L'inizio
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L'inizio
Ci sono,
mi sono svegliato,
esisto.
In quest’attimo so
che prima non c’ero.
Prima di me? Non è vero!
Eccome, se c’ero! ma
se c’ero, dormivo.
E nulla sapevo,
dormivo.
L’inizio dell’Essere è inconoscibile per l’Essere.
Dove finisce il buio? Quel Dove non esiste.
Quel Quando non esiste.
O si è nero
o si è bianco da sempre.
Da sempre.
E per sempre.
Non posso ricordarmi della mia nascita perché non ero consapevole di esistere e quando morirò non potrò essere consapevole del momento istantaneo della morte: sarò inconsapevole molto prima di essere veramente morto.
Tutto questo lo so, ma la mia anima soffre e si ribella perché vorrebbe sapere.
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Re: L'inizio
Concetto del tutto assimilabile al moto, dove per tutto ciò che si presenta in questo stato, non esisterà mai qualcosa di diverso dal moto stesso, ecco perché poi il vuoto diventa e può essere in realtà scientificamente provato solo con un "falso vuoto" nella realtà di moto, e un infinito essere un' attribuzione arbitraria a ciò che pur essendo esente dal presupposto di spaziotempo (e cioè moto), secondo la nostra falsata percezione emozionale, può però al contempo anche creare, giudicare, osservare, essere, ecc, tutti stati quindi in realtà presenti solo in uno stato di moto.
La luce, come il moto sono stati di espressione oggettiva, sono stati in essere, e pertanto "vedranno e percepiranno" in una realtà su essi strutturata come reali solo sé stessi. Concetti reali poi automaticamente poi sovrapposti nel linguaggio parlato/scritto nel loro simmetrico contrario.
Quindi se uno vede poca luce normalmente la razionalizza come buio, così come se siamo in una realtà di moto e quindi di un sistema finito, l'assenza di moto diventa automaticamente il Nulla/infinito.
Ciò non rende però in nessun modo reali, percepibili o esperibili nessuno di questi sovrapposti e contrari valori, ma attribuiti arbitrariamente nel linguaggio comune solo come assenza simmetrica e contraria di ciò che invece è reale, percepibile ed esperibile.
Senza luce non vediamo niente, se il nostro occhio non avesse mai visto o quantomeno captato nemmeno un fotone di luce, non avremmo alcun ricordo visivo per immagine (ovvio). Anche per un cieco il buio non esiste, il suo stato è sempre inerente al fatto che non può vedere la luce, ma non è che per questo problema allora "vede" il buio. Se parliamo in uno stato normale della percezione visiva alla nascita invece, diventa appunto solo un mancato/soppiantato ricordo di ciò che all'epoca ha toccato ed è stato comunque registrato (seppur a breve termine suppongo, dato che a "naso" sono altri i sensi che si necessitano di più in quello specifico frangente temporale di vita, penso più all'olfatto, tatto, e gusto, per ovvi e semplici motivi) dalla nostra retina.
Quindi se vuoi un mio parere il fatto che non ci ricordiamo della nostra nascita è più legato a questo fattore,fattore che poi però (cioè tutti i ricordi sensoriali tattili, olfattivi, o legati al sapore su e di quello specifico periodo) viene poi soppiantato dalla memoria visiva appena quest'ultima (di li a pochissimo tempo a seguire) diventa sicuramente l'aspetto sensoriale primario, per osservare, replicare,
e comprendere in questo caso l'altro (l'io è in uno stato di coscienza conscia molto acerba ancora) per iniziare man mano a comprendere sé stessi, e quindi sviluppare e definire il proprio io. Ruoli che poi in età già poco più alta, maturata quindi una coscienza biografica almeno basica e idonea si invertono. Per comprendere le azioni/pensiero dell'altro (bambino/adolescente/adulto) bisogna riconoscere e saper comprendere al meglio prima di tutto sé stessi.
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Re: L'inizio
"Tutto questo lo so, ma la mia anima soffre e si ribella perché vorrebbe sapere".
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Re: L'inizio
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Re: L'inizio
La coscienza conscia o biografica si sviluppa tramite le cognizioni e associazioni celebrali, tutti gli impulsi elettromagnetici che attraversando continuamente il tuo corpo, portano informazioni emozionali dello stesso in entrata e in uscita. Se si stacca in qualche modo la spina o si interrompe questo determinato flusso informativo ecco che la coscienza biografica cessa, si interrompe. Quando applicano l'anestesia succede questo. Sei forse cosciente in questo stato? Ti ricordi qualcosa? Sogni per caso? No. Tutto tace, ti risvegli esattamente consciamente percettivamente cosciente solo dall'esatta cognizione mentale cosciente di quando sei stato addormentato. Pertanto se questo è vero, già dimostra il fatto che nella coscienza:
A) non c'è niente di spirituale, ma è una capacità cognitive di elaborazione e processione di impulsi emozionali, strutturale, direttamente e solamente inerente al corpo, e quindi allo specifico stato di moto di esso.
B) una volta interrotto questo "flusso di informazioni emozionali conscie" di fatto non c'è più proseguimento della stessa. O viene medicalmente ripristinato così come è stato indotto, oppure se accade a livello biologico o si muore direttamente, o si rimane dei vegetali (sé nucleare, e proto sé perfettamente funzionanti, ma dove è quasi del tutto preclusa o molto ridotta la capacità di interazione esterna/interna dell'io o coscienza biografica), o si è in stato comatoso, dove parte delle funzioni automatiche conscie del corpo invece vengono affiancate per la omeostasi dello stesso da macchinari specifici, mentre l'io conscio può essere a seconda dei casi poi più o meno compromesso, oppure assente come nel coma celebrale.
Pertanto quantomeno alla morte celebrale l'energia della coscienza biografica, e cioè il calore prodotto da tutto il processo celebrare biologico che l'ha evolutivamente portata in essere, si disperde, si trasforma in altrettanta energia, ma non più funzionale e inerente al cervello, e quindi all' elaborazione emozionale di tutti questi impulsi elettromagnetici pervenuti nel/dal corpo processati per una potenziale interazione esterna del corpo stesso tramite un determinato pensiero/azione conscio, e pertanto non più funzionale ad uno stato di coscienza conscia. Una volta che questa cessa, senza eventuali macchinari di sostentamento alle funzioni e alimentazione del corpo le cellule dei vari sistemi e tessuti mano a mano muoiono e quindi perdono la loro funzionalità strutturale e cosciente sullo specifico stato del corpo in cui esse si necessitano indispensabili, decretando così il collasso strutturale e biologico del corpo stesso.
