Haetio (Dandelion)
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Haetio (Dandelion)
La landa desolata si stendeva a perdita d’occhio in ogni direzione, escluso l’ovest, dove era diretto.
In lontananza si scorgeva una catena montuosa, ma sapeva che prima avrebbe trovato gli alberi e alcune polle d’acqua. Era tutto ancora molto distante, almeno un paio di giorni di cammino lo dividevano dalle prime piante. E poi altri due per il suo villaggio, ai piedi dei monti, sempre ammesso che esistesse ancora.
Cinque anni possono volare, ma sono tanti se li trascorri lontano da casa.
Lo sguardo vagliò l’orizzonte completo, alla ricerca di qualcosa o qualcuno che non apparve.
Tolse la borraccia da tracolla e bevve un sorso, poi la richiuse.
«Ehi, io.»
«Scusami Haetio, ero soprappensiero. Eccoti un goccetto.»
Versò un poco d’acqua nella ciotola appesa al collo del Superiore, reggendola mentre questi beveva.
«Uh uh.»
«So che è poca, ma dobbiamo farcela bastare. Fino al bivio non ne troveremo. E forse neppure là.»
«A-ha» disse il quadrupede una volta terminato di dissetarsi.
Margon lasciò la ciotola, che tornò a penzolare dal collo di Haetio.
«Amico mio, meglio partire subito. In questa terra pare non ci sia mai nessuno, ma spesso riserva sorprese. Finora è andata bene, quindi sfruttiamo il momento buono e proseguiamo. Forse qualcuno mi aspetta ancora.»
Si incamminò sotto un cielo dominato da un rosso sole al suo apice, subito seguito dal Superiore, in quella terra piatta, semidesertica e quasi completamente disabitata, dove di tanto in tanto apparivano rovine di costruzioni, residui del Tempo Prima.
A volte ci trovava rifugio qualche essere umano, esiliato o scappato da un fortino, gente disperata. Altre volte animali in cerca di riparo o in agguato. Ma nella maggior parte dei casi non c’era niente fra quelle mura diroccate, se non una parvenza d’ombra ove poter riposare.
«Lo sai, Haetio, che quella su cui stiamo camminando una volta era una strada enorme? Era ricoperta da uno strato di catrame e vi passava un’infinità di mezzi. Ora è sepolta da metri di terra e polvere, ma ogni tanto qualche pezzo riappare. Vedrai che prima di arrivare a destinazione ne incontreremo.»
Haetio si fermò, volse la testa in direzione di Margon scuotendola lentamente dall’alto in basso, poi disse: «A-ai?»
«Come lo so? Nelle sacche sul tuo dorso ci sono decine di vecchi libri, alcuni con immagini di strade e città. Li ho cercati per anni, e alla fine ce l’ho fatta.»
«E è.»
«Sì, certo. Ho trovato anche te» disse sorridendogli.
Gli occhi del Superiore luccicarono per un istante.
Ripresero l’andatura.
Le ombre si stavano allungando e sarebbe stato meglio trovare un riparo per la gelida notte.
Secondo le mappe riportate da uno dei libri stavano transitando in una zona densamente abitata nel Tempo Prima, quindi avrebbero dovuto trovare parecchi ruderi, ma non se ne vedevano.
«Qui c’era una città e ora non c’è più nulla, solo cumuli di pietre. E di terra.»
Probabilmente gli edifici si sono sgretolati del tutto. Quanto è folle la razza umana. Però forse c’è qualcosa…
«Guarda, Haetio. Là in fondo, alla nostra sinistra, ci sono dei muri ancora in piedi. Andiamo a vedere se ci si può fermare per la notte.»
Era un pezzo di edificio che aveva resistito a tutti gli eventi succedutisi negli anni dopo la Rivoluzione. Due stanze quasi completamente coperte, anche se non rappresentavano il massimo della comodità, erano estremamente gradite.
Deposto il pesante zaino, Margon ripulì alla meglio la più interna e protetta delle due, mentre Haetio spostò alcuni grossi pezzi di pietra e cemento con l’ausilio delle sue robuste zampe.
«Bene, bene, stanotte saremo al coperto. Vieni qua che ti tolgo quella roba di dosso, così ti sentirai leggero come una piuma.»
Slacciò la cinghia, prese le borse e le depositò dolcemente dove prima aveva pulito, trattandole come contenessero un tesoro.
