Di Angela Di Salvo: Capita a molti di innamorarsi di se stessi in un desiderio narcisistico di auto-affermazione. Ma quando questo amore per se stessi si pone artificiosamente come una sovrastruttura, capita di non riconoscersi. Come se l'essenza fosse altro dall'apparenza che è diventata così emergente da allontanarsi dalla parte più profonda dell'anima. E così l'io si sdoppia, si dissocia, smarrisce il senso di identità, anche se esiste una continua ricerca di armonia e di fusione. Ma tanta è la forza di volontà che alla fine tutto si ricompone in un delirio di onnipotenza, nella nascita di un superuomo che tutto può e tutto possiede, nelle risposte ai misteri e al senso della vita e del tempo e nell'ascesa metafisica verso quella dimensione di divinità che viola i confini limitati degli esseri umani "comuni" e inconsapevoli. Il "viaggio arriva" persino a cogliere l'infinito e a conoscere la felicità, fino a non avere più nulla da cercare perchè si "ha e si è tutto". Però non è più possibile vivere assieme agli altri uomini così diversi e allora la vita si trascina nel tempo e nella tristezza che nasce dal contatto con la mediocrità.
L'attenzione del poeta poi passa alla natura che viene inquinata dal progresso e alla terra che si ammala senza scampo. Non resta che fuggire in un suicidio (reale o immaginato che sia) e allontanarsi da questo mondo "indegno", perchè il progresso non si può fermare nè si possono cancellare tanti uomini "stupidi" che continuano a perpetrare la loro insensatezza. L'elaborato ha di certo molti aspetti interessanti, ma lo trovo alquanto "pesante" e troppo "argomentativo" per potersi definire un testo poetico che esige leggerezza, ambiguità e suggestività.