L'ultimo volo del condor
Inviato: 14/11/2021, 17:55
«Ormai siamo arrivati, ma che fatica. Non so come hai fatto a resistere, Marcelo. Nelle tue condizioni, poi…»
«Ehi, guarda che non sto morendo. Non ancora, per lo meno.» Anche se mi manca poco.
Gabriele lo scruta. Sa che il suo amico ha pochi mesi di vita. È condannato.
Per questo ha voluto venire qui. Per realizzare un sogno, prima di andarsene definitivamente da questo mondo.
«Però ti saresti potuto risparmiare questa faticaccia prendendo il bus ad Aguas Calientes.»
«Gabriele, come fai a non capire? Cosa c’è di più emozionante che entrare qui, un luogo magico, percorrendo la “carretera” di Bingham come si faceva una volta? E poi, per piacere, smettila di compatirmi. Te l’ho già detto altre volte.»
«Ok, scusami.»
La biglietteria si frappone fra loro e la città, impedendo la visuale. Pagano e passano oltre. Le mura sono a cento metri.
Marcelo si ferma ad ammirarle, commosso. «Guarda, Lele. Guarda che meraviglia.» Ha gli occhi lucidi.
L’amico gli sorride, poi lo incita: «Andiamo a toccare quelle pietre magiche.»
Si incamminano. A ogni passo vedono avvicinarsi qualcosa di unico e irripetibile. Non sono soli. C’è parecchia gente, come sempre a Machu Picchu, ma sono avvolti da una sensazione che li isola da tutto il resto.
Entrano nella città.
Le loro mani toccano pietre che hanno visto passare re, sacerdoti e semplici cittadini Inca, in un tempo che non tornerà. Un tempo avvolto ancora da parecchi veli di mistero, sotto molti aspetti.
Per gli dei, per quale assurdo motivo ho aspettato tanto per poter godere di queste emozioni?
«Questo è Intiwayrana, il Tempio del Sole. E quello laggiù è il Tempio del Condor. Ora li visiteremo.»
La voce giunge alle loro orecchie come un rumore improvviso che fa sobbalzare, spezzando l’incanto.
«Italiani dappertutto. Ovunque sia andato, li ho trovati» dice Gabriele.
«Sì, ma non aggreghiamoci, voglio essere indipendente, almeno per una volta. Voglio girare da solo le vie di questa favola sospesa nel tempo.»
«Certo, non ti preoccupare. Seguimi, ti mostro la Porta del Sole e la piazza principale, poi ti porto all’Intihuatana, “la pietra a cui si lega il sole”. Dopo puoi girare quanto vuoi, ma prima devi venire con me.»
Marcelo sorride. Sa che il suo amico è un esperto visitatore del luogo mentre per lui, figlio di una peruviana, è la prima volta. La madre gli ha parlato molto di Machu Picchu e degli Inca, facendolo innamorare, ma il suo tempo l’ha trascorso quasi tutto negli uffici, a Milano. Sempre dedito al lavoro. Talmente tanto da dimenticarsi di avere una vita da vivere. Fino a poche settimane fa.
«C’è una scalinata che ci porta alla pietra. Ce la fai?»
Lo sguardo è sufficiente, a Marcelo non serve parlare.
Gabriele comincia a scalare la piramide a gradoni, seguito dall’amico.
«Eccoci in cima. Quella è Intihuatana. Forse era un orologio, esattamente non si sa. Secondo me serviva per osservazioni astronomiche, i sacerdoti Inca erano eccezionali in questo.»
Marcelo si avvicina alla pietra. Nonostante l’altra gente, lui si trova nel silenzio più assoluto. È attratto da Intihuatana. La tocca e percepisce delle vibrazioni fortissime. Vi si siede e poi si sdraia.
«Marcelo, che fai?» Gabriele cerca di rialzarlo.
«Lasciami, sono solo stanco. E sento qualcosa di strano…»
«Un chaski è arrivato poco fa e ha portato la notizia che aspettavamo: il Qhapac Inca verrà per Intiraymi, festeggerà il Sole con noi.»