«Ora accendiamo un bel fuoco, tra poco sarà buio e la temperatura crollerà. E poi mangiamo un boccone. Sei d’accordo?»
«Ih, ih… ahm»
«Ah ah ah... hai fame Haetio, vero?» La risata si spense subito. «Purtroppo dobbiamo razionare anche il cibo, almeno per un paio di giorni ancora.»
Il Superiore scosse il capo, dispiaciuto. Una stazza come la sua aveva bisogno di parecchio per mantenersi in forma, e digiunare poteva essere deleterio. Per fortuna qualcosa da mettere sotto i denti c’era ancora. E prima o poi sarebbero arrivati a qualche prato.
Margon tolse dallo zaino un fornelletto al quale applicò una minuscola bombola contenente gas.
Un lascito del Tempo Prima, uno dei pochi utilizzabili.
«Fino a che ne abbiamo si usano, e meno male, perché altrimenti non vedo come avremmo potuto accendere un fuoco in questo luogo desolato. Ci sono solo pietre e polvere. Speriamo che qualcuno impari a realizzare di nuovo questi gioielli, prima che si esauriscano le scorte.»
Da una sacca estrasse del foraggio compresso e lo diede a Haetio, che subito vi si avventò.
«Mangia adagio, così dura di più. Ne è rimasto solo per domani, poi dovrò darti qualcosa di mio, sempre che ne abbia ancora. Ora ti verso l’acqua.»
Prese poi della carne secca, ne tagliò un paio di strisce e sedette a gambe incrociate davanti all’amico a quattro zampe, masticando lentamente. Posta nell’apertura che separava le due stanze, la fiamma rischiarava a sufficienza per vedersi.
«A te questa roba non piace di sicuro» disse Margon ingoiando un boccone, «se c’è ancora del granoturco ti do quello.»
Haetio assentì, ma già stava passando alla fase di riposo.
Povero piccolo, vedrai che da qualche parte ci sarà qualche tuo simile. Non puoi essere solo.
Margon rivisse il loro incontro, pochi mesi prima. Già sulla strada del ritorno, appesantito dai libri recuperati in una biblioteca parzialmente salvatasi dal disastro, aveva udito grida incomprensibili provenire da oltre il colle su cui stava salendo. Abbandonate con riluttanza le sacche, era giunto in fretta alla cima e aveva visto un triste spettacolo: cinque animali, forse asini, stesi a terra e uno poco più che cucciolo che passava da un corpo all’altro gridando.
Ancora adesso gli riecheggiavano nelle orecchie quelle urla strazianti. «A-ha, a-ha… eh-io, eh-io…»
Avvicinatosi, era riuscito a vincere la paura che dominava quell’essere e a consolarlo. In quel frangente comprese che non era un asino, ma un Superiore.
Ne aveva sentito parlare, ma era il primo che incontrava. Un equino evolutosi dopo la Rivoluzione, risultato di mutazione genetica. Stesso muso dell’asino, corpo tozzo, gambe più corte e, soprattutto, capacità di dialogo. Limitata dalla forma della bocca, ma chiaro sintomo di intelligenza.
Adesso era solo, sopravvissuto all’avvelenamento, al contrario di tutta la sua famiglia.
Aveva seguito Margon, legandosi in maniera quasi morbosa.
Il cielo rischiarava quando si rimisero in cammino.
Nessun incontro e solo una breve sosta per il pranzo. Era pieno pomeriggio quando Haetio notò alcuni ciuffi d’erba e vi si fiondò, cogliendo di sorpresa il compagno di viaggio.
«Caspita… prima del previsto. Credevo dovessi attendere fino a domani. Meglio così.»
Lasciò che il Superiore brucasse con calma, poi ripartirono, incontrando sempre più spesso dei cespugli e altra vegetazione. La morfologia del terreno stava cambiando in fretta.
Passarono una notte all’addiaccio, accanto a un cumulo di pietre, con il solo aiuto dato da una coperta, ma col pensiero che il giorno successivo sarebbero arrivati al bivio.
Infatti, a metà mattina, Margon scorse la luccicante costruzione. Ancora distante, ma ormai era questione di poco.
«E-ho, ha.»
«Sì, Haetio, è là. Andiamo.»
