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Recensione o commento a: Le case di Rachele - (Racconto Narrativa, Lungo) - di Ivana Piazza:

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Le altre recensioni o commenti
Di Stefano Stadiotti: Buonasera, ho letto il racconto, ma debbo dire che non mi ha entusiasmato più di tanto. Certo, la storia non è male, però manca di quella magia che possa colpire veramente chi lo legge. Anzi, a dirla tutta, mi sono piaciuti di più i commenti di Arcangelo Galante e di Alberto Tivoli. I complimenti perciò vanno equamente divisi, ad entrambi. Un saluto.
Di Arcangelo Galante: Una narrazione che racchiude in sé tante storie e, tutte, con un unico comune denominatore: Rachele, i suoi avi e le sue case, ancora oggi testimoni di un passato, fatto di nobiltà e gente semplice. "Le case di Rachele", spaziano nel tempo, in una storia che potremmo definire generazionale, un albero genealogico descritto con cura e meticolosità da parte dell'autrice. Il periodo temporale, ben evidenziato nel corso della lettura, abbraccia circa due secoli, con riferimenti precisi alle epoche descritte. La figura di Rachele, rimasta precocemente vedova, durante la gravidanza, è centrale oltre a essere il filo conduttore dell'intera narrazione: una donna d'altri tempi, che, forte delle proprie sofferenze, ha saputo affrontare la vita con coraggio e grande umiltà, testimone di assennatezza e grande saggezza. Non voglio dilungarmi oltre, se non per confermare che la lettura è davvero gradevole e scorre molto bene, nonostante la giusta lunghezza del racconto. Suggerirei di dividere il tutto in brevi capitoli, con qualche "a capo" in più, in modo da facilitare chi legge, con qualche piccola pausa, ma questa, ovviamente è una scelta che demando alla scrittrice.
Di Ivana Piazza: Egregio signore, nel leggere la sua attenta ed arguta recensione, posso sì confermare che i tanti personaggi che ruotano intorno alla figura di Rachele possono a volte, come dice lei "ubriacare" il lettore, ma la storia è questa e li dovevo per forza mettere tutti, anche i minori. Come ha intuito è una storia vera e molto mi è costato mettere assieme i tanti pezzi di questo puzzle che da subito mi ha affascinato e coinvolto. È la mia prima opera di questo respiro perchè in genere scrivo poesie e racconti brevi che possano far giungere in tempi rapidi le emozioni che voglio condividere.
Di Alberto Tivoli: Sin dalla descrizione della novella "Le case di Rachele" (credo che la si possa definire così, a cavallo tra un racconto lungo e un romanzo breve) ho avuto l'impressione di trovarmi di fronte a una storia generazionale, e infatti la prefazione me lo ha confermato. La storia, anzi le storie come preannunciato dall'autrice Ivana, abbracciano un periodo di tempo che va dagli inizi del 1700 alla metà del 1900 (compreso un riferimento al '300) e vengono presentate secondo un'esposizione temporale non lineare (che personalmente apprezzo in storie di questo tipo). I riferimenti storici che fanno da sfondo alle vicende sono accurati ed efficaci nel rendere e richiamare la dimensione sociale e politica dei tempi. Però ho trovato le vicende difficili da seguire in quanto le storie dei numerosi (forse troppi) personaggi, da quelli principali e più significativi a quelli minori o solo accennati, vengono riportate quasi a formare un elenco genealogico di voci di una enciclopedia storica. In questo mare di dettagli e persone, quasi si perde la messa a fuoco sulla figura principale di Rachele, centro e filo conduttore della storia. La novella di Ivana contiene tante cose belle e interessanti, e si intuisce un amore per le vicende dovuto, come specificato dall'autrice, a un coinvolgimento personale; ma si colloca a metà tra la necessità dovuta alla passione di voler dire e trasmettere tutto, tanto da ubriacare il lettore, e, credo, tra l'azione frenante di un sentimento di pudore e umiltà nel non tentare un progetto più ambizioso in cui far vivere ai diversi personaggi (magari un sottoinsieme selezionato) le loro storie all'interno di uno spazio narrativo più ampio per ognuno.






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Dedicato a tutti coloro che hanno scoperto di avere un cervello,
che hanno capito che non serve solo a riempire il cranio e che
patiscono quell'arrogante formicolio che dalle loro budella
striscia implacabile fino a detonare dalle loro mani.

A voi, astanti ed esteti dell'arte.

(Sam L. Basie)




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