Il Toro Nero di Norvegia

Spazio dedicato alla Gara stagionale di primavera 2022.

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Sondaggio concluso il 20/06/2022, 1:00

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Marino Maiorino
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Il Toro Nero di Norvegia

Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

leggi documento Spiacente ma, in questo browser, la lettura a voce non funziona.

Ogni ragazza ricerca l’amore
ma, dimmi, l’amore cos’è?
“Monta quel toro nero, infernale,
quello è l’amore per te”.
Così mi ha detto una vecchia megera,
“Sali sulla fiera nera”
Io son salita, tu mi hai rapita,
e mi hai portata con te.

In una valle profonda, scoscesa,
il tuo nemico aspettava.
“Resta qui immota! Un passo non fare
o non ti potró ritrovare!”
Contro un demonio librasti la lotta,
il fragore mi ha sconvolta
e per un piccolo passo di lato
tu non mi hai più ritrovato.

Come riuscire da valle sì fonda
se i suoi declivi son vetro?
Vetro tagliente, fragil, leggero,
mortale è un simil sentiero.
C’era un buon uomo che vive costì,
fabbro di certa maestria.
“Servi alla forgia ed io ti farò
scarpe per andare via.”

Per te sette anni ho servito,
il colle di vetro ho scalato,
le vesti dal sangue ho lavato
e nemmeno uno sguardo mi hai dato.

Dopo sette anni con scarpe di ferro,
il colle di vetro ho scalato,
ma ad ogni passo il vetro cedeva
e un’altra ferita mi ha dato.
Giunsi alla cima, dimora di strega
che un ospite aveva costì
con vesti macchiate di sangue rubino
un guerrier vicino a morir.

Se il sangue rappreso avesse lavato
la figlia l’avrebbe sposato
ma dalla camicia conobbi il promesso:
ferito, in deliquio eri tu!
Raccolte le vesti, portate alla fonte,
con cura ciascuna lavai.
Il sangue è scomparso, la macchia rimossa,
eppure di questo non sai.

Per te sette anni ho servito,
il colle di vetro ho scalato,
le vesti dal sangue ho lavato
e nemmeno uno sguardo mi hai dato.

La giovane strega mi ha tolto di mano
il frutto dell’opera mia.
È corsa al tuo letto, le vesti ti ha dato
e mente per essere tua.
Me non ricordi, ma ciò che ora indossi
l’han reso al candor le mie man.
Alla finestra a te piango, perduta,
il vero che lei non dirà.

Per te sette anni ho servito,
il colle di vetro ho scalato,
le vesti dal sangue ho lavato
e nemmeno uno sguardo mi hai dato.
«Amare, sia per il corpo che per l'anima, significa creare nella bellezza» - Diotima

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Domenico Gigante
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Re: Il Toro Nero di Norvegia

Messaggio da leggere da Domenico Gigante »

Ciao Marino! Perdonami, ma forse hai sbagliato a pubblicare nella gara di narrativa quella che a tutti gli effetti sembra una poesia.
Vorrei essere il mare che si muove per rimanere se stesso e più di tanto non lo sposta il vento. Fragile ma tenace.
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Marino Maiorino
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Re: Il Toro Nero di Norvegia

Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

Ciao Domenico,
no, no, nessuno sbaglio: ho l'osadìa di pubblicare Il Toro Nero di Norvegia qui, ma a questo punto è bene spiegare un po' di background.
The Black Bull of Norroway è una bellissima e antica fiaba scozzese che mi ha catturato e mi ha ispirato il rivolgerla in una ballata in italiano. Il motivo di derivarne una ballata viene dal fatto che il leit-motif della fiaba sono quattro righe pronunciate tre volte (come un ritornello) dalla protagonista:
Seven lang years I served for thee,
the glassy hill I clomb for thee,
thy bluidy shirt I wrang for thee,
and wilt thou not wauken and turn to me?