Non essendoci strade tracciate e definite, il bivio era chiamato così per la presenza di quella torre d’acciaio. Alta una decina di metri e a base triangolare, vista da lontano pareva una V, messa apposta per scegliere se andare da una parte o dall’altra.
E forse l’intenzione dei costruttori era quella, visto che a destra vi erano le prime piante ad alto fusto, che più avanti si infittivano, mentre a sinistra il terreno proseguiva come prima.
Un separatore. Un bivio, appunto.
«La prima volta che sono stato qui mi sono chiesto a cosa servisse. Non ci sono aperture, né porte né finestre. È come se qualcosa fosse stato rivestito e sigillato.»
Margon prese il primo libro della sacca e lo sfogliò.
«Niente… anche qui non ne parla e sulla mappa della zona non è segnato.»
Haetio gli si avvicinò e diede a sua volta un’occhiata alla pagina aperta. Era curioso, voleva sapere. «Quando ho lasciato il villaggio, tutti sapevano di questo manufatto, ma nessuno aveva la minima idea sulla sua funzione, se mai ne ha avuta una. Guarda Haetio» disse aprendo bene il libro e indicando con l’indice, «questa è la mappa e qui ci sono segni che divergono. Strade. E queste sono case, ma non c’è traccia del nostro amico d’acciaio.»
Il quadrupede assentì, poi scosse la testa: «Ho, ho.» Si scostò e fece un paio di passi verso gli alberi.
«A-hua.»
«Hai ragione, per la miseria.» Mise il libro nello zaino e si mosse a sua volta. «Vieni, seguimi. A pochi minuti da qui c’era una polla surgiva, non credo sia scomparsa.»
«Ah ah ah, a-hua!»
«Visto? Non mi sbagliavo, eccola.»
Il Superiore si fermò a un paio di metri dall’acqua, fissandola, mentre Margon riempiva la borraccia e un otre.
«Che aspetti? È potabile…» disse poi, vedendo che Haetio non si muoveva.
Sei Superiori. Famiglia felice e in espansione, che si muove in quello che può essere un mondo nuovo, diverso da prima. Lui è l’ultimo arrivato. Ha pochi mesi di vita, ma è già completamente attivo e partecipe a questa avventura.
Papà ha detto che ci sono altri Superiori, l’ha sentito dagli umani, e ha deciso di rintracciarli per formare una comunità. Mamma era contraria, ma i figli erano tutti entusiasti e ha dovuto cedere.
Qualcuno non vuole. Forse ha timore, forse semplice odio tipico della sua razza.
I sei si fermano a una polla d’acqua per dissetarsi. Prima i genitori, poi i figli, dice la regola. Lui la rispetta, ma non i fratelli. Dopo il primo sorso papà alza il capo e grida: «h-o, h-o… ìa, ìa, ìa…».
Cade, lamentandosi. Uno per volta li vede cadere tutti. Non capisce.
Passa da un corpo all’altro: «A-ha, a-ha… eh-io, eh-io…»
«Haetio?»
Margon gli si avvicinò e vedendo alcune lacrime solcare il muso del quadrupede, comprese cosa stesse rivivendo.
Lo accarezzò. «Vieni, questa si può bere. E vedrai, piccolo, che troveremo i tuoi simili.»
«Hì, a-hua, hì» e andò verso l’acqua.
Si dissetarono con calma.
Una volta ristoratisi, Margon disse: «Amico mio, tra un paio di giorni dovremmo essere a casa e ti presenterò ad amici e familiari, sempre che ancora ci siano. Se così sarà, cercherò di convincerli ad aiutarmi nella ricerca dei tuoi fratelli. Che ne dici?»
Gli occhi di Haetio si illuminarono e la bocca formò un sorriso, poi colpì il volto dell’uomo col muso, in segno d’affetto e ringraziamento.
«Ora però è meglio andare, sai? Prima si parte e prima si arriva.»
«Hi hi.»
«Ed è bene che raggiungiamo il bosco. Ci proteggerà e saremo sempre più vicini alla meta.»
S’incamminò, subito seguito dal Superiore, verso i primi radi alberi.
«Manca poco al tramonto e qui fa buio in fretta, vediamo di costruirci un riparo per tempo.»
Haetio si guardava intorno, estasiato. Erba ovunque. Alta e grassa, come piaceva a lui.
