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Thu 18 April, 22:27:34
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Recensione o commento a: Bionica 10. Atlante - (Disegno Altro) - di Paolo Maccallini:

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Le altre recensioni o commenti
Di Paolo Maccallini: Ciao Francesco. Sei davvero molto gentile, per il commento; e anche per aver pensato a me come disegnatore di una tua graphic novel. Adesso che ci penso, sono cira tre anni che non disegno più, e in effetti è un peccato. Grazie.
Di Francesco Zanni Bertelli: Seguo da molto tempo il tuo lavoro e questo in particolare conferma le tue capacità. Da amante e studioso del mito classico ho apprezzato questa rivisitazione. In tempi non sospetti ebbi modo di confidare a qualcuno che non mi sarebbe dispiaciuto affidarti la sceneggiatura di una mia possibile graphic novel. Ma i sogni a volte risultano belli anche quando rimangono tali. Ancora complimenti
Di Massimo Baglione: Fai benissimo, invece. Anzi, ti ricordo quello che ti dissi in merito, circa la possibilità di farne una tua personale antologia.
Di Paolo Maccallini: Mi sono dato all'esegesi delle mie opere. Me la canto e me la suono, come si dice. E' il destino penoso del sedicente artista.
Di Paolo Maccallini: Eppure la rappresentazione della vita come artificale, come congegno, se da un lato esprime senz'altro una aspirazione alla durata e alla resistenza (perché il metallo è meno vulnerabile del tessuto biologico); dall'altro costituisce anche una palese allusione all'incombenza dell'avaria. Le nostre auto si rompono continuamente, e anche i comupter non sono immuni a disordini di vario tipo.

In particolare credo che nei miei robot siano i cavi l'elemento che richiama la vulnerabilità: perchè il cavo può essere staccato o tagliato. E in fondo la vita è sempre stata paragonata a un filo, metafora potentissima che si ritrova nei modi di dire, oltre che nel mito classico.
Di Paolo Maccallini: Questo robot costituisce un tentativo di reinterpretare in chiave geometrica l'anatomia umana, proiettando la realtà corruttibile della carne in una dimensione eterna, attraverso l'uso abbondante della sfera, e del cerchio, sua sezione.

Il cerchio appartiene al mondo astratto e perfetto della geometria, eppure è la base della prima e più duratura innovazione tecnologica della nostra storia, la ruota. La sfera è un solido a cavallo fra la finitezza del suo raggio, e l'infinito del pi greco (costante necessaria a definirne superficie e volume) il quale, poiché numero irrazionale, non può essere scritto attraverso un numero finito di cifre decimali.

Allo stesso modo gli esseri umani sono divisi tra la deperibilità del proprio corpo e la convinzione di avere in sé un nucleo pulito ed eterno.

E in fondo la magnifica statuaria classica ha sempre rappresentato un'umanità perfetta ed eterna, che esiste solo nei sogni degli uomini. Gli androidi che giganteggiano in alcuni miei disegni allora non sono altro che un tentativo di inserirmi in quel filone, di aggiungere un'altra voce a quel coro di uomini che ha voluto rappresentare una popolazione di giganti che incarna l'anelito umanissimo di trascendere la miseria del corpo e della mente che invecchiano e si ammalano.

I robot, in quest'ottica, si accostano agli dèi pagani e, senza voler essere blasfemo, ai santi. In ultima analisi la levigatezza delle superfici metalliche e la perfezione della geometria vogliono esprimere la convinzione, forse l'illusione, che noi siamo qualcosa di più di un sacco di visceri, che esista qualcosa di pulito e incorruttibile, un nucleo che sopravviva anche alle più oscene malattie; un cuore che non sia di carne, di cellule che si rompono e impazziscono.
Di Jormungaard: Disegno notevole, non c'è che dire.
Quasi quasi preferisco il primo schizzo.
Di Paolo Maccallini: In realtà quegli oggetti che si trovano sulle spalle volevano essere i giunti dei deltoidi, diciamo così. Cioè intorno a quei perni avviene una delle tre rotazioni all'altezza della testa degli omeri. Comunque in effetti non è molto chiaro; non è chiara neanche a me esattamente la forma di quelle spalle.

Questo robot rappresenta la forza di sopportazione, e la voglia di sollevare e scuotersi di dosso un pesante fardello, rappresentato dai giudizi altrui, veri o presunti, che a volte ci condizionano, e ci incatenano.
Di Massimo Baglione: Semplicemente straordinario!
A cosa starà pensando quel robot?
Sulla sua schiena, dietro le spalle, hai disegnato un qualcosa che si intravvede appena, cos'è? Una specie di connettore?
Di Paolo Maccallini: Ho inserito il lavoro completo!
Di Paolo Maccallini: Ho caricato la bozza preparatoria del mio ultimo disegno. Carcherò via via le varie fasi dell'opera.
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Dedicato a tutti coloro che hanno scoperto di avere un cervello,
che hanno capito che non serve solo a riempire il cranio e che
patiscono quell'arrogante formicolio che dalle loro budella
striscia implacabile fino a detonare dalle loro mani.

A voi, astanti ed esteti dell'arte.

(Sam L. Basie)




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