Il segreto
Inviato: 11/01/2023, 19:10
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Mesopotamia, anno 5023 a.C.
1.
I portatori scaricarono dalle gerle il pesante materiale; le pietre si radunarono in un cumulo, vicino al forno. Atab e il suo aiutante Jushur le guardarono con un misto di reverenza e preoccupazione: i doni di Ki dovrebbero essere trattati meglio, pensò Atab fra sé, d’altra parte ora comincia la parte più difficile.
Come se avesse ascoltato i suoi pensieri, il capo villaggio Zamug si avvicinò ai due artigiani; si inginocchiò davanti al cumulo e iniziò a recitare una litania, di cui Atab non riuscì a capire neanche una parola.
Terminato il rito, Zamug fece segno ai due che potevano iniziare: gli dei erano pronti a rilasciare mth dalle pietre magiche.
Atab e l’aiutante si misero di buona lena, e in breve riempirono la pancia del forno, che era stato preventivamente acceso e mantenuto a temperatura elevata, alimentandolo con carbone di legna: come Zamug aveva spiegato loro, era quello il modo in cui Ki e Kur si congiungevano per permettere la liberazione del mth.
Un rivolo di liquido rossastro incandescente uscì infine dalla feritoia posta alla base del forno, una vista che ogni volta riempiva Atab di sorpresa e di timore reverenziale, per la potenza di quella magia.
L’unica cosa di cui Atab non si capacitava era perché la dea avesse scelto, tra tutti gli uomini, proprio Zamug.
Era sempre stato un violento, un attaccabrighe: Atab lo detestava. Solo che, da quando era stato toccato da Ishkur durante un temporale ed era sopravvissuto, Zamug si era convinto di essere un semidio, e molti nel villaggio lo assecondarono.
Quando era partito per trovare altri seguaci, Atab aveva tirato un sospiro di sollievo, sicuro che non l’avrebbe più rivisto; invece, dopo molte lune tornò, con una scorta armata ai suoi ordini; in breve, s’impossessò del villaggio e di tutto il raccolto autoproclamandosi re, e tutti dovettero prostrarsi al suo volere.
Chissà dove e come, aveva anche imparato le arti magiche dell’estrazione di mth dalle pietre: forse, dopotutto, era davvero un prediletto dagli dei, concluse Atab amaramente.
2.
Gli stampi erano pronti a raccogliere il liquido fiammeggiante: lo sguardo impaziente di Zamug seguiva ogni loro movimento, finché esclamò: - Finalmente ce l’avete fatta; ringraziate Ki del fatto che mi servite anche per altri lavori, altrimenti vi avrei già dato in sacrificio per il prossimo raccolto.
Jushur accolse la frase con una smorfia, mentre Atab lo ignorò; sapeva bene di essere utile anzi, indispensabile nel villaggio visto che era l’unico capace di costruire vasellame e, ora, anche monili e armi di mth grazie alle sue conoscenze nella costruzione dei forni e per la sua capacità di dominare il fuoco.
Le magie di Zamug lo impressionavano, ma fino a un certo punto.
Dopo una giornata di duro lavoro, tornò finalmente alla sua casa, dove lo aspettavano la moglie e i due figlioletti che lo accolsero come sempre con abbracci e risolini.
Anche Darda lo abbracciò, notando in Atab stanchezza e preoccupazione: - Non è nulla, - la rassicurò – sai che non lo sopporto, anche se ormai è il re.
La moglie annuì in silenzio e si sedette presso il focolare per ravvivare la brace sotto il paiolo; la zuppa aveva un profumo invitante e Atab finalmente sfoderò un gran sorriso.
Poi si sedette anch’egli presso il fuoco, mentre i bambini giocavano nell’altro angolo della stanza.
Come sempre, fin da piccolo ascoltando le storie dei suoi genitori, Atab era attratto dalla vista delle fiamme; poteva rimanere ore a fissarle, tanto che Darda lo prendeva spesso in giro per quello.
In quel momento, però, Atab stava pensando alle pietre magiche, più che al fuoco in sé; Zamug aveva imparato a controllare quell’enorme potere di Ki di riuscire a farle respirare, per estrarne la loro essenza più intima, ma se…
Un’idea improvvisa lo colpì, facendolo sobbalzare dal giaciglio, tanto che la moglie lo guardò spaventata: - Che ti succede?
- Niente, cara, – mentì lui – è che non vedo l’ora di mangiare.
Darda sorrise, e si tranquillizzò; ma la mente di Atab era in tumulto.
L’idea, inconcepibile fino a un attimo prima, era: e se il volere della dea non fosse necessario, per la separazione del mth?
L’uomo rabbrividì a quella prospettiva: tutto ciò in cui credeva avrebbe potuto essere falso, nient’altro che una fantasia creata da qualche uomo per sottometterne altri?
Quella notte dormì malissimo.
3.
L'indomani si stava apprestando al suo lavoro consueto, ossia la preparazione di vasellame: con l'aiuto di Jushur stava preparando l'impasto di argilla per i primi vasi, quando un gran trambusto li attirò fuori dall'officina.
Erano due uomini che lottavano fra loro, e si era già creato un semicerchio di curiosi, ai quali se ne aggiunsero presto altri.
Atab detestava quelle discussioni, ma una parola: Zamug, profferita da uno dei due, risvegliò il suo interesse, così si avvicinò.
