Il Toro Nero di Norvegia
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Il Toro Nero di Norvegia
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Re: Il Toro Nero di Norvegia
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Re: Il Toro Nero di Norvegia
no, no, nessuno sbaglio: ho l'osadìa di pubblicare Il Toro Nero di Norvegia qui, ma a questo punto è bene spiegare un po' di background.
The Black Bull of Norroway è una bellissima e antica fiaba scozzese che mi ha catturato e mi ha ispirato il rivolgerla in una ballata in italiano. Il motivo di derivarne una ballata viene dal fatto che il leit-motif della fiaba sono quattro righe pronunciate tre volte (come un ritornello) dalla protagonista:
Seven lang years I served for thee,
the glassy hill I clomb for thee,
thy bluidy shirt I wrang for thee,
and wilt thou not wauken and turn to me?
L'ortografia è quella scozzese/inglese dell'800, quindi niente panico.
La sfida è quindi stata quella di ricavarne una ballata: il testo di una canzone, e non una poesia, che racconta una storia.
È un componimento tipico inglese, molte canzoni seguono questo schema, e nella lingua inglese sono, sebbene assai tradizionali, atipiche nell'uso della rima (soprattutto baciata), mentre l'inglese privilegia l'allitterazione.
In italiano vi si sono cimentati alcuni cantautori (Branduardi, Guccini, Battiato) per le ovvie difficoltà di rendere in una lingua piana come la nostra componimenti nati per una musicalità e un ritmo abbastanza diversi. "Samarcanda" è un esempio.
Quindi È una storia raccontata in metro, come (absit injuria) Iliade, Odissea, Eneide, Divina Commedia.
E infine, per chiudere con un pizzico di approccio olistico, il componimento ha ispirato il seguente monile:
https://www.facebook.com/media/set/?set ... 777&type=3
Quindi la storia è canzone, è fiaba, è reale.
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Re: Il Toro Nero di Norvegia
In effetti il "tributo" è un po' una Cenerentola, per la concezione italiana di cultura, che dovrebbe essere innovativa ma rispettosa, ossequiosa nel celebrare il passato ma totalmente originale... Gli autori passano così dalla fame ai musei, o emigrano. In compenso, devono essere tutti rigorosamente italianissimi, tributari della Sacra eredità romana e rinascimentale.
Altrove sono più elastici, e fanno, come qui su Braviautori. Si fa, si prova, si sbaglia, si impara, qualche volta si fa bene.
Ti è piaciuto davvero: per me è la più bella soddisfazione.
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Re: Il Toro Nero di Norvegia
Per legarmi a quello che rispondevo a Giovanni, in effetti nella resa sotto forma di ballata sarebbe l'originalità di quello che ho proposto.
Poi, se vuoi, posso dilungarmi su tutti i sensi che la fiaba porta con sé. Ho cercato di conservare quelli che ritenevo rilevanti.
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Re: Il Toro Nero di Norvegia
Concordo completamente sul discorso Dell elasticità.Marino Maiorino ha scritto: ↑19/04/2022, 21:26 Grazie Giovanni, per voto, giudizio e considerazioni.
In effetti il "tributo" è un po' una Cenerentola, per la concezione italiana di cultura, che dovrebbe essere innovativa ma rispettosa, ossequiosa nel celebrare il passato ma totalmente originale... Gli autori passano così dalla fame ai musei, o emigrano. In compenso, devono essere tutti rigorosamente italianissimi, tributari della Sacra eredità romana e rinascimentale.
Altrove sono più elastici, e fanno, come qui su Braviautori. Si fa, si prova, si sbaglia, si impara, qualche volta si fa bene.
Ti è piaciuto davvero: per me è la più bella soddisfazione.
Sarò sempre grato a questo gruppo e a chiunque nella vita abbia il coraggio di esporsi e mettersi in gioco.
Complimenti ancora la tua opera mi è piaciuta molto.
Commento
riflettere sulla modalità e i contenuti.
Dunque, a prima vista sono rimasto un po' sconcertato poi ho considerato la ritmica musicalletteraria del tuo lavoro: interessante.
Sul piano dei contenuti, noto la simbologia delle frasi, il loro alludere a pericoli e fatiche reali in un modo poetico.
Insomma, un' opera diversa dal solito, che va letta senza fretta come ascoltare una canzone!