«Hai visto? Te l’avevo detto che avresti trovato cibo a volontà. Prima però devi aiutarmi a spezzare qualche ramo, voglio fare un capanno sfruttando questi tre alberi vicini, se possibile.»
Terminata l’opera si dedicarono al cibo. Mentre il Superiore si sfamava nei dintorni, Margon preparò la sua cena, scarsa come sempre.
Non dovremmo essere lontani, forse domani potrò fare un pasto completo.
Bevve un sorso d’acqua. Si bloccò con la borraccia a mezz’aria sentendo un ramo spezzarsi sotto un peso.
«Sei tu, Haetio?»
«Non so chi sia Haetio, io mi chiamo Torb.»
Margon si alzò di scatto, coltello in mano. «Dove sei?»
«Sopra di te. Ora scendo.»
Volse lo sguardo in alto e vide qualcuno muoversi tra i rami. Un attimo dopo erano di fronte.
«Ero qui quando ti ho visto arrivare con quel mulo. È la tua bestia da soma?»
«Non è un mulo, è un Superiore.»
«Eh? Fa niente. Comunque non volevo farmi vedere e sono salito sul pino sperando andaste per la vostra strada. Visto che vi siete fermati ho deciso di scendere. Dove state andando?»
«Ah-hon…»
«Ehi, ecco il mulo.»
«Non è un mulo ti ho detto. Tranquillo, Haetio, è innocuo.»
«Certo che sono innocuo, mi faccio i fatti miei, io.»
«Bene, ciò è positivo. Comunque, se proprio vuoi saperlo, sto tornando a casa.»
«Casa? C’è un villaggio a un giorno di cammino, subito oltre il bosco. Sei diretto là?» disse Torb indicando sudovest.
Il volto di Margon s’illuminò. «Sentito Haetio? C’è ancora la mia gente e domani saremo da loro.»
«E-he, ah-hon.»
Torb si volse a guardarlo: «Ma tu sai parlare? Credevo avessi lanciato un versaccio, prima…»
Il quadrupede volse il capo, quasi vergognandosi.
«Non parla come noi, ma capisce ed emette monosillabi comunque comprensibili.»
«Questa è bella, un mulo parlante. Potresti fare i soldi, amico!»
Margon finse di non aver sentito e chiese: «Hai mangiato? Mi è rimasta della carne secca, se vuoi. È l’ultima, ma domani saremo a casa.»
Torb accettò di buon grado e sedettero insieme parlando delle loro storie. Lui era un semplice giramondo sempre alla ricerca di un luogo dove fermarsi, ma mai soddisfatto di quel che trovava, pertanto in continuo spostamento. Nonostante i pericoli.
«Che c’è in quelle sacche?» disse d’un tratto.
«Libri.»
«Uhm, ne ho sentito parlare, ma non ne ho mai visti. A che servono?»
«Ho girato anni per trovarli. Li porto alla mia gente per far capire che nel Tempo Prima c’erano cose belle, utili. Leggendo i libri si imparano tante cose. Guarda…»
Gli mostrò le mappe e altri volumi, ma Torb non fu molto colpito.
«Secondo me vanno bene per accendere il fuoco. E credo che al villaggio la pensino come me. Temo abbia sprecato il tuo tempo, amico.»
«Può darsi. Lo saprò presto. Ora io dormo, se ti fermi con noi faremo turni di guardia.»
«Va bene, comincio io.»
«No, il primo turno è mio.»
Torb non rispose e cercò di sistemarsi un giaciglio sotto le frasche. Haetio osservava le poche stelle visibili tra gli alberi, appena davanti al rifugio, con mille pensieri in costruzione dentro di lui.
Margon si destò al trillo di centinaia di uccelli che salutavano la levata del sole.
Subito si accorse che all’entrata non c’era Torb, ma il Superiore. Si tranquillizzò poco dopo scoprendolo addormentato con un libro in mano e altri sparsi per terra.
Sorrise.
Non servono solo per accendere il fuoco, vero?
Si avvicinò a Haetio e gli accarezzò il muso, ricevendo uno sguardo carico di gioia sincera.
«No, non vengo con voi. Sono già stato lì, ma non c’è niente che mi possa far restare. Vado in cerca del bivio, poi vedrò.»
«Come vuoi, noi saremo là se ci cercherai.»
«D’accordo. Buona fortuna.»
