parole e Parole.
Quelle con la “p” minuscola appartengono alla categoria dei saltimbanchi e degli addestratori di orsi. Si usano, ottengono il loro effetto e poi scivolano via senza che le stelle sentano la loro mancanza.
Ma ci sono anche le Parole con la “P” maiuscola.
Quelle di oggi, per esempio. Mi seguono da quando sono uscito e continuano a sussurrarmi ricordi di antiche letture.
Una piccola terrazza a picco sul mare mi tenta con le sue tovagliette svolazzanti e la promessa di una sosta. Ad altri questo Libeccio teso, col suo sentore di strane creature marine suggerirebbe di proseguire a passo svelto, ma le Parole chiedono di fermarmi e ascoltare.
Così mi siedo, unico cliente di un barista triste che osserva gli altri quattro tavolini pateticamente vuoti.
Chiedo un Cuba Libre, pure lui parola desueta, e mi guardo intorno.
La terrazza trema un poco a ogni ondata che s’infrange sulla scogliera, appena più in basso. Il cielo è percorso da nembi scuri e disordinati che si accalcano da ovest e cambiano continuamente forma mentre transitano a perpendicolo sulla mia testa. Credo che non lascino cadere la pioggia per puro calcolo utilitaristico: - Il piccolo ometto e il suo tavolino saranno presto spazzati via da qualche ondata, inutile sprecarci la nostra acqua.–
Io, stoico, sorseggio il mio drink. Mentre poso il bicchiere, mi pare di scorgere delle piccole onde sollevarsi dalla superficie ambrata, con i frammenti di ghiaccio che, in un impeto di megalomania, si atteggiano a iceberg. Al largo, laggiù verso sudest dove le nubi si tuffano in mare e tutto si perde in una specie di oscura foschia, appare la sagoma alata di un veliero.
Veliero: ecco una Parola che si fa strada tra le altre e mi racconta.
Achab, forse quello è il tuo Pequod? E tu, Corsaro Nero, Duca di Ventimiglia, la Folgore solca ancora il mare delle Antille? Long John Silver, hai trovato il tesoro? Horatio, congratulazioni per la tua promozione a Commodoro!
- Due mani di terzaroli, signor Bush, barra tre punti a sinistra.-
Passo gli ordini al mio secondo con voce ferma e chiara.
- Aye aye, capitano.-
Il Sutherland, vascello di linea da settantaquattro cannoni, ha lasciato Portsmouth da un mese ed io, Horatio Hornblower, ne sono il comandante. Gli ordini sono semplici: incrociare lungo le rotte atlantiche e attaccare, affondare o catturare qualsiasi naviglio francese.
Avanziamo sulle onde molto inclinati sulla dritta, la velatura appena ridotta.
Il signor Bush indica un punto tre quarti a sinistra. Un lampo rischiara i flutti e il tuono secco e vicino copre per lunghi istanti il rombo dei marosi che s’ingrossano e sembrano scaraventarsi sulla nave.
- Arriva, comandante! -
Il rollio si accentua, la ruota mette a dura prova la forza di McNulty, il timoniere, ma i miei ordini si susseguono rapidi e sicuri, lo sguardo fisso in avanti, a meno di un miglio dal nostro bompresso:
- Alla via così. Spegnere i fuochi, cannonieri ai pezzi! E’ più pesante di noi e la prua affonda troppo, stavolta lo prendiamo! Aprire i portelli! -
Poco più avanti, il “Courage”, nave di linea francese da novanta cannoni, se la passa peggio. Non ha fatto in tempo a ridurre la velatura e il colpo di mare gli spezza il pennone di trinchetto. Trattenuto dalle sartie, il troncone cade in mare con le sue vele e il Courage sbanda paurosamente come se avesse gettato un’ancora in piena corsa.
Lo stiamo inseguendo da due giorni e finalmente gli scivoliamo sul bordo di sinistra, a meno di duecento yarde.
- Pezzi di dritta, fuoco a volontà.-
Osservo impassibile l’effetto delle scariche che si susseguono rapide. Vedo brandelli di fasciame strapparsi dalla nave nemica, l’albero di maestra spezzarsi e precipitare sul ponte.
Sul Courage però si sono riorganizzati. Buoni marinai, anche sotto il fuoco sono riusciti a liberarsi del pennone e i cannonieri sono al loro posto.
Un’ondata solleva la nave francese che si era inclinata a babordo rendendo inservibili le batterie di sinistra. Ora le bocche da fuoco sono puntate dritte sul Southerland.
- Tutta la barra a sinistra! Adesso tocca a noi signor Bush, non possiamo evitarlo.-
Una tremenda salva a palla e mitraglia ci spazza il ponte. Sangue e urla, sartie spezzate e brandelli di vele. Una palla porta via di netto la testa al guardiamarina Hampton, a due passi da me. Ma io continuo a impartire ordini con la voce tranquilla, la battaglia prosegue.
Meno di un’ora, l’ultima per tanti bravi marinai.
La tempesta è scemata; il Southerland è ferito ma vittorioso grazie alle mie doti di marinaio e di comandante. Sono stato pronto a sfruttare la maggiore velocità e manovrabilità della mia nave che ora scarroccia sospinta da un vento leggero, uno strallo per governare, le altre vele superstiti terzarolate. Sull’oceano, pochi relitti e alcuni corpi inanimati indicano la tomba del Courage e del suo equipaggio.