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Re: Il Toro Nero di Norvegia
sì, quella è l'idea della "ballata" classica: una storia cantata, quindi l'uso dei versi è funzionale alla ritmica del canto e alla funzione mnemonica.
D'altronde (le ho citate più su a mo' d'esempio) Iliade e Odissea, nelle loro versioni più antiche, sembra che contenessero moltissimi di questi artifici. Ovviamente: come fai a ricordare poemi di quella dimensione senza usare ogni mnemotecnica possibile? E allora ecco che rime, metro, accompagnamenti musicali non erano semplici "abbellimenti", ma tutt'uno con la storia.
Se a scuola si affrontasse l'apprendimento mnemonico ricordando tutti questi "dettagli", dando loro una funzione, un posto, un senso, allora i pargoli farebbero a gara per dimostrare chi è più bravo, ma oggi funziona diversamente, e "per domani portate il 5 maggio".
Quello che in realtà manca a questo testo è proprio una canzone. Ho inquadrato i versi in un qualche metro (è un lavoro che hanno fatto testo e ritmo l'uno all'altro), ma non sono riuscito a "sentire" una musica (alle volte mi riesce, ed è tutto molto più facile)
Chissà se qualcuno dei Braviautori...
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Re: Il Toro Nero di Norvegia
Il tuo non è un commento! Comincia con "Re:"!
Credo basti editarlo e cambiare il titolo in "Commento" e basta.
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Re: Il Toro Nero di Norvegia
cercherò di spiegare i vari elementi della fiaba qui. Magari viene un post mooooooolto lungo, quindi lo edito in diverse volte.
Effettivamente, la fiaba comincia con tre sorelle che arrivano all'età del matrimonio e vanno da una fattucchiera che le consigli come trovare marito. La nostra protagonista è la più giovane e, quando giunge il suo turno, ha già visto partire le sorelle più grandi con un principe con un cocchio di otto cavalli e la seconda con uno di quattro: fino a quel momento il matrimonio sembra una fiaba dove un uomo ricco ti porta in un castello fatato a fare una bella vita.
Da osservare che questo è effettivamente il sogno che potevano nutrire le ragazze scozzesi di qualche secolo fa, vista la fame.
Un altro interessante dettaglio è la figura della fattucchiera: la vecchia donna è in realtà semplice custode di esperienza e saggezza, sa cos'è meglio per le ragazze, anche se i suoi consigli a prima vista non piacciono. È l'eterno problema che non amiamo seguire i consigli di chi ha più esperienza di noi: il poco gradimento per i consigli lo trasformiamo in avversione verso le persone che li profondono, e una persona che ci consiglia per il nostro bene diventa una strega.
Anche il fatto che la prima sorella vada con un principe con otto cavalli e la seconda con quattro è simbolico: man mano che la protagonista cresce, il matrimonio diventa qualcosa di sempre meno fiabesco, e quando infatti giunge il suo turno, la vecchia le propone un toro nero.
La fanciulla sale sul toro nero e i due cominciano a viaggiare. Nella fiaba lei scopre che lui è mostruoso ma gentile nei modi. È lo stesso motivo della fiaba "La Bella e La Bestia": con la conoscenza l'orrore del matrimonio, ché tale doveva risultare a ragazzine date a perfetti sconosciuti per figliare e salvarle dalla fame, lascia il posto alla tenerezza coniugale che cresce nella mutua frequentazione per lungo tempo. Un orrore! Possono dipingermelo di rose e nastrini, e continuo a pensare che fosse un abominio. E quando leggo gli imbecilli che puntano il dito contro il fatto che in alcuni Paesi ancora si praticano cose così, mi piacerebbe fargli fare due chiacchiere coi loro nonni...
Ho volutamente tralasciato l'incontro del toro coi suoi fratelli: principi che donano frutti che aiuteranno la ragazza quando sarà in pericolo di vita, perché la ballata come l'ho resa io lascia in sospeso l'azione finale. Nondimeno, nella fiaba si capisce che allora anche il toro è un principe, diretto a battagliare contro un suo nemico. È un nemico terribile, addirittura un demonio! E alla ragazza il toro chiede di non muoversi neanche di un pollice da dove l'ha lasciata, o lui non sarebbe stato più in grado di ritrovarla.
