
Gli occhi di Farida





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E poi, il velo mette in risalto proprio gli occhi. Gli occhi sono scoperti nella donna velata, ad essere coperto è il resto del viso. Quindi non su gli occhi, ma forse sui capelli o le labbra dovevi concentrare il tuo sguardo.
Quanto alla domanda, davvero non so. La condizione della donna nell'Islam è variegata e anche qui vedo molte ragazzine che vanno a scuola col loro bell'hijab. È un segno di devozione al loro Dio, non mi pare le freni più di tanto. Attenzione a ogni furia iconoclasta.
Non so se hai mai letto Levi Strauss, l'antropologo filosofo francese di Tristi Tropici. Proprio in Tristi Tropici racconta il suo lunghissimo viaggio di studio tra gli indigeni della foresta amazzonica nella prima metà del secolo passato.
Tra le loro pratiche la rigida separazione tra l'uomo e la donna, o i crudelissimi riti di iniziazione a cui erano sottoposti i maschi nel passaggio dall'età infantile a quella adulta, dal regno delle cure femminili a quello rude maschile orientato alla guerra e alla caccia. Cioé ad uccidere. Riti di iniziazione i quali a volte provocavano la morte degli iniziati e consistevano in un percorso di torture che lasciava i propri perenni segni sul corpo dell'iniziato.
Ebbene, tribù ancora primitive quasi non ne esistono più e la loro estinzione al contatto con il mondo moderno è stato ed è inevitabile. Ma cambiare appunto le loro abitudini sia pure per inseguire ideologie libertarie o umanitarie equivale a scardinare il loro Mondo e a provocare una sorta di disancoramento dalla realtà che porta al disordine e all'annullamento di una cultura. In altre parole a un genocidio. Certo i singoli potranno sopravvivere, ma le loro comunitò non reggeranno all'urto.
Forse, e dico forse, un certo Islam si è chiuso in se stesso come queste popolazioni indigene proprio per evitare la contaminazione e il conformismo che domina il Mondo, il Mondo costruito in larga parte dai bianchi e a cui ogni altra cultura sulla Terra si è dovuta conformare. I giapponesi hanno dovuto aprirsi e arrendersi all'Occidente adattandosi pur di non scomparire come popolo. L'identica cosa hanno dovuto fare tutte le popolazioni asiatiche. Non è questo altrettanto intollerabile e terribile quanto sopportare un matrimonio combinato secondo quanto richiesto dalla tradizione?
È una battaglia comunque che quell'Islam sta già perdendo.
Ma io non riesco a sentirmi un vincitore, sono convinto che la sottommissione delle donne in ogni cultura e in ogni tempo sia il portato di una ancestrale cultura patriarcale che ha mirato innanzitutto al dominio del corpo femminile tramite una rigida separazione dei ruoli.
Che oggi in Occidente non vi sia più il controllo sul corpo della donna, con la libera possibilità di sposare e di procreare e di fare figli e di vivere la propria sessualità alla ricerca del piacere e non della semplice perpetuazione della specie (crescete e moltiplicatevi), non credo sia una gentile concessione dei poteri che fino a ieri hanno dominato il mondo. Ma un cambiamento determinato da diverse e forse più invasive e persuasive quanto occulte forme di dominio le quali non abbisognano più del rigido controllo materiale dei corpi e delle vite dei controllati. Il controllo sui corpi si esercita insomma per altre vie più sottili e sofisticate e infatti sembra caduto ogni tabù sul genere e ognuno è reputato libero di sentirsi uomo donna o ciò che vuole.
Ma la libertà di pensare in modo difforme, di immaginare una struttura orizzontale e non vertivale della società e un'economia differente sono diventati argomenti intoccabili e chi pensa diversamente in questo senso è considerato un pazzo. D'altra parte il Governo ha lasciato il suo posto alla Governance, con tutto ciò che ne consegue.