«Anche a te, Torb.»
Lo guardarono allontanarsi nella direzione da cui provenivano loro, poi partirono a loro volta.
«Andiamo, Haetio, ci aspettano.»
Si fermarono per quello che avrebbe dovuto essere un pasto e per il Superiore non ci furono problemi, ma Margon dovette accontentarsi dell’ultimo pane, durissimo.
Poco dopo gli alberi presero leggermente a diradarsi.
«Siamo davvero vicini, sai?»
Improvvisamente si aprì davanti a loro una spianata enorme, piena di fiori gialli e altri biancotrasparenti dai quali, di tanto in tanto, si staccavano pezzi che volteggiavano nell’aria.
«Dandelion, Haetio, si chiamano dandelion.»
Il quadrupede li osservava rapito: «A-he-hion?»
«Sì, dandelion. Significa “fiore del desiderio”. Se ne prendi uno di quelli bianchi e soffi, esso si dissolverà nell’aria. Esprimi un desiderio mentre soffi e il vento lo porterà con sé cercando di realizzarlo.»
Vide Haetio rattristarsi e alcune lacrime uscirgli dagli occhi.
Colse un paio di fiori e si avvicinò all’amico: «Soffia, Haetio, soffia ed esprimi un desiderio.»
Il quadrupede soffiò forte.
«Ma come, stai via cinque anni e dopo meno di due mesi riparti? Cercati una donna e fermati con noi, ve ne sono di carine.»
«Lo so, Gianime, ma mi sento inutile. Vi ho portato un po’ della cultura del Tempo Prima e l’avete snobbata, ritenendola inutile. Per me serve e devo trovare qualcuno che la pensi allo stesso modo. Qui non ve ne sono.»
Gianime scrollò il capo: «So che con te è difficile vincere, quindi non insisto. Però mi spiace tanto. Ripensaci, se puoi.»
«No. Domani ce ne andremo.»
«Lo porti con te? Fai bene, lui è davvero infelice, qui.»
«Lo so. È uno dei motivi principali per cui parto.»
«Va bene, Margon. Comunque sei un amico unico per tanti, sappilo.»
Uscì dalla casa dirigendosi verso la sua bottega sempre scuotendo la testa, ma sulla porta apparve un’altra figura.
«Io la penso come te, Margon.»
«Vreena, che fai qui. Tuo padre se n’è appena andato.»
«Ho visto, per questo sono venuta. Voglio partire con te.»
«Ma che dici, piccola…»
«Non sono piccola, non lo sono da un po’ e voglio vivere la mia vita in maniera migliore che qua. Ho visto i libri, ho letto qualcosa, guardato le figure. Sono meravigliosi.»
«Non se ne parla, Vreena, tuo padre non me lo perdonerebbe.»
«A mio padre non importa nulla di me, ha solo donne e lavoro in mente. Niente altro.»
Margon la squadrò.
«E comunque non mi vedrà partire con nessuno» riprese la ragazza.
«Hi-na, hi-na…» il muso di Haetio apparve dietro di lei che si volse, sorridente, ad abbracciarlo. L’uomo continuò la preparazione delle sue cose, poi disse: «Haetio, domattina partiamo.»
Il villaggio si stava destando alle prime luci dell’alba. Il superiore e il suo amico umano erano davanti al prato di dandelion, sacche per uno e zaino per l’altro.
«I-i?»
«Libri ne ho presi pochi, se abbiamo bisogno so come e dove recuperarli. Sono quasi tutte provviste.»
Volse un ultimo sguardo alle case poi si mosse.
«Andiamo a cercare i tuoi fratelli, Haetio. Mentre attraversi il prato soffia ed esprimi desideri…»
Tra i primi alberi una figura femminile si unì a loro, con gioia di Haetio e Margon.
«Ti ho mai parlato di Torb, Vreena?
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Commento Haetio (Dandelion)
Mi riservo di rileggere almeno ancora un paio di volte.
Per ora ti segnalo la necessità di controllare il motivo di quei caratteri all’inizio e alla fine di qualche frase.
Esempio [ i ] Povero piccolo, vedrai che da qualche parte ci sarà qualche tuo simile. Non puoi essere solo. [ /i ]
Dovrebbe essere una frase in corsivo, ma nel mio "browser" non compare.