Ypanqi non è molto interessato, ha altri pensieri per la testa.
«Bene.»
«Come? Ti ho appena detto che l’Imperatore sarà presto tra noi. Non sei contento?»
Il giovane vede nel viso di sua madre una strana eccitazione.
«Perché sei così contenta? Non è certo la prima volta che viene.»
«Lo so, ma stavolta può essere diverso. Il giorno della festa verrà sacrificata al Sole una delle vergini e potrebbe essere tua sorella. È nell’Acllawasi da oltre un anno, ormai…»
«E tu ne saresti felice?»
«Certo. È un onore donare la propria vita a Inti.»
«Non pensi al fatto che poi non avrai più una figlia?»
«Ypanqi, ma che stai dicendo? Una vergine sacrificata a Inti, finisce nell’HananPacha, insieme agli dei.»
«Certo, certo… e comunque non sarei così sicuro della sua verginità.»
Se ne va, lasciando la madre ammutolita a rimuginare sulle proprie parole.
Attraversa la città e giunge nei pressi del santuario dove vive Coyllur, la sorella, insieme alle altre prescelte.
Yahuar lo sta aspettando. Devono andare in cerca di harakkehama, l’erba rossa che leviga la pietra, e lui sa dove trovarla.
«Dal viso che hai, direi che non è una bellissima giornata. E non credo sia l’aria gelida» dice, sistemandosi l’awaska per ripararsi.
«Lasciamo perdere» risponde Ypanqi, «andiamo. Ti racconto per strada.»
«Marcelo, come ti senti?»
La voce è preoccupata. Marcelo apre gli occhi e sorride: «Lele, lasciami riposare. Poi ti racconterò una storia, ma ora la devo vedere.»
Gabriele teme per l’amico. Sta delirando.
Decide di lasciarlo fare. Ancora un po’, almeno. Ha pochi mesi di vita, meglio si diverta in ogni modo.
Rientrano, infreddoliti e stanchi, ma con i sacchi colmi di erba rossa. Per qualche tempo potranno lavorare la pietra tranquillamente, vista la scorta che stanno portando in città.
Yupanqi è tranquillo. Si è sfogato con l’amico, ma un’amara sorpresa lo attende.
Mentre si avvicina alla sua casa, nota un drappello di soldati a lato della stessa. Non lo sfiora il pensiero che sono lì per lui, non ne esiste motivo. Infatti sorride, visto che li conosce, e non capisce come mai non contraccambino.
Uno di loro gli si para davanti mentre sta per entrare.
«Yupanqi, sei in arresto.»
Sbalordito, il ragazzo lascia cadere il sacco. «Perché?»
«Per avere abusato di tua sorella.»
«State scherzando? Come potete pensare che io…» vede sua madre. «Madre, sei stata tu? Cos’hai raccontato? Non puoi avere fatto questo!»
La donna china il capo e torna in casa.
«Seguici. Se stai tranquillo non ti leghiamo.»
«Ma non ho fatto nulla. Non ho mai toccato mia sorella…»
«Dovrai dimostrarlo, altrimenti sai cosa ti aspetta. Che Apu sia con te.»
D’improvviso si getta di lato, tentando la fuga, ma non è veloce a sufficienza.
«Ti avevo detto di stare buono. Ora Supay è sulle tue spalle, non irritarlo.»
Yupanqi si dimena e grida, ma viene trascinato verso le prigioni del palazzo del Tukuyrikuq.
È disperato e sa che l’unica persona in grado di salvarlo era lei, Coyllur. Solo lei poteva confessare che l’autore della violenza sul suo corpo è loro padre, morto poche settimane fa in uno scontro con gli Ayarmacas.
Coyllur si è tolta la vita, sopraffatta dalla vergogna. Lui vorrebbe poter fare lo stesso; conosce il suo destino.
Sono innocente e non lo posso dimostrare. E mia madre, come ha potuto pensare questo.
