Brigate Rosa
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Brigate Rosa
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ricambio la visita. Abbiamo scritto due racconti in un certo senso contrapposti. Tu parli di valori: “lei era una rappresentante del proletariato, della lotta contro il potere dei padroni… il regime”, di tempi che io non ho vissuto, ma letto, o visto cose su YT o in TV di quel periodo storico. Io parlo di quella “deriva” capitalista da palcoscenico di oggi, in cui anche ragazzine, come Isabella, ne sono uno stereotipo, ma senza voler generalizzare. Il tuo racconto è scritto molto bene, di immediata lettura, non vedo nessun errore. Forse è un po’ breve, ma compiuto nella storia/messaggio che vuole veicolare. Un po’ controverso il finale:
“la risposta alla sua domanda si fa sentire, altèra, nella vettura.
«No.»”
L'amica di lotta pronuncia un secco "no". Forse rinnega/rimpiange una battaglia che non si è mai conclusa del tutto perché fatta in modo sbagliato? Oppure è semplicemente consapevole che la sua appartenenza politica degli anni '70 non ha più senso oggi? E quindi, secondo lei, è inutile rivangare un passato di lotta che, seppur significativo all'epoca, appare sbiadito e fuori luogo nella "politica da palcoscenico" del presente. Ma potrebbe anche essere delusa dall'evoluzione degli eventi… o addirittura non essere la persona che la protagonista crede di aver riconosciuto. Inoltre, il termine “brigata” oggi, ma credo pure all’epoca, suona molto come terrorista/sovversivo/paramilitare, e potrebbe essere questo l’aspetto discriminante del suo “no”.
Mi sciogli questo dubbio?
Noto questa tua svista:
«Scusi, ma noi ci conosciamo?».
Dopo il punto interrogativo, non si mette il punto fermo.
Tante belle cose, Lodovico
Antonio Giordano
Voto 5 per un racconto piccolo ma significativo e che fa da contrappasso, per contrasto, al mio.
P.S. Rispondo ora, perché prima non riuscivo a collegarmi al sito e a dare il voto.
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Re: Commento
La protagonista ha cambiato vita, si è "imborghesita" (prendi questo aggettivo solo come spiegazione, non è un giudizio, non mi trovo né da una parte né dall'altra, o forse in parte da entrambe), ha perso gli ideali della lotta di classe e si è trovata "agiata", posizione comoda.
A questo punto interagire con ciò che era prima diventa difficile. Ho un parente sessantottino che ha mantenuto, in parte le sue idee, ma ha vissuto una vita da dirigente di azienda. Niente di male, anzi, ma ci si trova nella vita, non dico a cambiare le proprie idee o i propri ideali, ma ad "adattarsi" alla situazione. Questo era quello che volevo dire nel racconto.
Per quanto riguarda il punto (.) dopo il punto interrogativo (?) se c'è una cosa che adoro di questo sito è la libertà e l'impegno di trovare i difetti.
Scrivo ormai da parecchio tempo. Ciò non toglie che tutti noi possiamo sbagliare qualcosa. E a me fa un piacere immenso quando qualcuno mi fa notare un errore, una svista, vedila come vuoi.
Sono cresciuto immensamente con i commenti in questo sito e l'amico Massimo Baglione lo sa.
Ben vengano le segnalazioni, chi si offende sbaglia.
Yakamoz ha scritto: ↑25/03/2024, 16:55 Ciao Lodovico,
ricambio la visita. Abbiamo scritto due racconti in un certo senso contrapposti. Tu parli di valori: “lei era una rappresentante del proletariato, della lotta contro il potere dei padroni… il regime”, di tempi che io non ho vissuto, ma letto, o visto cose su YT o in TV di quel periodo storico. Io parlo di quella “deriva” capitalista da palcoscenico di oggi, in cui anche ragazzine, come Isabella, ne sono uno stereotipo, ma senza voler generalizzare. Il tuo racconto è scritto molto bene, di immediata lettura, non vedo nessun errore. Forse è un po’ breve, ma compiuto nella storia/messaggio che vuole veicolare. Un po’ controverso il finale:
“la risposta alla sua domanda si fa sentire, altèra, nella vettura.
«No.»”
