L'elevato

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Letylety
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L'elevato

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Franco, dopo un paio di giorni di stressanti elucubrazioni, aveva chiamato la dottoressa Paolini per una seduta psicanalitica. Le aveva con fermezza richiesto un tempo di due ore, a suo parere necessario per raccontare una storia. La psicanalista d'acchito aveva espresso qualche dubbio sulle modalità dell’incontro poi, vista l’insistenza, aveva acconsentito.
All’appuntamento fissato alle sei di sera Franco si presentò molto concentrato. La dottoressa lo accolse nello studio vestita con un elegante tailleur attillato bordò e tacchi a spillo e un foulard verde a ornarle il collo.
Lo fece accomodare sul lettino, mentre lei si sedette su una poltrona di pelle marrone più scostata all’indietro.
“Franco, mi racconti.”
“Bene. La storia comincia circa trent’anni fa. Nell’azienda in cui lavoravo, un giorno fu assunta una ragazza. Si chiamava Giorgia. All’epoca io avevo ventisette anni e Giorgia ventidue. Avevamo due ruoli diversi, perché io ero amministrativo e lei commerciale. S’inseriva in un ambiente giovane, composto di una quarantina di persone dai venti ai trent’anni.”
“Mi parli di Giorgia.”
“Era molto carina, occhi azzurri e capelli color biondo cenere. Non era tanto alta, pur tuttavia teneva un’andatura dinoccolata e rilassata. Aveva un sorriso dolce e triste anche quando era allegra. Come le dicevo l’ambiente di lavoro era molto giovane e gli approcci anche solo per simpatia erano tanti. Ragazzi e ragazze dell’ufficio e del magazzino si ritrovavano immersi in un clima molto effervescente. Erano anni d’oro, dove l’economia non risentiva di alcun problema e gli stipendi garantivano un tipo di vita piacevole.
Giorgia mi piacque subito, come mi erano piaciute altre ragazze arrivate in quel periodo. Un venerdì pomeriggio organizzai di trovarci la sera per fare un giro a Roma. Mi disse che ci sarebbe stata anche una sua amica e fissammo l’incontro ai cancelli della ditta per le otto. Io mi preparai di tutto punto, contento di uscire. Non avevo in testa scopi particolari, a quell’età si è più liberi e vogliosi di ritrovarsi.
Mi presentai in orario e trovai Giorgia, l’amica Claudia e…Alfredo. Costui era un ragazzo della copisteria che lavorava con noi, una presenza abituale e a me per nulla sconosciuto. Lo avevo trovato una sera in un bar e bevendo quattro o cinque aperitivi avevamo fatto amicizia. Ancora oggi non so se rimasi stupito dalla sua presenza. Andammo a Roma e fu una bella serata. Non ricordo molto i particolari, ma non mi sono dimenticato che continuavo a specchiarmi nei grandi occhi azzurri di Giorgia. Ne ero ammaliato, ne osservavo la bellezza e la curiosità con cui guardava le persone. La sua erre moscia era un tocco in più alla sua eleganza.”
“Quindi fu contento di quella prima uscita a quattro.”
“Sì, non posso negarlo, forse ne ero già innamorato. Poi ci fu una seconda uscita. Sempre a quattro: io, Giorgia, Alfredo e Claudia. Dottoressa, all’epoca non ero uno da grandi compagnie. Ero anche un po’ borderline, preferivo uscire in due, mi piaceva creare un legame tra me e un’altra persona, sia maschio o femmina mi creavo sempre un ruolo tutto mio.
Quella sera andammo in una pizzeria e Alfredo ordinò con grande enfasi, osservando Giorgia, una pizza Regina. Intuii una sorta di corteggiamento e mi biasimai perché io non ne ero capace. Ero bianco o nero, o mi piacevi o eri solo normale per i miei gusti. Tra l’altro Claudia, l’altra ragazza, mi era anche indifferente, figlia di una buona borghesia che non mi diceva nulla. Insomma, mi ritrovai annoiato.”
“Ho capito. E poi, come procede la storia?”
“Nel breve volgere di qualche giorno Alfredo e Giorgia si mettono insieme. Io avevo subodorato la piega degli eventi e rimango sulle mie, disponibile ad altre uscite. Un po’ deluso ma non avevo altra via d’uscita. Ho resistito.