Il conformismo che in tempo generava la separazione tra uomo e donna si è cioé spostato in quegli ambiti laddove realmente oggi avviene il controllo della società e, in ultima istanza, anche del corpo della donna come dell'uomo.
Occidui, a livello di ritmo, mi sembra meglio.
Se ora per assurdo ci fosse un sistema sociale diverso e molto più culturalmente avanzato del nostro, se poi questo ci puntasse il dito contro a ragione o meno che sia, noi accetteremmo così facilmente e volentieri di essere etichettati come medioevali, perpuatori indicibili di orrore e sofferenza? A mio parere è questo il punto. Voglio solo ricordare che noi che siamo brava gente nel nostro passato bruciavamo le donne in nome di un Dio, e al contempo non ancora contenti reputavamo barbari e nemici chi non credeva allo stesso Dio. Quindi cosa ci distingueva da quelle culture che noi reputiamo ancora di questo stampo oggi? Nulla.
Noi non abbiamo nessun diritto di giudizio. Noi non possiamo imporre la nostra giustizia morale come se fosse una giustizia divina (cosa già stata fatta da ambedue le parti). Sono le stesse culture, le stesse società che se davvero lo vogliono, come nel nostro caso, possono e devono evolvere autonomamente, sia culturalmente che socialmente, solo questo è, per quanto sia oggi doloroso ai nostri occhi vedere certe immagini, un percorso giusto e naturale per l'evoluzione morale di una cultura diversa dalla nostra, ma della medesima libertà di diritto in essere e divenire (come lo fu la nostra) finché ci sarà ancora un popolo a sentirla e percepirla tale come propria; esattamente come è stata ed è oggi la nostra. Questo quindi vale a prescindere dal bene o dal male che questa cultura diversa dal nostro modo di ragionare e di vivere a noi oggi ci appaia, o di fatto ci si dimostri come tale.
Esattamente come quando ci reputiamo moralmente pacifisti soggettivamente parlando, ma come popolo poi, quindi nazione in rappresentanza di questo popolo, poi oggettivamente vendiamo e guadagnamo sulle armi, quindi sulle guerre che si vengono a creare anche e per mezzo delle nostre armi.
Lo stesso vale per la fame e la sete ancora oggi presente nel mondo.
Puntiamo cioè il dito sempre in tutte le direzioni possibili, verso tutti i colpevoli possibili, tralasciandone però sempre uno, il più importante, quello che prenderebbe o potrebbe prendere reale consapevolezza o almeno piena coscienza di un qualsiasi problema dato.
Questo vale per noi esattamente come per ogni altra cultura o società differente da noi, facciamo perciò tutti lo stesso errore, anche se su presupposti o problematiche ancora in atto differenti.
Il problema dei matrimoni combinati, con spose spesso pre-adolescenti, è da almeno 50 anni, cioè dall'affermazione del femminismo, un argomento molto sentito di critica delle società occidentali verso le nazioni più arretrate in Asia e Africa.
Curiosamente però, va a corrente alternata; ovvero, lo si critica se e quando conviene a qualcuno, altrimenti lo si ignora.
Il caso eclatante è quello dell'Afghanistan, in cui la condizione della donna ha avuto un netto miglioramento durante il governo del regime filosovietico (stop ai matrimoni combinati e all'imposizione del burka, libero accesso all'istruzione superiore). Sappiamo tutti cosa è successo dopo

Il potere è connaturato all'esperienza sociale umana, e non solo. Il potere si esercita e si amministra nelle società non Occidentali con l'uso della violenza, della forza. Il più forte o il gruppo più forte domina, detiene il potere. Il potere è perciò in queste società repressivo. La struttura repressiva è affidata a delle norme che vietano, dicono di no. Le società di cui ci lamentiamo e bolliamo come incivili non conoscono altra espressione che non sia la repressione. Dei costumi, delle libertà, dell'iniziativa privata, dell'economia. E in genere amministrano la repressione con l'uso calibrato della violenza.