Sua madre. È il pensiero più ricorrente e terribile.
«Non è giusto, non ha fatto niente.» La voce esce flebile, triste. Marcelo apre gli occhi e vede il volto di Gabriele chino su di lui. Non è solo, ci sono altre persone lì accanto.
«Non so di che parli, Marcelo, ma stai tranquillo. Ora ti portiamo giù.»
Si scuote, alza un braccio.
«No, Lele, ti prego. Lasciami qui ancora un poco. Ora credo di avere capito il motivo di questo viaggio. Tra poco ti spiego tutto, ma lasciami qui.»
Richiude gli occhi e pare addormentarsi, incurante del freddo e del luogo.
Cammina verso la morte, sospinto dalle guardie. Ha sempre considerato assurdo uccidere per fare un piacere agli Dei, ora tocca a lui la parte peggiore.
Oggi è Intiraymi e al Sole verrà sacrificato.
Si fermano ai piedi della piramide, dove gli Amautas stavano aspettando.
Yupanqi si guarda intorno, in silenzio. C’è anche il Qhapaq Inca, sulla portantina. Assisterà all’evento.
Uno dei Sacerdoti estrae un pugnale con la lama d’oro e comincia a salire i gradini, subito seguito dalle guardie con Yupanqi.
Sono in cima, davanti all’Intihuatana.
«Sapevi che avere rapporti con una Aqqla significa la morte, eppure lo hai fatto. Era la prescelta per la festa di oggi, quindi il Qhapaq ha deciso di sacrificarti al suo posto. Avrai l’onore di dare la tua vita a Inti tramite questa lama, creata con le sue lacrime e il suo sudore. Vuoi dire qualcosa?»
Il giovane scuote la testa.
«Sdraiatelo sulla pietra» dice alle guardie, che eseguono immediatamente.
Gli occhi di Yupanqi vedono il cielo. Un condor volteggia. Apu Kantu.
«Il mio sangue laverà questa pietra, ma la mia anima vi rimarrà imprigionata fino a quando Apu Kantu tornerà a prenderla.»
«Non dovevi parlare» ribatte il Sacerdote.
Alza la mano armata sul petto del giovane e colpisce. Nemmeno un rantolo esce dalla bocca della vittima.
La folla ai piedi della piramide lancia grida di giubilo quando viene mostrato il cuore del sacrificato. Il Qhapaq Inca annuisce e sorride.
Gli occhi si riaprono. C’è parecchia gente, tutto intorno.
«Finalmente, Marcelo! Stavolta ho preso paura. Ogni tanto facevi delle smorfie tremende, hai avuto un incubo? Ora ce ne andiamo.»
«Aspetta, Lele, ormai sto per lasciare questo corpo.»
«Ma cosa dici? Stai scherzando? O sei ancora in delirio?»
«No, sto parlando seriamente. Dimmi, c’è qualche uccello nel cielo sopra di noi?»
Gabriele solleva lo sguardo. Solo qualche nube, niente altro.
«No.»
«Arriverà, vedrai. E in quel momento io e Yupanqi saremo liberi.»
«Chi è Yupanqi? Marcelo, stai delirando…»
«Un Inca, morto su questa pietra tanto tempo fa. Io sono venuto qui per salvarlo. Ho risposto alla sua chiamata.»
Gabriele non sa più cosa fare. L’amico lo guarda e sorride: «Tranquillo, Lele. È tutto nella norma. Sento che sta arrivando.»
«Chi?»
«Apu Kantu, il condor sacro.»
Un’ombra passa sopra di loro. Alzano tutti il viso al cielo e vedono un condor volteggiare.
«Ciao, Gabriele. Ci rivedremo.»
«No, Marcelo, non puoi andare così…»
Vede gli occhi dell’amico chiudersi per l’ultima volta, mentre un sorriso addolcisce quel volto sofferente, rendendolo sereno. Lo abbraccia piangendo, mentre alcuni dei nativi presenti si inginocchiano.
