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Recensione o commento a: Un grande "scrittore"? - (Racconto Narrativa, Breve) - di Andrea Menegon:

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Di Arcangelo Galante: Una miscela di fantasia e realtà, adoperata dall'autore, per far riflettere sull'argomento intavolato nella narrazione. Dal tono satirico, la storia risulta essere una derisione bonaria verso tutti coloro che, in qualunque campo si cimentino, si ritengono dei veri e propri fenomeni del loro impiego o passione, senza accorgersi di avere smarrito la verità persa, in quanto mancanti di obiettività, concretezza, e, aggiungerei, persino, di un pizzico di modestia personale. La capacità di rimanere con i piedi per terra, forse, non a tutti è data, e a tale proposito, in mente mi viene la citazione di Karl Popper, la quale, recitava: "Forse sarebbe bene se tutti noi ricordassimo che, mentre differiamo per le poche, piccole cose che sappiamo, di fronte alla nostra infinita ignoranza siamo tutti uguali". Un cordiale saluto, gentile Andrea.
Di Andrea Menegon: Grazie per i consigli che cercherò di seguire. Come ho già detto, il racconto è un mix di fatti reali e di vicende inventate. Frutto di fantasia sono la convinzione di essere un vero scrittore, di offuscare la fame di veri scrittori, la presentazione del racconto e la successiva disillusione. Ho iniziato a scrivere racconti sapendo di essere uno "scrittore MOLTO dilettante" e con l'unico intento di cercare di divertire quei pochi lettori che hanno la bontà di leggere le mie "opere".

Di Julian Leone: Se quel "grande scrittore" eri tu, Andrea, devo dire che sei stato in gamba ad innestare situazioni comiche su un fatto reale, e il tenore autoironico e' comunque da apprezzare in una vicenda che ha sicoramente lasciato molto amaro in bocca. Un po' rivedo me stesso in questo racconto, anche se non sono mai arrivato a voler non dico surclassare, ma neanche eguagliare Stephen King. Tanta lettura (a Stephen King e a Ken Follet io preferisco, e di gran lunga, Pirandello, Moravia, Cechov e Kafka) e tanta autocritica, questa e' la via per migliorarsi. Avere il coraggio di ammettere a se' stessi di aver scritto una porcata. E non offendersi se qualcuno ti dice, ad esempio, che quando hai scritto una battuta efficace come "di Elio vedevo solo la schiena" non bisogna rovinarla con specificazioni di alcun tipo: va bene cosi' stop. Evita piu' che puoi le specificazioni, il lettore deve poter partecipare attivamente, con la sua intelligenza e la sua fantasia. Mai scrivere tra parentesi "questo il suo nome", fa troppo dilettantesco. E poi, l'idea di far parlare gli anziani nel loro idioma natio conferisce autenticita' al racconto, ma e' sufficiente una battuta: un lettore potrebbe trovar noioso e' fastidiodo cio' che sembra una lezione di dialetto romagnolo. Tutto questo scritto con lo spirito cameratesco di uno scrittore disilluso come te, senza intenzioni offensive. Perche' il tuo racconto e' nel complesso scorrevole e divertente.
Di Andrea Menegon: Grazie, Ida e Alberto, per l'apprezzamento. Il racconto, che mischia realtà e fantasia, è una bonaria presa in giro di tutti coloro che, qualunque sia il campo nel quale si cimentano, si ritengono dei veri e propri "fenomeni". Non è data a tutti la capacità di rimanere con i piedi per terra.

Di Ida Dainese: Vero, in questo divertente racconto assegnerò un'ulteriore mazzata all'autostima del povero protagonista, perché i veri eroi della vicenda sono i tre vecchietti, con il loro dialetto (perbacco, non avrei capito niente senza i "sottotitoli") e la loro vitalità, fatta di amicizia, di realtà, di tombole e di aggiornamenti (anche se tramite nipoti).
Fantastica la storia del mosto blu, dell'impallidire di Follett/King/Smith e della conferenza che, dopo tutto, ha avuto luogo.
Ah, se quell'Andrea scrivesse come te, Andrea, lo leggerebbe più di qualcuno! Laughing
Di Alberto Tivoli: Il racconto mi ha fatto ridere tantissimo e i tre vecchietti sono un trittico formidabile. Beh, credo che si possa dire che la storia sia un po' una parabola dedicata a chi si diletta di scrittura e magari, qualche volta, in segreto, di notte, si esalta come il protagonista fino a non vedere la realtà.






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Dedicato a tutti coloro che hanno scoperto di avere un cervello,
che hanno capito che non serve solo a riempire il cranio e che
patiscono quell'arrogante formicolio che dalle loro budella
striscia implacabile fino a detonare dalle loro mani.

A voi, astanti ed esteti dell'arte.

(Sam L. Basie)




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