Puccini e la luna

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Nunzio Campanelli
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Puccini e la luna

Messaggio da leggere da Nunzio Campanelli »

leggi documento Spiacente ma, in questo browser, la lettura a voce non funziona.

Milano, 26 aprile 1926. Teatro alla Scala, première della Turandot di Giacomo Puccini. Dirige il Maestro Arturo Toscanini. A metà del terzo atto, dopo il verso "Dormi, oblia, Liù, poesia!" il grande direttore arresta la rappresentazione. L'intera sala precipita in un silenzio tombale. Fermo in una posa statuaria, Toscanini avverte il pubblico che la rappresentazione terminava perché a quel punto il Maestro Puccini era morto. Gli applausi quella sera sembravano non avere mai fine.

Ansedonia, comune di Orbetello, Settembre 1922. Torre della tagliata. Lungo il ciglio del canale scavato nella pietra dalle mani di antichi scalpellini oltre ventidue secoli prima, passeggia solitario un uomo vestito d'un completo leggero. Si ferma per godere di un po' ombra fornita da una piccola rupe, la testa imperlata di sudore. Con un fazzoletto cerca di asciugarsi, ma subito altre gocce sostituiscono quelle appena deterse. Approfittando di un leggero rialzo vi si siede sopra, lasciando le gambe ciondolare all'interno del canale, dove la risacca spinge l'acqua marina in una vorticosa risalita fin sotto ai suoi piedi, per fermarsi alcuni istanti come preda di un'illusione d'infinito, e poi precipitare nella ridiscesa al mare.
- Maestro!
L'uomo, immerso nelle sue meditazioni, sembra non sentire la voce che lo sta chiamando.
- Maestro Puccini!
Il secondo richiamo giunge a segno. Il celebre compositore si volta verso la persona la cui insistenza sembra non volersi arrendere.
- Che c'è?
- Il signor Adami, Maestro!
- Che vuole?
- Ma... lo abbiamo chiamato noi!
- Sì, sì. Digli di aspettare.
Il domestico, soddisfatto della risposta si avvia verso la torre. Poi, come preso da un dubbio improvviso, si volta di nuovo per chiedere.
- Scusi Maestro. Aspettare... quanto?
- Ma... vi siete coalizzati? Quanto, quanto... digli che, se vuole, può raggiungermi qui.
Il servitore si allontana in direzione della villa, una vecchia torre di guardia del sedicesimo secolo rimessa a posto, dove negli ultimi tempi Puccini aveva preso ad abitare.
"Bianca al pari della giada, fredda come quella spada, è la bella Turandot!"
Quei versi gli giravano in testa da alcuni giorni, ed erano il suo cruccio, il dilemma che non riusciva a sciogliere. Come poteva rendere in pieno la metamorfosi della principessa, da algida sanguinaria a tenera innamorata. I librettisti poi non lo aiutavano certo, lui parlava, parlava, e loro sempre ad annuire, ma non capivano... quel mondo così lontano, così... cinese!
Si rimette in piedi. Il sole ha preso con decisione la via di ponente, e alta nel cielo si può distinguere una pallida luna che tenta di confondersi con un gruppo di nuvole. Il mare sembra più gonfio, e le onde entrano nel canale con fragore.
- Maestro! Maestro!
Puccini si volta verso il punto da cui proviene la voce, scorgendo un uomo che agita le braccia nel tentativo di richiamare la sua attenzione.
- Chi è?
- Maestro, sono io! Adami!
Come sorpreso da quella apparizione, Puccini segnala all'uomo di raggiungerlo. Questi si avvicina con una cartella in mano, visibilmente preoccupato per il fatto di dover percorrere quel sentiero così accidentato.
- Maestro, ho portato l'ultima stesura. Questa volta ci siamo!
- No.
- Ma... almeno le dia un'occhiata. Come fa a rifiutarla se non l'ha nemmeno letta!
- Certo, la leggerò con cura, ma ora mi ascolti. Lei sa da quanto tempo lavoro per riuscire a concludere quest'opera. Ogni ora, ogni minuto del mio tempo ormai la dedico a Turandot. Sono arrivato al punto che tutta la mia musica finora scritta non mi piace più. Perché?
- Ma... non saprei.
- Certo che no. Io stesso l'ho capito solo pochi minuti fa, guardando quella luna, quella stessa luna tante volte invocata da Turandot. Chi come lei? Forse Mimì, Manon, Tosca, Minnie, Suor Angelica? Ho cercato nel mio universo, ma una come la principessa cinese non c'è. Allora ho capito che finisce qui.
- Cosa?
- L'opera. La Turandot, no?
- Scusi, ma non la seguo.
- È finita. L'opera è finita proprio nel punto in cui mi sono fermato, dove si racconta del compianto per la morte della schiava Liù. Oltre non posso andare, lì ho raggiunto il massimo splendore. Scriverò subito una lettera a Ricordi.
Adami lo guarda sconsolato. Le sue mani stringono l'ennesima versione del finale del libretto della Turandot, e Puccini sostiene che non solo non va bene, ma che addirittura non serve più.
- Vede, Adami, Una donna come Turandot non l'avevo mai incontrata. La morte, gli enigmi, il rifiuto del matrimonio, il pensiero incessante dello stupro subito dalla sua antenata, il piacere di vedere decapitati i suoi pretendenti, la rivalità con il padre e la volontà di sfidare il popolo. Turandot è una ribelle, una donna in rivolta. Turandot è nel mito, è un mito. Turandot è Medea. E, con Medea condivide la stessa angoscia, ferocia, fragilità. E una donna come questa volete che io la rappresenti mansueta come un agnellino, come voi avete fatto nel finale? Non posso. Non esiste musica che possa farlo. Guardi la luna, Adami, ora che il sole va spegnendosi nell'imminenza della notte, guardi come dilaga la sua luce smorta. Noi possiamo solo ammirarla da lontano. Come la bella Turandot.
I due uomini s'incamminano verso la torre. Il mare sempre più grosso s'incunea nella tagliata etrusca muggendo come un toro. Nella torre Puccini una macchia di luce disegna i contorni di una porta, che pian piano si chiude.