Uso dei caporali. Regola abbastanza condivisa vuole che al termine del discorso diretto il punto o la virgola siano riportati dopo il caporale, non prima.
Concordo comunque sulla possibilità altrettanto condivisa sull'uso dei caporali. La contesa è aperta e per ora uno standard non esiste e mai esisterà, temo.
Dopo il commento di Namio Intile mi è difficile aggiungere considerazioni che abbiano un senso.
Scusami ma mi limito a un commento da lettore. Mi rendo conto della difficoltà di "manovrare" un racconto complesso, e la prova è più che valida, per me il voto è 4.
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Re: Commento Haetio (Dandelion)
in effetti si tratta di frasi in corsivo e quando ho inserito il testo si vedevano normlmente.Alberto Marcolli ha scritto: ↑28/01/2022, 14:56 Dura commentare questa tua storia. L’impressione dopo la prima lettura sarebbe: “opera incompiuta?”
Mi riservo di rileggere almeno ancora un paio di volte.
Per ora ti segnalo la necessità di controllare il motivo di quei caratteri all’inizio e alla fine di qualche frase.
Esempio [ i ] Povero piccolo, vedrai che da qualche parte ci sarà qualche tuo simile. Non puoi essere solo. [ /i ]
Dovrebbe essere una frase in corsivo, ma nel mio "browser" non compare.
Uso dei caporali. Regola abbastanza condivisa vuole che al termine del discorso diretto il punto o la virgola siano riportati dopo il caporale, non prima.
per quanto riguarda la punteggiatura nei caporali può darsi tu abbia ragione, io ho sempre scritto così e nessuno mi ha mai segnalato il problema.
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Alberto, io la penso come Fausto. La punteggiatura la metto prima dei caporali. Ti assicuro che è regola abbastanza diffusa anche questa.Alberto Marcolli ha scritto: ↑28/01/2022, 14:56 Uso dei caporali. Regola abbastanza condivisa vuole che al termine del discorso diretto il punto o la virgola siano riportati dopo il caporale, non prima.
Quanto al racconto, Fausto: il tuo inizio mi è parso laborioso, con inutili ripetizioni (anche subordinate) e l'uso eccessivo del che relativo.
"Il sibilo del vento faceva sì che Margon percepisse la vita intorno a sé. Come sentire un alitare, il soffio di un respiro.
La landa desolata si stendeva a perdita d’occhio in ogni direzione, escluso l’ovest, dove era diretto.
In lontananza si scorgeva una catena montuosa, ma sapeva che prima avrebbe trovato gli alberi e alcune polle d’acqua. Era tutto ancora molto distante, almeno un paio di giorni di cammino lo dividevano dalle prime piante. E poi altri due per il suo villaggio, ai piedi dei monti, sempre ammesso che esistesse ancora."
Io avrei scritto: Il sibilo del vento era come un alitare, il soffio di un respiro, e lasciava percepire la vita intorno, nonostante la desolazione dovunque tranne che verso l'ovest, dove Margon era diretto. In lontananza si alzava una catena montuosa dove era certo prima o poi avrebbe trovato alberi e polle d'acqua. Tuttavia almeno un paio di giorni lo dividevano dalla prima vegetazione e altri due per il suo villaggio, ammesso ancora esistesse, ai piedi dei monti.
Il racconto prosegue poi con dei dialoghi molto ben costruiti.
Ti segnalo solo: " se mai ne ha avuta una." abbia avuta.
Quanto al racconto lasci il dubbio sull'essenza specifica di Margon fino alle ultime battute, ma non c'è alcun colpo di scena: Margon è un uomo ed Haetio il suo fido asino semi parlante. Racconto che pare una specie di fiaba con al centro la ricerca di libri e il loro dono: a tutti però sembra molesto e passa inosservato e incompreso. Libri come sinonimo di conoscenza e di saggezza e quindi rifiutati e considerati estranei, quasi a dimostrare la mancanza di senno delle nuove, come delle vecchie, generazioni e a giustificare l'armageddon passato.
Insomma, l'uomo non impara mai dai propri errori.
La compagnia nel finale, come ogni buona compagnia, si allarga e il viaggio prosegue alla ricerca dei libri come fosse un'epifania di speranza.
Ottimo lo spunto narrativo, fosse dipeso da me avrei evitato la virata fantasy con Haetio parlante, ma de gustibus, sai che non amo molto quel genere.
