
Le mie parole
David Di Guida
Spesso quando si ritorna sui propri passi, specie in amore, a vincere non sono i bei ricordi ma quello che non fu mai stato: per un uomo provvisto di taccuino, questo (malinconioc) dolore può definirsi spleen, un Atteggiamento sentimentale caratterizzato da umore tetro e malinconico, insoddisfazione e noia.
Credo che il tema del brano sia questo, ed è la sua chiave di forza ma al tempo stesso la sua debolezza, perché se l'uomo di taccuino descrive con fervida poesia e lirismo la propria sofferenza interiore, con un similke "modus operandi" dovrebbe fornirci anche una chiave d'uscita da questo dolore, altrimenti si rimane nel blocco dell'incompiuto, quando sappiamo che ogni vita, ogni amore, ogni racconto è un cerchio che inizia in un modo e deve finire in un altro.
La fine è importante, dice Sun Tzu. A volte è più importante dell'inizio, e qui manca. Qual è la chiave d'uscita del personaggio? In che modo il personaggio, attraversando il dolore, ne rimane cambiato e, eventualmente migliorato? Manca questa chiusura, e quindi il brano sembra mangiarsi la coda da solo, si autoalimenta come il personaggio si autoalimenta nel suo dolore.
Molto, molto utile al sottoscritto che, dei veri commenti, cerca di fare snodi direzionali.
Non c'è una vera risposta da dare. Semmai una considerazione e niente di più: chiamo "balistici" questi rapidi voli fatti di sentimento ed emozione e, in qualche modo, ritrovo nelle parole del lettore, David, la stessa figura tracciata, una parabola.
Le considerazioni sul contenuto, che potrei facilmente allargare con la mia propria visuale, lasciano il posto a quelle più importanti su ciò che "dobbiamo" ai lettori.
Questo è il vero dilemma, decidere se e come iniziare e finire. Come dire: a volte la via d'uscita non c'è, ma la vita deve pur continuare anche tra le righe.
Se altri volessero esprimere la loro opinione sincera non potranno che aiutarmi a prendere la direzione giusta.
Grazie.
È sempre un piacere leggere i tuoi commenti, che spesso mi sorprendono.
Il piccolo testo è in prima persona, certo, ma si tratta di un espediente, neanche troppo sofisticato, per raccontare in "presa diretta". Un po' come parlare di Ostenda, incorniciare in un luogo preciso. Sono certo che, in fin dei conti, non serve neanche spiegarlo ma, come diceva il grande Totò, "Abbondantis… ".
C'è poi da dire che normalmente rispetto sempre le interpretazioni dei lettori. Tu hai visto un sentimento non corrisposto: forse altri, o altre (confido molto nell'impareggiabile sensibilità femminile) troveranno, in alcune righe, un senso differente.
È però sul complimento che vorrei tornare… grazie! Ci trovo nascosto un regalo nel regalo: la parola scrittore (wow) mi fa sballare. Troppo buono; ora faccio esercizio di modestia e umiltà e ribatto, con gratitudine, che c'è sempre tanto da imparare.
A presto.
Naturalmente come tutti, posso sbagliare a interpretare, rispetto a chi scrive, il senso della sua opera. La colpa di questo può essere sia dell'autore che non si spiega bene, sia del lettore che non capisce. Inoltre siccome siamo tutti diversi le interpretazioni possono esserlo altrettanto. Il tutto fa parte del gioco per cui siamo qui si Braviautori. Io vorrei essere capace come te nelle descrizioni e nei racconti, per cui ti ammiro; altro è il merito di quello che scrivi, e su quello magari ti critico, ma solo perché siamo diversi.
Per quanto riguarda il fatto che qui siamo tutti "artigiani" mi aggrego convinto, anche orgoglioso di esserlo. Questo ci accomuna tutti in una bella, preziosa esperienza su un sito unico nel suo genere.
È un racconto di vita "reale", dicevo: quando l'alcool è complice, certi ricordi sfumano nel rimpianto o nella nostalgia e, alla fine, poco importa che la lei abbia finto di non vederlo, nel loro ultimo incontro (il motivo resta ignoto ed è giusto che sia così). Ciò che è soggetto qui è il malinconico ricordo di un amore passato, che è stato così appassionato da restare zavorra nella mente, nei momenti più disparati. Qui sta la realtà. Capita a chiunque di rimuginare su qualcosa che ci ha cambiato la vita.