Bruxelles, Novembre 1924. Giacomo Puccini muore di infarto, stremato da un tumore alla gola. La Turandot rimarrà incompiuta. Al musicista Franco Alfano fu commissionata dall'editore Ricordi la stesura delle ultime due scene.
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Marino Maiorino
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Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

Ti sei superato!
È difficile riuscire a comunicare il tormento di Puccini se non facendolo vivere al lettore in quegli stessi momenti.
Ed è così tristemente banale, vuota di senso, l'insistenza di Ricordi che volle far concludere la Turandot: crediamo di vedere oggi il peggio del capitalismo, ma cos'è quell'affidare un'opera d'arte a un altro se non affannarsi a cercare denaro privato della ragione stessa che lo genera? Bene fa dunque, Toscanini, quando ferma l'orchestra, e il tuo racconto chiude così il proprio ciclo: l'opera NON doveva finire diversamente, ma solo chi sia dotato di una certa sensibilità può apprezzarne il senso.
Puccini mentalmente innamorato della Turandot, ossessionato da una donna così speciale, una donna DONNA, una compagna. In un'Italia che si affacciava al fascismo, una donna capace di tener testa e far tremare gli uomini, capace di vendicarsene. L'hai ben descritta tu.
Nunzio... Mi fermo qui. Continua a creare.
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Marino Maiorino
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Re: Puccini e la luna

Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

Aspetta, BladeRUNNER: un commento è valido quando ha almeno 200 caratteri.
Altra cosa che deve rispettare, è che il suo titolo deve essere "Commento" e basta.
Il tuo commento ha come titolo "Re: Puccini e la luna" (e puoi editarlo).
Non so se raggiunge i 200 caratteri.
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Namio Intile
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Messaggio da leggere da Namio Intile »