Buon lavoro.
P.S. Il tuo Haetio non mi ha ricordato Flavius Aethius volgarmente conosciuto come Ezio, Comes et magister militum per Gallias sotto Valentiniano III ee barbaro come tutti i Magistri militum del tempo; forse Goto o Franco può darsi anche Sciita, respinse per decenni Avari, Goti, Burgundi, Franchi dal limes per poi riuscire a battere il mongolo in campo aperto nel 451 ai Campi Catalunici.
Un nome scelto a caso?
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Re: Haetio (Dandelion)
proverò a modificare alcune parti.
per quanto riguarda il nome è scelto a caso, senza alcun riferimento
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Il refuso delle è capitato anche a me, pare che il programma non accetti il carattere corsivo. La storia si legge volentieri ed è simpatica la figura dell'asino mutante, con l'unico rimpianto che sarebbe stato un validissimo candidato a PdR.
Voto 4
Commento: Haetio (Dandelion)
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Non lo so. Forse non riesco a capirlo io.
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Questo mi è piaciuto decisamente di più dell'altro, l'ho trovato più coerente con l'ambientazione, molto curata, con buoni dialoghi e interessante come storia; bello il rapporto fra Margon e Haetio, qui caratterizzato piuttosto bene.
Ora ai due si è aggiunta anche Vreena, che il viaggio non sia finito?
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Re: Commento
infatti non è finito, Roberto, sta proseguendoRoberto Bonfanti ha scritto: ↑27/02/2022, 22:27 Ciao Fausto, mi ricordo dei "Superiori", personaggi che avevi introdotto in un racconto di qualche gara fa, così sono andato a rileggere anche quello e il mio relativo commento.
Questo mi è piaciuto decisamente di più dell'altro, l'ho trovato più coerente con l'ambientazione, molto curata, con buoni dialoghi e interessante come storia; bello il rapporto fra Margon e Haetio, qui caratterizzato piuttosto bene.
Ora ai due si è aggiunta anche Vreena, che il viaggio non sia finito?
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Re: Commento
grazie del commento.Mithril ha scritto: ↑21/02/2022, 14:44 Racconto intrigante, spero ci sia un seguito in cantiere che sviluppi le potenzialità dello scenario. In effetti è difficile aggiungere qualcosa ai commenti precedenti, c'è molto potenziale e una riscrittura potrebbe sistemare alcune criticità. Comunque lettura piacevole, ero molto interessato a sapere dove sarebbe andato a parare, forse potrebbe starci bene una scena un po' più forte verso il finale.
Molto felice ci sia qualcuno che scrive fantasy, pensavo che sarebbero stati tutti racconti di genere sul sito e invece è il primo che trovo
ti segnalo un piccolo refuso:
Torb, ma il Superiore. Si tranquillizzò poco dopo scoprendolo
sì, c'è un seguito in via di completamento
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Io ho visto immagini, e persone, e luoghi, in questo breve stralcio. Spero che vorrai approfondire il tutto.
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GrandPrix d'inverno 2023/2024 - Terrazze d'aprile - e le altre poesie
A cura di Massimo Baglione.
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Giudizio Ardito - A.D. - Apocalypse Day
A cura di Arditoeufemismo.
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Gara d'estate 2023 - La passe - e gli altri racconti
A cura di Massimo Baglione.
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Carosello
antologia di opere ispirate dal concetto di Carosello e per ricordare il 40° anniversario della sua chiusura
Nel 1977 andava in onda l'ultima puntata del popolare spettacolo televisivo serale seguito da adulti e bambini. Carosello era una sorta di contenitore pubblicitario, dove cartoni animati e pupazzetti vari facevano da allegro contorno ai prodotti da reclamizzare. Dato che questo programma andava in onda di sera, Carosello rappresentò per molti bambini il segnale di "stop alle attività quotidiane". Infatti si diffuse presto la formula "E dopo il Carosello, tutti a nanna".
Per il 40° anniversario della sua chiusura, agli autori abbiamo chiesto opere di genere libero che tenessero conto della semplicità che ha caratterizzato Carosello nei vent'anni durante i quali è andato felicemente in onda. I dodici autori qui pubblicati hanno partecipato alle selezioni del concorso e sono stati selezionati per questo progetto letterario. Le loro opere sono degni omaggi ai nostri ricordi (un po' sbiaditi e in bianco e nero) di un modo di stare in famiglia ormai dimenticato.