È ovvio il motivo della proibizione, qui più chiaro che altrove: alle volte il marito deve assentarsi per lavoro, può restare lontano da casa per molto tempo, e la moglie "s'avesse sta' a' casa a ffa' 'a cazetta", non deve avere grilli per la testa o la persona che diventerà non sarà la stessa che lui ha lasciato. Credo sia importante questo punto: lui promette implicitamente di tornare sempre da lei se lei resterà quella che era. Il matrimonio viene cioè visto come un patto nel quale si cresce insieme, ma non ciascuno per proprio conto, altrimenti la coppia diverge (per obiettivi, interessi) e "non si ritrova più" nel progetto comune. Sebbene oggi vediamo una forte restrizione quella proibizione, essa è funzionale alla sussistenza del matrimonio.
Orbene, lui parte, affronta il suo nemico, lei viene spaventata dal fragore della lotta, fa un passettino addirittura involontario (per la paura), e quando lui torna a cercarla non è più in grado di trovarla, come aveva predetto.
E ora scusa, continuerò più avanti, devo andare!
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Re: Il Toro Nero di Norvegia
Proseguo con un'ultima nota sull'azione della seconda strofa: si nota qui il fine educativo della fiaba, perché la ragazza non fa il "passo di lato" per colpa sua (al contrario, è involontario). Non c'è intenzione di colpevolizzare qualcuno ma, come dovrebbe essere sempre per fini educativi, di spiegare che sarà naturale l'effetto, dato il "passo".
La terza strofa è molto particolare: la ragazza non sa come tornare da lui e un uomo le offre aiuto. È un fabbro, un uomo "buono" (inteso come lavoratore, una persona che crea cose, produce) e che le offre di aiutarla se lei resterà ad aiutarlo alla forgia per sette anni. È ovvio il senso: alle volte possiamo trovare persone anche buone e che ci aiutano, non è detto che al di fuori del matrimonio siano tutti cattivi, semplicemente non sono il toro nero. È interessante perché non c'è un'instillazione di paura contro i legami extraconiugali (ovvio che in sette anni...), ma al contrario si esalta il legame speciale che si stabilisce tra due persone in particolare, in questo caso la ragazza e il toro nero. Persino un uomo buono non sarebbe un buon marito: lei potrà faticare con lui, sforzarsi con lui, ma sempre vorrà tornare al suo toro nero.
Il colle di vetro da scalare è ovviamente la difficoltà di cambiare (i tagli che implica scalarlo), che si può affrontare solo dopo aver conosciuto il sacrificio dello sforzo prolungato (i sette anni passati col fabbro).
Nella quarta strofa la ragazza scala il colle di vetro: aver lavorato col fabbro le ha dato "scarpe di ferro", la capacità di affrontare le difficoltà della vita facendosi meno male, sebbene non sia del tutto immune ai tagli, e finalmente lei è in grado di uscire dalla valle e raggiungere il suo uomo ma, mentre lei si attardava nella valle, lui era stato accolto in un'altra casa.
Sembra una cosa di poco, ma l'insegnamento qui è che ci si può sforzare e cambiare per rimediare a un errore passato, ma in quel tempo le cose e le situazioni saranno cambiate, e c'è il pericolo reale che dopo aver fatto tanto la persona che si desiderava abbia trovato altri lidi.
La quinta strofa è una dolcissima infusione di speranza: sebbene il toro nero sia ospite della strega e prossimo a sposarne la figlia, anche quella deve compiere delle fatiche per tenersi stretto l'animale, fatiche qui esemplificate dal lavare le camicie inzuppate di sangue (e chi abbia mai lavato a mano sa che il sangue nun se leva).
Nella fiaba, la figlia della strega non riesce a lavare le camicie, ma appena la protagonista riceve il sapone le camicie tornano subito immacolate: il legame che esisteva tra il toro e la ragazza era reale, lei è davvero la donna per lui, opera addirittura una magia involontaria, sebbene lui sia ancora all'oscuro del fatto che lei cerca di tornare (nella fiaba, lui dorme, cercando di riprendersi dalle ferite ricevute durante la lotta col demonio). La magia involontaria indica che il legame speciale tra la ragazza e il toro è in realtà esso stesso magico: quando gli sforzi dell'uno o dell'altra per riunirsi non varranno a niente, gli ostacoli svaniranno come per magia.