L'ortografia è quella scozzese/inglese dell'800, quindi niente panico.
La sfida è quindi stata quella di ricavarne una ballata: il testo di una canzone, e non una poesia, che racconta una storia.
È un componimento tipico inglese, molte canzoni seguono questo schema, e nella lingua inglese sono, sebbene assai tradizionali, atipiche nell'uso della rima (soprattutto baciata), mentre l'inglese privilegia l'allitterazione.
In italiano vi si sono cimentati alcuni cantautori (Branduardi, Guccini, Battiato) per le ovvie difficoltà di rendere in una lingua piana come la nostra componimenti nati per una musicalità e un ritmo abbastanza diversi. "Samarcanda" è un esempio.
Quindi È una storia raccontata in metro, come (absit injuria) Iliade, Odissea, Eneide, Divina Commedia.
E infine, per chiudere con un pizzico di approccio olistico, il componimento ha ispirato il seguente monile:
https://www.facebook.com/media/set/?set ... 777&type=3
Quindi la storia è canzone, è fiaba, è reale.
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COMMENTO

Messaggio da leggere da Giovanni p »

D'accordo con Domenico, anche io credevo che fosse un opera destinata al grandprix. Come in Efeso e Atena ti ringrazio per aver arricchito il mio scarno bagaglio culturale in fatto di miti. Ad ogni modo, sono indeciso su che voto dare. Da una parte c'è la "mancanza di originalità" che un po' penalizza il 4 che vorrei dare facendomi tentennare per un 3, ma dall altra c'è il piacere di leggere qualcosa che mi piace davvero e che mi da lo spunto per documentarmi.

Ha vinto il 4 complimenti.
Ultima modifica di Giovanni p il 20/04/2022, 9:42, modificato 1 volta in totale.
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Marino Maiorino
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Re: Il Toro Nero di Norvegia

Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

Grazie Giovanni, per voto, giudizio e considerazioni.
In effetti il "tributo" è un po' una Cenerentola, per la concezione italiana di cultura, che dovrebbe essere innovativa ma rispettosa, ossequiosa nel celebrare il passato ma totalmente originale... Gli autori passano così dalla fame ai musei, o emigrano. In compenso, devono essere tutti rigorosamente italianissimi, tributari della Sacra eredità romana e rinascimentale.
Altrove sono più elastici, e fanno, come qui su Braviautori. Si fa, si prova, si sbaglia, si impara, qualche volta si fa bene.
Ti è piaciuto davvero: per me è la più bella soddisfazione.
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Re: Il Toro Nero di Norvegia

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Ciao FraFree, e grazie per esserti addentrata nella storia.
Per legarmi a quello che rispondevo a Giovanni, in effetti nella resa sotto forma di ballata sarebbe l'originalità di quello che ho proposto.
Poi, se vuoi, posso dilungarmi su tutti i sensi che la fiaba porta con sé. Ho cercato di conservare quelli che ritenevo rilevanti.
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Re: Il Toro Nero di Norvegia

Messaggio da leggere da Giovanni p »

Marino Maiorino ha scritto: 19/04/2022, 21:26 Grazie Giovanni, per voto, giudizio e considerazioni.
In effetti il "tributo" è un po' una Cenerentola, per la concezione italiana di cultura, che dovrebbe essere innovativa ma rispettosa, ossequiosa nel celebrare il passato ma totalmente originale... Gli autori passano così dalla fame ai musei, o emigrano. In compenso, devono essere tutti rigorosamente italianissimi, tributari della Sacra eredità romana e rinascimentale.
Altrove sono più elastici, e fanno, come qui su Braviautori. Si fa, si prova, si sbaglia, si impara, qualche volta si fa bene.
Ti è piaciuto davvero: per me è la più bella soddisfazione.
Concordo completamente sul discorso Dell elasticità.
Sarò sempre grato a questo gruppo e a chiunque nella vita abbia il coraggio di esporsi e mettersi in gioco.

Complimenti ancora la tua opera mi è piaciuta molto.
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Messaggio da leggere da Myname »

Ho aspettato a scrivere il commento per darmi il tempo di
riflettere sulla modalità e i contenuti.
Dunque, a prima vista sono rimasto un po' sconcertato poi ho considerato la ritmica musicalletteraria del tuo lavoro: interessante.
Sul piano dei contenuti, noto la simbologia delle frasi, il loro alludere a pericoli e fatiche reali in un modo poetico.
Insomma, un' opera diversa dal solito, che va letta senza fretta come ascoltare una canzone!
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Marino Maiorino
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Re: Il Toro Nero di Norvegia

Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

Ciao Myname,
sì, quella è l'idea della "ballata" classica: una storia cantata, quindi l'uso dei versi è funzionale alla ritmica del canto e alla funzione mnemonica.
D'altronde (le ho citate più su a mo' d'esempio) Iliade e Odissea, nelle loro versioni più antiche, sembra che contenessero moltissimi di questi artifici. Ovviamente: come fai a ricordare poemi di quella dimensione senza usare ogni mnemotecnica possibile? E allora ecco che rime, metro, accompagnamenti musicali non erano semplici "abbellimenti", ma tutt'uno con la storia.
Se a scuola si affrontasse l'apprendimento mnemonico ricordando tutti questi "dettagli", dando loro una funzione, un posto, un senso, allora i pargoli farebbero a gara per dimostrare chi è più bravo, ma oggi funziona diversamente, e "per domani portate il 5 maggio".
Quello che in realtà manca a questo testo è proprio una canzone. Ho inquadrato i versi in un qualche metro (è un lavoro che hanno fatto testo e ritmo l'uno all'altro), ma non sono riuscito a "sentire" una musica (alle volte mi riesce, ed è tutto molto più facile) :(
Chissà se qualcuno dei Braviautori...
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Re: Il Toro Nero di Norvegia

Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

Giovanniiiii!
Il tuo non è un commento! Comincia con "Re:"!
Credo basti editarlo e cambiare il titolo in "Commento" e basta.
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Re: Il Toro Nero di Norvegia

Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

Ciao FraFree,
cercherò di spiegare i vari elementi della fiaba qui. Magari viene un post mooooooolto lungo, quindi lo edito in diverse volte.

Effettivamente, la fiaba comincia con tre sorelle che arrivano all'età del matrimonio e vanno da una fattucchiera che le consigli come trovare marito. La nostra protagonista è la più giovane e, quando giunge il suo turno, ha già visto partire le sorelle più grandi con un principe con un cocchio di otto cavalli e la seconda con uno di quattro: fino a quel momento il matrimonio sembra una fiaba dove un uomo ricco ti porta in un castello fatato a fare una bella vita.
Da osservare che questo è effettivamente il sogno che potevano nutrire le ragazze scozzesi di qualche secolo fa, vista la fame.
Un altro interessante dettaglio è la figura della fattucchiera: la vecchia donna è in realtà semplice custode di esperienza e saggezza, sa cos'è meglio per le ragazze, anche se i suoi consigli a prima vista non piacciono. È l'eterno problema che non amiamo seguire i consigli di chi ha più esperienza di noi: il poco gradimento per i consigli lo trasformiamo in avversione verso le persone che li profondono, e una persona che ci consiglia per il nostro bene diventa una strega.
Anche il fatto che la prima sorella vada con un principe con otto cavalli e la seconda con quattro è simbolico: man mano che la protagonista cresce, il matrimonio diventa qualcosa di sempre meno fiabesco, e quando infatti giunge il suo turno, la vecchia le propone un toro nero.

La fanciulla sale sul toro nero e i due cominciano a viaggiare. Nella fiaba lei scopre che lui è mostruoso ma gentile nei modi. È lo stesso motivo della fiaba "La Bella e La Bestia": con la conoscenza l'orrore del matrimonio, ché tale doveva risultare a ragazzine date a perfetti sconosciuti per figliare e salvarle dalla fame, lascia il posto alla tenerezza coniugale che cresce nella mutua frequentazione per lungo tempo. Un orrore! Possono dipingermelo di rose e nastrini, e continuo a pensare che fosse un abominio. E quando leggo gli imbecilli che puntano il dito contro il fatto che in alcuni Paesi ancora si praticano cose così, mi piacerebbe fargli fare due chiacchiere coi loro nonni...
Ho volutamente tralasciato l'incontro del toro coi suoi fratelli: principi che donano frutti che aiuteranno la ragazza quando sarà in pericolo di vita, perché la ballata come l'ho resa io lascia in sospeso l'azione finale. Nondimeno, nella fiaba si capisce che allora anche il toro è un principe, diretto a battagliare contro un suo nemico. È un nemico terribile, addirittura un demonio! E alla ragazza il toro chiede di non muoversi neanche di un pollice da dove l'ha lasciata, o lui non sarebbe stato più in grado di ritrovarla.
È ovvio il motivo della proibizione, qui più chiaro che altrove: alle volte il marito deve assentarsi per lavoro, può restare lontano da casa per molto tempo, e la moglie "s'avesse sta' a' casa a ffa' 'a cazetta", non deve avere grilli per la testa o la persona che diventerà non sarà la stessa che lui ha lasciato. Credo sia importante questo punto: lui promette implicitamente di tornare sempre da lei se lei resterà quella che era. Il matrimonio viene cioè visto come un patto nel quale si cresce insieme, ma non ciascuno per proprio conto, altrimenti la coppia diverge (per obiettivi, interessi) e "non si ritrova più" nel progetto comune. Sebbene oggi vediamo una forte restrizione quella proibizione, essa è funzionale alla sussistenza del matrimonio.
Orbene, lui parte, affronta il suo nemico, lei viene spaventata dal fragore della lotta, fa un passettino addirittura involontario (per la paura), e quando lui torna a cercarla non è più in grado di trovarla, come aveva predetto.

