Vittoria in Due Dimensioni

Una crociera esplorativa di un nostro CantZ506 ci avvertì della presenza di un grosso convoglio inglese, scortato da numerose navi avversarie, cacciatorpediniere e una portaerei. Il ricognitore, lento e vulnerabile, era riuscito a tornare pressoché indenne nonostante il violento fuoco della contraerea e la caccia di alcuni Sea Hurricane.
 Era un'occasione ghiotta, da non sprecare. Eravamo tutti molto ansiosi ed emozionati di entrare in azione, dopo un'inattività che durava mesi. Ci sentivamo inutili, coperti di polvere quasi come le dune che ci circondavano. Quella tensione si allontanò magicamente una volta accesi i motori.
 Ci alzammo in volo in quattro, i soliti quattro gatti, con una scorta ridicola. Procedevamo in formazione compatta per permettere ai nostri caccia un'adeguata copertura. Il pilota e il copilota del mio Savoia Marchetti ridevano tra di loro raccontandosi storielle e freddure.
 "Starace ai bagni pubblici…" Disse il primo.
 "La conosco…" Rispose il secondo.
 "No aspetta, vedrai: beh scorge in un vespasiano la scritta "Starace chi legge". Se ne esce inferocito dal bagno e risponde offeso: "Starace chi scrive, invece!"
 Una risata generale chiosò il racconto.
 Io, che insieme ad altri avevo abbandonato la mia postazione alle armi laterali e mi ero unito all'allegra compagine, tirai fuori una rima in voga tra gli alpini della Pusteria durante la Guerra d'Etiopia:
 
 Si scopron le trombe, si levano i morti,
 i nostri gerarchi sono tutti risorti.
 Finché noi pugnammo fiorivan negli orti
 Ma or che la pugna diventa pugnetta
 i nostri gerarchi accorrono in fretta.
 Se spira il più lieve sussurro di vento
 chiedono e ottengono medaglia d'argento
 Persino Starace, di tutti il più stronzo,
 rimedia anche lui medaglia di bronzo.
 Vien fuori medaglia, vien fuori ch'è l'ora
 vien fuori medaglia, medaglia al valor…
 
 "Ehi, guardate un po' là". Ci interruppe il pilota.
 "Oh siur! visto che ben di dio?" Osservò il copilota.
 Sotto di noi procedeva in fila indiana una formazione assai coesa: all'esterno si trovano le navi militari di scorta, all'interno alcuni piroscafi e una petroliera. I siluri rendevano goffi e lenti gli aerei e, dopo essere stati avvistati, fummo oggetto di un violento fuoco di sbarramento. I caccia di scorta, biplani Cr 42, iniziarono a caracollare in splendide evoluzioni. Erano straordinariamente manovrabili e in un altro contesto amici e nemici ne avrebbero ammirato le eleganti volute. Ora si esibivano solo a vantaggio dei primi, mentre i secondi con accanimento cercavano di abbatterli. Uno di questi venne colpito o forse il suo motore andò in stallo. Sbandò terribilmente prima di cadere in mare con un enorme schianto. Rimanemmo in silenzio: non avevamo visto nessun paracadute aprirsi.
 "Preparatevi ragazzi." Ci disse il pilota. "Ora si va".
 La procedura era complessa: dovevamo scendere a velocità costante, evitando il fuoco della contraerea e nello stesso tempo fare in modo che i siluri si armassero.
 Attorno a noi c'erano proiettili e frammenti ovunque: era come entrare all'inferno.
 Sentimmo la debole struttura di tela del nostro aereo venire bucherellata più volte e ci furono i primi feriti, per fortuna niente di grave. Continuammo in quella lenta discesa fino alla quota di lancio prescritta, raggiunta la quale lasciammo cadere un siluro, ma l'altro rimase ostinatamente impigliato alla pancia dell'aereo.
 "Porca puttana, uno non si è staccato." Urlò il pilota.
 Ancora appesantiti da quell'ingombro, risalimmo il più velocemente possibile e fu in quel momento che imboccammo un denso banco di nubi, usciti dal quale ci accorgemmo di essere soli…
 Il giornalista sbuffò visibilmente, non era certo venuto lì per ascoltare storie di guerra e certi riferimenti al passato, di questi tempi, sarebbero stati difficilmente pubblicabili.
 "Veniamo al dunque." Esortò, infine.
 "Abbia pazienza, ci sono quasi. Lei piuttosto sta ancora registrando?"
 Il giornalista alzò un braccio indicando la luce accesa del piccolo registratore che teneva in mano.
 "Ah bene. Dove eravamo?"
 "Stavate risalendo con l'aereo…"
 "Certamente, salimmo di quota e ci accorgemmo di aver smarrito i nostri compagni: nessun Savoia all'orizzonte, nemmeno un caccia in vista, nostro o inglese…"
 
 "Dove diavolo siamo finiti?" domandai, ma nessuno sembrò conoscere la risposta. Abbassai lo sguardo e…
 … sotto di noi, al posto dell'immensa distesa azzurra, c'era una massa ribollente dal colore sanguigno e un'enorme creatura, con le braccia simili a tentacoli che si dibatteva con violenza cercando di raggiungerci.
 Lo stupore ci paralizzò e fu il pilota a interrompere quell'attimo di indecisione
 "Da dove è uscita quella… cosa?"
 Oriani aprì il portello delle mitragliatrici laterali per osservala meglio. Proprio allora l'essere rivolse il suo sguardo su di noi. Non saprei descrivere bene ciò che accadde, ma Oriani iniziò a urlare come in preda a un attacco epilettico, fintanto che cadde con un lunghissimo grido…
 
 "Lo sogno ancora, sa, quel grido. Mai avevo sentito un suono simile erompere dalla bocca di un uomo".
 "Potrebbe descrivermi meglio quella creatura?" domandò il giornalista, improvvisamente interessato.
 "Beh, posso dirle soltanto che svettava tra quel liquido rossiccio per il suo colore bluastro e che era dotato di tentacoli, nient'altro."
 
 "Non possiamo atterrare con un siluro in pancia, proviamo a liberarcene e a vendicare Oriani." Disse il pilota con ferocia.
 "Ma dove pensi di atterrare, di grazia? Per quel che ne sappiamo possiamo essere finiti all'inferno."
 Gli rispose il copilota sarcastico.
 "Se hai proposte migliori, sono pronto ad ascoltarti…"
 "Vada per l'attacco, allora. Nella peggiore delle ipotesi, San Pietro ce ne renderà merito."
 "Attenzione!" Urlai in preda al panico.
 Dalle fauci di quel mostro era uscita una specie di cometa verdastra che evitammo per un soffio.
 "Avanti allora." Disse infine il pilota.
 Ci abbassammo ancora ripetendo nuovamente la procedura di attacco e, con nostra grande gioia e meraviglia, il siluro questa volta si staccò. Mentre risalivamo nuovamente, osservammo la lunga scia bianca dell'ordigno dirigersi come una lama verso il mostro. Poi un'esplosione e un grido… un lungo e disumano grido di dolore.
 Cercammo nuovamente il riparo delle nuvole, nel timore di un nuovo attacco da parte della creatura, ma quando ne uscimmo tutto era tornato come prima e vedemmo in lontananza una grossa petroliera inglese affondare.
 
 "Ricevemmo una medaglia per quell'azione, chissà se San Pietro ne ha in serbo un'altra per noi." Concluse l'uomo, ridendo.
 Alcuni giorni dopo, il mensile "Storia e Misteri" uscì con un altisonante titolo: "1942. Vittoria in due dimensioni."

(torna alla scheda)