L'amica di lotta pronuncia un secco "no". Forse rinnega/rimpiange una battaglia che non si è mai conclusa del tutto perché fatta in modo sbagliato? Oppure è semplicemente consapevole che la sua appartenenza politica degli anni '70 non ha più senso oggi? E quindi, secondo lei, è inutile rivangare un passato di lotta che, seppur significativo all'epoca, appare sbiadito e fuori luogo nella "politica da palcoscenico" del presente. Ma potrebbe anche essere delusa dall'evoluzione degli eventi… o addirittura non essere la persona che la protagonista crede di aver riconosciuto. Inoltre, il termine “brigata” oggi, ma credo pure all’epoca, suona molto come terrorista/sovversivo/paramilitare, e potrebbe essere questo l’aspetto discriminante del suo “no”.
Mi sciogli questo dubbio?
Noto questa tua svista:
«Scusi, ma noi ci conosciamo?».
Dopo il punto interrogativo, non si mette il punto fermo.
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P.S. Rispondo ora, perché prima non riuscivo a collegarmi al sito e a dare il voto.
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Re: Commento
Lodovico ha scritto: ↑26/03/2024, 8:21 Grazie mille del tuo commento.
La protagonista ha cambiato vita, si è "imborghesita" (prendi questo aggettivo solo come spiegazione, non è un giudizio, non mi trovo né da una parte né dall'altra, o forse in parte da entrambe), ha perso gli ideali della lotta di classe e si è trovata "agiata", posizione comoda.
A questo punto interagire con ciò che era prima diventa difficile. Ho un parente sessantottino che ha mantenuto, in parte le sue idee, ma ha vissuto una vita da dirigente di azienda. Niente di male, anzi, ma ci si trova nella vita, non dico a cambiare le proprie idee o i propri ideali, ma ad "adattarsi" alla situazione. Questo era quello che volevo dire nel racconto.
Per quanto riguarda il punto (.) dopo il punto interrogativo (?) se c'è una cosa che adoro di questo sito è la libertà e l'impegno di trovare i difetti.
Scrivo ormai da parecchio tempo. Ciò non toglie che tutti noi possiamo sbagliare qualcosa. E a me fa un piacere immenso quando qualcuno mi fa notare un errore, una svista, vedila come vuoi.
Sono cresciuto immensamente con i commenti in questo sito e l'amico Massimo Baglione lo sa.
Ben vengano le segnalazioni, chi si offende sbaglia.
Grazie, Lodovico, per la tua spiegazione, ma in realtà avevo già intuito che si fosse “imborghesita”. Ho chiesto solo per capire di più, perché potendo approfittare di un collegamento diretto con l’autore, mi sembrava giusto farlo. La gara, per come la vedo io, è un pretesto per confrontarsi, per chi ama scrivere, e nel confronto, se uno nota una svista, un refuso o può dare un consiglio personale, senza alcuna presunzione di superiorità, è una cosa buona. Pure io vengo corretto. Sono umano, sbaglio. Sempre meglio un commento critico e lecito che un banale commento di cortesia, no?
A rileggerci…
Cari saluti, Lodovico
Antonio
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La protagonista del racconto ha completamente rinnegato il suo passato da ribelle: possiede un I-Phone, si è sbiancata i denti, si è integrata nel mondo del consumo. Ed ecco che accade l'imprevedibile: gli anni '70 che ritornano, la vecchia compagna di lotta, ma quanto è cambiata. Appare stanca e sfiduciata, poco curata nell'aspetto, una metafora della classe operaia umiliata e offesa. Le due si trovano di fronte, e la prima non se la sente di rapportarsi alla seconda: si vergogna del proprio passato, oppure di aver abbandonato al suo destino la ragazza di più umili origini? L'autore ci lascia nel dubbio, ognuno può trarre le sue conclusioni.
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Un racconto che mi getta addosso un velo di tristezza e delusione perché, come diceva Gaber: "La mia generazione ha perso".
Jacopo
°
Il senso di quanto scrivi è di seguito rappresentato:
"Compagno di scuola, compagno di niente
ti sei salvato dal fumo delle barricate?
Compagno di scuola,
compagno per niente
ti sei salvato
o sei entrato in banca pure tu?
