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Descrizione: da definire...
Incipit: Opera corale di kusari renga, forma di poesia giapponese, con kigo estivo. Autori: FraFree, Eleonora2, Macrelli Piero, Namio Intile, Gabriele Pecci.
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Eleonora, Namio, Piero, Gabriele, grazie per questo cammino bello e interessante! Con la promessa di farne altri assieme, mi complimento schiettamente con voi e anche con me!
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In più Francesca è anche riuscita, con gentilezza pazienza e umiltà, a introdurre con passione il variegato mondo degli haiku, costruiti sulla stagionalità e la contrapposizione di senso tra versi offrendoci le giuste dritte lungo il cammino senza mai arroganza.
E dunque brava. Non ti nascondo adesso che mi sono avvicinato all'inizio invogliato più dai tuoi modi che dall'arte in sé ma finendo poi per scoprire e svegliare l'interesse per l'haiku: da quello che ho potuto comprendere, leggiucchiando qua e là oltre alle fondamentali istruzioni della Maestra, l'haiku ha una dimensione intimista ma non solo. Dalle considerazioni sullo stato della nostra misera individualità si lancia verso riflessioni di più ampio respiro e di ben altro tenore, sebbene sia nata in Giappone come poesia popolare (ma forse proprio per questo). Qualità che forse è mancata alle opere fin qui lette.
Magari, Francesca, potresti scrivere qualcosa sull'argomento e indirizzarci come hai fatto finora.
Dal punto di vista formale ritengo che la quantità e la distribuzione delle sillabe nei versi, che in giapponese sono more e non sillabe, possa essere piegata all'italiano, che ha una struttura fonetica diversa. Nel senso che dato che le more possono includere anche più sillabe di quelle prese come base (5/7/5) forse si potrebbe osare qualcosa in più anche in italiano. Dopotutto le regole son fatte per essere infrante (e qui sono molto siciliano) o seguite in modo diverso.
Mi scuso infine per aver ceduto al siciliano nel finale, fatto che mi ha un po' isolato. Ma questo è un mio limite, di considerare vera la poesia solo se composta nella lingua familiare e materna, quella in cui si è cresciuti. Se ci riesco leggo sempre nella lingua in cui la poesia è stata scritta, pure se aiutato dalla traduzione, perché la musicalità e spesso il senso nella traduzione si perde. E mi spiace che col giapponese la lettura originale mi sia comunque preclusa, perché so di perdere la gran parte di quanto scritto.
Vedo bene la continuazione delle altre stagioni e la formazione di una sorta di antologia, quanto meno per ripagare con un pegno che rimane gli sforzi del nostro buon mentore.
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Riguardo allo spaziare, andare anche oltre le regole, sono d'accordo, ma a tempo debito. Esistono pure gli haiku moderni - i gendai haiku - una sorta di compromesso tra cultura orientale e cultura occidentale, nei quali è possibile andare oltre i paletti, sia nella forma, sia nel contenuto. Si possono trattare argomenti, non solo intimisti, ma della vita a 360 gradi, sotto tutti gli aspetti: sociale, sentimentale, ironico, eccetera.
Io, però, ho preferito trattare la forma pura. Per il mio modo di vedere, quando ci si approccia a generi nuovi, meglio iniziare con le regole canoniche, attingendo al profilo originale. Una volta acquisiti i parametri fondamentali e classici, la sperimentazione viene naturale e pure la necessità di infrangere le regole. Al prossimo kusari, ci allargheremo!
Namio, per le strofe in siciliano, non ti devi scusare, danno un valore aggiunto all'opera! Il dialetto si sposa bene con gli haiku, secondo me. Chissà, magari anche i giapponesi usano qualche parlata locale
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Molto bene, bravi bravissimi!
Non so perché, non so percome, ma sento nell'aria un nonsocché di raccolta in ebook
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Buon lavoro!
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Bellissima esperienza.
Piero Macrelli
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Sono un'individualista. Dallo stare con gli altri mi è venuto molto. Come già detto da Gabriele, ognuno secondo le proprie caratteristiche, ha dato il proprio contributo, e non è poco.
Ho imparato ad attendere le idee, mi sono piaciute e ho agito di conseguenza. Ripeterò l'esperienza. Ciao e grazie a tutti.
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