Improvvisamente

 

Dal sole il calore la luce della fondamenta Alle Zattere svoltai nellombra fresca e leggermente ventosa del Rio Terrà Antonio Foscarini e mi trovai improvvisamente davanti a lei, ferma proprio dietro langolo.

Paola! e avanzai veloce ad abbracciarla. Senza muoversi sembrò indietreggiare, negandosi, e le braccia mi ricaddero inerti.

- Che sorpresa! E dopo tanto che non ci sentivamo non mi hai neanche avvisata … sei venuta a salutare, dopo questi anni, i tuoi amici? - Non era un rimprovero, non voleva esserlo, mi venne spontaneo, pensavo ai mesi trascorsi senza sue notizie: trasferitasi in unaltra città, ci eravamo salutate promettendoci di scrivere, telefonare, sentirci vicine allinizio lo avevamo fatto, poi tranne due tre cartoline cessò di farsi viva e le mie lettere rimasero senza risposta, come le telefonate: una voce che non conoscevo, una colf?, mi diceva che la signorina non cera, non era in casa.

Immobile mi fissava senza vedermi, o almeno così mi sembrò; pallida, dimagrita, forse era stata malata?

- Come stai? - Nessun cenno di risposta. - E i tuoi? - Gli occhi le si animarono mostrando una profonda malinconia

Cambiai argomento: - Ti fermi qualche giorno, vieni da noi? O scappi subito, una visita affrettata? - Affollavo le domande, per smuoverla, per toglierla da quel suo estraniarsi dalla realtà. Non ricevetti risposta e pensando che fosse stanca per il viaggio o per qualche recente malattia, continuai, calma: - Vieni, facciamo due passi. -

Mi volsi per tornare alle Zattere, ma con un lieve cenno mi fece capire che, no, non voleva. Forse troppa luce, non portava i soliti occhiali scuri. Le presi una mano (come fredda!), feci pochi passi nella via ombrosa e mi seguì, un po rigida, muovendo appena i piedi come scivolasse, uno strano modo di camminare che non ricordavo, ma finalmente vedevo in lei un movimento e non dissi niente.

Il suo profilo mi appariva diverso da come lo ricordavo, naso e mento più sporgenti, mi sembrò, e la guancia non aveva la tenera curva che ricordavo. - Sei stata malata? Gravemente? - Un leggero chinar della testa. - Ora stai meglio, vero? Fra poco tutto sarà passato… - - Sì -. Aveva parlato, voce fievole, sì, ma aveva parlato!

- Vieni, andiamo a bere un caffè al nostro salito bar? - - Non posso - Dieta ferrea? Provai a invitarla a venire a casa, a fare due chiacchiere, altro cenno negativo. Il peso della conversazione gravava solo su me: quasi sorrisi, pensando alle chiacchiere infinite dun tempo.

Dopo qualche decina di metri parve rallentare il passo già lento e ritenni opportuno scostarci dal centro della strada affollata di turisti e trovare un posto tranquillo, anzi, cercare un appoggio dove Paola avrebbe potuto alleviare quella che per lei sembrava diventare una fatica. Cè un portone, in quella via, lingresso di una scuola a quellora chiusa: la diressi lì e feci in modo che si appoggiasse alla porta, mentre io le rimanevo davanti, continuando a parlare; non so perché, ma il silenzio mi faceva quasi paura.

Le diedi qualche notizia di amici comuni, ma non sembrava interessata, lei, una volta così attenta e affettuosa verso tutti! Esaurii presto, non aiutata, le mie risorse e solo allora ricordai la domanda sui suoi genitori e la malinconia apparsa sul suo volto. Volli ripeterla in forma indiretta, così da poter essere elusa, se non voleva toccare largomento:

- Come vi siete trovati, nella nuova città? - - Bene, allinizio, la città era accogliente e anche ora tutti loro starebbero bene, se… - Voce ancora appena udibile, ma era unintera frase!, mi sentii sollevata per poco, poiché mi resi conto che, malgrado i progressi fatti nella conversazione, qualcosa mi suonava strano e lievemente inquietante: ‘loro’ e quel se sospeso come su un vuoto.

- Non mi racconti niente, ti fermi qualche giorno o riparti subito? Vieni a casa nostra? - Domande fatte per rassicurare me stessa, avevo l’impressione che stesse per andarsene. Non rispose, ma mi sembrava che i suoi occhi esprimessero incertezza, forse smarrimento.

- Non parli, o parli poco e non sei chiara, c’è come una barriera fra noi. - Sorrise: - Hai ragione, come sempre! -

Il sorriso, schietto, e la frase mi riportarono ai tempi passati, alle lunghe discussioni e al suo perdersi spesso tra le nuvole, distratta da un pensiero, un’immagine improvvisa, per cui terminavo io il dialogo traendo le conclusioni e lei ritornava alla realtà dicendo: --Hai ragione, come sempre! -

- Allora dimmi, ti fermi o vuoi partire subito? E in quel caso, quando ci rivediamo? -

- Non so quando, ma certo ci rivedremo, non essere delusa, non provare dolore, anzi, c’è tanta pace, adesso, e anche per te… -

La scrutai, diceva cose strane, testa fra le nuvole, anche ora? Ma il viso sembrava quello di un tempo, né magro né stanco e gli occhi erano luminosi, in lei avvertivo una specie di gioia e, anche, una sicurezza che fino a un attimo prima non aveva, come se finalmente sapesse cosa doveva fare, senza incertezze. Il sorriso si fece più largo, il volto quasi luminoso: - Arrivederci! - Una voce forte, senza dubbi, una promessa di futuri incontri felici.

- Non così, mormorai, non così, ti accompagno alla stazione, se devi partire, o dove vuoi… -

Improvvisamente mi accorsi che stavo dirigendo le mie parole alla maniglia di una porta perché Paola non c’era più, era sparita senza un segno, una parola, un fruscio… Mi tornarono alla mente le parole che mi aveva detto: ero delusa, sì, con un accenno di rabbia impotente e un sordo dolore, senza voler capire, senza poter accettare quello che mi stava accadendo… ma un istante dopo mi accorsi di sorridere, di sentire una gran pace invadermi tutta e darmi conforto mentre tranquillamente rivolgevo ancora mute domande alla porta che mi stava davanti.