(Antonello Venditti)
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Il racconto ha, secondo me, la giusta lunghezza, e pur essendo di non troppe parole, racchiude tutto un significato importante, dire altro, sarebbe stato superfluo. Bello l'incipit, che introduce nell'incubo quotidiano di chi è costretto a servirsi dei mezzi pubblici per portare il lettore a ben altre riflessioni. Bravo, come sempre. Voto 5
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Un passaggio mi ha particolarmente fatto riflettere: quando la protagonista si trova in mano un arma, ha solo voglia di spaventare il professore, eppure parte il colpo, succede la tragedia. Ecco leggendo lo stato mentale della protagonista, mi è venuto in mente di chiedermi: "quanto spesso capita che siamo armati di buone intenzioni, ma abbiamo in mano gli strumenti sbagliati? Quanto velocemente si passa dalla parte sbagliata, perché non si ha o la capacità di discernimento di quali siano gli strumenti giusti oppure perché banalmente questi non sono disponibili?"
E mi sono chiesta anche se davvero oggi stiamo dando validi strumenti ai giovani, anche per contrastare le ingiustizie o se solo gli stiamo buttando addosso vuote "campagne idrologiche " a cui aggrapparsi per distoglierli dal pensare davvero.
Tornando al racconto davvero molto ben scritto ed esposto, i miei complimenti.
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Re: Commento
Esatto, entrambe le cose, disagio per le azioni fatte (anche non del tutto volontariamente) nel passato ed essere passata "dall'altra parte della barricata".Andr60 ha scritto: ↑26/03/2024, 18:49 Quanti ex-sessantottini pentiti si riciclarono a cantori dei padroni che prima avevano combattuto? Sicuramente più di quelli "duri e puri" che rimasero nelle loro posizioni, pagando di persona un conto salato, escludendo ovviamente quelli che scelsero la lotta armata. Di sicuro il potere odierno fa di tutto per convincerci che la lotta di classe è finita (e che hanno vinto i ricchi), ma la Storia è strana, a volte enigmatica. Basta che qualche filosofo da strapazzo ne evochi la sua fine, che subito questa riprende a correre...
La protagonista del racconto ha completamente rinnegato il suo passato da ribelle: possiede un I-Phone, si è sbiancata i denti, si è integrata nel mondo del consumo. Ed ecco che accade l'imprevedibile: gli anni '70 che ritornano, la vecchia compagna di lotta, ma quanto è cambiata. Appare stanca e sfiduciata, poco curata nell'aspetto, una metafora della classe operaia umiliata e offesa. Le due si trovano di fronte, e la prima non se la sente di rapportarsi alla seconda: si vergogna del proprio passato, oppure di aver abbandonato al suo destino la ragazza di più umili origini? L'autore ci lascia nel dubbio, ognuno può trarre le sue conclusioni.
Grazie del commento.
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Re: Commento
Esattamente, anche se il significato di "ti sei salvato" è un po' ambiguo. Nella vita si può anche cambiare. Il brutto è quando si cambia per meri motivi economici o di comodità.Jacopo Serafinelli ha scritto: ↑27/03/2024, 18:51 @Lodovico
Un racconto che mi getta addosso un velo di tristezza e delusione perché, come diceva Gaber: "La mia generazione ha perso".
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Il senso di quanto scrivi è di seguito rappresentato:
"Compagno di scuola, compagno di niente
ti sei salvato dal fumo delle barricate?
Compagno di scuola,
compagno per niente
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o sei entrato in banca pure tu?
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Grazie del commeto.
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Re: commento
Grazie mille del commento, detto questo la lunghezza del racconto è il mio standard, fatico a scrivere racconti sopra i 10.000 caratteri, ma non sotto i 2.000...Laura Traverso ha scritto: ↑09/04/2024, 21:49 Un bel racconto che ricorda i tempi difficili del passato, colmi di ideologia, di contestazioni e poi di "tradimenti" di molti, così come anche la protagonista che si è piegata ai più, scegliendo la vita borghese, comoda, e fingendo pure di non riconoscere l'amica di tante lotte e ideali condivisi.
