Io sono una moltitudine

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Macrelli Piero
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Io sono una moltitudine

Messaggio da leggere da Macrelli Piero »

leggi documento Spiacente ma, in questo browser, la lettura a voce non funziona.

Premessa:
Rieccomi con una racconto sempre ambientato nella scena underground riminese dei primi anni '80.
Per la prima volta, come uno scrittore professionista, ho fatto delle ricerche sulla scena bolognese e fiorentina su cui non sapevo niente; anche la fusione con un fatto di cronaca dell'epoca è puramente un escamotage narrativo, ci mancherebbe altro!
Sono stato accusato (giustamente) di usare molto il turpiloquio, ma il linguaggio era così. Se il turpiloquio vi infastidisce non continuate la lettura.
Il titolo credevo fosse originale, ma poi ho scoperto che è una frase che Andrea Pazienza aveva messo in bocca al suo personaggio Zanardi. Probabilmente quando l'avevo letta l'avevo fatta mia; del resto il richiamo ai fumetti di Pazienza è lamoante.


IO SONO UNA MOLTITUDINE


“Ci lancerremo col paracadute
su quelle bionde in ebollizione.
Dentro al vulcano con l'areoplano.”
Gaznevada, Psicopatico Party,1983.


Nel giro di qualche decina di metri si passava dal silenzio e buio della spiaggia deserta alla confusione dell'estate che stava per esplodere. Davanti all'istituto alberghiero si attraversava e lì davanti c'era il “Disco Pub” che era già pieno di gente sul marciapiede e sulla strada. Dal locale completamente aperto arrivava la musica di “Thriller” di Michael Jackson che avrebbe sicuramente rotto i coglioni per tutta la stagione. Al mio fianco camminava piagnoccolando una turista inglese completamente ubriaca. Arrivato al tavolo dove stavano i miei amici la mandai via. Lei mi tirava per un braccio e mugugnava:
-I'm sorry. I'm sorry.
-I'm sorry, due palle- risposi io- Vaffanculo. Lo sai cosa vuole dire vaffanculo in Italiano? Vuole dire: va-a-fare-in-culo. Ecco cosa vuole dire.
Lei si allontanò e io mi misi a sedere con gli amici che sghignazzavano.
-Non ci posso credere. Mi ha scoreggiato in faccia. Cioè, tu ti impegni. Nonostante lei sia una schifezza inglese ubriaca come una fogna, tu ti impegni. Cerchi di darle un senso alla sua vacanza, alla sua vita vorrei aggiungere, la porti in spiaggia, cominci a leccarle la figa e lei ti scoreggia in faccia. Roba da non credere, tu vai per scopare e lei invece scoreggia.
-Uah, uah, uah. Ti sta bene. Così impari a non tirare su le turiste ubriache.
-Ah, ah, ah.
-Ma sono tutti così gli inglesi. Non li vedete come sono sfigati? Guardate fra i tavoli, non se ne salva uno.
-Vero, ma non vuole dire...
-Vuole dire, vuole dire. E voi volete andare a fare un giro a Londra...
-Mah. Come banda, come “Goorkies” andare a Londra... Sarebbe figo.
-Tutti vogliono andare a Londra.
-Io no. Ma non li vedete come sono sfigati?
-Non saranno tutti così, spero. Cioè, non credo che i “Joy Division” verrebbero al “Disco Pub”.
-Voglio sperare di no.
-Non buttare merda sul “Disco Pub”. Ti ricordo che come banda siamo nati qui l'anno scorso. Il nome “Goorkies” e i pantaloni a righe orizzontali giallo e arancioni li abbiamo inventati qui...
-Vero, ma io a Londra non ci vengo comunque.
La banda era nata per caso, per dare un senso allo stare insieme noi quattro ed era stata una bella idea. C'era energia. C'era molta energia. La banda era nata l'estate scorsa, ma aveva cominciato a rodare nell'inverno successivo all' “Isola Che Non C'è” nel centro storico di Rimini. Era un circolo che raccoglieva tutti gli alternativi e i persi della città e noi non sapende se metterci con gli intelettuali alternativi o i persi ci eravamo creati un nostro mondo. Avevamo cominciato a lasciare qualche traccia di noi scrivendo cose dementi sui muri della città e la cosa aveva cominciato a girare, tanto che il gruppo punk dei “Dioxina” che aveva fatto una dedica sulla copertina del loro disco. Proprio così, avevano scritto, “Dedicato ai Goorkies che scrivono con la merda sui muri”. Veramente”Merda” era una iperbole punk, ma la sostanza era quella. Insomma, erano soddisfazioni.
Come dicevo c'era molta energia, manon sapevamo come spenderla. Non sapevamo fare un cazzo di niente delle cose che facevano figo. Niente di niente. Ne suonare ne cantare. Ne fotografia ne disegnare. Un cazzo. Ma quando non sai far niente potevi sempre dire che facevi teatro. Con il teatro ti salvavi il culo. Dire faccio teatro funzionava sempre. Anche se non era vero. Bastava dire che facevi teatro ed era fatta. Proprio così.
