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Di Ida Dainese: Giocattolo? Weezzy Buzzy è un incubo, pensa se Timothy avesse avuto fratelli e sorelle e ognuno avesse voluto la stessa palla parlante! Non si può spegnere, non si può eliminare e per di più ti fa anche sentire in colpa per averlo pensato.
Anche a me è piaciuta la scena della presentazione pubblicitaria dell'inizio e come hai costruito la storia tramite i dialoghi. L'altro punto che mi ha colpito è alla fine, nel momento in cui WB è più insopportabile che mai, il lettore si rende conto invece che il giocattolo ha sofferto per il buio e la solitudine, e non capisce cosa l'aspetta. L'hanno voluto per quello che era, ma proprio per quello che è non lo vogliono più. Di Alberto Tivoli: Questo racconto mette in scena una specie di tamagotchi degli anni '50.
Però l'incredibile Weezzy Buzzy è qualcosa di più. Per esempio non si può spegnere e, sebbene privo di cuore, il suo fantascientifico cervello gli permette di soffrire della solitudine e dell'abbandono. Quello che mi è piaciuto è che all'inizio Weezzy ti sta proprio antipatico, ma alla fine del racconto non si possono ignorare i sentimenti dell'innovativo giocattolo. In questo senso la storia strizza un occhio ai deplorevoli abbandoni di animali domestici. Particolarmente riuscito è l'incipit: una sponsorizzazione per l'acquisto del super giocattolo. |
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Grazie, e buon lavoro!
Dedicato a tutti coloro che hanno scoperto di avere un cervello,
che hanno capito che non serve solo a riempire il cranio e che
patiscono quell'arrogante formicolio che dalle loro budella
striscia implacabile fino a detonare dalle loro mani.
A voi, astanti ed esteti dell'arte.
(Sam L. Basie)
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