Ci ritrovavamo al solito bar a fare aperitivi, io tutto sommato mi sentivo a mio agio e parlavo, mentre Alfredo e Giorgia ascoltavano e ribattevano, a volte mano nella mano. Insomma, tenevo duro, come un attore consumato. Giorgia mi seguiva nelle mie digressioni alcoliche mentre Alfredo era diventato più guardingo. Una volta vennero a cercarmi a casa, ma io non c’ero o meglio, non mi feci trovare. Il quartetto non funzionava, la sua amica era come un corpo estraneo, un oggetto contundente.
Morale della favola dopo un’estate di aperitivi arrivano le ferie. Io andai in vacanza in Istria e a settembre ci ritrovammo con i prodromi di grandi cambiamenti.”
“Ok, quindi le posizioni all’interno del trio mutano.”
Franco prese fiato e ricominciò.
“Una rivoluzione! Alfredo e Giorgia si licenziano e vanno, rispettivamente, in Germania e Inghilterra. Nell’azienda in cui lavoravamo avevano posizioni di retroguardia e quindi aspiravano a qualcosa di meglio. A quei tempi era una scelta abbastanza strana, visto la facilità con cui si trovava lavoro.
Alfredo va da suo cugino in Germania perché gli aveva prospettato una posizione interessante. Mentre Giorgia, seppur di famiglia benestante, va in Inghilterra a fare la ragazza alla pari.
Io mi ritrovo da solo nella mia routine. Mi cercano, mi scrivono e tra le righe leggo un certo rimpianto per lo status quo perduto. Io rispondo sempre con rassegnato tono paterno descrivendo i pochi cambiamenti della mia situazione. Con il senno di poi riconosco il loro disorientamento. Non capita spesso nella vita di ritrovarsi in un gruppo dove l’energia prodotta dai partecipanti si moltiplica per mille creando qualcosa di unico. Sono avvenimenti inspiegabili e non programmati, e spesso i componenti, una volta smarrito quell’incredibile fluido magico, stentano a riconoscersi e finiscono con il perdersi di vista. Sono fenomeni naturali che vedono la luce all’improvviso dopo mesi di gestione, durano al massimo uno e o due anni e poi altrettanto di botto si spengono, lasciando solo tracce di memoria nei loro componenti. L’innamoramento, esplicito o sotterraneo, è uno dei propulsori principali. L’altro è la novità.”
“Interessante. Eravate degli eletti, esseri superiori.”
“Eravamo elevati. Per quanto vivessimo in gruppo buona parte della giornata, nei nostri momenti ci sentivamo liberi di raggiungere altezze proibite ai più. Gli elevati hanno bisogno di un gruppo per crescere e dimostrare a se stessi la loro origine. Hanno un’aura differente che li rende magici.”
Il silenzio calò nella stanza. Franco sentiva il respiro regolare della dottoressa. Chiuse gli occhi per qualche secondo.
“Continuo?”
“Scusi, ero immersa nel mio mondo. Se c’è un seguito, continui pure.”
“I due in tempi diversi ritornarono a casa. Cominciai a risentire Giorgia. Ci vedemmo tre o quattro volte, eroi sperduti in un mondo privo di direzione.
Una volta mi chiese perché non la baciavo. Le risposi – se vuoi, ti bacio. Ci rimase male ma purtroppo ero sincero. Il fascino dell’impresa era andato, scusi lo slang, a farsi fottere perchè il mio romanticismo richiedeva la purezza assoluta. Giorgia mi piaceva ma quel momento era inesorabilmente passato, e anche se mi saliva la malinconia di qualcosa ormai sfuggito, non potevo che prenderne atto.
Ricordo l’ultima volta che ci sentimmo, fu pochi giorni prima di Natale. Mi trovavo al freddo di una cabina telefonica e lei continuava a parlare, non smetteva più. Volevo chiudere la telefonata senza prendere troppi impegni e mi sentivo imbarazzato. Ma, colpo di scena, la linea cadde, non so se per un sovraccarico o se avevo finito i gettoni. Riposi la cornetta e uscii libero nell’aria fredda della sera, mi accesi una sigaretta e non la richiamai. Non la sentii mai più.
Alfredo ritornò in Italia all’inizio dell’anno. Sapeva della telefonata interrotta perché lei glielo comunicò. Tergiversai sull’argomento e non ne parlammo più.
Ci rivedemmo parecchie volte, andavo spesso a trovarlo mentre curava il fratello malato. Erano sempre discorsi curiosi e surreali. Mi divertivo anche se ora non eravamo più elevati e ognuno, all’alba dei trent’anni, guardava alle proprie vite con uno sguardo interrogativo. Era un’amicizia forte che si stava smarrendo, perché dopo le tante energie dedicate alla costruzione dell’impresa, ora ci ritrovavamo senza forze, bisognosi di nuovi lidi dove rigenerarci. Non so come, non so quando ma arrivò un giorno in cui ci perdemmo di vista.