Ben presto l’uno ebbe la meglio sull'altro, che crollò a terra con il viso sporco di sangue.
Intanto due militi erano accorsi: tirarono su il malcapitato e, mentre il primo lo teneva fermo, l'altro gli diede un'altra dose di pugni nello stomaco; poi lo trascinarono di peso in prigione.
Il vincitore della zuffa osservò la scena sorridendo, poi gli urlò dietro: - E adesso, bastardo, non parlerai più male del nostro re! - e, rivolto ai passanti: - Gli ci voleva una bella lezione, a quello.
Poi piantò gli occhi verso Atab, il quale abbassò lo sguardo: non solo Zamug si comportava come se fosse il padrone assoluto del villaggio, ma ora aveva anche una schiera di servitori pronti a riverirlo e a denunciare chiunque non fosse d'accordo!
Così quell'idea folle, nata davanti al fuoco, divenne più forte che mai, fino a ossessionarlo.
Due lune dopo, finalmente, poteva mettere in atto il suo piano; non avrebbe coinvolto il suo aiutante, era troppo pericoloso se lo avessero scoperto. Non ne parlò nemmeno con la moglie.
Aveva in precedenza nascosto alcune pietre magiche, così disponeva dell'occorrente per la prova; allontanò Jushur con un pretesto – gli occorreva altra argilla per i vasi, che sbadato che era stato a non rifornirsi a sufficienza… – e, col cuore in gola, iniziò la consueta operazione.
Stavolta, però, senza le formule magiche di Zamug.
Dopo un certo tempo, le consuete gocce di liquido rossastro uscirono dalla feritoia del forno: o Atab aveva avuto, senza saperlo né facendo alcunché, il conforto della dea, oppure le formule di Zamug erano inutili, e il re era un impostore.
Con un'espressione di trionfo uscì dall'officina; l'aiutante era già tornato: - Jushur, ti devo parlare.
- Ah, io no. - rispose il giovane, in modo enigmatico.
Atab non capì, poi però vide che un drappello di soldati si stava avvicinando minaccioso: - Jushur, che cosa hai fatto? - domandò dolorosamente.
- Ho solo denunciato un traditore. - rispose lui, lapidario.
4.
Erano faccia a faccia; ora, però, Atab non stava chinando il capo in segno di sottomissione.
Con la lancia, un soldato gli diede una botta al costato, per farlo inginocchiare.
Atab soffocò un lamento ma rimase in piedi e, con un filo di voce: - Non mi farai stare in silenzio. Sei un truffatore, e tutti devono saperlo.
Zamug gli si avvicinò fin quasi a sfiorargli il naso: - Sei sempre stato un ribelle, ma questa è l'ultima volta.
Poi, rivolgendosi ai soldati del drappello: - Rinchiudetelo. Da solo.
Atab venne trascinato con violenza e sbattuto sul pavimento della cella, una stanza piccola e buia con una finestrella munita di sbarre, senza nulla, nemmeno uno stuoino per dormire.
Era pronto a far valere ciò che aveva scoperto; il suo arresto era ormai di dominio pubblico, e lui era una figura importante del villaggio, visto che gli artigiani della ceramica e del mth erano pochi, e molto restii a tramandare la loro arte.
Atab aveva fatto un'eccezione con Jushur, anche perché i suoi figli erano ancora piccoli; era stato un grosso errore, purtroppo.
In ogni caso, anche se era il re, Zamug avrebbe dovuto processarlo pubblicamente; se non altro, per rimarcare il fatto che Atab era un miscredente e per invocare una pena esemplare.
A quel punto, Atab avrebbe testimoniato la sua scoperta e ci sarebbe stata una rivolta popolare; o almeno, era ciò che sperava.
Il giorno dopo, due soldati bussarono alla porta della casa di Atab; una donna in lacrime si affacciò.
Darda era disperata; appena saputa la notizia dell’arresto si era precipitata al palazzo reale, ma non l'avevano nemmeno fatta entrare.
- Dobbiamo darti una brutta notizia. - esordì il più anziano – Tuo marito è morto.
Darda abbassò il capo, poi in un impeto di orgoglio affermò: - lo avete ucciso, vuoi dire.
- È stato trovato morto in cella, noi non gli abbiamo fatto nulla. - affermò il più giovane.
- Non vi credo, state mentendo!
I soldati le voltarono le spalle e se ne andarono, indifferenti alle urla della donna.
Intanto, nel villaggio alcuni iniziarono a spargere la voce che l’uomo si fosse suicidato, forse in preda a sensi di colpa per avere osato sfidare gli dei e l’autorità.
Quando il corpo di Atab le fu restituito per la sepoltura, Darda e gli altri familiari notarono una profonda ferita al cuore: l’uomo era stato pugnalato, per impedirgli di parlare al processo.
Epilogo
Gli uomini scaricarono le gerle ai piedi del nuovo artigiano del villaggio; egli provvide diligentemente a sminuzzarle e poi a inserirle nel forno già caldo.
Nel frattempo, il re si avvicinò col suo drappello; si mise in testa il copricapo rituale e iniziò la nenia propiziatoria, che fu più breve del solito.
Zamug notò l’espressione perplessa di Jushur, e gli disse: - Non temere, Ki mi ha parlato in sogno e mi ha detto che la preghiera presto non sarà più necessaria.
Jushur annuì soddisfatto.