La cantautrice calva
Inviato: 22/04/2024, 9:13
1.
Non riusciva a stare ferma, era troppo nervosa. Avanti e indietro, una, due, tre volte. E poi ancora, e ancora.
- Ti dispiacerebbe rimanere là, dove c’è quel segno per terra? - fece Milton, l’aiuto regista, visibilmente infastidito.
- Okay, scusa, ci provo. - Il tipo non lo sapeva – o forse sì – ma quello era stato il sogno di Rosy fin da bambina, da quando aveva visto i talent in tv per la prima volta.
Ricordava ancora le espressioni spaurite di Omar Zanni, di Katarro, di Black Devil quando si erano presentati davanti al pubblico per la prima volta, ed erano diventati in un battibaleno delle star, acclamate e ammirate da tutti, lei compresa.
Ora sarebbe stato il suo turno? Rosy ci sperava, aveva preparato il suo pezzo con cura e meticolosità, due caratteristiche che secondo sua madre non le appartenevano. Bene, Rosy l’avrebbe fatta ricredere e finalmente la madre non l’avrebbe trattata come una buona a nulla, sempre a paragonarla con la sorella maggiore, l’avvocata.
- È il tuo turno, vai! - disse Milton, con quella vocina che la faceva tanto ridere.
Entrò sul palco con ancora il sorriso stampato, e fu subito gelata da una voce molto diversa: fredda, quasi metallica, senza il minimo accenno di empatia: - Cuor felice, il ciel t’aiuta. Qui però facciamo le cose sul serio: come ti chiami e cosa ci presenti? - Due ipsilon, al secolo Yttrio Ytterbi, badava al sodo. Del resto, non era da dieci anni il Giudice Supremo de “La Voce” per caso.
Riacquistando una maschera d’impassibilità, adeguata all’importanza dell’occasione, la ragazza rispose: - Rosy Poustolah, ho preparato una cover da una nota canzone di Mumbai.
- Bene, sentiamo. - Yttrio guardò anche gli altri giurati, per controllare che fossero pronti e non intenti a futili chiacchiere, come al solito.
Rosy chiamò a raccolta tutte le sue qualità canore e iniziò, facendo ondeggiare la sua lunga chioma corvina: - Mazzo/mazzo/mazzo, tu sei lazzo/lazzo/lazzo, con questo andazzo/andazzo/andazzo io ti spiazzo/spiazzo/spiazzo…
Al termine dell’interpretazione, in un silenzio tombale, Due ipsilon sentenziò: - La canzone Masso Lasso è una delle più famose di Mumbai, però la tua performance non mi sembra granché come originalità, inoltre il tuo timbro non è adatto, è fuori registro. Ti sei sforzata nell’elaborazione del testo, e questo noi lo apprezziamo – disse, facendo un cenno d’intesa anche agli altri giurati, che annuirono – però non è sufficiente, per me è no. Voi, come vi pronunciate?
Il giudice alla destra di Yttrio, con un’espressione triste, disse: - Mi duole, ma sono d’accordo. Ritenta la prossima volta, Rosy.
La giudice a sinistra invece, con un’espressione alquanto contrariata, sbottò in un deciso diniego: - Mi spiace, ma questa è la più brutta esibizione della serata, nonostante l’impegno. Secondo me, cara Rosy, non sei tagliata per questo mestiere.
La ragazza incassò e, a capo chino, se ne tornò mestamente dietro le quinte, mentre un’altra concorrente, abbigliata come un uovo di Pasqua, le dava il cambio, dandole un’occhiata di compatimento.
Milton l’accolse, appena prima che Rosy scoppiasse a piangere: - No, non fare così, - cercando di consolarla, - vedrai che la produzione ti darà una seconda occasione…
2.
Di nuovo in quella cameretta, che odiava. Detestava Battipaglia, la sua casa, sua madre. Ma, più di tutto, quella cameretta. Forse perché era stato lì dentro che aveva iniziato ad ascoltare musica, più tardi a comporre canzoni che suonava con la chitarra, per la contentezza dei vicini di casa, quel branco di buzzurri che amavano i neomelodici e detestavano rap e trap.