Ma badate bene, in Occidente il Potere non si è estinto, ma ha assunto altre forme più sottili: ha smesso i panni repressivi per divenire coercitivo. A differenza della repressione, che costringe l'individuo con una normativa assertiva e coattiva: fai questo o fai quello, o non far questo o quello, il potere coercitivo invece obbliga proteggendo. Il potere coercitivo offre protezione da quelle possibilità che giudica svantaggiose per i fini che il potere si propone. Non dice mai no, ma dice che quelle azioni sono pericolose per chi le pratica e anche per gli altri (dove finisce la mia libertà inizia la tua è l'espressione chiave per serrare ogni argomento a contrario). Questo aspetto protettivo è richiamato appunto dalla parola coercizione, che proviene dal latino arcere (contenere trattenere) e al greco archeio (proteggo), dalla radice indoeuropea ark, da cui arca, che significa appunto contenere, proteggere dai pericoli. Il potere coercitivo è un Potere protettivo, almeno in apparenza.
Il Potere in Occidente smette così i panni logori e brutali della repressione e indossa quelli della seduzione nel garantire a tutti l'incolumità dei corpi e della salute fisica, della proprietà personale, della formazione dei saperi, e nel farlo costruisce una narrazione in cui lo Stato, il Potere, si prende cura dell'individuo e se vieta qualcosa lo fa nel suo interesse e per il suo bene (vietato fumare, assumere alcool alla guida, stupefacenti, ma però anche comportarsi correttamente, seguire regole e insegnamenti, non violare le norme che difatti si moltiplicano a livelli che altrimenti non sarebbero tollerabili). Questa fitta fittissima rete di coercizioni vengono introiettate dai singoli si dalla nascita e costruiscono la rete inestricabile di rapporti e complicità a cui tutti i cittadini sono assoggettati e da cui dipendono (il dovere di formazione, di istruzione, l'obbligo del lavoro fin quasi alla tomba). La coercizione passa attraverso i corpi come la repressione, ma passando per la via degli atteggiamenti, delle abitudini, dei saperi, delle tecniche, e non attraverso la violenza fisica e la repressione materiale.
La coercizione non è infatti raccontata dalla storia, come accade per la repressione, ma solo dalla quotidianità. La si può vedere solo se si vuole e solo se la si vive: per questo sembra non esserci, non appare, è invisibile o se è visibile non ce ne accorgiamo. Attraverso tutta questa fitta e impalpabile serie di regole di cui sono intrisi tutti i nostri rapporti quotidiani, il potere si assicura il controllo silenzioso della società. Tutto ciò non è quindi repressione, che si conclude nella riluttanza del corpo e quindi in rivoluzioni e rivolte, ma coercizione, che fa del corpo protetto e salvato il promotore di quel sistema di sicurezze in cui si esprime il potere.
La ragazza musulmana repressa potrà quindi scegliere se ribellarsi o no, se sottrarre il suo corpo al giogo del potere che la segrega in casa. Ma a noi in Occidente la strada della rivolta è stata preclusa da tempo.
E quindi chi è più libero e ha più possibilità di scegliere la vita che più piace? Noi o loro? Secondo me chi può ancora ribellarsi. Noi non possiamo più e, scusatemi, ma i vostri interventi in parte lo dimostrano.
E quindi chi è più libero e ha più possibilità di scegliere la vita che più piace? Noi o loro? Secondo me chi può ancora ribellarsi. Noi non possiamo più e, scusatemi, ma i vostri interventi in parte lo dimostrano."
Detto così è facile rispondere: la ragazza mussulmana rischia la vita; noi abbiamo altre strade che possono funzionare compreso quello di cambiare la società attraverso il voto!
Mi scappa da ridere…
Io mi chiedo: il femminismo ha delle barriere culturali da tollerare o i suoi valori sono universali? Una donna succube dei valori del corano non ha diritto a rivendicare la stessa emancipazione di chi grida contro il patriarcato occidentale?