A cura di Massimo Baglione.
Contiene opere di: Giorgio Leone, Enrico Teodorani, Cristina Giuntini, Maria Rosaria Spirito, Francesco Zanni Bertelli, Serena Barsottelli, Alberto Tivoli, Laura Traverso, Enrico Arlandini, Francesca Rosaria Riso, Giovanni Teresi, Angela Catalini.
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B.A.L.I.A.
Buona Alternativa alla Lunga e Illogica Anzianità
Siamo nel 2106. BALIA accudisce gli uomini con una logica precisa e spietata, in un mondo da lei plasmato in cui le persone nascono e crescono in un contesto utopico di spensieratezza e di bel vivere. BALIA decide sul controllo delle nascite e sulle misure sanitarie da adottare per mantenere azzerato l'incremento demografico e allungare inverosimilmente la vita di coloro che ha più a cuore: gli anziani.
Esiste tuttavia una fetta di Umanità che rifiuta questa utopia, in quanto la ritiene una distopia grave e pericolosa.
BALIA ha nascosto il Passato ai suoi Assistiti, ma qualcuno di questi ha conservato i propri ricordi in un diario e decide di trascriverli in una rischiosa autobiografia. Potranno, questi ricordi, ripristinare negli Assistiti quell'orgoglio di vivere ormai sopito? E a che prezzo?
Di Ida Dainese e Massimo Baglione.
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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.
La Paura fa 90
90 racconti da 666 parole
Questo libro è una raccolta dei migliori testi che hanno partecipato alla selezione per l'antologia La Paura fa 90. Ci sono 90 racconti da non più di 666 parole. A chiudere l'antologia c'è un bellissimo racconto del maestro dell'horror Danilo Arona. Leggete questa antologia con cautela e a piccole dosi, perché altrimenti correte il rischio di avere terribili incubi!
A cura di Alessandro Napolitano e Massimo Baglione.
Contiene opere di: Maria Arca, Pia Barletta, Ariase Barretta, Cristiana Bartolini, Eva Bassa, Maria Cristina Biasoli, Patrizia Birtolo, Andrea Borla, Michele Campagna, Massimiliano Campo, Claudio Candia, Carmine Cantile, Riccardo Carli Ballola, Matteo Carriero, Polissena Cerolini, Tommaso Chimenti, Leonardo Colombi, Alessandro M. Colombo, Lorenzo Coltellacci, Lorenzo Crescentini, Igor De Amicis, Diego Di Dio, Angela Di Salvo, Stefano di Stasio, Bruno Elpis, Valeria Esposito, Dante Esti, Greta Fantini, Emilio Floretto Sergi, Caterina Franciosi, Mario Frigerio, Riccardo Fumagalli, Franco Fusè, Matteo Gambaro, Roberto Gatto, Gianluca Gendusa, Giorgia Rebecca Gironi, Vincenza Giubilei, Emiliano Gotelli, Fabio Granella, Mauro Gualtieri, Roberto Guarnieri, Giuseppe Guerrini, Joshi Spawnbrød, Margherita Lamatrice, Igor Lampis, Tania Maffei, Giuseppe Mallozzi, Stefano Mallus, Matteo Mancini, Claudia Mancosu, Azzurra Mangani, Andrea Marà, Manuela Mariani, Lorenzo Marone, Marco Marulli, Miriam Mastrovito, Elisa Matteini, Raffaella Munno, Alessandro Napolitano, Roberto Napolitano, Giuseppe Novellino, Sergio Oricci, Amigdala Pala, Alex Panigada, Federico Pergolini, Maria Lidia Petrulli, Daniele Picciuti, Sonia Piras, Gian Filippo Pizzo, Lorenzo Pompeo, Massimiliano Prandini, Marco Ricciardi, Tiziana Ritacco, Angelo Rosselli, Filippo Santaniello, Gianluca Santini, Emma Saponaro, Francesco Scardone, Giacomo Scotti, Ser Stefano, Antonella Spennacchio, Ilaria Spes, Antonietta Terzano, Angela Maria Tiberi, Anna Toro, Alberto Tristano, Giuseppe Troccoli, Cosimo Vitiello, Alain Voudì, Danilo Arona.