Dio, quanto avrebbe voluto andarsene di là o, in alternativa, disintegrare tutti con un raggio della morte di quelli che usavano i supereroi Marvel, come vedeva spesso nei fumetti che adorava.
- Rosaria, la cena è pronta! - la voce della madre la ricondusse alla realtà quotidiana; mangiare, dormire, cacare e lavare i piatti. Ecco il suo destino, per gli anni a venire. E, se era fortunata, un lavoro di merda e un matrimonio altrettanto di merda…
- Rosà, mangia qualcosa, non puoi continuare così. - Mamma Carmela era sinceramente preoccupata per quella figlia, secondogenita che non si era mai sentita amata come la sorella, e per questo era sempre stata una ribelle, sia alle regole che alla buona creanza, con quella musicaccia che ascoltava tutto il giorno.
- Potresti fare un corso professionale, ce ne sono tanti in giro. - la buttò lì, con noncuranza, sperando in qualcosa.
- Mà, lo sai che sono tutti a pagamento. E se sono della Regione e gratis, ci sarà una fila di raccomandati lunga un chilometro.
La madre sospirò, rassegnata; stavolta la figlia aveva ragione, e non replicò.
Il mattino seguente era una bellissima giornata, un autunno inoltrato ma con ancora sprazzi di sole estivo. La campagna era ricca di tutti i colori delle foglie caduche, e si udivano cinguettii tra i rami.
Rosy si fermò, incantata; depose la borsa della spesa e si sedette su una panchina. Ascoltò i versi degli uccelli, lo stormire delle foglie all’alito del vento, poi tutto cessò e ci fu la quiete.
Anche il rumore del traffico giungeva attutito, le auto erano lontane.
Ebbe così l’Illuminazione.
3.
Stavolta sarebbe stata la volta buona. Sapeva che ce l’avrebbe fatta, una vocina interiore continuava a ripeterlo. No, non era impazzita, era solo conscia, per la prima volta nella sua vita, che stava facendo la cosa giusta.
Aveva fatto domanda per il ripescaggio e l’avevano accettata; erano rimasti colpiti dalla sua risolutezza, inconsueta in una giovane, soprattutto dopo un fiasco così colossale come quello che tutt’Italia aveva visto in tv.
Rimaneva un’ultima cosa da fare: andò in bagno e ne riemerse mezz’ora dopo.
- Madonna dell’Incoronata! Rosaria, che cos’hai fatto? - esclamò la madre, sgomenta.
- Niente, solo un cambio di look. - ribatté Rosy, con noncuranza.
Era il suo turno. Come l’altra volta, ma con maggior consapevolezza. Milton aveva sempre quella vocina ridicola, ma Rosy rimase seria, concentrata.
Entrò sul palco, e fu accolta da un “Ooohh” di sorpresa.
Yttrio era quello di sempre, un orso polare in una notte fredda: - Vedo che hai cambiato look. Vediamo se hai cambiato anche il resto. Cosa ci proponi?
Rosy si accarezzò la testa rasata a zero, e annunciò: - Una mia creazione personale, visto che il mio nuovo nome d’arte è Cantautrice Calva.
- Ah, è una citazione dalla famosa commedia. - fece Giusy Dandolo, il giudice che la prima volta sembrava più bendisposto verso di lei.
Rosy abbozzò, non sapendo di cosa diavolo quello stesse parlando, e continuò: - La canzone s’intitola Vento Fermo.
Si mise in posa e iniziò… a stare zitta; rimase nella stessa posizione per tre minuti, e concluse con un “Oh, yeah!”.
Silenzio assoluto in sala, tutti aspettavano la reazione di Due ipsilon; Yttrio sembrava in catalessi, con gli occhi leggermente lucidi. Poi, con uno scatto, si alzò in piedi e iniziò ad applaudire calorosamente: - È… È… un miracolo, ecco. Non trovo altre parole. Brava, brava, brava!