- Un’altra vittoria per la Corona. Signor Bush, faccia l’appello degli uomini, voglio sapere qual è stato il prezzo.-
- Sono sette Euro e cinquanta, ma veramente mi chiamo Luigi; Bush chi? Quello con gli occhietti piccoli che governava l’America?-
Il cameriere è in piedi vicino a me, lo scontrino in mano. Già, lui vuole le palanche, non gli importa delle mie Parole. Gli porgo una banconota da dieci e gli lascio il resto, mica sempre si può fare il taccagno e poi lo devo ringraziare, mi guarda come se fossi matto ma non ha chiamato il 113.
Esco e mi avvio su per la scalinata, le raffiche di vento mi fanno rabbrividire e le nuvole devono aver perso la pazienza perché inizia a piovere. Per fortuna sono previdente: rialzo il bavero del mio vecchio impermeabile... “Impermeabile”: questa Parola si fa avanti di prepotenza mentre allaccio la logora cintura.
Accidenti al clima di New York. Capace che a mezzogiorno crepi dal caldo e due ore dopo gli Adirondack ti spediscono giù dall’Hudson un vento della malora che ti mette i brividi e porta la pioggia. Proprio come adesso. Non finisco d’imprecare che sento dei passi affrettati dietro di me. Su questa scalinata ventosa che dal molo ventisette porta alla nona io credevo di essere solo. Mi volto, saranno una ventina di gradini e vedo che mi viene dietro un tipo sospetto. E’ grosso, ha la faccia cattiva, scommetto che sotto quella giacca ha pure l’artiglieria.
Stamattina mentre stavo uscendo dall’ufficio, Velda, una pupa in gamba che non per nulla mi fa da segretaria, mi aveva avvertito:
- Attento a quello che fai Mike, Half Nose Buddy ha giurato di fartela pagare.-
- Non aver paura, piccola, il piombo che deve ammazzare il vecchio Mike Hammer non è stato ancora estratto dalla miniera! - Ma avevo toccato nervosamente il calcio della mia Betsy, la Colt quarantacinque che mi fa sempre compagnia nella fondina sotto l’ascella.
Betsy è femmina e come tutte le femmine sa essere sinuosa e letale; il suo contatto mi rassicura: lei ed io abbiamo fatto un bel po’ di buchi nella pancia degli imbecilli che volevano la mia pelle e i vermi dei cimiteri ringraziano. Ma Buddy è un duro, lo chiamano Half Nose perché va in giro con una dannata protesi di metallo sulla faccia; da ragazzo, un certo Joe Cribano gli ha tagliato metà del naso che Buddy aveva ficcato dove non doveva. E Buddy che fa? Appena uscito dall’ospedale, aspetta Joe sotto casa, gli fracassa le gambe con un bastone, poi gli taglia i testicoli e glieli ficca in bocca. Ecco chi è Buddy, meglio non farlo incazzare.
Invece io, tre giorni fa, ho dovuto piantare una libbra di piombo nella testa di suo fratello mentre indagavo su quel pasticcio del cambiavalute morto ammazzato, giù a Little Italy.
Buddy è in galera e ci resterà per un pezzo, ma non l’ha presa bene.
- C'è un bel mucchio di fessi là fuori che ti farebbe la festa volentieri anche gratis, ma Buddy ha promesso una pila di verdoni a chi ti farà fuori. Stai in campana Mike, sarebbe un peccato, sei un così bell’uomo...- . L’ultimo avvertimento mi era arrivato appena ieri sera da Red, il barista dell’ Happy Dog sulla trentaduesima. L’ho ringraziato stendendo con un gancio destro un tale che lo stava prendendo per il sedere. Già, Red è un dannato finocchio e non fa nulla per nasconderlo, ma per il resto è un tipo a posto.
Intanto il tizio continua a seguirmi. Faccio finta di niente, mi chino ad allacciarmi una scarpa. Dannazione, oggi ho messo i mocassini, forse non sono troppo convincente. Comunque il tizio si ferma anche lui e si mette a guardare una vetrina. Peccato che sia spenta e non si vede un accidenti. Allora segue proprio me! M’infilo sulla Harrison, qui c’è traffico e gente, non sarebbe salutare spararmi alla schiena. Lui sempre dietro, sento i suoi passi sciacquettare nelle pozzanghere. In breve sono alla stazione della metro di Franklin e scendo le scale.
Ecco, arriva il treno, aspetto di sentire il sibilo dell’aria compressa che chiude le porte e salto sopra. Il ciccione non ce la fa e rimane a terra. Mi guarda strano mentre io gli sfilo davanti e gli faccio ciao con la mano. Intorno, sul vagone, non vedo altre facce sospette. Ora posso rilassarmi e togliere la mano dalla fondina.
E’ la mia fermata, scendo. Due passi e sono arrivato. Velda, la bella e calda Velda, mi starà aspettando per darmi il ben tornato a modo suo.
Mi frugo in tasca, apro con la chiave.
- Da dove vieni Gianni, dalle paludi? Pulisciti le scarpe, fannullone che non sei altro, non vedi che ho dato la cera? Poi togliti quell’impermeabile bagnato che sgoccioli dappertutto e sembri un vecchio esibizionista… almeno avessi qualcosa di decente da esibire!
- Sì Vel… cara, scusa, è pronta la cena? -
- Ma sentilo! Se ne va a zonzo tutto il pomeriggio, io invece qui ad ammazzarmi in casa. Poi con questo tempo, sei mica un giovanotto. Ma dove sei stato, cosa hai combinato?-
Sulle mie Parole cala un manto pesante di realtà; così come la polvere copre ogni cosa, la realtà sovrasta i sogni che vorresti gridare e ti spezza la voce.
Riesco appena a sussurrare una risposta:
- Nulla di particolare, ho passato il pomeriggio in compagnia di qualche vecchia Parola.-