Questo non spiega la pulsione verso questa tua ricerca di una risposta su inizio/fine, sia che sia della tua coscienza soggettiva, sia che sia in termini di espressione di energia universale, ma semplicemente ti pone davanti al fatto che questa risposta non c'è. Non perché non possiamo cercarla o intuirla, ma proprio perché inizio e fine non esistono in quanto tali, non fanno nominalmente e praticamente parte della realtà di moto. Ecco il motivo per cui si necessitano poi tutta la variopinta gamma di illusioni che a seconda del sentire singolo pongono, o il dubbio, o una fede su un qualcosa di Altro, entità, o sensazione personale, che illusoriamente ci convince che è solo nel nostro stato attuale che non possiamo ancora comprendere o sapere. Confortano perché ci danno appunto, ci infondono emozionalmente una loro indeterminata speranza futura di possibile invece eventuale comprensione.
Una volta morti, cessa la coscienza perché non è biologicamente ed evoluzionisticamente più necessaria allo stato attuale del corpo. Il corpo stesso è un insieme cellulare cosciente. Se le cellule muoiono, muore tutta la coscienza ,di esse, e da esse prodotta in termini di impulsi emozionali, elettricità, calore e quindi potenziale ed effettiva azione/reazione, necessaria per omeostasi delle stesse.
Il calore viene disperso, e si resta nient'altro che materia organica, associabile ora però a un qualsiasi altro composto inorganico presente, il nostro corpo anche da morti è nient'altro quindi che atomi in stato di moto, morta la struttura di vita cellulare, niente poi ci distingue più (se non la struttura biochimica dei nostri ex tessuti vitali) da un comune sasso.
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Re: L'inizio
Dunque per lo stesso motivo, per la stessa logica non posso che convenire con te. Primo non possiamo capire SE c'è qualche altra realtà diversa dalla nostra alla quale potremmo accedere se non fossimo muti; secondo, pur potendo usare la nostra consapevolezza alla quale siamo pervenuti nei millenni di evoluzione, nessuno di noi può dimostrare che esista "Altro" se non a se stesso.
La logica dei tuoi argomenti è perfetta, tuttavia dimostra solo che è autoreferenziale, nel senso che escludendo qualsiasi ipotesi che non sia in se stessa, si chiude in sé pensando di essere nell'unico mondo esistente: è nella sua logica e non può essere diversamente e capisco anche le motivazioni psicologiche che sono alla base di queste convinzioni.
Pace fatta: tu hai fede nella logica che ti conferma una realtà soggettiva e oggettiva, e io invece credo che ci sia un'altra, o molte altre verità. Risparmiami la "convenienza " della fede perché so per certo che sia conveniente anche nel tuo caso, per cui diamola pure per scontata, nostro malgrado.
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Re: L'inizio
Convengo, con quanto detto la differenza è che la tua convinzione è solo tua, nel senso che è percepibile solo da te singolarmente, come lo è appunto qualsiasi convinzione o fede basata appunto su ciò che sono le singolari percezioni di ognuno, dove anche su di esse ho già dato come da te ammesso motivazioni psicologiche del tutto logiche del perché succeda e anche del perché non sono altrettanto logicamente però sostenibili in un contesto oggettivo.
La mia teoria come più volte ti ho già spiegato non è basata su convinzioni soggettive derivate da percezioni soggettive, o meglio anche da intuizioni di questo tipo inizialmente e naturalmente, ma basate poi ed espresse essenzialmente e scrupolosamente però, sulla oggettiva realtà esperibile da ognuno. C'è un solo passaggio in cui riporto qualsiasi fatto ad una mia soggettività percepita forse? No. Al contrario invece ti pongo questo esempio sulla soggettività singola percepita. Se io chiedo a 100 persone cosa è specificamente per loro "lo spirito" esse mi diranno ognuno soggettivamente risposte magari anche apparentemente differenti sulla forma percepita, ma molto simili nella sostanza da loro espressa, quindi risposte differenti, ma in realtà del tutto o quasi associabili tra loro (proprio perché ad una idea di infinito per renderla comprensibile associamo arbitrariamente, automaticamente tutti poi, aspetti del finito, e cioè inerenti al moto, chi utilizza il termine vita , chi coscienza, chi luce, chi energia ecc), ma se alle stesse 100 persone chiedo invece non cosa è per loro, ma cosa è di per sé lo spirito allora cominceranno tutte e dico tutte o a contraddirsi ripetendo nient'altro che le stesse argomentazioni precedenti, oppure ripareranno nel "ancora non ci è dato sapere" , o al sempre buono "mistero" della fede. Fede che, essendo appunto un sentimento, poi sempre di stato di moto si tratta. Contraddizioni su contraddizioni.
Proprio per questo non puoi definire ciò che non ho nemmeno più bisogno di chiamare convinzione, perché per me ormai è semplice evidenza fattuale, addirittura fede. Cosa ci ricaverei io da tutto questo in termini di individualità? Nessuno mi smentisce nei fatti, e al contempo nessuno se la sente di avallare le mie ipotesi, solo tu ammetto che almeno le consideri assolutamente logiche e di questo ti ringrazio. Avrei solo tutto da perdere individualmente , tranne infatti all'inizio, dove io avevo associato tutta la mia considerazione ed analisi al fatto che appunto invece ci fosse ed esistesse Dio, ma che noi ne fossimo per la struttura della nostra realtà semplicemente esenti, e cioè non ci toccasse comunque minimamente in termini di anima o lasciti vari, data la natura di moto della realtà. Bene poi però ho compreso che anche questa era solo una mia speranza illusoria, dato dal fatto che ancora così non tornava rispetto alle evidenze già dedotte logicamente e quindi ora mentirei sapendo di mentire se non affermassi questo, e cioè che, non solo Dio non ci tocca minimamente, ma non può sussistere esso stesso in quanto tale come nessun altro aspetto Altro se posti in termini di coscienza e al contempo associati poi ad un ente/entità di natura infinita, ma solo, se così fosse in uno stato di moto, cosa che sappiamo però già non poter logicamente essere, altrimenti ci verrebbe direttamente a toccare e quindi lo comprenderemmo essendo appartenenti allo stesso stato di moto. Quindi tutto il mio ragionamento va in contraddizione logica con ogni forma di uscita o via di uscita possibile di coscienza dalla realtà di moto. Bene cosa avrei da guadagnarci in tutto questo? Nulla, se non aver appurato appunto quella che ritengo una evidenza logica. Questo mi porta così ad essere ignorato sia da chi crede religiosamente, dove semplicemente non si pone minimamente il problema in termini di logica , sia da chi "crede" alla scienza scientificamente appurata, dato che ciò che affermò è appunto invece appurato solo dalla logica, ma non esperibile empiricamente proprio per lo stesso fattore logico, e quindi al fine considerata solo fuffa.