I "lieto fine", in racconti del genere, non sono concessi semplicemente perché una fine non ci sarà mai. Ricordare è rivivere ogni volta la storia, con sfumature diverse.
All'autore il merito di aver innescato chiavi di lettura diverse, soffermandosi su vari aspetti (perché la storia era finita? Che ricordo ne serbava lei? In quali altri modi, in futuro, il protagonista tornerà su quel preciso ricordo e come lo cambierà la memoria?). Un ottimo blues

Grazie innanzitutto per aver colto il suggerimento musicale, cercato, voluto, studiato. Un brano che trovo splendido per forza e significato. La base in realtà è più ampia, ma gli altri pezzi restano cosa mia.
Amore appassionato e vita reale: se li mettiamo in relazione con l'eventuale lieto fine, è il caso di farsi due conti. Quindi un serio, irresistibile invito alla riflessione questo di Annamaria. Poi ognuno giudicherà in base alla propria esperienza, magari confrontandosi con i ricordi e negando, se ha il coraggio, che siano più vivi dei vivi anche a distanza di decenni.
Ovviamente parlo dei cuori, e solo quelli, che hanno fatto bum-bum. Espressione elementare ma efficace come nessuna.
Ho scritto nella precedente recensione della impareggiabile sensibilità femminile: Annamaria, come posso non abbracciarti?
Sì, la lettura di Paola entra nel testo e va in profondità. Non cerca l'urlo ma l'emozione silente e non per questo meno intensa.
Ho apprezzato anche la precisazione del secondo intervento, benchè avessi intuito visto il tono positivo.
Vorrei scegliere una frase su tutte "lo si rende desiderato per sempre". Ed effettivamente, mi sembra faccia pendant con le ultime due parole della storia.
Grazie ancora delle indicazioni per me così importanti, che mi aiutano a comprendere.
Cristiana Pezzotti
Espediente del taccuino: perfetto! L'uso di questo espediente in letteratura attribuisce al personaggio mistero e fascino. Per chi ama la lettura e la scrittura, il taccuino diventa compagno insostituibile.
"E, come allora, mi sfilò dolcemente la matita dalle mani" perfetta liaison fra passato e presente. Forse la frase chiave? Direi di sì.
Espediente del mare: "grondante di una schiuma bianca e rabbiosa che non voleva arrendersi al grigio chiarore della sera". Forse lo stesso mare ha pietà del protagonista e desidera stimolarlo? Forse a non arrendersi?
A questo punto il protagonista si lascia andare a un vero e proprio elogio della donna. L'uso delle iperboli la rendono un essere angelico e diabolico al contempo, colei che tutto dà e tutto toglie. Dipende dalla sensibilità del lettore decidere se amare od odiare questo passaggio. Una via di mezzo non esiste. Certo è che lo scrittore e solo lui decide come usare le proprie parole.
Personificazione: il taccuino che diventa faro, cioè guida. Direi meraviglioso! Sarà la soluzione per il lettore eventualmente insoddisfatto del finale.
Nella parte finale del racconto, ancora una volta e forse per sempre, l'uomo compie l'elogio della donna e decide che essa rimarrà pura nel ricordo e nella memoria, quasi incontaminata. Potrebbe sembrare un finale incompleto. Come se l'uomo non fosse in grado di ricominciare e andare oltre lei. In realtà penso che non sia così. D'altronde lui ce lo dice fra le righe (e ripeto la citazione): il taccuino diventa il suo faro, la sua guida. L'oggetto trattiene qualcosa di lei, la frase d'amore, ma anche i suoi schizzi.
Allora l'uomo non è veramente perduto nel ricordo. Ha invece il suo "bagliore" che gli permette anche di continuare a guardare avanti.
Trovo che sia molto romantico crogiolarsi nel proprio dolore e nel ricordo di ciò che si è perduto o che non si è riuscito ad avere. Chi lo dice che tutto ciò non possa diventare invece stimolo? Spunto creativo?
Come considerazione finale direi che il racconto è pressoché perfetto: ci fornisce lo spunto iniziale e delinea bene il genere; definisce perfettamente la collocazione temporale; definisce altrettanto bene i protagonisti dando al lettore le indicazioni per poterli immaginare o anche idealizzare; utilizza le personificazioni del "taccuino" e del "mare" che diventano al pari i protagonisti del racconto; utilizza un finale apparentemente incompleto, ma di cui ogni lettore può trovare in maniera personale e con gli elementi forniti dall'autore, la propria chiave di lettura.