-E poi non capisco, qui abbiamo tutto, lo “Slego”, “Radio San Marino”, l'estate. Cosa volete di più? Vaffanculo Londra.
-Dio, come sei marginale e periferico. Allarghiamoci un po'. La gente si muove, la vita è anche oltre la collina...
-Non vi ricordate della due giorni a Firenze, eh? Come dicevate? Andiamo al “Tenax”, andiamo al “Tenax”, che fa tendenza!
-Ah, ah, ah che Caporetto, meglio dimenticare.
-La Firenze underground? Doveva essere molto underground visto che la sera era tutto chiuso.
-Waterloo è stata una vera Waterloo. Due giorni di merda.
-Il “Tenax”, ci hanno suonato i “Joy Division”, i “Bauhaus”, ma andate a cagare voi e i “Bauhaus”.
-Ok, non è andata bene, può capitare. Magari, se eravano meglio informati... Dei contatti... Le cose potevano andare diversamente. E poi che cazzo volevi, volevi che i “Neon” ti venissero a prendere in stazione e ti portassero a casa per farti scopare le loro sorelle?
-Ah, ah, ah.
-I “Diaframma”. Secondo me le sorelle dei “Diaframma” sono meglio e poi “Siberia”... Gran pezzo.
-Voi non capite. Ci sono delle regole se vuoi fare tendenza, delle regole da seguire. Avete presente la canzone “Psicopatico Party” dei “Gaznevada”? Il testo spiega tutto, spiega bene come deve essere e se non è così non va bene. Ve lo devo ripetere? “Ci butteremo col paracadude, su quelle bionde in ebollizione. Con l'areoplano dentro al vulcano!” Non mi sembra difficile da capire.
-Ah, ah, ah.
-Veramente fino a ieri dicevi che la vita doveva seguire il testo di “The Rule To Survive” dei “N.O.I.A.”...
-Sciaquatevi la bocca prima di parlare! Quel testo è vangelo puro. Ho tolto il crocifisso nella mia camera e ho appeso quel disco al muro. Se credi veramente a quel testo, tutto è possibile: puoi camminare sulle acque, moltiplicare pani e pesci, resciuscitare i morti...
-Bello, veramente bello, ma rimangono sempre canzonette. Un po' come i film: belli, ma poi, alla fine, sono solo film... non so se mi spiego...
-Se per un Mod la lambretta fa la differenza tra la vita e la morte, lasciatemi con le mie illusioni, che poi non capite un cazzo.
-Ok, si è fatto tardi, è ora di andare a casa, ma prima, siamo d'accordo, abbiamo deciso, domani si va a Bologna, giusto?
-Giusto.
-Giusto.
-...
-Allora?
-Ok, andiamo.
E poi c'era Bologna. Bologna pesava come un macigno. Non troppo lontana per farne un desiderio irrangiungibile; non abbastanza lontana da non rompere i coglioni con la sua presenza. E te la trovavi sempre lì fra le palle, che bisognava andare a Bologna, che a Bologna c'era una energia della Madonna, che tutto passava di lì, che dài andiamo alla “Montagnola” a cercare abiti di tendenza. E poi tantissimi amici studiavano a Bologna e te lo facevano pesare a te che eri rimasto a Rimini. Io avevo risolto il problema dicendo che non avevo nessun amico che studiasse a Bologna che le mie origini sub-proletarie non lo permettevano e che il più acculturato del mio clan era mio nonno che ancora credeva che la terra fosse piatta. Esageravo per enfatizzare. Ma poi neanche tanto.
Su Londra e Firenze ero riuscito a metterci una gran croce sopra, ma su Bologna no. Bologna mi mandava in crisi. Mi mandava in crisi doverci andare in auto, ma anche in treno non mi era facile che poi quei viali troppo lunghi e troppo larghi e difficili da attraversare che mi davano vertigine e quei vicoli troppo stretti che mi toglievano l'aria. Cercavo di tenerlo per me, ma forse i miei amici avevano ragione di dire che ero così marginale e periferico.
Però quella volta avevamo deciso di andarci in gran spolvero in tenuta da “Goorkies” al completo, pantaloni a righe, anfibi, bretelle e basco. Una sera all'”Isola Che Non C'è” avevamo saputo che a Bologna facevano una serata in uno stabile in centro. Qualcosa di molto underground e di tendenza tipo musica, mostra d'arte, performance graffiti e video installazioni. Delle video installazionui non avevo ben chiaro l'idea, ma sembrava che funzionassero. Invece sui graffiti avevamo letto su “Frigidaire” che un tipo, un certo Keith Hering faceva dei lavori sui muri con dei bambocci e siccome anche noi scrivavamo sui muri in città, avevamo deciso di andare a vedere.