Il pubblico proruppe in un boato, con gente che urlava, altri che si spellavano le mani, uno spettatore della prima fila cercò di salire sul palco per abbracciare Rosy ma fu subito bloccato dagli agenti della Sicurezza. Insomma, fu un trionfo.
4.
Il giorno dopo, sui giornali e nei notiziari televisivi, la pagina degli spettacoli debordò a notizia principale: “Giovane sconosciuta rivoluziona la musica”, “Ionesco incontra John Cage”, “La coscienza ecologica si fa arte” erano i titoli più a effetto.
È quasi superfluo dire che Rosy non solo vinse quell’edizione de “La Voce” ma si propose come una delle cantanti più in voga, più trendy dell’intero mondo musicale.
Memorabile la sua partecipazione al successivo Festival di Sanremo; con la sua “Pi greco” – brano della durata di tre minuti e quattordici secondi di silenzio perfetto – ebbe, per la prima volta nella storia della manifestazione, tutta la giuria a favore e una valanga di voti da whatsapp.
Ma la sua definitiva consacrazione arrivò l’anno dopo, con la vittoria del Grammy Award per il brano “Eulero”, di due minuti e settantuno secondi, che spopolò in tutte le università di oltre oceano e, da lì, nel resto del mondo.
Dalla terrazza di una palazzina dei Parioli, Rosy guardava la città eterna prostrarsi ai suoi piedi, come avevano fatto mamma Carmela per prima, poi la sorella avvocata ma con matrimonio fallito per seconda, infine una pletora di fidanzati – e fidanzate.
Cosa poteva mai volere di più?
Certo, il successo planetario non sarebbe stato duraturo; già l’ultimo album – Il Suono del Silenzio – non era andato benissimo, con quel critico stronzo che l’aveva accusata di plagio per la presunta copiatura del titolo di una canzone mai sentita. Si sa, l’invidia e la malafede sono delle brutte bestie, e quando sei in cima al mondo c’è sempre qualcuno che non vede l’ora di buttarti giù, rimuginava Rosy tra sé.
Una telefonata, tanto inaspettata quanto desiderata, esaudì i suoi desideri più segreti: - Signora Poustolah, la Segretario Le vorrebbe parlare di una proposta importante. - In linea c’era il portaborse di Duilia Arquati, nientemeno che la capessa del principale partito dell’arco costituzionale, temporaneamente all’opposizione per le solite manovre di palazzo.
- Ma certo, sono a disposizione. - rispose Rosy, grata di tanta stima, probabilmente dovuta al fatto che anche Duilia fosse una sua fan.
5.
- Carissima Rosy, possiamo darci del tu? - chiese Duilia, quasi timorosa.
- La… anzi, ti prego; di cosa si tratta? - domandò la cantautrice più famosa d’Italia.
Si trovavano nella sede del Partito della Nazione, nato dalle ceneri di tutti i gruppi superstiti della sinistra istituzionale. Duilia indossava un tailleur pantalone di Tolentino, fatto su misura: Rosy non mancò di notarlo, e si ripromise di farsene fare uno uguale.
- Ecco, come penso tu sappia la situazione politica è piuttosto complessa, e le prossime elezioni saranno un banco di prova assai arduo per noi. La destra è molto forte, e con le sue tipiche parole d’ordine come sicurezza e libertà d’impresa riesce ad attirare molti più elettori di noi.
- Sì, è un problema, ma che posso fare io?
- Ecco… Abbiamo fatto un sondaggio e abbiamo scoperto che, per mobilitare il pubblico… cioè, volevo dire, gli elettori più giovani, occorre una figura che sia super-partes e non tradizionale. Che sia percepita come includente, fantasiosa ma con i piedi ben piantati per terra, decisa ma non autoritaria. In una parola, tu.