Anche se questo aspetto di tipo scientifico comunque non và assolutamente in contraddizione appunto con ciò che sostengo. Dato che convengo e non posso fare altrimenti che il "vuoto assoluto", il "nulla" , lo "zero assoluto", "l'infinito/eterno" non esistono e non esisteranno mai per noi, in quanto appunto non inerenti ad una realtà di moto, ma solo secondo questa mia deduzione concettualmente, fattualmente appunto sovrapposti, ma diametralmente contrari. Esattamente come di fatto noi universalmente siamo espressione fattuale sovrapposta di fatto a una non espressione fattuale. Il come non lo sto a riportare ora per non essere troppo prolisso o andare sullo specifico, ma che comunque ti ho già più volte espresso e che tu stesso hai compreso.
Solo a questo porta logicamente, non la comprensione di questi concetti, ma la comprensione della nostra stessa sussistenza possibile in quanto tale, senza al contempo presentare come la logica suggerisce nessun inizio, fine o origine, spaziotemporalmente possibile espressa.
Quindi che me ne viene se non in termini di comprensione soggettiva/oggettiva personale? Ciò che posso fare è solo arrivare e riuscire a divulgare al meglio questi stessi concetti logici a discrezione poi di chi vuole o non vuole provare quantomeno a comprendere o seguire negli, ammetto questi sì , astiosi passaggi e processi logico deduttivi.
La mia teoria è come dici effettivamente chiusa in sé stessa perché appunto logicamente non apre a nulla di non inerente alla realtà dei fatti per come i fatti sono già oggettivamente posti.
Non dà nessuna visione o via di uscita futura, non pone nessun dubbio di potenziale speranza, non da alcuna risposta esistenziale, perché elimina l'esistenza stessa motivata per logica, di una risposta possibile, al di là dei fatti stessi già espressi. Senza coscienza creatrice, senza origine spazio-temporale possibile, rimane solo la FATTUALITÀ stessa della realtà, e se essa è reale allora esiste solo una sovrapposizione momentanea e fattuale a ciò che di fatto per noi reale non è, e quindi tantomeno essere da noi poi arbitrariamente e contro ogni logica attribuito di possibile coscienza o esistenza in contatto con noi.
Il fatto di una pluridimensionalità della realtà è sempre posta in uno stato da noi percepito di moto altrimenti non potremmo dedurre o immaginare niente di essa, il che traslerebbe solo il "problema". D'altro canto immaginarsi eventuali realtà altre, è come riparare nel mistero di un a noi ancora non esperibile ignoto, il che di fatto lo riconduce sempre al problema di espressione/non espressione dello stato di moto, oppure immaginare Altro di totalmente differente, ma nel farlo esattamente come succede con Dio arbitrariamente ed automaticamente per poterlo anche solo immaginare, attribuiremo poi oltre al fattore infinito anche tutte le capacità o qualità presenti e possibili solo allo stato di moto.
Come puoi vedere da te questo è un evidente vicolo cieco, non porta a nulla di differente logicamente da quanto già analizzato e dedotto come logicamente possibile o impossibile.
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Re: L'inizio
Tutte le cose che esistono sono percepibili da ciascuno singolarmente e diventano oggettive se tutti concordano sulla stessa interpretazione. A questo non fa eccezione neppure la scienza, e quindi anche la logica alla quale ti riferisci. Credo però che sei tu l'unico ad aver capito che il nulla non esiste, per contro, miliardi di persone hanno avuto e hanno la convinzione che possa esistere qualcosa di diverso rispetto alla fisicità dell'universo. Direi che questo aspetto decreti che l'esistenza del sovrannaturale possa essere considerato "oggettivo" molto di più che il tuo, per quanto intrigante, ragionamento.
La motivazione che adduci del perché la gente abbia sempre creduto in dio (per quanto descritto sempre in modo diverso e personale) è da considerare molto ma molto discutibile, e io te l'ho sempre contestato. Credo invece che nella natura dell'uomo esistano aspetti, oggi e nel mondo occidentale, sottovalutati o addirittura ignorati. Non siamo ancora arrivati a comprendere tutto, non solo dell'universo ma specialmente del fattore UOMO.
Forse e dico forse, anche da prima di essere uomo, quando ancora era ominide o animale superiore con appena una coscienza un po' più evoluta, l'Io è diventato consapevole e ha scoperto l'esistenza dell'Essere. L'uomo conosce l'Essere da sempre, da quando è uomo, da quando è un IO consapevole.
Ma il frutto dell'evoluzione individuale si è rivelato un inganno. Come dici tu, l'uomo crede che l'essere sia dentro di sé, anzi pensa di essere egli stesso una parte speciale dell'Essere. Pensa perfino di avere inventato Dio per comodità. L'uomo l'ha chiamato Dio e poi se l'è adattato come meglio ha creduto fino a diventarne schiavo trasformandolo in un'Idea. Una religione. E non può più farne a meno, perché senza Dio non sa più dare un senso alla propria vita. Dio è diventato la cosa più importante della vita.
Invece tutto l'universo se ne va per i fatti suoi trascinandoci nel gorgo galattico dello spazio-tempo facendoci credere che non siamo importanti.
Sì, invece è importante per l'uomo sapere se l'essere è ciò che è oppure non è.
Per questo ci prova da millenni nonostante il fatto sembri illogico insistere nella ricerca della verità. Sembra illogico ma la logica non è necessariamente la verità; è talmente evidente che invece sia solo una piccola parte della natura umana.
