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Recensione o commento a: A Tano, nel giorno del suo compleanno - (Racconto Narrativa, Breve) - di Roberto Ballardini:

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Di Roberto Ballardini: Nella società in cui viviamo la morte credo sia un tabù. Le persone che ho intorno (penso soprattutto a mia madre della quale percepisco la paura nell'approssimarsi alla fine, se poi fine è davvero - chi può dirlo, in fondo?) sembrano rifiutare l'idea, rimandandola a un futuro imprecisato in cui poi si sarà costretti a pensarci per forza. Io penso invece che accettare quell'idea poi faccia vivere meglio, preservandoci dall'ambizione smodata, e da tante altre patologie contemporanee. Ma sono solo pensieri miei, buoni o cattivi quanto quelli altrui, credo.
Mi dispiace di aver toccato un ricordo doloroso, ma devo dire che quell'idea lì, di vivere fino alla fine le proprie passioni, mi affascina alquanto (e provo già per tuo fratello una grande ammirazione), ed è anche precisamente il concetto che sta alla base di questo breve racconto. La domanda finale forse è un po' retorica, nel senso che io sono assolutamente convinto di sì. Grazie del passaggio sempre gradito, Carlo.
Di Roberto Ballardini: Eh, alla "detestata soglia" comincio a pensarci anch'io. E come potrebbe essere diversamente data la velocità con cui a volte sembra di veder passare il tempo? Ho sempre pensato (si fa per dire, solo perché suona bene) alla morte come parte della vita, e credo che racconti come questo abbiano per me (intendo personalmente) una funzione riflessiva, finalizzata all'accettazione. Il tuo apprezzamento mi fa ovviamente molto piacere. Grazie.
Di Giampiero: Un racconto che pone le stesse domande che mi sono posto anch’io allorché ho avuto un fratello più o meno con le stesse caratteristiche. E, sì, l’ho amato anch’io senza condizioni. Lui, però, anziché ballare in riva al mare, amava il rischio, per lui “vivere” significava far bene il proprio lavoro di poliziotto spericolato. Io, che temevo ogni giorno per la sua vita, gli ricordavo che non era più un Falco della squadra antiscippo ormai da anni, e che inseguire i delinquenti a bordo della sua potente moto lo poteva fare a venti, trent’anni, non a 52. Proprio l’età in cui un tumore al polmone se l’è portato via in un mese, nonostante il suo corpo atletico e spirito indistruttibile. Quando se ne vanno persone simili, è difficile poi farsene una ragione.
La domanda che si pone sul finale del racconto “Possibile che essere felici consista soltanto nel decidere di esserlo?” È alquanto pertinente e centrale nel tuo brano. Io non avrei esitazioni a rispondere, e direi “credo proprio che sia così”. Li definisco esseri del tutto speciali. Quanto allo scrittore, io penso che certi drammi se li hai vissuti, poi è più facile trasmetterli al lettore. Io purtroppo non riesco a scrivere su questi temi, cadrei subito in depressione. Ma il tuo racconto mi fa riflettere sulla vita e sulla morte. E poiché non siamo eterni, penso sia una cosa positiva.
Di Mariovaldo: Su tutto il racconto aleggia un'ombra scura, trasmettendo al lettore un sh senso di angoscia… almeno a uno come me che ha raggiunto "di vercchiezza la detestata soglia" e si ritrova con un farmacista che, al suo apparire sulla porta, gli stende la passatoia rossa riservata ai clienti importanti.
IL trasmettere sensazioni e sentimenti è alla base del lavoro dello scrittore e tu sembri essere sulla buona, anzi ottima, strada.






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Dedicato a tutti coloro che hanno scoperto di avere un cervello,
che hanno capito che non serve solo a riempire il cranio e che
patiscono quell'arrogante formicolio che dalle loro budella
striscia implacabile fino a detonare dalle loro mani.

A voi, astanti ed esteti dell'arte.

(Sam L. Basie)




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