Rosy rimase in silenzio – stavolta non su un palco; non poteva mentire a se stessa, una carriera al di fuori del mondo dello spettacolo, dopo il successo ottenuto, la tentava assai. Sulle prime nicchiò, facendo la preziosa: - Sono davvero lusingata, però non ho alcuna esperienza, e…
Duilia, con un gesto come per scacciare insetti molesti, ribatté: - Questa è l’ultima cosa di cui tu debba preoccuparti. Abbiamo decine di collaboratori in grado di istruirti su quanto è necessario.
Ciò che conta davvero è la presenza scenica, e tu ne hai da vendere. Dovrai solo fare dichiarazioni generiche di appoggio a noi, ma senza escludere un’eventuale, futura alleanza con altri.
Duilia era stata un’ottima profetessa, le elezioni erano andate benissimo, per il partito. I sondaggi due mesi prima delle elezioni erano stati catastrofici, invece i risultati videro i due maggiori partiti di destra e di sinistra pressoché appaiati. Urgeva pertanto un’alleanza, per il bene comune.
Siccome un Primo Ministro espressione o dell’uno o dell’altro avrebbe sbilanciato troppo la coalizione, un solo nome venne alla bocca di tutti: Rosy.
Come sembravano lontani i tempi de “La Voce”, il batticuore prima di salire sul palco, lo sguardo di ghiaccio di Ytterbi…
Quella ragazza non esisteva più, ora c’era una donna decisa e consapevole dei propri mezzi. I consiglieri erano stati utili, per carità, ma adesso qualche iniziativa avrebbe ben potuto prenderla in autonomia, a partire dalla conferenza stampa: nessuna domanda.
E nella calma assoluta venne accolto anche il suo discorso d’insediamento; Rosy esordì con: - Care elettrici e cari elettori, la situazione è grave ma possiamo farcela. La congiuntura economica è complessa, la guerra è alle porte e per la nostra sicurezza è necessario vaccinarsi ogni sei mesi, però per far fronte a tutte queste difficoltà il rimedio c’è, ed è affidarsi agli esperti.
- E per tutto il resto, Signora Primo Ministro? - domandò un giornalista temerario di una testata poco diffusa, sfidando le occhiate di disapprovazione.
- E il resto è silenzio. - sentenziò Rosy, accarezzandosi la nuca.
Non riusciva a stare ferma, era troppo nervosa. Avanti e indietro, una, due, tre volte. E poi ancora, e ancora.
- Ti dispiacerebbe rimanere là, dove c’è quel segno per terra? - fece Milton, l’aiuto regista, visibilmente infastidito.
- Okay, scusa, ci provo. - Il tipo non lo sapeva – o forse sì – ma quello era stato il sogno di Rosy fin da bambina, da quando aveva visto i talent in tv per la prima volta.
Ricordava ancora le espressioni spaurite di Omar Zanni, di Katarro, di Black Devil quando si erano presentati davanti al pubblico per la prima volta, ed erano diventati in un battibaleno delle star, acclamate e ammirate da tutti, lei compresa.
Ora sarebbe stato il suo turno? Rosy ci sperava, aveva preparato il suo pezzo con cura e meticolosità, due caratteristiche che secondo sua madre non le appartenevano. Bene, Rosy l’avrebbe fatta ricredere e finalmente la madre non l’avrebbe trattata come una buona a nulla, sempre a paragonarla con la sorella maggiore, l’avvocata.
- È il tuo turno, vai! - disse Milton, con quella vocina che la faceva tanto ridere.
Entrò sul palco con ancora il sorriso stampato, e fu subito gelata da una voce molto diversa: fredda, quasi metallica, senza il minimo accenno di empatia: - Cuor felice, il ciel t’aiuta. Qui però facciamo le cose sul serio: come ti chiami e cosa ci presenti? - Due ipsilon, al secolo Yttrio Ytterbi, badava al sodo. Del resto, non era da dieci anni il Giudice Supremo de “La Voce” per caso.
Riacquistando una maschera d’impassibilità, adeguata all’importanza dell’occasione, la ragazza rispose: - Rosy Poustolah, ho preparato una cover da una nota canzone di Mumbai.
- Bene, sentiamo. - Yttrio guardò anche gli altri giurati, per controllare che fossero pronti e non intenti a futili chiacchiere, come al solito.