Un paio d’anni dopo ricevetti una sua telefonata surreale, dove tra le altre cose mi disse del suo desiderio di ritrovarci tutti e tre. Sorrisi imbarazzato, perché ci saremmo ritrovati senza protezione a guardare il passato. Non era il caso, a mio modo di vedere. Non se ne fece nulla.”
Franco tacque. Sentiva il respiro della dottoressa un po’ appesantito.
“Siamo all’ultima puntata. Proseguo?”
Dopo qualche secondo un colpo di tosse anticipò una risposta gutturale.
“Sì”
“Il tempo passa, e noi corriamo come pazzi alla ricerca di vita.
Amori, lavoro, lutti, tutto arriva e tutto passa senza travolgerci, fino a quando un giorno mi vengono in mente Giorgia ed Alfredo. Sa, con gli anni diventiamo più soli, possiamo avere famiglia, figli e nipoti, lavori importanti e hobbies appaganti, poi un giorno ci svegliamo e mentre cerchiamo le ciabatte finite sotto il letto, una fitta arriva nel cervello. ABBIAMO PERSO QUALCOSA.”
La dottoressa aveva gli occhi chiusi.
“Franco, ora sta divagando. Continui” sospirò.
“Bene. Quel giorno mi è venuto un pensiero. Prendo il cellulare e vado a cercare su Facebook e Instagram. Non c’è nulla. I due non sono iscritti. Allora vado a cercare su Google. Scopro che entrambi sono iscritti a Linkedin.
Apro il profilo di Giorgia, ingrandendo fino a cinque volte come per scoprire chissà quale verità. Ha la solita espressione ironica, è più magra, vedo lo sterno sotto il vestito colorato estivo. Il naso sembra più pronunciato rispetto al passato. Dopo qualche mese dall’ultima telefonata aveva trovato lavoro in una grande azienda e non l’ha più lasciato.
La foto di Alfredo ha una ripresa dal basso, scattata nel luogo di lavoro, vedo un viso molto serio e le labbra, un tempo pronunciate, sono più sottili. Anche lui aveva trovato impiego poco dopo la nostra ultima uscita e non l’ha più lasciato.
Per il resto non so altro.
Non sono ancora vecchi ma il tempo ha lasciato il segno. Lo sguardo è meno vivace, più consapevole e quando guardo queste foto, mi convinco che anche loro si staranno chiedendo cosa hanno perso.
Li rivedo a ritroso, giovani irrequieti e un po’ narcisisti, alla ricerca di un posto nel mondo. Il prezzo pagato per crescere sarà stato molto alto, ma questo è l’unico articolo a prezzo pieno, senza sconti. Per il resto non so altro. Per fortuna non sono animali social, vederli immersi in qualsiasi tipo di realtà mi sembrerebbero stonati per come li ho conosciuti. Meglio così.”
Il silenzio nella stanza si era come mummificato. Non si udiva neanche un respiro. Franco si sentiva l’unico elevato sopravvissuto, padrone immortale del bene del male, invincibile e imperscrutabile, pronto a proseguire il suo utopico cammino.
“Vede dottoressa, mi sto immergendo nel mio spleen quotidiano. Ripenso a situazioni del passato e mi sembra di galleggiare nel tempo. Cerco disperatamente di rivivere le dinamiche di un periodo e mi sembra di annaspare in acque scure, di muovere le braccia in modo vorticoso, senza ritmo, se non quello di cercare un appiglio, una risposta. E se la trovo, sono assalito dal dubbio se il film che rivedo è reale o distorto dal mio io.
Goditi potere e bellezza della tua gioventù. Non ci pensare, diceva una magica voce in The big Kahuna. E continuava, Il potere di bellezza e gioventù lo capirai solo una volta appassite.”
Anche la strizzacervelli si era afflosciata, diventando un tutt’uno con la poltrona, con gli occhi chiusi e una mano intorno al collo ad accarezzare il foulard. Franco la chiamò un paio di volte ma ella non rispose, immersa in un sonno catartico secolare.
Si alzò, le lanciò un’ultima occhiata e a passo deciso uscì dallo studio. Chiuse la porta con estrema lentezza.
Si sentiva più leggero e aveva anche risparmiato il prezzo della seduta.
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Alberto Marcolli
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Messaggio da leggere da Alberto Marcolli »