Le nostre colpe del passato e i difetti della nostra società sono un motivo sufficiente per avere un atteggiamento naif verso culture repressive?
Il tentativo di una società senza classi e senza ingerenze religiose non fu forse imposto da rivoluzioni filo-marxiste senza aspettare che la natura facesse il suo corso?
Quindi la prima cosa è prenderne una globale e vera coscienza. Ammettere che è il sistema stesso quindi noi tutti al suo interno, che volenti o meno indotti da esso, ci siamo in realtà solo messi in gioco per mantenere e anzi favorire con le nostri inutili e futili richieste di mercato, questo malato equilibrio di potere solo a nostro stretto vantaggio o esserne comunque noi stessi complici, quando poi moralmente e pubblicamente invece lo critichiamo a gran voce.
Una volta arrivata e stimata questa coscienza vedremo poi quanto valore reale attribuiamo a questa ritrovata consapevolezza, di quanto in base a questa, saremo poi realmente disposti a rinunciare su quello che ci tocca davvero nel nostro quotidiano, su quello che abbiamo e sprechiamo, arrivando, se sapremo o lo reputeremo giusto, addirittura a rallentare anche il progresso stesso se fosse questa una reale risposta data, almeno per mitigare anche solo in minima parte il problema, ma non certo con i dieci o venti euro mensili dei singoli, o atti di finta
e mera meschina generosità da parte dei grandi gruppi che hanno lo stesso valore rapportato per loro dei pochi spicci che lascia o può lasciare il singolo. Nemmeno le Onlus, tutte le associazioni no profit per quanto si adoperino a fin di bene non ammettono o rendono pubblico il reale problema, anche loro non arriveranno mai quindi ad un reale punto di svolta senza una coscienza collettiva.
Fatto questo allora finalmente vedremo quali poi sarebbero invece i fatti reali e il valore materiale che verrà poi attribuito a questi, il reale costo e sacrificio, il nostro questa volta, ma collettivo, quindi personale di ognuno di noi, senza più nasconderci solo dietro alle belle parole o ai venti euro di sbandierata o meno beneficenza lasciati a prova del nostro vicino come reale impegno alla causa.
E adesso io mi chiedo sarebbe davvero possibile secondo voi questo? Vorrei una reale risposta non una speranza, voi sinceramente abbassereste domani stesso il vostro reale tenore di vita, qualunque esso sia in favore di e per altri completamente fuori dalla vostra vita? Lo avete mai realmente fatto o ci avete anche solo mai realmente pensato? Significherebbe abbassare anche quello dei vostri figli. Questo si che ambierebbe le cose, non un senso di sdegno, ma la coscienza di essere noi tutti il problema e il sacrificio di tutto ciò che non ci sia realmente essenziale, perché altrimenti chi è al comando continuerà sempre ad esercitarlo sotto nascoste maschere di progresso, indipendenza e libertà, solo per arricchirsi e soggiogare tutti puntando su inutili bisogni tramite la tecnica adotta e applicata in ogni aspetto della nostra vita anche nei più essenziali (come il cibo, ci commuoviamo facile quando vediamo i bambini in Africa, poi però se andiamo al supermercato pretendiamo la più vasta gamma di scelta possibile su ogni prodotto per soddisfare appieno ogni nostro personale gusto, alla faccia di chi non ha niente da scegliere), dal sistema stesso, menti deboli e fragili da soggiogare quindi ai loro verbi preferiti, consumare, quindi produrre per poi buttare, e di nuovo consumare.
Tutto questo voler cambiare lo status Quo è UTOPIA. Non ne siamo capaci strutturalmente come specie in toto per come siamo stati evoluzionisticamente posti alla vita e al mantenimento di essa, avendo piena coscienza del/sul nostro corpo, sarà sempre verso di questo che guarderemo, giustamente, ma anche inesorabilmente, dato che anche chi si trova in queste determinate e disagiate/disgraziate condizioni per sopravvivere adotta poi lo stesso metodo
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