Rosy chiamò a raccolta tutte le sue qualità canore e iniziò, facendo ondeggiare la sua lunga chioma corvina: - Mazzo/mazzo/mazzo, tu sei lazzo/lazzo/lazzo, con questo andazzo/andazzo/andazzo io ti spiazzo/spiazzo/spiazzo…
Al termine dell’interpretazione, in un silenzio tombale, Due ipsilon sentenziò: - La canzone Masso Lasso è una delle più famose di Mumbai, però la tua performance non mi sembra granché come originalità, inoltre il tuo timbro non è adatto, è fuori registro. Ti sei sforzata nell’elaborazione del testo, e questo noi lo apprezziamo – disse, facendo un cenno d’intesa anche agli altri giurati, che annuirono – però non è sufficiente, per me è no. Voi, come vi pronunciate?
Il giudice alla destra di Yttrio, con un’espressione triste, disse: - Mi duole, ma sono d’accordo. Ritenta la prossima volta, Rosy.
La giudice a sinistra invece, con un’espressione alquanto contrariata, sbottò in un deciso diniego: - Mi spiace, ma questa è la più brutta esibizione della serata, nonostante l’impegno. Secondo me, cara Rosy, non sei tagliata per questo mestiere.
La ragazza incassò e, a capo chino, se ne tornò mestamente dietro le quinte, mentre un’altra concorrente, abbigliata come un uovo di Pasqua, le dava il cambio, dandole un’occhiata di compatimento.
Milton l’accolse, appena prima che Rosy scoppiasse a piangere: - No, non fare così, - cercando di consolarla, - vedrai che la produzione ti darà una seconda occasione…
2.
Di nuovo in quella cameretta, che odiava. Detestava Battipaglia, la sua casa, sua madre. Ma, più di tutto, quella cameretta. Forse perché era stato lì dentro che aveva iniziato ad ascoltare musica, più tardi a comporre canzoni che suonava con la chitarra, per la contentezza dei vicini di casa, quel branco di buzzurri che amavano i neomelodici e detestavano rap e trap.
Dio, quanto avrebbe voluto andarsene di là o, in alternativa, disintegrare tutti con un raggio della morte di quelli che usavano i supereroi Marvel, come vedeva spesso nei fumetti che adorava.
- Rosaria, la cena è pronta! - la voce della madre la ricondusse alla realtà quotidiana; mangiare, dormire, cacare e lavare i piatti. Ecco il suo destino, per gli anni a venire. E, se era fortunata, un lavoro di merda e un matrimonio altrettanto di merda…
- Rosà, mangia qualcosa, non puoi continuare così. - Mamma Carmela era sinceramente preoccupata per quella figlia, secondogenita che non si era mai sentita amata come la sorella, e per questo era sempre stata una ribelle, sia alle regole che alla buona creanza, con quella musicaccia che ascoltava tutto il giorno.
- Potresti fare un corso professionale, ce ne sono tanti in giro. - la buttò lì, con noncuranza, sperando in qualcosa.
- Mà, lo sai che sono tutti a pagamento. E se sono della Regione e gratis, ci sarà una fila di raccomandati lunga un chilometro.
La madre sospirò, rassegnata; stavolta la figlia aveva ragione, e non replicò.
Il mattino seguente era una bellissima giornata, un autunno inoltrato ma con ancora sprazzi di sole estivo. La campagna era ricca di tutti i colori delle foglie caduche, e si udivano cinguettii tra i rami.
Rosy si fermò, incantata; depose la borsa della spesa e si sedette su una panchina. Ascoltò i versi degli uccelli, lo stormire delle foglie all’alito del vento, poi tutto cessò e ci fu la quiete.
Anche il rumore del traffico giungeva attutito, le auto erano lontane.
Ebbe così l’Illuminazione.
3.
Stavolta sarebbe stata la volta buona. Sapeva che ce l’avrebbe fatta, una vocina interiore continuava a ripeterlo. No, non era impazzita, era solo conscia, per la prima volta nella sua vita, che stava facendo la cosa giusta.