Come dici tu, " La mia teoria è effettivamente chiusa in sé stessa perché logicamente non apre a nulla di non inerente alla realtà dei fatti per come i fatti sono già oggettivamente posti. Non dà nessuna visione o via di uscita futura, non pone nessun dubbio di potenziale speranza, non da alcuna risposta esistenziale, perché elimina l'esistenza stessa motivata per logica, di una risposta possibile, al di là dei fatti stessi già espressi. Senza coscienza creatrice, senza origine spazio-temporale possibile, rimane solo la FATTUALITÀ stessa della realtà, e se essa è reale allora esiste solo una sovrapposizione momentanea e fattuale a ciò che di fatto per noi reale non è, e quindi tantomeno essere da noi poi arbitrariamente e contro ogni logica attribuito di possibile coscienza o esistenza in contatto con noi."
Un mondo piccolo piccolo, dico io.
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Re: L'inizio
Noi in confronto all'età geologica della terra stessa che calpestiamo siamo uno sputo di spaziotempo universale evolutivamente in essere.
Noi non siamo indispensabili, e di sicuro anche la nostra logica e coscienza non lo è (lo è solo espressa su noi stessi); non siamo arrivati a comprendere tutto, né su noi stessi, né su ciò con cui siamo relativamente e quantisticamente in interazione, e su questo infatti che dobbiamo e possiamo ancora continuare ad ampliare le nostre conoscenze e comprensioni, a cercare e trovare risposte ulteriori possibili e reali.
Ciò non toglie che le scoperte scientifiche che si evolvono insieme al nostro tempo portano ad alcune evidenze oggettive valide, non solo per noi, e su di noi, ma a prescindere da noi.
Le nostre scoperte astronomiche per dire apparentemente sono reali praticamente e soggettivamente solo per noi, ed effettivamente è così, ma restano però veritiere oggettivamente anche senza la nostra conscia interpretazione a leggerle o decretare tali.
Noi per una interpretazione più oggettiva possibile adottiamo un linguaggio alfanumerico. La natura universale non necessita di niente di tutto questo invece, nessun linguaggio, nessun simbolo, nessuna interpretazione, nessuna coscienza.
Le leggi universali, la gravità, il moto, l'energia espressa, non hanno bisogno di calcoli o formule, non hanno bisogno di un punto di vista cosciente, sono di natura FATTUALE, non sono legate ad una coscienza, interagiscono tra loro fattualmente, l'energia muta la sua forma, si trasforma costantemente, ma rimane sempre tale e quale a sé stessa in termini di valore espresso, è per tanto anch'essa fattuale.
La gravità ha una coscienza forse? Servo io o tu perché questa legge si applichi? No.
Questo intendo per realtà oggettiva e non solo soggettiva che decreta cosa sia reale e cosa no, a prescindere da noi; noi siamo solo a nostra volta parte espressa, una trasformazione di questa energia, in un determinato valore di spaziotempo relativa alla nostra massa occupata in esso.
Questo è il fatto.
Tutto ciò che poi deriva dalla coscienza è valido solo per chi esercita tale capacità appunto nel suo singolo o comune di specie spaziotempo espresso.
Ciò che asserisco però resta valido sia che né siamo e prendiamo coscienza, sia che invece non lo facciamo e continuiamo invece giustamente a seguire le nostre singolari percezioni.
Se così non fosse hai solo un modo per provarlo, tramite appunto una logica che sia allo stesso modo oggettiva, cioè valida sia in nostra presenza che assenza, ma che vada appunto al contempo a confutare però quanto da me asserito. Però deve rimanere congrua alla realtà oggettiva e quindi anche al fatto che non c'è inizio/fine esperibile per noi in termini scientifici, né per altrettanta evidenza logica nessuna possibile origine spazio-temporale oggettivamente espressa. E di conseguenza che nulla di non spaziotemporalmente espresso d'altronde può così essere interpretato o attribuito in termini di coscienza o mantenimento della stessa possibile.
PARENTESI
Ad aver compreso che il Nulla non esiste non sono certo solo io. Tutti né abbiamo già prove ed evidenze più che tangibili.
Scientificamente non esiste è dimostrato. Per una realtà di moto esiste solo il moto, niente vuoto assoluto, quindi al massimo del minimo falso vuoto, movimento del vuoto. Fluttuazioni quantistiche.
Percettivamente basta invece pensare al semplice concetto di buio.
Cos'è il buio? Esiste il buio, o forse (e tutti ormai se ne
dimenticano in prima battuta) esiste solo, al massimo del minimo, la quasi totale mancanza di luce?
È lo stesso concetto di vuoto assoluto/falso vuoto.
Basta così riflettere su questo e sostituire il buio poi con il nulla/infinito, concetti del tutto associabili.
Ci renderemo presto conto di quanto sia solo il nostro stesso linguaggio di uso comune a tenerci in scacco su questo.
Ecco che allora crolla tutto, se non esiste l'infinito per una coscienza espressa e cioè per uno stato di moto espresso (dato che il nostro appunto è uno stato di moto e che anche noi siamo moto come tutto universalmente espresso è di fatto) , allora non esiste niente di reale ed espresso che può trascendere lo stato di moto stesso.
Nemmeno l'immaginazione può farlo.
Te lo dimostro semplicemente.
Tu puoi immaginare qualsiasi cosa, qualsiasi situazione anche la più illogica alla realtà in cui sei che tu possa mai riuscire a concepire, ma nel farlo, associerai sempre e comunque aspetti, o termini strutturali collegati ed inerenti al moto stesso.
Non può essere altrimenti. Come è che quei miliardi di persone che citavi si immaginiamo o attribuiscono determinate capacità a Dio?
A nostra immagine e somiglianza, (fattezze umane) , geloso, osservatore, giudice, benevolo, amorevole, di pace, di guerra (a seconda dei testamenti) ma anche e al contempo però necessitiamo sempre, guarda caso, cadendo quindi in contraddizione che sia infinito, eterno, onnipresente, onnipotente.
Gli dei mitologici greci/latini?
Fattezze umane e onnipotenti, creatori.
Gli dei aztechi?
Fattezze derivate dalla natura circostante se non erro, Dio sole, Dio serpente. Ecc. E quindi anch'essi a spiegazione di tutto il creato e oltre.
Gli dei egizi?
Umanoidi/animali onnipotenti. Come sopra.
Gli dei indù/asiatici spiriti ecc?
Umanoidi/animali idem.
Vale per tutti, tutti i diversi credi possibili, percezioni diverse, ma tutti riconducibili in fattezze all'uomo stesso o alla natura circostante, e tutti chiaramente che trascendono a loro modo tra finito e infinito.
Gli alieni (che potrebbero benissimo esserci su qualche altra galassia come anche nella nostra visto la miriade di possibilità potenziali) , ma come c'è lì immaginiamo noi però?