Eravamo arrivati a Bologna in treno e a piedi verso il centro già sentivamo che c'era energia in città. Ci sentivamo a nostro agio e in sintonia. Firenze era stato un pacco, un grandissimo pacco, ma Bologna non ci avrebbe delusi. Non so spiegarmi bene, ma sembrava che per strada suonasse una colonna musicale adatta alla situazione e preparata per la nostra accoglienza
Se volete capire bene, smettete di leggere e mettete su il disco dei N.O.I.A, “The Rule To Survive” e seguite il testo, se lo capite.
Io il testo della canzone me lo sono fatto dare da quello pelato e grosso dei N.O.I.A una sera che lo avevo visto al bar allo Slego e gli avevo rotto i coglioni finchè non me lo aveva scritto sul retro di un volantino.
Il testo si era rivelato, come avevamo già intuito, il compendio fondamentale e definitivo per come dovesse essere impostata la vita. Puro vangelo e verità rivelata, che vi devo dire, ma noi per assonanza avevamo da tempo cambiato la prima strofa con, “Questa volta glielo metto nelle mani, poi voglio vedere cosa fa” a seguire una serie di endecassillabi sciolti creati di volta in volta a seconda delle occasioni.
-Ehi, però questa serata è Più da “Spicopatico Party” che “Looking For Love”.
-Sì, sì, “Psicopatico Party”.
-Va bene, ma non bestemmiate il vangelo.
-Posa plastica|! Posa plastica!
-Posa plastica!
-Posa plastica!
C'era la regola che chiunque di noi potesse chiamare all'improvviso, “Posa Plastica” se c'era una ragione specifica, ma anche se non c'era nessuna ragione andava bene.
A quel punto tutto si bloccava e dovevamo congelarsi in una posa plastica che neanche i disegnatori della “Marvel” nelle tavole a tutta pagina dei fumetti riuscivano. Poi Partiva una canzoncina per l'occasione, di solito erano I Gaznevada.
-Ci lanceremo col paracadute su quelle bionde in ebollizione,
dentro al vulcano con l'aeroplano.
-Argh, argh, argh.
-Yuk,yuk, yuk.
-Arfh, arfh, arfh.
Una vera war dance.
La serata era stata organizzata in un locale fatiscente e fuori uso in via Zamboni. Sembrava molto vecchio, ma qui in centro a Bologna tutto sembra molto vecchio. Chissa cosa c'era prima.
Ecco, qui in termini che andavano di moda si potevano usare, underground, alternativo, di tendenza e forse amche postmoderno. Ma postmoderno mi mandava in crisi, non avevo mai capito che cazzo voleva dire e tutti avevano in bocca questo postmoderno, postmoderno, postmoderno. Ma Vaffanculo.
Era pieno di gente bella, gente giusta, di tendenza. La New Wave sembrava che ancora tirasse, per fortuna. Io con la New Wave mi trovavo bene. Erano tutti molto convinti e molto schizzati. Sarà stato per le università e questo D.A.M.S. Che sembra andare di moda e che non ho ben capito cosa si fa, ma qui a Bologna si spaccavano di brutto Anche a Rimini avevano cominciato a rovinarsi, ma qui di più. Molto di più.
A piano terra c'era un d.j. Che metteva musica, un bar rimediato con un allestimento figo e gente che disegnava sui muri. Graffiti, adesso si diceva graffiti. E neon, illuminazione a neon dappertutto. In una altra sala facevano delle performans. Tendenziosi e convinti, ma non a Rimini avevamo Lou e lou era un altro pianeta. Non so se mi spiego.
Al piano di sopra si alzava il livello artistico. In una stanza erano riprodotti i lavori di questo Keith Haring di cui avevamo letto anche su Frigidaire e era anche il motivo principale dell'evento. Al centro della stanza un televisore riproponeva di continuo l'intervista fatta da una tipa all'artista.
Intervista in Inglese, senza sottotitoli. Ma tu anche se capivi un cazzo dovevi guardare con atteggiamento concentrato, senza far capire che non capivi un cazzo. Ma vai a Cagare.
In una altra stanza avevano allestito diversi proiettori di diapositive a dissolvenza incrociata che proiettavano in diversi punti della stanza seguendo la musica elettronica. In una altra stanza ancora, un muro di televisori mandava in loop continuo brevi sequenze di telefim.
“Dunque questa è via Zamboni” mi ero detto “Ma pensa un po'!”.
Ero uscito dall'edificio e, sotto i portici, era pieno di gente che andava e veniva E avevo tirato fuori il pennarello per lasciare la firma del nostro passaggio a Bologna sul muro.
La tipa mi aveva dato da dire per via dei miei pantaloni a righe.
-Quei pantaloni sono veramente fighi.
-Già...
-Non ti avevo mai visto in giro, sei nuovo di qui?
-No, sono di Rimini.
-Rimini... Hai visto che dentro stasera c'è anche Tondelli?
-No, non credo di conoscerlo di faccia.
-Ok... Mi chiedevo... tu di che ti occupi, suoni, dipingi... Che fai? Io mi occupo di queste cose e cerco sempre gente nuova, nuove idee...
-Uhm... Teatro. Io faccio teatro...
-Pensavo foste un gruppo, vi ho visto dentro...Quanti siete, tre, quattro?
-Come gruppo? Sono solo Io.
-Ma se dentro ho visto altra gente con quei pantaloni.