“discorsi curiosi e surreali…” – “una sua telefonata surreale…” – surreale – surreali
“Giorgia ed Alfredo” - Giorgia e Alfredo
I tempi dei verbi sarebbero da rivedere. Il racconto dalla psicologa dovrebbe essere o al passato o al presente.

Commento

Arriva all’improvviso una svolta con la frase: “ritrovarsi in un gruppo dove l’energia prodotta dai partecipanti si moltiplica per mille creando qualcosa di unico.”, ma nulla lo faceva presupporre. Secondo il mio parere, la descrizione degli incontri a quattro e poi a tre avrebbe dovuto preparare, almeno in parte, questa rivelazione.
Per gruppo forse si intende l’ambiente giovane, composto di una quarantina di persone dai venti ai trent’anni? Potrebbe anche essere, ma il lettore dovrebbe esserne informato in qualche modo, a mio parere.

Da un certo punto in poi, mi aspettavo che la psicologa fosse Giorgia. Ma evidentemente non era possibile. Il finale mi ha lasciato insoddisfatto. Rileggendo più volte ho cercato di capirci di più, ma temo di essere privo delle necessarie basi di psicologia per afferrare un significato più esplicito. Certo non è semplice chiudere in bellezza, ma speravo in qualche cosa di diverso.
Ho anche pensato a una specie di racconto "surreale" (ti ho rubato l'aggettivo), con l'immaginaria strizzacervelli immersa in un sonno catartico secolare, e potrebbe anche essere, oltre non ce l'ho fatta. Magari una tua spiegazione mi aiuterebbe.
Per il voto ci devo pensare ancora un po'.
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Laura Traverso
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Messaggio da leggere da Laura Traverso »

Mi trovo un po' in difficoltà a valutare questo racconto. E' partito bene, con aspettative però deluse. La psicoanalista che si è addormentata, perché poi? Anche se piuttosto banale, il racconto di Franco, penso che faccia parte della serie dei racconti che più o meno specialisti del genere ascoltano. Poi sinceramente non ne ho tanto capito il senso, della storia, ma forse è un mio limite. Un insoddisfatto il Franco? Cosa andava cercando? Inoltre i tempi verbali non coincidono, come è stato già fatto notare. Complessivamente mi piace pochino, contrariamente ai racconti che l'autrice ha pubblicato nelle edizioni scorse e che ho assai apprezzato.
Namio Intile
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Messaggio da leggere da Namio Intile »

Esiste un momento della nostra vita in cui, se circondati dalle giuste persone, si ha la possibilità di fare grandi cose. Ci si può elevare al di sopra degli, come ricorda il titolo.
Esiste anche la giovinezza, come momento in cui si hanno davanti infinite possibilità (in realtà è solo una sensazione) e in cui tutto sembra bello e possibile (ma anche questo è solo un abbaglio).
Nel racconto metti insieme le due cose, mescoli un po' le carte, ma perdi l'obiettivo del titolo, ossia dimostrare che in un determinato momento, in compagnia delle persone giuste, tutto sia possibile.
Perché le due cose non stanno insieme, a mio modo di vedere. Perché la capacità di fare grandi cose dipende dal momento, come nel racconto fai capire, e dalla giusta compagnia, da quella chimica che unisce determinati individui in un tempo determinato, non dalla giovinezza in sé. È quel particolare momento e quelle particolari persone la chiave, non la giovinezza.
Il finale pertanto mi ha disorientato. Peraltro l'espediente della seduta mi è sembrato debole e artificioso. Forse sarebbe stato più efficace un incontro casuale a risvegliare passate emozioni e a riannodare i ricordi. Un monologo interiore più che un dialogo.
Un buon racconto, riuscito solo in parte a mio avviso.
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