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Recensione o commento a: Con un buco dentro - (Racconto Narrativa, Breve) - di Abonvi:

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Le altre recensioni o commenti
Di Arcangelo Galante: Donare fiducia e continuare a coltivare la speranza, al di là di situazioni ostili che ci potrebbero travolgere, non è così facile, come potrebbe essere raccontato e creduto. In gioco entra l’esperienza di un legittimo timore, scaturito dal donare una parte di sè, nell’idea di un mutuo aiuto morale e, persino, di approvazione, quando si giunge al momento della condivisione di una qualsiasi cosa. La fiducia e la speranza non dovrebbero essere intese come un soffocante possesso, ma, condivisione nel rispetto di una libertà che non deve danneggiarne un’altra. Ovviamente, esse s’intrecciano in un meccanismo sociale, proprio simile al caso della vicenda narrata, più facili a dirsi che ad essere limitate. Col tempo e coi fatti, entrambe vengono dimostrate, come allo stesso modo può accadere di subire la manifestazione di sentirsi "un buco dentro", con la conseguente causa della rottura, proprio delle stesse. Inoltre, se non vi è la buona volontà di sistemare le cose, impedendo il peggio, già si creano i presupposti affinchè esse non possano nascere. Il testo rivela lo sfogo, la delusione e la giusta rabbia, soprattutto nei confronti di una situazione che, oltre a ferire, viene ripagata con una galoppante irresponsabilità.
Di Stefano di Stasio: Tragedia con metafora del piatto di portata. Il protagonista ascolta distrattamente le conversazioni deliranti di un altro cliente al ristorante mentre, fissando un ossobuco, rivive il dramma della propria donna appena morta di tumore alle ossa. Il blaterare del cliente, tifoso di calcio, che discute di scaramanzia e parla di speranza, agisce come una miccia a combustione lenta. All�uscita del ristorante il dolore dentro di lui si trasforma in una rabbia sorda che si abbatte ancora una volta sul tifoso appena detestato poco prima. In una spietata dinamica si dipana la resa dei conti, sublime per crudezza e determinazione, che minaccia di evolvere come nel film di Andrej Konchalovskij �Runaway train / A 30 secondi dalla fine� interpretato da Jon Voigt. Ma, diversamente che nel film, il protagonista di questa storia avrà schifo e pietà della propria vittima, riuscendo con il proprio volontario sacrificio, nell�ultimo istante di vita, a riguadagnare la speranza, paradossalmente. Racconto impeccabile, una splendida finestra sulla rabbia della disperazione. Complimenti.
Di Angela Di Salvo: Un racconto particolarmente coinvolgente che riesce a trasmettere al lettore l'intensità della disperazione e l'incapacità di accettare la morte di una persona amata. A nulla vale il ricordo di lei che, pur nella malattia, non aveva mai perso la speranza nè si era lasciata andare all'ineluttabilità del male. Il mondo circostante e le discussioni insulse che si fanno scatenano nel protagonista il furore di una frustrazione repressa. E il povero tifoso incontrato al ristorante diventa l'occasionale bersaglio su cui sfogare il dolore incontenbile e la cieca rabbia che non conosce più limiti nè freni.
La conclusione finale, pur nella sua prevedibilità, lascia il lettore turbato. La prosa è fluida, scorrevole e strutturata in modo coeso e lessicalmente appropriato. Il buco "dentro" lascia spazio al "buco nero" della morte.
Di Forlani Roberta: Ho provato compassione e dolore durante la lettura per ci�² che albergava nel cuore del protagonista. La sua rabbia, frustrazione, disperazione, erano senza limiti, erano riusciti a togliergli perfino la dignit� ! Divorante questa sua sofferenza nell'aver perso la sua propria vita con quella della sua amata,� e poi il paradosso: lei malata, fisicamente fragile, con la consapevolezza di dover morire e cos�¬ tanto felice e speranzosa, sino alla fine! Forse la fonte della rabbia di lui stava particolarmente in questo, l'impotenza di vedersela strappare via da un qualcosa contro il quale nulla poteva e questa ressegnata serenit�  di lei quasi irritante, che nonostante tutto continuava a serbare. In fondo proprio quello non era riuscito a perdonarle, lo aveva vissuto come una sorta di tradimento personale, dai suoi sentimenti di fede cos�¬ incompremprensibili e inaccettabili per lui, si sentiva escluso, non poteva n�© era in grado di condividerglieli. La sua dannazione trovava, quindi, rinvigorimento per non essere stato forte abbastanza nell'affrontare come lei e con lei questo dolore! Alla fine lei non c'era pi�¹, � con lui era rimasta solo tutta la sua collera debilitante a divoralo! Tristissimo!!
Di Dino: Il dolore, l'irrazionale, la rabbia, la disperazione, la sconfitta. In queste righe c'è il condensato della miseria umana, i limiti di un uomo senza speranza. Un eroe negativo descritto con maestria, un esmpio da non seguire, una visone della vita offuscata da una mente ottenebrata dall'angoscia. Voglio sperare che non sia tutto così, che l'autore abbia voluto mostrarci solo un fotogramma particolarmente buio della pellicola della vita.
Di Candido Bottin: Bello e doloroso se ci si immedesima. Ho una nota curiosa da fare, per sottolineare che anche l'impaginazione conta nella comprensione e nell'apprezzamento di un testo: l'ho letto dapprima qui sul sito e l'ho trovato un po' ridondante di parole e faticoso da seguire, poi l'ho riletto sul tuo blog personale dove l'impaginazione è diversa e più appagante e ho cambiato completamente giudizio (che è divenuto molto positivo). Complimenti, anche per gli altri scritti sul blog.
Di Kirian Badaion Jo: Avvincente e scorrevole.
Una escalation di dolore, rabbia e violenza.
Il lettore si sente trasportato in un vortice di sentimenti angosciosi e laceranti che lasciano "un buco dentro", fino ad arrivare al terribile e tragico epilogo, che visti i presupposti, risulta essere anche una "liberazione".
Di Macripa: Bello, veramente bello. Riesce a trasmettere dolore e disperazione in modo molto coinvolgente. Complimenti!
Di Bonnie: Scorrevole, a tratti drammatico, avvincente, si ha la sensazione sia parte di un romanzo. Prende.






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Dedicato a tutti coloro che hanno scoperto di avere un cervello,
che hanno capito che non serve solo a riempire il cranio e che
patiscono quell'arrogante formicolio che dalle loro budella
striscia implacabile fino a detonare dalle loro mani.

A voi, astanti ed esteti dell'arte.

(Sam L. Basie)




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