Di Simone Pelatti: Bel racconto, semplice ma geniale. Senza ricorerre a espedienti quali il cambiamento di scena o l'introduzione di nuovi personaggi, è lo stesso filo della storia che tiene il lettore chinato sul racconto, con ansia di leggere cosa accadrà nelle righe successive. Trovato nella categoria "fantascienza", questo racconto non ha in realtà molto a che fare col genere, se non per l'ambientazione nel prossimo futuro e la presenza della macchina verità, che ha un ruolo importante ma non determinante per la storia. Mi è sembrato essere invece uno splendido esempio di noir, in cui non ci sono personaggi buoni o cattivi, ma ogni individuo è presentato dalla sua complessità di luci e ombre: in particolare, lo scienziato, ideatore della macchina della verità "perfezionata", e il detective protagonista, sono entrambi presentati inizialmente come individui che ricoprono un ruolo benefico per la società, ma poi vengono svelate (o lasciate intuire) le loro macchie. Dalla parte centrale fin quasi alla fine lo spazio è tutto del racconto del detective riguardo a come abbia commesso un crimine per il quale egli sia rimasto impunito, ma proprio questo gesto efferato è riuscito a farlo ritornare sulla buona strada e riprendere in mano le redini di una vita allo sbaraglio e come, di fatto, lui sia più bene che male, tanto che il suo collega non se la sente di denunciarlo per il crimine che gli ha appena confessato. La chiave del racconto è forse, come in genere nei noir, proprio questa: non esistono individui senza macchia e la società è costretta a scendere a compromessi, chiudendo un occhio per non perdere compromettere la disponibilità di qualcuno che svolge con passione un ruolo importante, controbilanciando con questo i propri aspetti negativi o qualche errore del passato.