Nella sesta strofa, l'ultima della mia versione, la ragazza si vede perduta: un'altra, che millanta di aver fatto per lui ciò che solo la protagonista poteva fare (non lavare le camicie, ma evidentemente essere il suo unico vero amore, richiamando un tema di "Scarborough Fair"), prenderà il suo posto e lei non può fare altro che mettersi sotto la finestra di lui a cantare la sua storia.
Nella fiaba, il ritornello viene ripetuto per tre sere di fila mentre la ragazza cerca di far sentire la propria voce al toro nero, ma la strega lo fa addormentare con un sonnifero. Alla terza sera, a causa di una distrazione, il principe rovescia il bicchiere col sonnifero.
Nella mia ballata ho usato il ritornello... come un ritornello, quindi l'ho intercalato alla storia. Il metro che si è imposto mi ha fatto ovviare alcune parti, ma per intero dovrebbe suonare:
Sette lunghi anni ho servito per te,
il colle di vetro ho scalato per te,
la tua veste insanguinata ho lavato per te,
e non vuoi svegliarti e voltarti verso me?
"Wilt", da cui deriva "will", non è un semplice futuro, come detta l'attuale grammatica inglese: il fatto stesso che indichi come sostantivo le "ultime volontà", e si usi per indicare la "forza di volontà" spiega che la parola nasce con altra semantica: lei sta soffrendo il sonno di lui come un atto di volontà, un rifiuto. La frase può essere quindi letta come: "ho attraversato fuoco e fiamme per il bene che ti voglio ("per te" non indica che lei ha fatto cose direttamente "a" lui, ma che l'ha fatto per l'obiettivo di raggiungere lui) e adesso tu non vuoi nemmeno degnarmi di uno sguardo? Fai finta di non ascoltarmi/conoscermi?"
La storia spiega cosa succede la terza sera. Come ricorda Tolkien in un suo saggio, "e lui si destò e la guardò".
La mia ballata lascia il finale aperto: ai protagonisti delle fiabe non è dato scriversele su misura.
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Re: Il Toro Nero di Norvegia
Che lui sia gentile conta poco nell'economia della ballata, ed è effettivamente travagliante per la ragazza doversi accasare con una bestia, quindi la mancanza di quel dettaglio è stata una scelta ragionata.
Però mi sa che devo tornare a rileggermela...
Grazie mille per il commento.
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Re: Il Toro Nero di Norvegia
È che io, per natura, cerco sempre di osservare le cose dal punto di vista del mio interlocutore: mi permette di avere un dialogo nel quale cerco di capire meglio ciò che intende. È semplice curiosità, smodata, ma curiosità.
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Re: Il Toro Nero di Norvegia
mi lusinghi e mi spezzi il cuore a un tempo.
Il toro è presentato come nero, infernale, perché in un matrimonio "combinato" il principio non può essere idilliaco, e certamente gli aspetti più "meccanici" devono essere rivoltanti e umilianti, quale che sia la giovanile foga e curiosità degli sposi, soprattutto per la protagonista.
Lo sottolineo perché il tuo paragone con Paolo e Francesca è troppo nobile, immeritato.
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Re: Il Toro Nero di Norvegia
è piacevole che l'impostazione delle proprie opere trovi gradimento.
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Re: Il Toro Nero di Norvegia
Ma adesso dovrò mantenere elevato il mio standard!
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Re: Il Toro Nero di Norvegia
Quanto alla tua fiaba, ho visto che hai preso spunto dai versi inseriti nel testo inglese per trarne fuori una tua originale composizione in versi, ma in italiano. Tu l'hai classificata come ballata (ma allora non dovevi postarla in una gara di prosa, dato che la ballata è a tutti gli effetti un componimento poetico), ma in realtà non possiede la struttura di una ballata, dotata sempre di un ritornello di un piede e una ripresa e con una ben precisa metrica che qui non rintraccio.
In Italia non sono mai state molto in voga, ma nel mondo anglosassone sì. Una per tutte mi viene in mente Cooleridge con la sua Ballata del Vecchio Marinaio, anche se quella era una ballata letteraria.
La struttura precisa delle ballate serve comunque a metterle in musica, come spesso avveniva avviene nel mondo anglosassone e non solo.