Aveva fatto domanda per il ripescaggio e l’avevano accettata; erano rimasti colpiti dalla sua risolutezza, inconsueta in una giovane, soprattutto dopo un fiasco così colossale come quello che tutt’Italia aveva visto in tv.
Rimaneva un’ultima cosa da fare: andò in bagno e ne riemerse mezz’ora dopo.
- Madonna dell’Incoronata! Rosaria, che cos’hai fatto? - esclamò la madre, sgomenta.
- Niente, solo un cambio di look. - ribatté Rosy, con noncuranza.
Era il suo turno. Come l’altra volta, ma con maggior consapevolezza. Milton aveva sempre quella vocina ridicola, ma Rosy rimase seria, concentrata.
Entrò sul palco, e fu accolta da un “Ooohh” di sorpresa.
Yttrio era quello di sempre, un orso polare in una notte fredda: - Vedo che hai cambiato look. Vediamo se hai cambiato anche il resto. Cosa ci proponi?
Rosy si accarezzò la testa rasata a zero, e annunciò: - Una mia creazione personale, visto che il mio nuovo nome d’arte è Cantautrice Calva.
- Ah, è una citazione dalla famosa commedia. - fece Giusy Dandolo, il giudice che la prima volta sembrava più bendisposto verso di lei.
Rosy abbozzò, non sapendo di cosa diavolo quello stesse parlando, e continuò: - La canzone s’intitola Vento Fermo.
Si mise in posa e iniziò… a stare zitta; rimase nella stessa posizione per tre minuti, e concluse con un “Oh, yeah!”.
Silenzio assoluto in sala, tutti aspettavano la reazione di Due ipsilon; Yttrio sembrava in catalessi, con gli occhi leggermente lucidi. Poi, con uno scatto, si alzò in piedi e iniziò ad applaudire calorosamente: - È… È… un miracolo, ecco. Non trovo altre parole. Brava, brava, brava!
Il pubblico proruppe in un boato, con gente che urlava, altri che si spellavano le mani, uno spettatore della prima fila cercò di salire sul palco per abbracciare Rosy ma fu subito bloccato dagli agenti della Sicurezza. Insomma, fu un trionfo.
4.
Il giorno dopo, sui giornali e nei notiziari televisivi, la pagina degli spettacoli debordò a notizia principale: “Giovane sconosciuta rivoluziona la musica”, “Ionesco incontra John Cage”, “La coscienza ecologica si fa arte” erano i titoli più a effetto.
È quasi superfluo dire che Rosy non solo vinse quell’edizione de “La Voce” ma si propose come una delle cantanti più in voga, più trendy dell’intero mondo musicale.
Memorabile la sua partecipazione al successivo Festival di Sanremo; con la sua “Pi greco” – brano della durata di tre minuti e quattordici secondi di silenzio perfetto – ebbe, per la prima volta nella storia della manifestazione, tutta la giuria a favore e una valanga di voti da whatsapp.
Ma la sua definitiva consacrazione arrivò l’anno dopo, con la vittoria del Grammy Award per il brano “Eulero”, di due minuti e settantuno secondi, che spopolò in tutte le università di oltre oceano e, da lì, nel resto del mondo.
Dalla terrazza di una palazzina dei Parioli, Rosy guardava la città eterna prostrarsi ai suoi piedi, come avevano fatto mamma Carmela per prima, poi la sorella avvocata ma con matrimonio fallito per seconda, infine una pletora di fidanzati – e fidanzate.
Cosa poteva mai volere di più?
Certo, il successo planetario non sarebbe stato duraturo; già l’ultimo album – Il Suono del Silenzio – non era andato benissimo, con quel critico stronzo che l’aveva accusata di plagio per la presunta copiatura del titolo di una canzone mai sentita. Si sa, l’invidia e la malafede sono delle brutte bestie, e quando sei in cima al mondo c’è sempre qualcuno che non vede l’ora di buttarti giù, rimuginava Rosy tra sé.