Umanoidi/animali. I vari grigi, rettiliani, predator, alien, vedi sempre diversi, sempre uguali, sempre legati ad aspetti emozionali singolari e così espressi.
Però usualmente anche più intelligenti di noi, più avanzati ecc, che possono cioè avere un ruolo anche nel nostro stesso motivo di essere o sussistere.
Non ti pare leggermente strano?
Dove e cosa è che trascende questa immaginazione di cui parli?
Non ti pare solo la stessa identica figura solo adottata e più simile al giudizio e sentire di chi la percepisce, ma sempre legata percettivamente e inesorabilmente al moto e poi di conveniente attribuzione del tutto arbitraria di infinita essenza?
E se anche per assurdo fosse secondo te, sarebbe il divino ad aver bisogno di noi o il contrario? Siamo noi che necessitiamo del divino dello spiritualismo per trascendere il nostro essere finito, o è il divino che dalla sua infinita/eterna onnipotenza guarda caso deve avere sempre anch'esso bisogno in qualche modo di noi, di poterci,volerci, doverci salvare?
Non ti pare strano che siamo in ogni prospettiva possibile sempre noi al centro di tutto?
Ecco la motivazione, ti pare così poco concreta? Non ti sembra una evidenza già così malamente da me espressa?
In alternativa a questo
Se pensi ad altre realtà o mondi possibili inevitabilmente invece essi ricondurranno a tue percezioni singolari legate o alla terra in cui sei, o a ciò che emozionalmente ti ha colpito nella tua vita, ma sempre inerente a ciò che tu stesso hai provato, visto, sentito, cioè a mondi solo immaginati diversi, cibernetici magari, fluttuanti, a scacchiera dove puoi volare con la tua coscienza/spirito dove più ti aggrada, magari tra le epoche stesse della storia, oppure immaginati con i colori dell'universo visti in fotografie, film, ecc.
Tutto sarà sempre derivato da un tuo processo emozionale, e quindi tutto sarà sempre inesorabilmente riconducibile al moto. Il che come ti dicevo sposta al massimo il problema esistenziale che ti poni da qui a uno di questi altri mondi o realtà, dimensionali alternative possibili. Magari chi è lì per assurdo poi immagina la nostra di realtà. Il che sarebbe al massimo interessante da appurare se fosse, ma non cambia o sposta nulla al tuo problema esistenziale.
Comprendi tutto sarà sempre riconducibile però ad uno stato di moto, non importa cosa si possa riuscire ad immaginare, perché l'immaginazione stessa è appunto un fattore legato ad una azione, ad un impulso, ad un pensiero, ad un flash cognitivo e quindi ad uno stato di moto.
CHIUSA PARENTESI.
Dato che quello che asserisco non è valido solo per me o per te, ma anche per tutto ciò con cui noi entriamo nel nostro spaziotempo a interagire e a comprendere, dove poi scientificamente appuriamo la veridicità oggettiva tramite il nostro stesso linguaggio alfanumerico.
Quello che asserisco vale per qualsiasi cosa cosciente o non cosciente espressa, al di là quindi di noi e la nostra stessa coscienza evolutiva.
Ma non è immaginazione perché appunto non è derivata da un ragionamento di percezione singola e individuale, ma su fatti di evidenza universale.
Le distanze che calcoliamo, oppure la costante della luce, rimane di quella velocità da noi appurata ed espressa anche senza la nostra coscienza a leggerla o decretarla tale.
Perché appunto non è un fattore di coscienza (lo diventa solo per chi applica essa, per sua iniziale comprensione logica), ma un fattore fattuale di per sé.
Comprendi? Ciò che asserisco io è la stessa identica evidenza.
Noi ci arriviamo appunto tramite la logica applicata nei più svariati campi.
L'universo non necessita di logica per esprimersi o decretare tale espressione, non ha bisogno di una coscienza di espressione, si esprime di fatto FATTUALMENTE.
Oppure dimostrami logicamente il contrario.
Esempio, sempre quello, banale e stupido, ma che evidenzia in pieno ciò che vorrei esprimere.
Perché se vuoi vivere non ti butti dal nono piano?
Perché sai che è un FATTO che se decidi consciamente o meno di farlo CADI.
La caduta avviene sia che tu ne sei cosciente sia che tu non lo sia, se hai ragione tu come te lo spieghi?
Se tutto è vero solo se sei tu a decretarlo tale, come mai non puoi cambiare, decidere, influire su questo dato di fatto?
"Un mondo piccolo piccolo, dico io."
Tanto piccolo che è espresso anche su altrettanti miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di minuscoli puntini come la terra dove adesso noi stiamo portando avanti questa discussione.
Piccolo lo è, se tu ti metti al centro di tutto ciò, se senti addosso il "peso" di tutto ciò che esiste, diventa sì piccolo, perché piccolo è appunto lo stato di moto oggettivo da te occupato in esso.
Ciò che illusoriamente invece ci appare come "infinito" sono le nostre percezioni di noi stessi. Le nostre capacità cognitive e sensoriali. Dove si può spingere l'immaginazione? A prima vista diremmo che non ha limiti, che sia appunto infinita, invece un limite c'è l'ha e bello grosso anche, sarà sempre comunque inerente alla nostra stessa realtà percettiva, non trascenderà mai realmente lo stato di moto. Se non con l'uso di uno stratagemma linguistico, di un simbolo, di una convenzione. Ma nel farlo non farà altro che rivolgersi solo e sempre ad un eventuale impossibile assenza di moto, il buio, non è buio, è l'assenza di luce. Non esiste il buio. L'infinito, non è infinito, è assenza di ciò che è finito/moto. Tutto è finito, non esiste infinito in un finito. Il vuoto assoluto è assenza di moto. L'assenza di moto non è possibile, quindi il vuoto non è realmente vuoto è falso vuoto, fluttuazioni.
Vedi non si trascende mai niente in realtà. Si parla o ci si riferisce sempre alla presenza/assenza di moto. Si descrive solo tramite il linguaggio per sovrapposizione contraria e complementare del tutto arbitrario anche se logico, solo la totale assenza del moto stesso. Assenza che non è mai reale.
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Re: L'inizio
Ti pongo una domanda, la stessa che mi sono posto io qualche tempo fa e su cui riflettendo molto ho trovato appunto indizio/prova, su quanto asserisco, e che ora ti espongo:
Secondo te il che è un fatto dimostrato, perché il valore di spin di due particelle scisse da una comune origine, se poste poi in entangled, non è più un valore automaticamente misurabile, e quindi un valore non misurabile di fatto a prescindere in questa connessione?