Si stacca e alza lo sguardo. Il condor compie un cerchio sopra le loro teste e poi si allontana.
«Ehi, guarda che non sto morendo. Non ancora, per lo meno.» Anche se mi manca poco.
Gabriele lo scruta. Sa che il suo amico ha pochi mesi di vita. È condannato.
Per questo ha voluto venire qui. Per realizzare un sogno, prima di andarsene definitivamente da questo mondo.
«Però ti saresti potuto risparmiare questa faticaccia prendendo il bus ad Aguas Calientes.»
«Gabriele, come fai a non capire? Cosa c’è di più emozionante che entrare qui, un luogo magico, percorrendo la “carretera” di Bingham come si faceva una volta? E poi, per piacere, smettila di compatirmi. Te l’ho già detto altre volte.»
«Ok, scusami.»
La biglietteria si frappone fra loro e la città, impedendo la visuale. Pagano e passano oltre. Le mura sono a cento metri.
Marcelo si ferma ad ammirarle, commosso. «Guarda, Lele. Guarda che meraviglia.» Ha gli occhi lucidi.
L’amico gli sorride, poi lo incita: «Andiamo a toccare quelle pietre magiche.»
Si incamminano. A ogni passo vedono avvicinarsi qualcosa di unico e irripetibile. Non sono soli. C’è parecchia gente, come sempre a Machu Picchu, ma sono avvolti da una sensazione che li isola da tutto il resto.
Entrano nella città.
Le loro mani toccano pietre che hanno visto passare re, sacerdoti e semplici cittadini Inca, in un tempo che non tornerà. Un tempo avvolto ancora da parecchi veli di mistero, sotto molti aspetti.
Per gli dei, per quale assurdo motivo ho aspettato tanto per poter godere di queste emozioni?
«Questo è Intiwayrana, il Tempio del Sole. E quello laggiù è il Tempio del Condor. Ora li visiteremo.»
La voce giunge alle loro orecchie come un rumore improvviso che fa sobbalzare, spezzando l’incanto.
«Italiani dappertutto. Ovunque sia andato, li ho trovati» dice Gabriele.
«Sì, ma non aggreghiamoci, voglio essere indipendente, almeno per una volta. Voglio girare da solo le vie di questa favola sospesa nel tempo.»
«Certo, non ti preoccupare. Seguimi, ti mostro la Porta del Sole e la piazza principale, poi ti porto all’Intihuatana, “la pietra a cui si lega il sole”. Dopo puoi girare quanto vuoi, ma prima devi venire con me.»
Marcelo sorride. Sa che il suo amico è un esperto visitatore del luogo mentre per lui, figlio di una peruviana, è la prima volta. La madre gli ha parlato molto di Machu Picchu e degli Inca, facendolo innamorare, ma il suo tempo l’ha trascorso quasi tutto negli uffici, a Milano. Sempre dedito al lavoro. Talmente tanto da dimenticarsi di avere una vita da vivere. Fino a poche settimane fa.
«C’è una scalinata che ci porta alla pietra. Ce la fai?»
Lo sguardo è sufficiente, a Marcelo non serve parlare.
Gabriele comincia a scalare la piramide a gradoni, seguito dall’amico.
«Eccoci in cima. Quella è Intihuatana. Forse era un orologio, esattamente non si sa. Secondo me serviva per osservazioni astronomiche, i sacerdoti Inca erano eccezionali in questo.»
Marcelo si avvicina alla pietra. Nonostante l’altra gente, lui si trova nel silenzio più assoluto. È attratto da Intihuatana. La tocca e percepisce delle vibrazioni fortissime. Vi si siede e poi si sdraia.
«Marcelo, che fai?» Gabriele cerca di rialzarlo.
«Lasciami, sono solo stanco. E sento qualcosa di strano…»
«Un chaski è arrivato poco fa e ha portato la notizia che aspettavamo: il Qhapac Inca verrà per Intiraymi, festeggerà il Sole con noi.»
