Di Ida Dainese: Una buona idea e un buon racconto. La "voce" che di solito parla nella testa questa volta viene da uno strumento tecnologico. Comincia con un tono tranquillo, anzi è quasi piacevole assistere a quell'incontro di due ex compagni di scuola, solo che ad un tratto viene fuori che quell'uomo ha famiglia.
Quasi nella frase dopo il lettore è testimone della sua fine, e scopre che lo seguiranno in trenta. Questi fatti terribili però sono detti con una naturalezza spiazzante, con la stessa serenità con cui si ascolterebbe della musica, con la stessa calma con cui si berrebbe un caffè al bar.
Hai saputo infatti rendere bene i ragionamenti della protagonista, le sue riflessioni pacate sui suoi gesti terribili senza usare vocaboli tipici per un tale orrore. Lei vive nella realtà ma la osseva con distacco, senza provare emozioni, senza perdere il controllo, senza vedere il confine oltre il quale non si deve andare. Un estraniarsi, tipico della schizofrenia, che l'ha aiutata da piccola per sopportare la vita e che l'aiuta ora ad attenuare il dolore.
Il lettore rimane colpito sempre di più fino all'epilogo.
(Scusami, posso permettermi di segnalarti una frase, nel 6ultimo capoverso? Forse sta meglio con verbi al trapassato, così: "...un paio di volte ero dovuta tornare indietro perché mi ero accorta...)