Nondimeno, la forza simbolica della fiaba, come di tutte le fiabe, è notevole ed è molto intelligente, oltre che versatile e in qualche modo universale. Ti ringrazio per avermela fatta scoprire.
Un buon lavoro.
A rileggerti.
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Re: Il Toro Nero di Norvegia
Ma tu hai il libro di Lang? E solo il Blu o anche altri?
La radice in comune a tradire e tradurre è il "trans", ma il primo si appoggia a "dicere" (e significa quindi "ingannare, nascondere con parole le proprie reali intenzioni"), il secondo a "ducere" ("condurre l'uditore o le parole attraverso la barriera della non comunicabilità"). I traduttori nell'età classica erano sempre visti come qualcosa di "magico": accompagnavano i fetiales romani nelle ambascerie verso popolazioni straniere ed erano ammantati da un'aura sacra, erano considerati quasi sacerdoti essi stessi, e in parte è a questo che si deve l'intangibilità del personale diplomatico ancora oggi! La Chiesa ha conservato molto di questa tradizione sacra, coi vari miracoli degli apostoli che, dopo aver assistito alla Pentecoste, cominciano a diffondere il Verbo di Cristo tra i Gentili. Insomma, si fa presto a dire "tradurre"
Quando mi hai parlato di tua zia... mi sono letteralmente squagliato! Che abbiamo perso il patrimonio della tradizione orale (ne individui correttamente l'ascendenza) è qualcosa che mi strazia! Capisco l'ansia di progresso di una società, ma buttare tutto alle ortiche per... cosa? Cos'abbiamo guadagnato in quanto persone? E cos'abbiamo perso, invece?
Hai indubbiamente ragione quando osservi che non ho rispettato il metro della ballata: volevo il testo di una canzone, ed è già stata dura così (ho lasciato fare ai versi il ritmo, nel rispetto della storia). Come osservavo più su, speravo che i versi dettassero anche la musica, ma questa volta non è andata così. Sul pubblicarla qui o come poesia, è che la mia intenzione era per l'appunto far conoscere la storia, non il componimento in rima, come "Omero" raccontava storie e il ritmo era un accidente del suo racconto, e come la Rhyme of The Ancient Mariner (accidenti, m'è venuta sete! ).
Ringrazio io te per i numerosi spunti, sempre preziosi!
A presto!
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Re: Il Toro Nero di Norvegia
Quando osservo i manufatti romani (e i romani sono stati crudelmente metodici nell'applicare le conoscenze che raggiungevano) non riesco a non provare invidia per un mondo che sapeva coniugare funzione ed estetica, fine e senso, aspetto esteriore e significato. Persino un ariete per l'assedio di una città aveva una testa... d'ARIETE!
Ecco, dov'è il SENSO di quello che facciamo, delle vite che conduciamo, se non meritiamo chi le canti?
E allora Braviautori mi pare una fortezza della Resistenza, e penso, SPERO (e purtroppo "Spes ultima dea"), che finché sarò qui con gagliardi compagni a librare questa battaglia non tutto è perduto.
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"Proprio contro il principio di volontà in primis SI DOVREBBE costruire"... Noti la contraddizione?
Al momento attuale credo che maggior danno venga dal pensiero unico. Che una forma di resistenza sia espressione di una volontà non mi preoccupa finché c'è pluralità di voci e pensieri. Ma oggi siamo tutti massificati in qualche modo, almeno in Occidente.
Ti dirò: la fortezza tecnologica come l'hai descritta tu, con gli assediati che nemmeno sanno chi sono e perché combattono è anche al riparo dal principio di volontà: se non sai perché combatti, la tua azione non è diretta da una volontà.
Ma davvero è tutta farina di Platone, la crasi tra nuovo e antico? Ci sono pagine estremamente brillanti nel Simposio che mi sembrano di tutt'altro indirizzo. Aristotele... Quello sì che mi è sempre stato "sospetto".
Sul metodo scientifico preferisco tacere: ogni volta che qualcuno (tanto del campo come non) ne parla mi prende un coccolone, tanto sull'impostazione generale quanto su elementi e teorie individuali, fino a giungere al senso stesso dei termini delle equazioni. La gente si affezione troppo a ciò che crede di aver capito e l'assurge a rango di VERITÀ, e sui dogmi non si discute.