Il racconto ha, secondo me, la giusta lunghezza, e pur essendo di non troppe parole, racchiude tutto un significato importante, dire altro, sarebbe stato superfluo. Bello l'incipit, che introduce nell'incubo quotidiano di chi è costretto a servirsi dei mezzi pubblici per portare il lettore a ben altre riflessioni. Bravo, come sempre. Voto 5
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Re: Commento
Grazie mille del commento, nemmeno io ho vissuto quei tempi, anche perché nel '68 avevo quattro anni, però ho un cugino di Milano che ha vissuto quegli anni e ho conosciuto lui e molti suoi amici. Lui, però, nonostante abbia fatto carriera, è rimasto un sessattottino dentro. Come alcuni dei suoi amici che hanno mantenuto parte dei loro ideali nonostante la vita li abbia portati "dall'altra parte".Marirosa ha scritto: ↑16/04/2024, 9:21 Il racconto si lascia leggere davvero bene, scorre, è scritto perfettamente. Le immagini emergono egregiamente dalle parole, ed è un racconto che spinge a molte riflessioni. È un accurato spaccato di vita ed ideali di un tempo che non ho vissuto in prima persona (non ero ancora nata!) Ma che ho appreso bene nei testi, canzoni, poesie, saggi, etc, ma anche nei racconti di chi invece lo ha visto e vissuto. È molto vero, lascia un po' l' amaro in bocca sia perché la protagonista "tradisce" l' amica nel momento in cui accetta che sia lei a prendersi la colpa, sia perché alla fine rinnega i valori che aveva scelto di diffondere. Ma quest' amaro lasciato dal racconto porta a farsi molte domande sull'animo umano.
Un passaggio mi ha particolarmente fatto riflettere: quando la protagonista si trova in mano un arma, ha solo voglia di spaventare il professore, eppure parte il colpo, succede la tragedia. Ecco leggendo lo stato mentale della protagonista, mi è venuto in mente di chiedermi: "quanto spesso capita che siamo armati di buone intenzioni, ma abbiamo in mano gli strumenti sbagliati? Quanto velocemente si passa dalla parte sbagliata, perché non si ha o la capacità di discernimento di quali siano gli strumenti giusti oppure perché banalmente questi non sono disponibili?"
E mi sono chiesta anche se davvero oggi stiamo dando validi strumenti ai giovani, anche per contrastare le ingiustizie o se solo gli stiamo buttando addosso vuote "campagne idrologiche " a cui aggrapparsi per distoglierli dal pensare davvero.
Tornando al racconto davvero molto ben scritto ed esposto, i miei complimenti.
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Le due protagoniste si rivedono, ma la giovinezza è ormai passata e le emozioni legate a essa sono ormai parte di un'altra vita.
Si potrebbe ragionare dell'evoluzione di una delle due come qualcosa di positivo, come anche della coerenza dell'altra come una virtù.
Gli spunti di riflessione sono molteplici e sei stato bravo a raccontare invece che imporre un punto di vista specifico.
La scrittura è essenziale, pulita.
Ho apprezzato il racconto è il modo in cui è stato scritto.
Complimenti.
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Re: Commento
Grazie mille, ho apprezzato molto il commento, e il "no" della protagonista è pesantissimo, come dici tu, e pure un po' vergognoso, nonostante si parli di azioni illegali.Letylety ha scritto: ↑18/04/2024, 23:41 Un racconto che in diecimila battute parla di un passato denso di speranze e avvenimenti. Quello che più mi ha colpito è la prosa armoniosa e veramente efficace. Alla fine penso che la protagonista pronunci un "no" pesantissimo, pieno di sensi di colpa aumentati da quel bacio che non ha dimenticato. Non avrà dormito quella notte, mentre l'indomani...sarà un altro giorno.
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Re: Commento
Il tempo passa e pure gli ideali cambiano. Non che giustifichi le azioni della lotta armata, anzi, ma erano altri tempi, altre vite, altre situazioni.Giovanni p ha scritto: ↑20/04/2024, 10:25 Un racconto che parla del tempo che passa e che lascia il segno.
Le due protagoniste si rivedono, ma la giovinezza è ormai passata e le emozioni legate a essa sono ormai parte di un'altra vita.
Si potrebbe ragionare dell'evoluzione di una delle due come qualcosa di positivo, come anche della coerenza dell'altra come una virtù.
Gli spunti di riflessione sono molteplici e sei stato bravo a raccontare invece che imporre un punto di vista specifico.
La scrittura è essenziale, pulita.
Ho apprezzato il racconto è il modo in cui è stato scritto.
Complimenti.
Tutto è un po' esagerato e romanzato, ma sono storie che ho "sentito" e che mi hanno lasciato una memoria di quei tempi che non ho vissuto di persona, ma attraverso amici "sessantottini" che quei tempi li hanno visti dal vivo. Grazie!