E ora scusa, continuerò più avanti, devo andare!
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Re: Il Toro Nero di Norvegia

Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

Ho tralasciato un dettaglio sulla figura della strega all'inizio della fiaba. Alcuni degli elementi di TUTTE le fiabe sono antichissimi, al punto di assumere connotati grotteschi, ma è possibilissimo che la figura della "strega" che dice alle fanciulle a chi andare in moglie ricordi un'epoca in cui i matrimoni si stabilivano davvero così! Anche presso gli antichi Sanniti il Ver Sacrum era una cerimonia legata alla transumanza, alla creazione di nuovi villaggi come "colonia" dei vecchi, e alla creazione di nuove famiglie. Insomma, anche nell'800 la "strega" che dice chi sposare poteva sembrare grottesca, nondimeno è possibile che essa fosse il ricordo di usanze enormemente più antiche e conservatesi nelle fiabe.

Proseguo con un'ultima nota sull'azione della seconda strofa: si nota qui il fine educativo della fiaba, perché la ragazza non fa il "passo di lato" per colpa sua (al contrario, è involontario). Non c'è intenzione di colpevolizzare qualcuno ma, come dovrebbe essere sempre per fini educativi, di spiegare che sarà naturale l'effetto, dato il "passo".

La terza strofa è molto particolare: la ragazza non sa come tornare da lui e un uomo le offre aiuto. È un fabbro, un uomo "buono" (inteso come lavoratore, una persona che crea cose, produce) e che le offre di aiutarla se lei resterà ad aiutarlo alla forgia per sette anni. È ovvio il senso: alle volte possiamo trovare persone anche buone e che ci aiutano, non è detto che al di fuori del matrimonio siano tutti cattivi, semplicemente non sono il toro nero. È interessante perché non c'è un'instillazione di paura contro i legami extraconiugali (ovvio che in sette anni...), ma al contrario si esalta il legame speciale che si stabilisce tra due persone in particolare, in questo caso la ragazza e il toro nero. Persino un uomo buono non sarebbe un buon marito: lei potrà faticare con lui, sforzarsi con lui, ma sempre vorrà tornare al suo toro nero.
Il colle di vetro da scalare è ovviamente la difficoltà di cambiare (i tagli che implica scalarlo), che si può affrontare solo dopo aver conosciuto il sacrificio dello sforzo prolungato (i sette anni passati col fabbro).

Nella quarta strofa la ragazza scala il colle di vetro: aver lavorato col fabbro le ha dato "scarpe di ferro", la capacità di affrontare le difficoltà della vita facendosi meno male, sebbene non sia del tutto immune ai tagli, e finalmente lei è in grado di uscire dalla valle e raggiungere il suo uomo ma, mentre lei si attardava nella valle, lui era stato accolto in un'altra casa.
Sembra una cosa di poco, ma l'insegnamento qui è che ci si può sforzare e cambiare per rimediare a un errore passato, ma in quel tempo le cose e le situazioni saranno cambiate, e c'è il pericolo reale che dopo aver fatto tanto la persona che si desiderava abbia trovato altri lidi.

La quinta strofa è una dolcissima infusione di speranza: sebbene il toro nero sia ospite della strega e prossimo a sposarne la figlia, anche quella deve compiere delle fatiche per tenersi stretto l'animale, fatiche qui esemplificate dal lavare le camicie inzuppate di sangue (e chi abbia mai lavato a mano sa che il sangue nun se leva).
Nella fiaba, la figlia della strega non riesce a lavare le camicie, ma appena la protagonista riceve il sapone le camicie tornano subito immacolate: il legame che esisteva tra il toro e la ragazza era reale, lei è davvero la donna per lui, opera addirittura una magia involontaria, sebbene lui sia ancora all'oscuro del fatto che lei cerca di tornare (nella fiaba, lui dorme, cercando di riprendersi dalle ferite ricevute durante la lotta col demonio). La magia involontaria indica che il legame speciale tra la ragazza e il toro è in realtà esso stesso magico: quando gli sforzi dell'uno o dell'altra per riunirsi non varranno a niente, gli ostacoli svaniranno come per magia.