La nostra eventuale misurazione di spin non misura più
lo spin in entangled, ma istantaneamente pone fine ad esso, e pertanto torneremo automaticamente solo a misurare lo spin di una particella a sé stante, non in entangled.
Il che è perfettamente normale infatti, ed è del tutto in linea con la realtà di moto espressa universalmente.
Ma perché succede tutto questo allora? Perché sul medesimo ente/evento, questo valore prima del tutto reale, e cioè SEMPRE indeterminato/determinato, proprio ad ogni ente/evento fisico espresso diventa improvvisamente e istantaneamente in entangled Nullo? Forse sparisce? Non esiste più espresso nonostante la particella invece fisicamente lo sia? (Spoiler, SI, è verosimilmente, logisticamente esattamente questo che succede) E come è possibile?
Perciò la misura di spin è fattualmente impossibile in entangled anche prima della ipotetica fattuale osservazione, e nostra seguente determinazione ( ripeto in entangled appunto misurazione impossibile, perché automaticamente se misurassimo lo spin di una delle due particelle in entangled, questo cesserebbe come difatti avviene, istantaneamente) , pertanto nemmeno come di un valore posto in stato entangled, quantisticamente indeterminato, previa misurazione/interazione.
Dato che il valore di spin dovrebbe ed è invece sempre un valore automaticamente definito e proprio di ogni singolo ente/evento fisicamente espresso, e per l'appunto alla misura diventa (per noi) da indeterminato a specifico e proprio del singolo momento angolare dell'ente/evento misurato fisicamente presente, e cioè chiunque ponesse ulteriore misura troverebbe poi da un valore inizialmente per lui sempre indeterminato, ora, a misura nuovamente effettuata, lo stesso valore della misura precedentemente posta.
Correggimi per favore se ho sbagliato qualche passaggio.
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Re: L'inizio
Il che porta alla vera domanda, come è possibile che la misura di spin su uno stesso specifico ente/evento (particella), già fisicamente scisso e presente, sia un valore prima misurabile (indeterminato/determinato) e poi in entangled lo stesso valore che dovrebbe essere SEMPRE comunque proprio e definito di ogni singolo ente/evento fisicamente espresso, non è più fattualmente, realisticamente, possibile/presente/misurabile, e quindi un valore Nullo?
Ecco ho trovato una risposta/motivazione logica fattuale proprio a questo, risposta logica che appunto si collega direttamente alla mia tesi.
Domanda a parte ho piacere che Xrabass come chiunque altro voglia farlo intervenga nel dibattito non vorrei essere frainteso.
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Re: L'inizio
La realtà senza che tu la comprendi, non esiste. Esiste solo perché ci sei tu. Se non ci sei, che l'universo continui a esistere a chi serve? Che cosa cambia per te sapere che dopo che tu sarai morto tutto il resto continua magari all'infinito? Che ne è della tua logica? A chi importa, se non a qualcuno che ti sopravviva temporaneamente? Che senso ha per te e per noi che il nostro genere umano abbia i millenni contati di fronte ai miliardi del tempo universale?
Se rispondi a queste domande dicendo "nulla" fai solo una semplice scelta che non ha niente a che vedere con la logica, anche se ti sembra di giustificarla con quella. Fai l'errore di credere che per la semplice ragione che un fatto sia tale, senza darne un senso più profondo, sia accettabile come verità. È vero, ci siamo ed è un fatto. Ma non basta per giustificare che la mia coscienza ne prenda atto. Non basta sapere che la mia coscienza sia il frutto automatico dell'evoluzione che "di fatto" segue un meccanismo automatico di selezione. Quando ne hai preso atto che fai, puoi anche morire in pace? Se dici "sì" fai una scelta molto limitata, mi spiace per te, ma logica non c'entra.
"Invece tutto l'universo se ne va per i fatti suoi trascinandoci nel gorgo galattico dello spazio-tempo facendoci credere che non siamo importanti".
Siamo indispensabili per noi che abbiamo una logica, una specifica evoluzione con la quale abbiamo creato una cultura e una scienza. Siamo essenziali solo per noi ed è importante per l'uomo sapere se l'essere è ciò che è, oppure non è. Non ha nessuna importanza che sia oggettivo il fatto che l'universo esista e che sia così come ci appare. È importante solo per noi. Qualsiasi cosa sia un fatto lo è solo per noi, fino a che ne siamo coscienti. Quando ciascuno dei miliardi di uomini muore sparisce la realtà. Non importa se tu continui a vivere la tua fino a quando ci sarai. Questo va oltre la logica dei fatti. I fatti non contano, se non per ciascuno, fino a che siamo coscienti per poterne parlare con agli altri. Nessuno può andare contro la logica e dimostrare che i fatti non siano oggettivi. Ma questo vale solo se ci fermiamo alla logica. Ma dentro di noi l'unica realtà è la nostra, l'unica logica è la propria e non è quella oggettiva.
Difficile da condividere?
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Re: L'inizio
Io non posso però mentirmi ulteriormente, preferisco comprendere la verità per ciò che essa è, non per come vorrei o spererei che fosse. Ho fatto questo che dici per gran parte della mia vita, ma non ti dà nessuna libertà reale, ti fa sentire e percepire solo meglio la realtà, ma senza o negandosi di volerla davvero comprendere ed accettare per ciò che è. È vero che non importa sapere o comprendere cosa sarà dell'universo una volta che la mia coscienza non sarà più agente in esso, è vero che la mia singola percezione della realtà finirà esattamente in quell'istante. Ma allora che dovrei fare, dovrei di nuovo abbandonarmi a una illusione? A che pro, ci sono già passato, so benissimo cosa comporta e so altrettanto bene cosa non comporta. Personalmente non ho più bisogno di questo perché questo non può appunto essere logicamente appurata come "verità" né singola inerente alla mia coscienza, né inerente a qualsiasi altra. Ognuno ha il diritto sacrosanto di seguire le sue percezioni cosa per lui diventa o vorrebbe, ricerca, sia la sua "verità". Ma se esiste una verità essa non è personale, non è, e non può essere in quanto tale soggettiva. Può essere appunto solo oggettiva, e ciò implica che vale allo stesso modo per tutti. Quindi può essere solo fattuale. Come fattuale è di per sé la nostra stessa evoluzione, individuale e cosciente di sé. Noi esistiamo. Ma se noi esistiamo allora non ci può essere altra coscienza posta se non in stato di moto. Non è un discorso legato alle dimensioni probabili, ipotetiche o assurde che esse siano o non siano. È il moto il punto su cui tutto ruota, non la coscienza, almeno se la tua ricerca, come è ora la mia, punta ad una verità oggettiva.