-Sono solo io, ma mi muovo così velocemente che sembra che ci siano anche altri. Però sono solo io. Vedi, io sono una moltitudine.
Questa battuta me la tenevo in tasca da tanto tempo e aspettavo una buona occasione per tirarla fuori. E questo mi sembrava il momento giusto. Le battute buone non bisogna sprecarle e usarle troppo che poi perdono il potere. Non sono io che lo dico è una regola base della seduzione. O la sai o non la sai.
-Ah, ah, ah.- scoppiò a ridere- Che cretino.
-Guarda- dissi io – Mi muovo così velocemente...- e feci un ampio gesto con il braccio, con il dito alzato così vicino ai suoi occhi da indurla a seguirlo con lo sguardo e a girare la testa-...a sinistra, che quando tu giri la testa io sono già dietro di te.
E infatti, senza che lei se ne accorgesse, mi ero messo dietro di lei passando da destra.
Lei si girò e si mise a ridere.
La tipa mi sembrava una tipa tosta, una tendenziosa vera. Roba che, se non stavo attento si accorgeva subito che ero un cazzone. Un cazzone provinciale e periferico, come dicevano i miei amici.
Così andai subito all'incasso e le misi la lingua in bocca.
-Corri veramente forte.- disselei -Forse troppo.
Io non dissi niente e le feci il sorriso più ruffiano di cui fossi capace.
Lei riprese a deglutire e a tirare su con il naso e si accese una sigaretta.
-Vieni con me che devo passare un attimo a casa e poi torniamo. Sto qui vicino.
Ci incamminammo per strada e imboccammo un vicolo. In due minuti eravamo in casa sua, ma a questo punto i ricordi si fanno confusi e comincia la parte più difficile da raccontare.
In casa lei mi propose di farci un paio di tiri, ma io le dissi che non volevo saperne di aghi.
Lei mi disse che non era mica una tossica, che intendeva due tiri di coca. Io la coca non l'avevo mai vista, ma non volevo passare da pivello e mi dissi che se ero a Bologna dovevo fare come i bolognesi. Dopo tirato imparai perché viene da tirare su con il naso e a deglutire continuamente; le sigarette diventano buonissime e puoi bere di continuo. E così facemmo. Poi ci trasferimmo in camera di lei e lì ci siamo scatenati. Eravamo così scatenati che non ci siamo neppure spogliati e non c'è mica bisogno che vi descriva niente. Riuscite a immaginarvelo da soli, giusto?
E che poi... con il down devo essermi addormentato.
Devo aver dormito per mille anni, ma forse era passata solo un ora... non saprei dirlo.
Posso solo dire che quando mi sono svegliato non capivo un cazzo e non sapevo dove ero e, forse, neppure chi ero. Lei non c'era. Su questo ero abbastanza sicuro che avrebbe dovuto esserci una lei.
Mi alzai dal letto e andai di là. Sulla porta del disimpegno mi bloccai e e lancia un sordo grido animale. La mano aveva afferrato lo stipite della porta e stringeva così forte che sembrava che non sarei mai riuscito a staccarla. La mascella serrata, il viso in fiamme, la schiena gelata e le gambe che sembrava volessero sciogliersi.
Lei era stesa in mezzo al salotto riversa in una pozza di sangue che sembrava le fosse tutta uscita dalla bocca. Gli occhi aperti e sbarrati. Era morta. Era morta? Cazzo ne sapevo, non avevo mica mai visto uno morto amazzato.
Bloccato nella posizione volevo provarla a chiamare, ma in sottovoce come se non volessi disturbare, ma la bocca non si apriva.
Non sono stato io, non sono stato io, continuavo ad urlarmi nella mente, ma poi un pensiero mi terrorizò ulterirmente, se mai fosse possibile aumentare il terrore che provavo.
Sono stato io? Sono stato io?
Mi controllai addosso e non ero sporco di sangue. Non ero stato io!
Vi siete drogati, va bene, ma la droga non ti fa amazzare nessuno. Mica come dicono i benpensanti.
Stai calmo stai calmo, mi dicevo, ma avevo già cominciato a piangere come un pivello. Volevate sapere se mi ero messo a piangere? Certo che mi sono messo a piangere. La vita non è sempre come in un fumetto e io non ero Zanardi. Non ero Zanardi e neppure Ranxerox e quella di là non era Lubna e alla fine della storia lei non si sarebbe rialzata. Poco ma sicuro.
La porta per uscire sembrava lontana chilometri da me e il suo corpo bloccava il passaggio. Non so come ma avrei dovuto scavalcarla.
Tornai nella stanza da letto.
Lo sapevo che non dovevo venire a Bologna.
Lo sapevo che non dovevo venire a Bologna.
Mi ripetevo con rabbia.
Calma, calma. Calma e pensa.
Chi l'ha amazzata non sapeva che tu eri in casa, altrimenti...
Fuori è ancora buio.
Quando sei uscito da questa casa la tipa era ancora viva. La tipa era ancora viva. Vi siete salutati e era ancora viva. Se ti convinci che era ancora viva, ci crederanno anche gli altri se dovesse capitare.
E agli amici che dirai?
Non dirai niente.
Dirai che hai visto un brutto film.
Qualcosa inventerai.
Fuori è ancora buio e tu adesso esci e te ne vai.
Prima cosa te ne vai, mi dissi.
Te ne vai e poi ci pensiamo.
Poi ci pensiamo.