Nella sesta strofa, l'ultima della mia versione, la ragazza si vede perduta: un'altra, che millanta di aver fatto per lui ciò che solo la protagonista poteva fare (non lavare le camicie, ma evidentemente essere il suo unico vero amore, richiamando un tema di "Scarborough Fair"), prenderà il suo posto e lei non può fare altro che mettersi sotto la finestra di lui a cantare la sua storia.
Nella fiaba, il ritornello viene ripetuto per tre sere di fila mentre la ragazza cerca di far sentire la propria voce al toro nero, ma la strega lo fa addormentare con un sonnifero. Alla terza sera, a causa di una distrazione, il principe rovescia il bicchiere col sonnifero.
Nella mia ballata ho usato il ritornello... come un ritornello, quindi l'ho intercalato alla storia. Il metro che si è imposto mi ha fatto ovviare alcune parti, ma per intero dovrebbe suonare:
Sette lunghi anni ho servito per te,
il colle di vetro ho scalato per te,
la tua veste insanguinata ho lavato per te,
e non vuoi svegliarti e voltarti verso me?

"Wilt", da cui deriva "will", non è un semplice futuro, come detta l'attuale grammatica inglese: il fatto stesso che indichi come sostantivo le "ultime volontà", e si usi per indicare la "forza di volontà" spiega che la parola nasce con altra semantica: lei sta soffrendo il sonno di lui come un atto di volontà, un rifiuto. La frase può essere quindi letta come: "ho attraversato fuoco e fiamme per il bene che ti voglio ("per te" non indica che lei ha fatto cose direttamente "a" lui, ma che l'ha fatto per l'obiettivo di raggiungere lui) e adesso tu non vuoi nemmeno degnarmi di uno sguardo? Fai finta di non ascoltarmi/conoscermi?"

La storia spiega cosa succede la terza sera. Come ricorda Tolkien in un suo saggio, "e lui si destò e la guardò".
La mia ballata lascia il finale aperto: ai protagonisti delle fiabe non è dato scriversele su misura.
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Re: Il Toro Nero di Norvegia

Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

Cavolo, ma questo è un errore grave, da parte dello scrittore, se il lettore può confondere in questo modo chi dice cosa!
Che lui sia gentile conta poco nell'economia della ballata, ed è effettivamente travagliante per la ragazza doversi accasare con una bestia, quindi la mancanza di quel dettaglio è stata una scelta ragionata.
Però mi sa che devo tornare a rileggermela...
Grazie mille per il commento.
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Re: Il Toro Nero di Norvegia

Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

Certo, possibile, ma anche in quel caso qualcosa ti ha fatto leggere i versi del ritornello come se riferiti al toro.
È che io, per natura, cerco sempre di osservare le cose dal punto di vista del mio interlocutore: mi permette di avere un dialogo nel quale cerco di capire meglio ciò che intende. È semplice curiosità, smodata, ma curiosità.
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Messaggio da leggere da Paola Tassinari »

All'inizio ho pensato, ma questa è una poesia, poi mi sono detta certo si è ispirato all'Eneide o a Foscolo e quindi prosa in versi, molto bene, mi sono detta, già l'idea vale un 4. Poi ho letto le tue risposte e quindi ora so che è una ballata di Shakespeariana memoria, essì mi hai ricordato il Bardo e i cavalieri della tavola rotonda, sì è proprio una ballata perché mi dà un ritmo che mi scuote i piedi, la memoria non solo passava solo dalle parole ripetute e simili ma anche dai salti (i famosi Salii). Mi è piaciuta molto, soprattutto il ritornello e il colle di vetro scalato. Infine "Monta quel toro nero, infernale, quello è l'amore per te", ecco in questo verso io vi vedo l'amore in senso lato, quello che quando ti prende è un qualcosa di irrazionale del tipo di passione irrefrenabile… quella di Paolo e Francesca nel V Canto infernale. Voto 5
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Re: Il Toro Nero di Norvegia

Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

Grazia Paola,
mi lusinghi e mi spezzi il cuore a un tempo.
Il toro è presentato come nero, infernale, perché in un matrimonio "combinato" il principio non può essere idilliaco, e certamente gli aspetti più "meccanici" devono essere rivoltanti e umilianti, quale che sia la giovanile foga e curiosità degli sposi, soprattutto per la protagonista.
Lo sottolineo perché il tuo paragone con Paolo e Francesca è troppo nobile, immeritato.
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Messaggio da leggere da Domenico Gigante »

