Di Arcangelo Galante: Un racconto enigmatico, quasi ermetico, che si gusta con piacere, nella sua totale interezza. La magia si presenta in quella casa, all'interno della quale una foresta invisibile, appare e scompare, quasi a proprio piacimento, creando un certo scompiglio. Quando tutti, alla fine, se ne vanno, rimane solo il figlio, al suo interno, che cerca di portare alla luce il mistero racchiuso in quelle quattro mura, sino ad arrivare a imparare la fatidica parola magica che serve ad attivare e compiere il fatidico prodigio. Ma a nulla serve il giocare con la magia, perché il tentativo di scatenare forze sconosciute, può portare alle estreme conseguenze, compresa la stessa sopravvivenza. Sinceri complimenti all'autore.

Di Ida Dainese: Proprio un racconto arcano, scritto bene, con alcune frasi che sembrano librarsi nell’aria simili ai tralci della misteriosa pianta del salotto. La magia era dunque già latente nell’aria e il riecheggiare della parola magica l’ha scatenate completamente. Si sa che non si deve giocare con la magia e rompere impunemente l’equilibrio delle forze naturali senza un buon motivo, ma forse questa storia cerca di dirci altro: bisogna evitare di seguire certe strade affascinanti e poco chiare ignorandone le controindicazioni, essere attenti a non sopravvalutare le proprie forze, accettare i limiti della propria esistenza.

Di Angela Di Salvo: Non è un racconto semplice da comprendere, almeno non a una prima e veloce lettura. L'impianto formale appare ben costruito, coeso e appropriato,e indugia anche in qualche espressione di indubbio valore letterario.
La vicenda invece si presenta alquanto "farraginosa"; c'è una famiglia che vive in una strana casa dove esiste una foresta invisibile che compare e sparisce misteriosamente. E la padrona di casa, accompagnata dalla signora delle pulizie, pare muoversi con grande disinvoltura in questa intricata vegetazione per operare la sua esplorazione manutentiva.
Poi tutti gli abitanti della dimora se ne vanno, rimane solo un figlio che decide di scoprire il mistero, imparando tutte le arti dei prestigiatori nonchè le paroline magiche che essi sono soliti pronunciare per far sì che il "prodigio" si compia. Ma l'idea di usare un registratore sarà fatale per la sopravvivenza della casa (e forse anche per il giovane aspirante prestigiatore).
Segnalo un "anacoluto" nel periodo,(cioè una dipendente che non è agganciata a una proposizione reggente) oltre che una voluta oscurità narrativa che nuoce parecchio alla fruibilità del testo.