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Re: Il Toro Nero di Norvegia
Vorrei recensirlo, ma in questo momento sono a corto di tempo (materiale).
Più che recensirlo vorrei discuterlo: ci sono molti punti interessanti e che vorrei essere meglio chiariti.
Ma, più di tutto, vedo che prima di svelare questa chicca hai fatto con me come Morfeo in Matrix. Solo che io non sono Neo: io non scelgo tra pillola blu e pillola rossa. E soprattutto, ho un grosso "problema" col tempo (cosa che credo di aver trasmesso a mio figlio, che confonde allegramente tra ieri, una settimana e un anno fa). Il virgolettato è d'obbligo, perché quando non si è schiavi del tempo...
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Re: Il Toro Nero di Norvegia
Il che mi fa credere che una fiaba più antica che ha poi assorbito elementi locali era tramandata su un'area assai più vasta di Scozia e Germania.
Attenzione: la fiaba non è più presente nelle versioni successive delle fiabe dei Grimm. Il commento che ho letto è che la fiaba è stata eliminata dalla raccolta a causa del suo epilogo contro la morale cristiana (il principe riconosce il suo primo amore e ripudia la moglie).
Racconti alla Luce della Luna
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La Gara 9 - Un racconto per un cortometraggio
A cura di Alessandro Napolitano.
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La Gara 59 - Siamo come ci vedono o come ci vediamo noi?
A cura di Alberto Tivoli.
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La Gara 41 - Tutti a scuola!
A cura di Antonella Pighin.
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Gare letterarie stagionali - annuario n° 1 (2018 - 2019)
Le Gare letterarie stagionali sono concorsi a partecipazione libera, gratuiti, dove chiunque può mettersi alla prova nel forum di BraviAutori.it, divertirsi, conoscersi e, perché no, anche imparare qualcosa. I migliori testi delle Gare vengono pubblicati nei rispettivi ebook gratuiti i quali, a ogni ciclo di stagioni, diventano un'antologia annuale come questa che state per leggere.
A cura di Massimo Baglione.
Contiene opere di: Alessandro Mazzi, Angelo Ciola, Aurora Gallo, Ida Dainese, Carlo Celenza, Carol Bi, Daniele Missiroli, Draper, Edoardo Prati, Fabrizio Bonati, Fausto Scatoli, Gabriele Ludovici, L.Grisolia, Laura Traverso, Liliana Tuozzo, Lodovico, Marco Daniele, Namio Intile, N.B. Panigale, Nunzio Campanelli, Pierluigi, Roberto Bonfanti, Seira Katsuto, Selene Barblan, SmilingRedSkeleton, Stefano Giraldi Ceneda, Teseo Tesei, Tiziano Legati, Tiziana Emanuele.
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Riduzione di complessità - il libro Downpunk
è probabilmente il primo libro del genere Downpunk, ma forse è meglio dire che il genere Downpunk è nato con questo libro. Sam L. Basie, autore ingiustamente sconosciuto, presenta una visione dell'immediato futuro che ci lascerà a bocca aperta. In un futuro dove l'individuo è perennemente connesso alla globalità tanto da renderlo succube grazie alla sua immediatezza, è l'Umanità intera a operare su se stessa una "riduzione di complessità", operazione resa necessaria per riportare l'Uomo a una condizione di vita più semplice, più naturale e più... umana. Nel libro, l'autore afferma che "anche solo una volta all'anno, l'Essere umano ha bisogno di arrangiarsi, per sentirsi vivo e per dare un senso alla propria vita", ma in un mondo dove tutto ciò gli è negato dall'estremo benessere e dall'estrema tecnologia, le menti si sviluppano in maniera assai precaria e desolante, e qualsiasi inconveniente possa capitare diventerà un dramma esistenziale.
Di Sam L. Basie
A cura di Massimo Baglione.
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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.
La spina infinita
"La spina infinita" è stato scritto quasi vent'anni fa, quando svolgevo il mio servizio militare obbligatorio, la cosiddetta "naja". In origine era una raccolta di lettere, poi pian piano ho integrato il tutto cercando di dare un senso all'intera opera. Quasi tutto il racconto analizza il servizio di leva, e si chiude con una riflessione, aggiunta recentemente, che riconsidera il tema trattato da un punto di vista più realistico e maturo.
Di Mario Stallone
A cura di Massimo Baglione.
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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.