Di Flavio Capelli: Come sfogo è comprensibile (ed io mi trovo in una situazione non molto diversa), ma come narrativa non funziona molto bene. È un muro di testo carico di frustrazione, negatività e pure luoghi comuni - giustificato, lo capisco - molto faticoso da arrivarci alla fine.

Di Ida Dainese: Questo racconto-sfogo mi ha colpito per le ingiustizie che denuncia ma anche per il dolore di un uomo che non vede un futuro per sé e la propria famiglia. Dietro ogni parola si avvertono la fatica, l’impegno, la delusione e la ribellione per una realtà che ti mette i bastoni fra le ruote invece di appoggiarti, di premiare i tuoi sforzi, la tua intelligenza e i modi in cui l’hai sviluppata. Capisco bene come possa arrivare la resa a un certo punto e si lasci questo Paese. Il cuore resterà qui, certo, ma si deve pur vivere.
Condivido il bel pensiero che ha espresso Sartisa qui sotto per tua figlia: un giorno, ma non oggi.

Di Isabella Galeotti: Uno sfogo, anche la scrittura può aiutare in un momento così delicato, come la ricerca di un'occupazione. Scrivo appositamente occupazione, perchè anche se uno ha la tua esperienza a volte per arrivare a fine mese rischia di accontentarsi di essere sottopagato e di fare due lavori. Naturalmente i due lavori in nero. Con un solo stipendio è molto difficile in Italia sopravvivere. Ora dal tuo scritto non si capisce se tu sei ancora fuori, oppure sei in questo vortice italiano, dove chiacchierano e basta. Se invece sei all'estero, ti suggerisco di rimanerci. Certo la nostra magnifica Italia è sempre nei nostri cuori, ma
in questo momento è proprio messa maluccio. Quindi in qualsiasi parte del
mondo tu sia, restaci, perchè con l'istruzione e l'esperienza che hai
un posto di lavoro lo trovi molto più facilmente che non qui da noi.
E alla tua bimba, promettile che un giorno la porterai a vedere dove è nato papà, ma un GIORNO, che non è oggi.
Si legge bene, lo sgomento è insito in ogni parola.