Una telefonata, tanto inaspettata quanto desiderata, esaudì i suoi desideri più segreti: - Signora Poustolah, la Segretario Le vorrebbe parlare di una proposta importante. - In linea c’era il portaborse di Duilia Arquati, nientemeno che la capessa del principale partito dell’arco costituzionale, temporaneamente all’opposizione per le solite manovre di palazzo.
- Ma certo, sono a disposizione. - rispose Rosy, grata di tanta stima, probabilmente dovuta al fatto che anche Duilia fosse una sua fan.
5.
- Carissima Rosy, possiamo darci del tu? - chiese Duilia, quasi timorosa.
- La… anzi, ti prego; di cosa si tratta? - domandò la cantautrice più famosa d’Italia.
Si trovavano nella sede del Partito della Nazione, nato dalle ceneri di tutti i gruppi superstiti della sinistra istituzionale. Duilia indossava un tailleur pantalone di Tolentino, fatto su misura: Rosy non mancò di notarlo, e si ripromise di farsene fare uno uguale.
- Ecco, come penso tu sappia la situazione politica è piuttosto complessa, e le prossime elezioni saranno un banco di prova assai arduo per noi. La destra è molto forte, e con le sue tipiche parole d’ordine come sicurezza e libertà d’impresa riesce ad attirare molti più elettori di noi.
- Sì, è un problema, ma che posso fare io?
- Ecco… Abbiamo fatto un sondaggio e abbiamo scoperto che, per mobilitare il pubblico… cioè, volevo dire, gli elettori più giovani, occorre una figura che sia super-partes e non tradizionale. Che sia percepita come includente, fantasiosa ma con i piedi ben piantati per terra, decisa ma non autoritaria. In una parola, tu.
Rosy rimase in silenzio – stavolta non su un palco; non poteva mentire a se stessa, una carriera al di fuori del mondo dello spettacolo, dopo il successo ottenuto, la tentava assai. Sulle prime nicchiò, facendo la preziosa: - Sono davvero lusingata, però non ho alcuna esperienza, e…
Duilia, con un gesto come per scacciare insetti molesti, ribatté: - Questa è l’ultima cosa di cui tu debba preoccuparti. Abbiamo decine di collaboratori in grado di istruirti su quanto è necessario.
Ciò che conta davvero è la presenza scenica, e tu ne hai da vendere. Dovrai solo fare dichiarazioni generiche di appoggio a noi, ma senza escludere un’eventuale, futura alleanza con altri.
Duilia era stata un’ottima profetessa, le elezioni erano andate benissimo, per il partito. I sondaggi due mesi prima delle elezioni erano stati catastrofici, invece i risultati videro i due maggiori partiti di destra e di sinistra pressoché appaiati. Urgeva pertanto un’alleanza, per il bene comune.
Siccome un Primo Ministro espressione o dell’uno o dell’altro avrebbe sbilanciato troppo la coalizione, un solo nome venne alla bocca di tutti: Rosy.
Come sembravano lontani i tempi de “La Voce”, il batticuore prima di salire sul palco, lo sguardo di ghiaccio di Ytterbi…
Quella ragazza non esisteva più, ora c’era una donna decisa e consapevole dei propri mezzi. I consiglieri erano stati utili, per carità, ma adesso qualche iniziativa avrebbe ben potuto prenderla in autonomia, a partire dalla conferenza stampa: nessuna domanda.
E nella calma assoluta venne accolto anche il suo discorso d’insediamento; Rosy esordì con: - Care elettrici e cari elettori, la situazione è grave ma possiamo farcela. La congiuntura economica è complessa, la guerra è alle porte e per la nostra sicurezza è necessario vaccinarsi ogni sei mesi, però per far fronte a tutte queste difficoltà il rimedio c’è, ed è affidarsi agli esperti.
- E per tutto il resto, Signora Primo Ministro? - domandò un giornalista temerario di una testata poco diffusa, sfidando le occhiate di disapprovazione.
- E il resto è silenzio. - sentenziò Rosy, accarezzandosi la nuca.