Ypanqi non è molto interessato, ha altri pensieri per la testa.
«Bene.»
«Come? Ti ho appena detto che l’Imperatore sarà presto tra noi. Non sei contento?»
Il giovane vede nel viso di sua madre una strana eccitazione.
«Perché sei così contenta? Non è certo la prima volta che viene.»
«Lo so, ma stavolta può essere diverso. Il giorno della festa verrà sacrificata al Sole una delle vergini e potrebbe essere tua sorella. È nell’Acllawasi da oltre un anno, ormai…»
«E tu ne saresti felice?»
«Certo. È un onore donare la propria vita a Inti.»
«Non pensi al fatto che poi non avrai più una figlia?»
«Ypanqi, ma che stai dicendo? Una vergine sacrificata a Inti, finisce nell’HananPacha, insieme agli dei.»
«Certo, certo… e comunque non sarei così sicuro della sua verginità.»
Se ne va, lasciando la madre ammutolita a rimuginare sulle proprie parole.
Attraversa la città e giunge nei pressi del santuario dove vive Coyllur, la sorella, insieme alle altre prescelte.
Yahuar lo sta aspettando. Devono andare in cerca di harakkehama, l’erba rossa che leviga la pietra, e lui sa dove trovarla.
«Dal viso che hai, direi che non è una bellissima giornata. E non credo sia l’aria gelida» dice, sistemandosi l’awaska per ripararsi.
«Lasciamo perdere» risponde Ypanqi, «andiamo. Ti racconto per strada.»
«Marcelo, come ti senti?»
La voce è preoccupata. Marcelo apre gli occhi e sorride: «Lele, lasciami riposare. Poi ti racconterò una storia, ma ora la devo vedere.»
Gabriele teme per l’amico. Sta delirando.
Decide di lasciarlo fare. Ancora un po’, almeno. Ha pochi mesi di vita, meglio si diverta in ogni modo.
Rientrano, infreddoliti e stanchi, ma con i sacchi colmi di erba rossa. Per qualche tempo potranno lavorare la pietra tranquillamente, vista la scorta che stanno portando in città.
Yupanqi è tranquillo. Si è sfogato con l’amico, ma un’amara sorpresa lo attende.
Mentre si avvicina alla sua casa, nota un drappello di soldati a lato della stessa. Non lo sfiora il pensiero che sono lì per lui, non ne esiste motivo. Infatti sorride, visto che li conosce, e non capisce come mai non contraccambino.
Uno di loro gli si para davanti mentre sta per entrare.
«Yupanqi, sei in arresto.»
Sbalordito, il ragazzo lascia cadere il sacco. «Perché?»
«Per avere abusato di tua sorella.»
«State scherzando? Come potete pensare che io…» vede sua madre. «Madre, sei stata tu? Cos’hai raccontato? Non puoi avere fatto questo!»
La donna china il capo e torna in casa.
«Seguici. Se stai tranquillo non ti leghiamo.»
«Ma non ho fatto nulla. Non ho mai toccato mia sorella…»
«Dovrai dimostrarlo, altrimenti sai cosa ti aspetta. Che Apu sia con te.»
D’improvviso si getta di lato, tentando la fuga, ma non è veloce a sufficienza.
«Ti avevo detto di stare buono. Ora Supay è sulle tue spalle, non irritarlo.»
Yupanqi si dimena e grida, ma viene trascinato verso le prigioni del palazzo del Tukuyrikuq.
È disperato e sa che l’unica persona in grado di salvarlo era lei, Coyllur. Solo lei poteva confessare che l’autore della violenza sul suo corpo è loro padre, morto poche settimane fa in uno scontro con gli Ayarmacas.
Coyllur si è tolta la vita, sopraffatta dalla vergogna. Lui vorrebbe poter fare lo stesso; conosce il suo destino.
Sono innocente e non lo posso dimostrare. E mia madre, come ha potuto pensare questo.
Sua madre. È il pensiero più ricorrente e terribile.