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E quindi nel tuo antefatto costruisci i due idealtipi della bella e buona e della brutta e cattiva.
Se l'antefatto funziona, con la costruzione dei personaggi, forse con l'analessi e il ribaltamento seguente direi meno, soprattutto nel finale, che scioglie e spiega, ma non riesce a convincermi.
Forse perché è tutto troppo semplice, l'idea è lineare, ma qualcosa stride: il professore ferito ha certo visto chi delle due gli ha sparato alla gamba e comunque ha visto che hanno agito insieme. E le due amiche potevano benissimo scappare tutt'e due, mentre sembra che una aspetti la polizia proprio per farsi prendere e così dare avvio al ribaltamento delle posizioni che è il tema del racconto. Quindi la costruzione artificiale si nota, forse troppo. Il particolare della pistola non dice nulla, se non che una ha più coraggio ed è più altruista dell'altra, come il finale dimostra appunto ed è strumentale alla costruzione dei caratteri e al finale della storia. Le due donne hanno agito insieme, chi è stata a sparare è quasi irrilevante in un processo ed è improbabile che la studentessa borghese non sia uscita anche lei con le ossa rotte dall'esperienza della lotta armata di quegli anni. Se poi aveva una pistola in mano, con un colpo in canna, qualcuno l'aveva procurata e aveva indicato il bersaglio, non l'aveva trovata nell'uovo di Pasqua. Un gruppo armato non si muoveva per caso. Mentre così come l'hai descritto l'episodio sembra una bravata. Ma allora perché ricordare le BR e la lotta armata? Avrebbe avuto più senso un episodio di bullismo qualsiasi da cui poi una delle due si era dissociata.
Ma il punto in cui vuoi condurre il lettore dipende dal non detto sulla vita dei due personaggi. È buona la donna che ha scontato una pena per un fatto che non ha commesso, evidentemente senza parlare e tradire l'amica, è cattiva l'altra che si è rifatta una vita senza pensare al male che ha fatto, a chi ha sparato e a chi ha sopportato il fardello in sua vece, e che per giunta fa finta di non riconoscere chi le ha salvato il futuro. Mi spiace, forse una caratterizzazione del genere è troppo facile, troppo costruita, e io non riesco a crederci.
E quel Brigate Rosa del titolo, in contrapposizione alle Rosse. Forse può venire in mente solo a chi non ha vissuto quegli anni, e il ricordo è sbiadito perché mediato dai ricordi altrui. Ma se la memoria, per forza di cose, non aiuta, esiste sempre la storia.
Tuttavia è un ottimo racconto, la mano è quella di un professionista direi, ma purtroppo mi hai convinto solo in parte.
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Re: Commento
Beh, che dire, una critica sensatissima e condivisibile. In effetti ho vissuto quegli anni solo per sentito dire, concordo assolutamente per quanto riguarda i difetti di trama, primo fra tutti quello che riguarda la responsabilità della sparatoria e l'avere "costruito" due figure un po' troppo stereotipate.Namio Intile ha scritto: ↑24/04/2024, 11:19 Il punto di vista è quello della protagonista, e il narratore è un io narrante. L' espediente dei due distinti tempi verbali, per il passato e per il presente funziona. Le similitudini iniziali sono riuscite (le tende di un sipario per le porte del tram, la fessura in uno scoglio per il varco tra la folla) e lasciano presagire al lettore un altro tipo di racconto rispetto a quello che leggerà. D'altra parte sin dalle prime battute riesci a costruire una figura femminile che ha raggiunto una certa posizione sociale, con i tacchi la pelliccia i denti bianchissimi l'auto che non parte, e che si trova a disagio tra la folla costretta a servirsi dei mezzi pubblici. Allo stesso modo fai con l'antagonista, che è il suo esatto opposto.
E quindi nel tuo antefatto costruisci i due idealtipi della bella e buona e della brutta e cattiva.
Se l'antefatto funziona, con la costruzione dei personaggi, forse con l'analessi e il ribaltamento seguente direi meno, soprattutto nel finale, che scioglie e spiega, ma non riesce a convincermi.