A seguire il testo di "The Rule To Survive"
che avevo chiesto una volta (mi sembra) in rete ad Alessandro Piatto.
L'uso del testo non è una appropriazione, ma un atto di amore.
First of all you need a lot of money,
then you better looking for some love.
Fix your territory, admit only your friends.
Don't run away from glory,
you have to fight to offend”
Make now all your projects,
you are young and strong,
if you do your best now,
your life will be long,
looking for love.
Ultima modifica di Macrelli Piero il 01/10/2022, 16:36, modificato 1 volta in totale.
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Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

Ciao Piero,
il tuo racconto, sarò sincero, l'ho letto e ha cominciato a fare a cazzotti con quello che sento fin dalle prime righe. Sarebbe stato però uno spaccato interessante di vita, anche ben caratterizzato, se non avesse virato verso la fine e improvvisamente nel noir spicciolo e senza senso.
Forse, l'unico senso che ci trovo è proprio il voler far provare un brivido al lettore, ma in questo caso tutta la macchinaria che metti in mostra per oltre la prima metà del racconto... a che serve?
A presto
«Amare, sia per il corpo che per l'anima, significa creare nella bellezza» - Diotima

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Mariovaldo
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Re: Io sono una moltitudine

Messaggio da leggere da Mariovaldo »

Ebbene, confesso: ho faticato molto a finire la lettura.
Non per il turpiloquio sparso a manciate, non per i tanti refusi, non per la scrittura, la quale anzi riscatta parzialmente il contenuto... e allora perchè' ho fatto fatica? Forse perchè alla mia verde eta' ricordo, con fatica ma ricordo, quando avevo i (pochi) anni che presumibilmente hai.... pochi rispetto ai miei 77 ovviamente. Una sola riga di questo testo avrebbe fatto venire le convulsioni ai miei professori, per non parlare dei miei genitori... pensa, mio padre era del 1899 e puoi credermi se dico che poco ci mancava ci dessimo del voi.
Quindi ti do volentieri un apprezzamento per lo sforzo creativo, ma proprio , colpa dei miei lontani natali, non riesco a dire che il racconto mi sia piaciuto.
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