Ciao Marino! Oltre alla tua ballata mi sono andato a leggere tutta la storia. Una leggenda da dare in pasto a Levi-Strauss o a qualche altro antropologo. Molto affascinante. La tua versione ha il pregio di riproporre la forma narrativa originaria, che è quella della tradizione orale: dei bardi viandanti che cantano le storie ancestrali della loro stirpe per tramandarle di generazione in generazione. Già nella precedente gara avevo molto apprezzato l'originalità con cui affronti i miti e le leggende. Complimenti!
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Re: Il Toro Nero di Norvegia

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Grazie Domenico,
è piacevole che l'impostazione delle proprie opere trovi gradimento.
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Eleonora2
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Commento a Il Toro Nero di Norvegia

Messaggio da leggere da Eleonora2 »

Dopo aver letto il tuo testo, mi sono venute alla mente una ballata, due libri, una filastrocca, anzi due e, naturalmente, tre persone. Questo per comunicare che l'opera rimanda a tutti gli elementi inseriti. Tentativo pienamente riuscito. Il mio voto è un 5. Per la forma e il contenuto. Il finale aperto non è tipico ma invita alla riflessione, perciò mi ha convinta. Bravo Autore! Dovrò leggerti con più attenzione.
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Marino Maiorino
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Re: Il Toro Nero di Norvegia

Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

Grazie Eleonora, il tuo commento mi è particolarmente gradito per la quantità di stimoli che il racconto sembra aver suscitato.
Ma adesso dovrò mantenere elevato il mio standard! :D
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Namio Intile
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Re: Il Toro Nero di Norvegia

Messaggio da leggere da Namio Intile »

Non la conoscevo la fiaba, che però ho cercato e trovato tra le favole di Andrew Lang (poeta e antropologo, molto vicino al nostro Pitré mi pare, e autore del Libro delle Fate Blu), ma che per la struttura è una fiaba e non una favola. Le traduzioni spesso tradiscono i testi tradotti ancor prima di cominciare a tradurre. Ma si sa... tradurre e tradire hanno la medesima radice. La favola in realtà appartiene alla tradizione popolare scozzese e forse, se non ho capito male, Lang l'ha raccolta e inserita nel Libro delle Fate Blu, alla maniera del Lu Cuntu di li Cunta di Giambattista Basile. Quand'ero piccolo una mia vecchia zia zitella mi cantava (sì, cantava) alcune delle fiabe in siciliano antico del Cuntu di li Cunta e questo fu per me il primo incontro insieme con la musica, la poesia e la letteratura. Ancora ricordo alcuni versi e quando li ripeto mi vengono i brividi. Il ritmo è lo stesso dell'Iliade, pensa un po'. Lei non parlava in italiano ma solo in sicliano stretto, una lingua che in pratica non esiste più.
Quanto alla tua fiaba, ho visto che hai preso spunto dai versi inseriti nel testo inglese per trarne fuori una tua originale composizione in versi, ma in italiano. Tu l'hai classificata come ballata (ma allora non dovevi postarla in una gara di prosa, dato che la ballata è a tutti gli effetti un componimento poetico), ma in realtà non possiede la struttura di una ballata, dotata sempre di un ritornello di un piede e una ripresa e con una ben precisa metrica che qui non rintraccio.
In Italia non sono mai state molto in voga, ma nel mondo anglosassone sì. Una per tutte mi viene in mente Cooleridge con la sua Ballata del Vecchio Marinaio, anche se quella era una ballata letteraria.
La struttura precisa delle ballate serve comunque a metterle in musica, come spesso avveniva avviene nel mondo anglosassone e non solo.
Nondimeno, la forza simbolica della fiaba, come di tutte le fiabe, è notevole ed è molto intelligente, oltre che versatile e in qualche modo universale. Ti ringrazio per avermela fatta scoprire.
Un buon lavoro.
A rileggerti.
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Marino Maiorino
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Re: Il Toro Nero di Norvegia

Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

Ciao Namio, e grazie per l'apprezzamento, particolarmente di valore essendo espresso da te.
Ma tu hai il libro di Lang? E solo il Blu o anche altri?
La radice in comune a tradire e tradurre è il "trans", ma il primo si appoggia a "dicere" (e significa quindi "ingannare, nascondere con parole le proprie reali intenzioni"), il secondo a "ducere" ("condurre l'uditore o le parole attraverso la barriera della non comunicabilità"). I traduttori nell'età classica erano sempre visti come qualcosa di "magico": accompagnavano i fetiales romani nelle ambascerie verso popolazioni straniere ed erano ammantati da un'aura sacra, erano considerati quasi sacerdoti essi stessi, e in parte è a questo che si deve l'intangibilità del personale diplomatico ancora oggi! La Chiesa ha conservato molto di questa tradizione sacra, coi vari miracoli degli apostoli che, dopo aver assistito alla Pentecoste, cominciano a diffondere il Verbo di Cristo tra i Gentili. Insomma, si fa presto a dire "tradurre" :D
Quando mi hai parlato di tua zia... mi sono letteralmente squagliato! Che abbiamo perso il patrimonio della tradizione orale (ne individui correttamente l'ascendenza) è qualcosa che mi strazia! Capisco l'ansia di progresso di una società, ma buttare tutto alle ortiche per... cosa? Cos'abbiamo guadagnato in quanto persone? E cos'abbiamo perso, invece?
Hai indubbiamente ragione quando osservi che non ho rispettato il metro della ballata: volevo il testo di una canzone, ed è già stata dura così (ho lasciato fare ai versi il ritmo, nel rispetto della storia). Come osservavo più su, speravo che i versi dettassero anche la musica, ma questa volta non è andata così. Sul pubblicarla qui o come poesia, è che la mia intenzione era per l'appunto far conoscere la storia, non il componimento in rima, come "Omero" raccontava storie e il ritmo era un accidente del suo racconto, e come la Rhyme of The Ancient Mariner (accidenti, m'è venuta sete! :D ).
Ringrazio io te per i numerosi spunti, sempre preziosi!
A presto!
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Re: Il Toro Nero di Norvegia

Messaggio da leggere da Namio Intile »

Abbiamo buttato tutto alle ortiche... per cosa? Come singoli non possiamo fare molto oltre a provare ad opporci alla corrente. Da millenni l'Occidente ha imboccato la strada dell'accumulazione di valore e potere, della fine di ogni reciprocità non solo con gli altri individui ma anche con l'ambiente in cui ci moviamo, e abbiamo trasformato la nostra civiltà in una società della tecnica, dove l'autoaccrescimento dell'apparato, di ogni apparato, è l'unica ragion d'essere. L'uomo in tutto questo scompare. Basta vedere questa guerra armata dove conta solo il numero e la potenza delle armi e dei sistemi d'arma o leggere di Musk che spende 44 miliardi di dollari per comprare una singola società, che significa distribuire 44 miliardi a un ridottissimo numero di azionisti già ricchi oltre ogni immaginazione, per capire che ormai è giunta la sera.
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Marino Maiorino
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Re: Il Toro Nero di Norvegia

Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

È per questo che, col mio ciclo mitologico, sono tornato all'antico.
Quando osservo i manufatti romani (e i romani sono stati crudelmente metodici nell'applicare le conoscenze che raggiungevano) non riesco a non provare invidia per un mondo che sapeva coniugare funzione ed estetica, fine e senso, aspetto esteriore e significato. Persino un ariete per l'assedio di una città aveva una testa... d'ARIETE!
Ecco, dov'è il SENSO di quello che facciamo, delle vite che conduciamo, se non meritiamo chi le canti?
E allora Braviautori mi pare una fortezza della Resistenza, e penso, SPERO (e purtroppo "Spes ultima dea"), che finché sarò qui con gagliardi compagni a librare questa battaglia non tutto è perduto.
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Re: Il Toro Nero di Norvegia

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Una fortezza tecnologica in cui gli assediati non si conoscono tra di loro e non sanno perché, come e contro chi combattono? Una tale fortezza è il trionfo di Epimeteo. Sto rileggendo i Dialoghi di Seneca chi hanno causato un senso di profondo sgomento che la prima lettura decadi fa non mi aveva provocato: trovo già in lui profondo e vastissimo senso di smarrimento, di avvilimento, il tentativo di spiegare e metter ordine al Mondo un po' con la logica, un po' con l'etica, un po' con la filosofia, o le scienze empiriche del tempo. Gli preferisco il saggio disincantato stoicismo di Marco Aurelio a cui forse la pratica di governo e di guerra senza fine nel Limes aveva prodotto una eccezionale consapevolezza. La crasi tra il nuovo e l'antico la devi tutta a Platone. Lui demolisce l'Ordine Antico, il mondo tragico e dionisiaco e introduce la razionalità socratica. Nel Fedone e nel Gorgia trovo già le basi dell'intera ideologia oggi dominante e imperante. Le basi di ciò che è sono così antiche vaste e stratificate che solo rintracciarne le origini e individuarle come struttura narrativa del reale e non come il reale stesso è estremamente impegnativo. E anche il metodo scientifico che pare aver salvato l'umanità dall'irrazionale è il frutto finale (e forse avvelenato) di questa narrazione: il regno di Epimeteo. Ed è velleitario pensare di poter cambiare un tale millenario indirizzo con l'apporto razionale della volontà. Proprio contro il principio di volontà in primis si dovrebbe costruire.
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Re: Il Toro Nero di Norvegia