Forse perché è tutto troppo semplice, l'idea è lineare, ma qualcosa stride: il professore ferito ha certo visto chi delle due gli ha sparato alla gamba e comunque ha visto che hanno agito insieme. E le due amiche potevano benissimo scappare tutt'e due, mentre sembra che una aspetti la polizia proprio per farsi prendere e così dare avvio al ribaltamento delle posizioni che è il tema del racconto. Quindi la costruzione artificiale si nota, forse troppo. Il particolare della pistola non dice nulla, se non che una ha più coraggio ed è più altruista dell'altra, come il finale dimostra appunto ed è strumentale alla costruzione dei caratteri e al finale della storia. Le due donne hanno agito insieme, chi è stata a sparare è quasi irrilevante in un processo ed è improbabile che la studentessa borghese non sia uscita anche lei con le ossa rotte dall'esperienza della lotta armata di quegli anni. Se poi aveva una pistola in mano, con un colpo in canna, qualcuno l'aveva procurata e aveva indicato il bersaglio, non l'aveva trovata nell'uovo di Pasqua. Un gruppo armato non si muoveva per caso. Mentre così come l'hai descritto l'episodio sembra una bravata. Ma allora perché ricordare le BR e la lotta armata? Avrebbe avuto più senso un episodio di bullismo qualsiasi da cui poi una delle due si era dissociata.
Ma il punto in cui vuoi condurre il lettore dipende dal non detto sulla vita dei due personaggi. È buona la donna che ha scontato una pena per un fatto che non ha commesso, evidentemente senza parlare e tradire l'amica, è cattiva l'altra che si è rifatta una vita senza pensare al male che ha fatto, a chi ha sparato e a chi ha sopportato il fardello in sua vece, e che per giunta fa finta di non riconoscere chi le ha salvato il futuro. Mi spiace, forse una caratterizzazione del genere è troppo facile, troppo costruita, e io non riesco a crederci.
E quel Brigate Rosa del titolo, in contrapposizione alle Rosse. Forse può venire in mente solo a chi non ha vissuto quegli anni, e il ricordo è sbiadito perché mediato dai ricordi altrui. Ma se la memoria, per forza di cose, non aiuta, esiste sempre la storia.
Tuttavia è un ottimo racconto, la mano è quella di un professionista direi, ma purtroppo mi hai convinto solo in parte.
Grazie del commento e dell'apprezzamento per la scrittura. A presto!
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MIO COMMENTO
La prima figura retorica che ci offri introducendo la scena nell’incipit non è propriamente il massimo: anzi, direi, che è quella che per prima viene in mente. Il sipario che si apre, come si aprono le porte del tram. Okay, ci sta, per carità. Ma ti suggerisco di trovarne un’altra.
Ma le metafore abbondano, e però non sempre si dà l’idea della scena contestualizzata. Scrivi: “Un esile varco si crea tra due persone, simile a una fessura in uno scoglio” ti faccio notare che qui, giustamente dici un varco tra due persone, ma poi affermi “simile a una fessura in uno scoglio”, il che c’è una stonatura tecnica di fondo, in quanto la frase dovrebbe essere “simile a una fessura tra due scogli”, sennò la murena s’infila dentro lo scoglio per rimanerci e non oltrepassare, come sembra dal contesto narrante volessi intendere.
Poi scrivi: “Nonostante l’ingombro delle scarpe col tacco”, ma le scarpe col tacco creano ingombro a che cosa?
In pratica, ti faccio anche notare che per esprimere il concetto di folla nella vettura (come la chiami) utilizzi più contesti: “ingombra di cappotti, giacche a vento, giubbotti”; “una sorta di muro appena al di sopra della scaletta”; folla multicolore stipata come polli in batteria (che sono ben due tutte in una frase); e poi ci metti addirittura anche le scarpe col tacco che ingombrano!
Mentre anche per il varco, siamo lì: si ripete in concetto.
Poi scrivi: “Mentre nevica. Milano imbiancata dalla neve è spettacolare tanto quanto invivibile: taxi assenti, mezzi colmi, marciapiedi scivolosi. E la mia auto che, proprio oggi, ha deciso di non accendersi.”
I taxi infine sono assenti o mezzi colmi? Scusa, ma non l’ho capito. E l’auto invece di mettersi a moto “si accende”.
Okay, mi fermo qui, solo per evidenziare che anche un editor distratto ti avrebbe indicato quello che ti ho indicato io. Non c’è nessuna scortesia da parte mia, ma un conto è rilevare refusi è qualche frase frettolosa scappata via, un conto è rilevare le cose che assolutamente non vanno in questo testo.
E guarda che mi sono fermato al primo paragrafo.