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Re: L'inizio
Lo faccio perché altrimenti mentirei a me stesso sapendo di mentire, lo faccio perché vorrei che altri si rendessero conto che il fatto stesso di voler continuare con questa illusione collettiva e singolare, individuale, ci apre sì le porte verso una ricerca interiore anche già di suo più profonda della norma, sicuramente ad una visione più introspettiva e comprensiva di sé, addirittura per il momento ancora necessaria inizialmente come già più volte io stesso ho espresso, ma a cosa porta al fine? È solo fine a sé stessa, non ci sarà mai la risposta che cerchi Giancarlo, non vedrai o percepirai mai nient'altro che te stesso, non la verità, non una risposta, ma solo la tua stessa domanda. Il che pone tutto questo non più come una reale ricerca, ma piuttosto solo come un tuo specifico e reale bisogno.
Lo faccio perché è sempre stato questo in fondo ad averci diviso e limitato verso un ulteriore, decisivo passo evolutivo socioculturale.
Abbandonare questa "ricerca" , non significa abbandonare sé stessi, ma accettare sé stessi e finalmente riconoscersi per ciò che realmente si è, senza più maschere o ripari sul proprio singolo desiderio/bisogno di essere o sentirsi Altro da sé.
Hai la minima percezione di quanto questa reale presa di coscienza e consapevolezza porterebbe alle generazioni future? Quanto tempo dedicato a rincorrere illusioni e a farci la guerra in nome di queste, potrebbe invece venire ed essere impiegato diversamente? Quante menti brillanti passate a combattere con i propri mulini a vento sono già state, non dico sprecate, ma quantomeno distratte, bloccate culturalmente su loro stesse, e al loro fine praticamente del tutto inutilmente su questi aspetti? Quanto tempo è già stato perso? Quante vite sono state già tolte? La tua ricerca fin ora a cosa ha portato di tangibile se non sempre alla tua stessa domanda? Quanto invece in un anno e poco più siamo giunti a comprendere da soli e senza, almeno per me, nessuna infarinatura scolastica precedente sulla realtà oggettiva e di riflesso anche di noi stessi? Il tutto semplicemente con i nostri dibattiti e i vari approfondimenti letterari e divulgativi, sempre più specifici e pertinenti, sulla fisica, la psicologia, la quantistica, unite alla nostra intuizione. I miei ragionamenti su questi aspetti, le mie riflessioni, mi hanno portato invece a risultati evidenti e tangibili dalla logica, ho compreso in maniera molto più profonda aspetti come l'entanglement, probabilmente, e non ho problemi a dirlo fino a evidente smentita, anche più dei fisici stessi, perlomeno su determinate fattuali conclusioni a cui i fisici appunto, non sono riusciti, o più probabilmente, non hanno mai voluto divulgare risposta per non perderci la faccia e il prestigio accademico già acquisito. Comprendere l'entanglement non è solo comprendere un aspetto della realtà, ma è anche comprendere la nostra condizione di realtà.
Non sono un utopista e so benissimo che nell' imminente non succederà mai che questo diventi il sentire/percepire condiviso, o meglio comprensivo su di sé, più comune, ma anche solo una ulteriore mitigazione dello stato odierno porterebbe già di per sé a benefici enormi per e sulla vita comune e individuale di tutti.
E allora forse tra qualche generazione avremo almeno superato questo nostro scoglio socioculturale presente fin dall'inizio appunto, avremo superato il bisogno di questa domanda e ci potremmo finalmente guardare tutti in faccia e riconoscerci per ciò che siamo.
La scienza purtroppo per sua stessa missione, non può sbilanciare o sbilanciarsi su conclusioni basate però solo su queste considerazioni logiche, lo comprendi benissimo anche tu. Non può pertanto prendere parte alla divulgazione delle stesse in maniera decisa e divulgativa adeguata ad una comprensione accessibile a tutti e quindi più generalista. Ed è giusto così, deve essere un approccio diretto del singolo, è il singolo che deve arrivare per sua stessa ammissione a comprendere autonomamente tutto ciò.
È solo per questo che continuo a porre e riportare le evidenze logiche a cui sono arrivato. Come ti dicevo a me singolarmente non viene nulla, se non la comprensione profonda di una realtà più oggettiva e non solo esclusivamente soggettiva al mio essere e percepirmi coscientemente tale.
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Re: L'inizio
Esempio teorico: se ci fosse un Dio, esso sarebbe lo stesso per tutti ma per essere vero ciascuno dovrebbe scoprirlo e comprenderlo. Che dio esista senza di noi non è importante, senza di noi non esiste. Ergo lo stesso dio esiste solo se ci credi. E se credi in Dio quello sarà l'Unico Dio.
Per gli animali dio non esiste. E per loro non è importante. Per l'universo, per l'energia primordiale, per le funzioni d'onda e le fluttuazioni, non è importante che dio esista: non hanno coscienza, né tantomeno la consapevolezza (non sanno cosa sono loro stesse). L'oggettività della realtà non è essenziale. Tutto esiste anche senza che qualcuno lo definisca oggettivo.
Tutti gli uomini sono coscienti e alcuni consapevoli; dico alcuni perché è evidente che questa caratteristica sia una vera e propria conquista interiore e non tutti ci arrivano.
È risaputo che tutti gli uomini hanno la stessa malattia: il male del "Perché?", Tutti. C'è chi non lo dice, c'è chi non ci pensa, c'è che soffre e chi ci ragiona; e se ci ragiona magari arriva a negarlo per le stesse ragioni di cui accusa quelli che invece ci credono: insoddisfazione, paura, desiderio, ecc.
Non ti viene il dubbio che semplicemente la tua esperienza passata, che spesso riaffiora nei tuoi discorsi, sia stata una travisazione dovuta alla cultura in cui Dio viene descritto nel modo becero che sentiamo normalmente? Ci credo che tu voglia chiudere per sempre quel capitolo se i concetti "religiosi" sono di tale portata. Certo che non hai bisogno di questo e confermo che non può essere quella la verità a cui mi riferisco.