So ormai per esperienza che i lettori sanno soprendere. Ma qui siamo andati ben oltre.
Un ringraziamento non è sufficiente. Voglio trasmettere qualcosa a questa mia splendida lettrice.
Cristiana tu scrivi benissimo, ti leggo e non ci vuole molto a capirlo. Ma vedi, io tra le tue parole ho trovato una perla preziosa, rara quanto raro è trovarne di quelle genuine: si chiama empatia.
Empatia per me è tuffarsi dentro. Vestirsi di colei/colui che ti sta vicino. Gioire e soffrire. Non aver paura di intraprendere il viaggio e, una volta sul cammino, percorrerlo fino in fondo.
Corro il rischio di diventare noioso, sicuramente dico anche qualcosa di già citato in passato, ma chi mi conosce sa quanto sia importante per me la musica. Ecco, empatia è guardare il mondo con gli occhi di un'altra, di un altro: World In My Eyes.
Aggiungo che ti ho immaginato nel cercare le foto di Ostenda e, ci crederesti?, questo mi ha regalato un brivido.
Leggerti è stato davvero emozionante.
Il racconto è scritto come sempre molto bene, con dei colpi da maestro tipo "L'inattesa ricerca dell'inspiegabile rappresenta, senza eccezioni, il metro di misura del profondo sentimento". E quella distinzione fin dall'inizio: l'aveva incrociata, non rincontrata.
A volte ci si imbatte in bizarre coincidenze: tredici anni fa ebbi una relazione con una donna del Belgio che mi porto' a Coxyde, circa tre quarti d'ora da Ostenda. C'era quella spiaggia sulla quale batteva la strana luce del sole quasi notturno e c'era il localino sulla spiaggi… Poi si, meglio ricordarle in una certa maniera alcune donne.
In questo caso, qualcuno che, come me, ha visto quelle spiagge, quella luce.
Di fatto Koksijde, lo dico alla fiamminga, è grosso modo la replica di Oostende. L'atmosfera è proprio quella e, per quanto mi riguarda, anch'essa emana un fascino che non ti aspetti.
Gradisco in particolare, ma non c'è bisogno di dirlo a Francesco, l'apprezzamento del pezzo musicale. Brano senza il quale questo piccolo testo non sarebbe stato scritto. In particolare, c'è quel "Mutter!" gridato che, come dire, ho sentito mio.
Grazie per questo commento e, soprattutto, del condividere una esperienza così particolare.
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descrizione: Dal mio secondo libro "La luna bugiarda e altri racconti"
incipit: Dedicata ad un'amica che non c'è Lei era come un filo d'erba. Del vento che soffiava non le importava, seppur sapesse che poteva ucciderla. A volte temeva di finir calpestata dalla lurida suola di una scarpa, ancor peggio colta dalla mano di un folle ragazzo. Molti erano i modi per morire, e lei li conosceva sin dal primo istante di vita. Sbocciata da una terra giovane che seme di brutalità aveva inseminato, cresciuta nell'aridità di quel suolo che non l'amava e inaspriva con il vino le sue visc…
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descrizione: Pochi sentimenti espressi in poesia
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descrizione: I ricordi di una bimba e il grande amore per il padre, nonostante tutto
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descrizione: Un'anima viene a chiedere scusa.
incipit: Può capitare di dimenticare. Può anche capitare di non voler ricordare. Dipende dalla situazione e dagli effetti che ne conseguono. Quel giorno, però, lo ricordo bene, eravamo stati invitati a pranzo da mia madre. Era rimasta vedova da poco e per non farla sentire ancora più sola di quanto non fosse nella realtà, spesso io e mia moglie, sposi da poco più di un anno, ci recavamo da lei.
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descrizione: Cosa scriveresti a tua madre in un ultimo momento di rimorso per qualcosa che non avresti dovuto fare ?
incipit: Madre, ti scrivo queste poche parole nella speranza del tuo perdono, che, seppur tardivo, avrebbe il potere di salvare la mia anima dal buio. Un pilota, come sono stato io per tutta la vita, è innanzitutto amico delle nuvole. Le nuvole io le vedevo dall'alto, da sopra. Neanche provavo ad immaginare cosa ci fosse oltre, di sotto.
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