Tuttavia, leggo che per alcuni commentatori questo è un ottimo racconto: be’, io ti ho lasciato il mio “onesto” commento da lettore vorace, poi sarai tu a decidere se è un ottimo racconto per come ti hanno scritto oppure no. Ciao. Alla prossima.
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A cura di Roberto Virdo' e Annamaria Ricco.
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A cura di Massimo Baglione e Massimo Fabrizi
con la partecipazione di: Alessandro Napolitano e Paolo Oddone.
Contiene opere di: Alberto Tristano, Roberto Guarnieri, Ramona Cannatelli, Ser Stefano, Giorgio Aprile, Gianluca Santini, Matteo Mancini, Giorgia Rebecca Gironi, Mariella Vallesi, Tommaso Chimenti, Diego Salvadori, Giulia Conti, Beatrice Traversin, Maria Cristina Biasoli, Massimiliano Campo, Il Cazzaro di 6502, Polissena Cerolini, Patrizia Birtolo, Paolo Capponi, Paolo Cavicchi, Luca Romanello, Igor Lampis, Diego Di Dio, Leonardo Boselli, David Parronchi, VS, Antonella Tissot, Sam L. Basie, Annamaria Trevale, Bruno Ugioli, Ilaria Spes, Bruno Elpis, Massimiliano Prandini, Andrea Marà, Riccardo Fumagalli, Joshi Spawnbrød, Daniele Picciuti, Gian Filippo Pizzo, Flavio Valerio Nervi, Ermanno Volterrani, Manuela Costantini, Matteo Carriero, Eva Bassa, Lorenzo Pompeo, Andrea Andreoni, Valeria Esposito, Stefano Caranti, Riccardo Carli Ballola, Stefano Pierini, Giuseppe Troccoli, Francesco Scardone, Andrea Cavallini, Alice Chimera, Cosimo Vitiello, Mariaeleonora Damato, Stefano Mallus, Sergio Oricci, Michele Pacillo, Matteo Gambaro, Angela Di Salvo, Marco Migliori, Pietro Chiappelloni, Sergio Donato, Ivan Visini, Ottavia Piccolo, Ester Mistò, Alessandro Mascherpa, Gianmarco Amici, Raffaella Munno, Michele Campagna, Diego Bortolozzo, Lorenzo Davia, Marco Solo, Gianluca Gendusa, Caterina Venturi, Lorenzo Crescentini, Silvia Tessa, Simona Aiuti, Chiara Micheli, Anna Tasinato, Valentina Giuliani, Giulio D'Antona, Maria Francesca Cupane, Veruska Vertuani, Giacomo Scotti, Chiara Zanini, Lorenzo Fontana, Tiziana Ritacco, Margherita Lamatrice, Aurora Torchia, Luigi Milani, Maurizio Brancaleoni, Gloria Scaioli, Filomena, Piergiorgio Annicchiarico, Morik Chadid, Chiara Perseghin, Massimo Ferri, Simone Messeri, Davide Dotto, Serena M. Barbacetto, Roberto Bernocco, Anthony Strange, Cristian Leonardi, Fabiola Lucidi, Roberto Bommarito, Antonio Russo De Vivo, Giacomo Gailli, Giovanni Duminuco, Federico Pergolini, Fabrizio Leonardi, Amigdala Pala, Natale Figura, Celeste Borrelli, Francesca Panzacchi, Andrea Basso, Giacomo Inches, Umberto Pasqui, Mario Frigerio, Luigi Bonaro, Luca Romani, Anna Toro, Giuseppe Varriale, Maria Lipartiti, Marco Battaglia, Arturo Caissut, Stefano Milighetti, Davide Berardi, Paolo Secondini, Susanna Boccalari, Andrea Indiano, Alexia Bianchini, Penelope Mistras, Anna Grieco, Samantha Baldin, Serena Bertogliatti, Valentina Carnevale, Gloria Rochel, Andrea Leonelli, James Carroll Wish, Marco Ferrari, Giovanni Ferrari, Mew Notice, Maurizio Vicedomini, Paride Bastuello, Alessandra Lusso, Mirko Giacchetti, Francesco Manarini, Massimo Rodighiero, Daniela Piccoli, Alessandro Trapletti, Marco Tomasetto, Conrad, Giovanni Sferro, Morgana Bart, Omar Spoti, Massimo Conti, Andrea Donaera, Roberto Alba, Libeth Libet, Angela Rosa, Valentina Coscia, Antonio Matera, Fabio