Di Arcangelo Galante: Legittimo e accorato sfogo esistenziale, meritevole di giuste considerazioni per l'autore, che lo ha umanamente intavolato in prosa, per mezzo di una sensibilità forte. In qualche modo, richiama il fatto che, nel paese degli orbi, chi vede e sottolinea l'amara verità, bene non è visto, o, ancor peggio, per nulla considerato, a causa della propria "disabilità". E allora, nascono le domande su come comportarsi, dinanzi alla mancanza di aiuto ricevuto, di fronte all'indifferenza di chi finge di essere cieco; in particolare modo, il poeta, indignato e affranto, si rivolge a Dio, sapendo che Egli accoglie le riflessioni, pensate sulla dolente questione: "Sopportata è la disabilità solo grazie alle leggi imposte dallo stato sociale, per stare al passo della carità strenuamente amata, quando serve a chicchessia per tirare, a sorte, il vivere della vita da ammazzare." Nessuno tenta di capire e accettare l'emblematico messaggio che lascia in sospeso una problematica di "salute", ancora oggi aperta e gestita solo per profitto istituzionale.