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:D
"Proprio contro il principio di volontà in primis SI DOVREBBE costruire"... Noti la contraddizione?
Al momento attuale credo che maggior danno venga dal pensiero unico. Che una forma di resistenza sia espressione di una volontà non mi preoccupa finché c'è pluralità di voci e pensieri. Ma oggi siamo tutti massificati in qualche modo, almeno in Occidente.
Ti dirò: la fortezza tecnologica come l'hai descritta tu, con gli assediati che nemmeno sanno chi sono e perché combattono è anche al riparo dal principio di volontà: se non sai perché combatti, la tua azione non è diretta da una volontà.
Ma davvero è tutta farina di Platone, la crasi tra nuovo e antico? Ci sono pagine estremamente brillanti nel Simposio che mi sembrano di tutt'altro indirizzo. Aristotele... Quello sì che mi è sempre stato "sospetto".
Sul metodo scientifico preferisco tacere: ogni volta che qualcuno (tanto del campo come non) ne parla mi prende un coccolone, tanto sull'impostazione generale quanto su elementi e teorie individuali, fino a giungere al senso stesso dei termini delle equazioni. La gente si affezione troppo a ciò che crede di aver capito e l'assurge a rango di VERITÀ, e sui dogmi non si discute.
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Re: Il Toro Nero di Norvegia

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Non è un caso se Platone ti pare nuovo ed Eraclito, di poco anteriore, vecchissimo. L'intero impianto di pensiero greco romano è platonico e quello successivo giudaico cristiano è neoplatonico. Noi pensiamo come migliaia di anni di platonismo ci permettono. Se ti va di perdere qualche minuto nella mia pagina trovi l'ultimo orizzonte. Una sorta di veloce excursus filosofico su temi a me cari da cui potrai anche evincere perché i romani costruivano l'ariete a forma di ariete e noi no.
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Re: Il Toro Nero di Norvegia

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Mi ci fiondo! Grazie!
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Re: Il Toro Nero di Norvegia

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Appena terminato di leggere!
Vorrei recensirlo, ma in questo momento sono a corto di tempo (materiale).
Più che recensirlo vorrei discuterlo: ci sono molti punti interessanti e che vorrei essere meglio chiariti.
Ma, più di tutto, vedo che prima di svelare questa chicca hai fatto con me come Morfeo in Matrix. Solo che io non sono Neo: io non scelgo tra pillola blu e pillola rossa. E soprattutto, ho un grosso "problema" col tempo (cosa che credo di aver trasmesso a mio figlio, che confonde allegramente tra ieri, una settimana e un anno fa). Il virgolettato è d'obbligo, perché quando non si è schiavi del tempo...
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Re: Il Toro Nero di Norvegia

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P.S.: nella mia lettura dell'originale dei Grimm del 1812 (e non 1820 come precedentemente scritto), sono ieri sera capitato su "Il Principe Cigno" (KHM 59) che, trascurando l'inizio della fiaba, è la stessa identica vicenda de "Il Toro Nero di Norvegia", con tanto di cristallo (in questa fiaba è il palazzo del principe a essere di cristallo), sonno del principe causato da un sonnifero, altra donna (in questo caso lui ha già sposato un'altra), e strofe cantate dalla protagonista.
Il che mi fa credere che una fiaba più antica che ha poi assorbito elementi locali era tramandata su un'area assai più vasta di Scozia e Germania.
Attenzione: la fiaba non è più presente nelle versioni successive delle fiabe dei Grimm. Il commento che ho letto è che la fiaba è stata eliminata dalla raccolta a causa del suo epilogo contro la morale cristiana (il principe riconosce il suo primo amore e ripudia la moglie).
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