Ne ho vista un'edizione visionaria e colorata, psichedelica, nel 2019 al Massimo di Palermo, l'anno prima della chiusura per pandemia.
Non mi ha fatto impazzire questo dover per forza reinterpretare, per forza dire qualcosa di nuovo; a dire il vero Puccini non mi fa mai luccicare gli occhi.
Quella di Turandot è una favola trasposta da un racconto persiano che somiglia un po' all'enigma della Sfinge di mitologica memoria. Il sacrificio della schiava salva i due futuri amanti in un trionfo di buoni propositi a venire e poco importa del sacrificio della povera Liù. Certo, né Khalaf né Turandot ne escono bene. La storia è semplice, una contrapposizione tra amore e morte in cui però affiora il carattere ossessivo della principessa, decisa a sfuggire alla stupro matrimoniale, e quello temerario del suo futuro marito, disposto a tutto pur di conquistarne il cuore (e il trono perso dal padre).
Anche a mio avviso l'opera termina con la morte di Liù. Il trionfo matrimoniale dei due reali viziati pargoli perde importanza difronte al sacrificio della schiava. Un sacrificio che non ha altro fine se non quello di evitare al proprio padrone un lutto, pure se da un certo punto di vista, quello religioso moralistico, quella che viene rappresentata è la redenzione attraverso il sacrificio. Pure se è il sacrificio di una povera schiava. Ma, ça va sans dire, i reali raramente pagano di tasca loro. Si sono sacrificati per interposta persona, ecco, ma si sono redenti di persona.
Con Liù termina la Turandot anche per me, ma non perché la Turandot somiglia a Medea, come l'autore ci propone nel finale messo in bocca a Puccini, ma proprio perché non le somiglia affatto. È un personaggio privo di un vero spessore tragico. Come anche Liù, d'altra parte, simile a una delle tante vergini martiri dall'iconografia colma di seni asportati e mani mozzate per un'idea, per sopravvivere a se stesse attraverso l'apocalisse del proprio corpo (reale e vivente) per la sublimazione del proprio spirito (irreale e immaginario). Una sorta di santa laica, Liù, un'eroina se vogliamo. D'altra parte la maggior parte delle opere pucciniane ha per protagoniste donne che si sacrificano per salvare un uomo: la Tosca, la Fanciulla del West, e via discorrendo.
D'altra parte, l'aria finale e più conosciuta, Nessun dorma, recita: Il mio mistero è chiuso in me, il nome mio nessun saprà. L'egoismo di Khalaf, che pensa solo all'amore di Turandot, a cui ha rilanciato la sfida mortale, passa sopra la povera Liù senza un pensiero, la donna che si sacrifica per lui senza niente in cambio.
Quindi con Liù doveva terminare l'opera e non con la fredda Turandot, penso io. Perché le opere pucciniane finiscono con la morte della protagonista o con il suo sacrificio salvifico.
La tua ricostruzione pur apprezzandola non la condivido dunque.
Ciò nonostante, il racconto è molto piacevole, con qualche imprecisione qua e là. Non è la testa, ad esempio, ad essere imperlata di sudore, ma la fronte. Bazzecole.
Ottimo lavoro, a rileggerti.
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RobertoBecattini
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Messaggio da leggere da RobertoBecattini »

Non sono un appassionato dell'Opera. Ricordo di aver visto in vita mia solo Madame Butterfly a Torre del Lago. Il figlio di Cio Cio-San, avuto col capitano Pinkerton, era interpretato da un nano. Ricordo solo questa cosa. Comunque mi è piaciuto da un lato per la scelta dell'argomento, dall'altro non mi ha coinvolto più di tanto forse perché tende a essere un po' divulgativo, didascalico. Non importa se chi legge sa poco o nulla di Puccini. Una visione più "personale" dell'uomo non avrebbe guastato. Così è un'ottima ricostruzione che ricorda un po' certe fiction Rai. Preciso "un po'", io non le guardo mai, vedo solo i trailer. Sicuramente tu le sceneggeresti meglio!
RobediKarta
Giovanni p
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Messaggio da leggere da Giovanni p »

Buona sera,

Inizio col dirti che il tuo racconto mi ha ricordato Buzzati e il suo terrore alla Scala, lo considero un complimento.
Sicuramente mi piace, non ci sono refusi e lo stile ed il ritmo mi piacciono.

Voto 4 complimenti.
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