Brusa, Stefano Olivieri, Isabella Galeotti, Chiara de Iure, Ilaria Ranieri, Lorenzo Valle, Francesco Fortunato, Valentina Tesio, Elena Pantano, Maria Basilicata, Antonio Costantini, Riccardo Delli Ponti, Giovanna Garofalo, Eliseo Palumbo, Federica Neri, Alessandro Napolitano, Stefano Valente, Linda Bartalucci, Luisa Catapano, Diego Cocco, Riccardo Sartori, Dario Degliuomini, Gianni Giovannone, Nicola Fierro, Federico Marchionni, Romeo Mauro, Francesco Azzurli, Filippo Pirro, Luca Marinelli, Triptil Pazol, Marco Sartori, Iunio Marcello Clementi, Maria Lucia Nosi, Valentina Vincenzini, Jacopo Mariani, Diletta Fabiani, Lodovico Ferrari, Paolo Franchini, Tullio Aragona, Davide Corvaglia, Davide Figliolini, Beniamino Franceschini, Roberto Napolitano, Valeria Barbera, Federico Falcone, Stefano Meglioraldi, Eugenia Bartoccini, Andrea Gatto, Sonia Galdeman, Filomena Caddeo, Dario D'Alfonso, Chantal Frattini, Viola Cappelletti, Maria Stella Rossi, Serena Rosata, Francesco Di Mento, Giuseppe Sciara, Mario Calcagno, Tanja Sartori, Andrea Giansanti, Lorenzo Pedrazzi, Alessio Negri Zingg, Ester Trasforini, Daniele Miglio, Viola Killerqueen Lodato, Delos Veronesi, Giuseppe De Paolis, Diego Capani, Stefano Colombo, Aislinn, Marco Marulli, Sanrei, Emanuele Crocetti, Andrea Borla, Elena Noseda, Anna Notti, Andreea Elena Stanica, Marina Priorini, Lucia Coluccia, Simone Babini, Fiorenzo Catanzaro, Francesco Mastinu, Cristina Cornelio, Roberto Paradiso, Andrea Avvenengo, Maria Boffini, Mara Bomben, Alex Panigada, Federico Iarlori, Marika Bernard, Alessandra Ronconi, Francesco Danelli, Gabriele Nannetti, Salvatore Ingrosso, Paolo Oddone, Valerio Evangelisti.
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Bagliori Cosmici
la Poesia nella Fantascienza
Il sonetto "Aspettativa" di H. P. Lovecraft è stato il faro che ha guidato decine di autori nella composizioni delle loro poesie fantascientifiche pubblicate in questo libro. Scoprirete che quel faro ha condotto i nostri poeti in molteplici luoghi; ognuno degli autori ha infatti accettato e interpretato quel punto fermo tracciando la propria rotta verso confini inimmaginabili.
A cura di Alessandro Napolitano e Massimo Baglione.
Contiene opere di: Sandro Battisti, Meth Sambiase, Antonella Taravella, Tullio Aragona, Serena M. Barbacetto, Francesco Bellia, Gabriele Beltrame, Mara Bomben, Luigi Brasili, Antonio Ciervo, Iunio Marcello Clementi, Diego Cocco, Vittorio Cotronei, Lorenzo Crescentini, Lorenzo Davia, Angela Di Salvo, Bruno Elpis, Carla de Falco, Claudio Fallani, Marco Ferrari, Antonella Jacoli, Maurizio Landini, Andrea Leonelli, Paolo Leoni, Lia Lo Bue, Sandra Ludovici, Matteo Mancini, Domenico Mastrapasqua, Roberto Monti, Daniele Moretti, Tamara Muresu, Alessandro Napolitano, Alex Panigada, Umberto Pasqui, Simone Pelatti, Alessandro Pedretta, Mattia Nicolò Scavo, Ser Stefano, Marco Signorelli, Salvatore Stefanelli, Alex Tonelli, Francesco Omar Zamboni.
La Gara 22 - Un'estate al mare.
A cura di Licetti.
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La Gara 18 - Brividi a Natale
A cura di Mastronxo.
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Gara d'inverno 2020-2021 - Una rampa per l'abisso, e gli altri racconti
A cura di Massimo Baglione.
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