«Non è giusto, non ha fatto niente.» La voce esce flebile, triste. Marcelo apre gli occhi e vede il volto di Gabriele chino su di lui. Non è solo, ci sono altre persone lì accanto.
«Non so di che parli, Marcelo, ma stai tranquillo. Ora ti portiamo giù.»
Si scuote, alza un braccio.
«No, Lele, ti prego. Lasciami qui ancora un poco. Ora credo di avere capito il motivo di questo viaggio. Tra poco ti spiego tutto, ma lasciami qui.»
Richiude gli occhi e pare addormentarsi, incurante del freddo e del luogo.
Cammina verso la morte, sospinto dalle guardie. Ha sempre considerato assurdo uccidere per fare un piacere agli Dei, ora tocca a lui la parte peggiore.
Oggi è Intiraymi e al Sole verrà sacrificato.
Si fermano ai piedi della piramide, dove gli Amautas stavano aspettando.
Yupanqi si guarda intorno, in silenzio. C’è anche il Qhapaq Inca, sulla portantina. Assisterà all’evento.
Uno dei Sacerdoti estrae un pugnale con la lama d’oro e comincia a salire i gradini, subito seguito dalle guardie con Yupanqi.
Sono in cima, davanti all’Intihuatana.
«Sapevi che avere rapporti con una Aqqla significa la morte, eppure lo hai fatto. Era la prescelta per la festa di oggi, quindi il Qhapaq ha deciso di sacrificarti al suo posto. Avrai l’onore di dare la tua vita a Inti tramite questa lama, creata con le sue lacrime e il suo sudore. Vuoi dire qualcosa?»
Il giovane scuote la testa.
«Sdraiatelo sulla pietra» dice alle guardie, che eseguono immediatamente.
Gli occhi di Yupanqi vedono il cielo. Un condor volteggia. Apu Kantu.
«Il mio sangue laverà questa pietra, ma la mia anima vi rimarrà imprigionata fino a quando Apu Kantu tornerà a prenderla.»
«Non dovevi parlare» ribatte il Sacerdote.
Alza la mano armata sul petto del giovane e colpisce. Nemmeno un rantolo esce dalla bocca della vittima.
La folla ai piedi della piramide lancia grida di giubilo quando viene mostrato il cuore del sacrificato. Il Qhapaq Inca annuisce e sorride.
Gli occhi si riaprono. C’è parecchia gente, tutto intorno.
«Finalmente, Marcelo! Stavolta ho preso paura. Ogni tanto facevi delle smorfie tremende, hai avuto un incubo? Ora ce ne andiamo.»
«Aspetta, Lele, ormai sto per lasciare questo corpo.»
«Ma cosa dici? Stai scherzando? O sei ancora in delirio?»
«No, sto parlando seriamente. Dimmi, c’è qualche uccello nel cielo sopra di noi?»
Gabriele solleva lo sguardo. Solo qualche nube, niente altro.
«No.»
«Arriverà, vedrai. E in quel momento io e Yupanqi saremo liberi.»
«Chi è Yupanqi? Marcelo, stai delirando…»
«Un Inca, morto su questa pietra tanto tempo fa. Io sono venuto qui per salvarlo. Ho risposto alla sua chiamata.»
Gabriele non sa più cosa fare. L’amico lo guarda e sorride: «Tranquillo, Lele. È tutto nella norma. Sento che sta arrivando.»
«Chi?»
«Apu Kantu, il condor sacro.»
Un’ombra passa sopra di loro. Alzano tutti il viso al cielo e vedono un condor volteggiare.
«Ciao, Gabriele. Ci rivedremo.»
«No, Marcelo, non puoi andare così…»
Vede gli occhi dell’amico chiudersi per l’ultima volta, mentre un sorriso addolcisce quel volto sofferente, rendendolo sereno. Lo abbraccia piangendo, mentre alcuni dei nativi presenti si inginocchiano.
Si stacca e alza lo sguardo. Il condor compie un cerchio sopra le loro teste e poi si allontana.