La storia ci racconta che la questione religiosa è sempre stata interpretata in un modo che ha creato solo disastri e hai ragione a lamentarti "Hai la minima percezione di quanto questa reale presa di coscienza e consapevolezza porterebbe alle generazioni future? Quanto tempo dedicato a rincorrere illusioni e a farci la guerra in nome di queste, potrebbe invece venire ed essere impiegato diversamente? Quante menti brillanti passate a combattere con i propri mulini a vento sono già state, non dico sprecate, ma quantomeno distratte, bloccate culturalmente su loro stesse, e al loro fine praticamente del tutto inutilmente su questi aspetti? Quanto tempo è già stato perso? Quante vite sono state già tolte?"
Ma secondo me si tratta di reimpostare da capo la concezione della coscienza approfittando della civiltà che nel laicismo è germogliata e non da ora. Illusione, troppo difficile, utopia?
Non sono io la persona che possa dire molto di più, peccato; ma so soltanto riflettere sulla vita che vivo senza avere la capacità di dire quello che dici tu: perché lo faccio?
Se provo a staccarmi totalmente dal mio ego e dalle cose "terrene", se riuscissi a conoscere veramente me stesso, lasciando fuori da me, la realtà con tutto ciò che appare, allora comincerei a capire il senso dell'esistenza. Ancora non so come fare ma intuisco che quella sia la strada.
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Re: L'inizio
Quindi se ciò che siamo nel profondo del nostro essere è fattuale cosa speri o ti illudi di trovare se non questa stessa fattuale condizione? Ecco perché non andrai come nessuno infatti è mai andato oltre la tua stessa domanda. Perché in un fatto espresso senza origine, né
creazione cosciente non c'è una risposta esistenziale, non c'è appunto un perché di origine, né di un inizio, né di una fine. C'è solo una relativa, poi indeterminata quantisticamente alla nostra coscienza, evoluzionistica, entropica, espressione finita di quantità di moto, di energia espressa, espressa automaticamente dal sussistere del fatto stesso in quanto tale.
Quindi personalmente preferisco usare appunto il mio tempo esiguo per comprendere ciò che ha un senso di una quantomeno potenziale risposta, e non ciò che a priori per evidenza logica non ne ha alcuna.
Se sbaglio illustrami altrimenti cosa hai compreso di concretamente rilevante in tutti questi anni a ragione del fatto del perché in essere, di un essere universalmente cosciente, che risposte hai avuto oltre al tuo stesso intendere, sperare e sentire? Quali risposte hai avuto che non siano sempre e solo le tue stesse domande differentemente poste?
"Se provo a staccarmi totalmente dal mio ego e dalle cose "terrene", se riuscissi a conoscere veramente me stesso, lasciando fuori da me, la realtà con tutto ciò che appare, allora comincerei a capire il senso dell'esistenza. Ancora non so come fare ma intuisco che quella sia la strada."
Questo come ti dicevo è un bellissimo e introspettivo pensiero, ma io ci leggo tanti, troppi, "SE" .
SE non fossimo ciò che in realtà siamo appunto.
Prova a mettere come punto di questo tuo pensiero, il concetto di arrivo umano verso una figura Divina, verso un esistenza Altra e vedrai che mantiene esattamente le stesse prerogative da te supposte e sperate di raggiungere.
Questo tuo pensiero era esattamente anche il mio pensiero, come è di fatto associabile al pensiero di un qualsiasi credente, a prescindere dal proprio singolo specifico credo.
È questo il problema capisci?
Non accettiamo di riconoscere noi stessi in quanto tali.
Non importa poi forma laica o meno, il concetto voluto raggiungere, e impossibile perfino da immaginare, è sempre lo stesso. Ecco perché rimarranno solo domande, perché rimarranno solo le tue stesse percezioni falsate nella convinzione emotiva di aver intuito una possibile Altra via da seguire.
Abbiamo, o per meglio dire sentiamo, sempre il bisogno di essere ciò che in realtà non siamo.
Di essere ognuno a suo modo Altro da sé.
In realtà è quindi proprio il tuo ego, il tuo rifiuto ad accettare la realtà dei fatti, a tenerti fermo nelle tue convinzioni, e seguendo questa tua stessa soggettiva logica a precluderti appunto, la comprensione di ciò che in realtà oggettivamente sei.
E cioè la stessa identica cosa che tu ribatti a tua volta a me.
La differenza tra di noi è che per quanto poi non portino assolutamente a nessuna forma Altra di percezione possibile o via di uscita dalla realtà stessa, questo proprio perché appunto pervengono da una realtà oggettività a prescindere anche dalla mia soggettività espressa in essa, io le risposte le ho già logicamente, piacciano o meno, avute e comprese.
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Re: L'inizio
"Ti ripeto che è chiaro e del tutto ovvio che senza che sia io stesso a percepirlo nulla è reale, ma so però che reale lo è comunque anche senza di me, lo è a prescindere da me, e lo è anche senza una qualsiasi altra coscienza che lo traduca tramite immagini emozionali in percezione individuale".
Come fai a saperlo? Se te lo dice qualcun altro, costui che tu percepisci è nella tua realtà dunque non puoi sapere se quello che percepisci è reale e oggettivo. Ripeto, quello che percepisci come reale e oggettivo, compreso colui che ti conferma la tua teoria, senza di te non esiste. Io che ti sto dicendo queste cose sono dentro la tua realtà. Se muori, scompaio anch’io.
Tu fai parte delle mia realtà e se muori, io continuo ad esistere nella mia realtà, che non è la tua.
Capisci dunque che non puoi affermare che la tua logica sia corretta. E sicuramente relativa a te al tuo spaziotempo, al tuo io. Così come per me, la mia è la realtà relativa al mio io. L’io nasce e muore e con esso la realtà sia che sia individuale che oggettiva.
Nella realtà della tua vita tu puoi scegliere la coscienza oppure anche la consapevolezza. Non è la stessa cosa. Si presume che la tua coscienza morirà insieme all’io. Ma il resto non si sa. Ciascuno di noi non lo sa.
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Re: L'inizio
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Re: L'inizio
Per tanto se una conclusione, o analisi, te lo concedo, anche filo-logica, vista l'impossibilità di una falsificazione oggettiva, il che è coerente però con la questione in esame, ma dedotta, strutturata e del tutto basata però su evidenze logiche specifiche, fisiche e del tutto reali, se questa poi si applica, aderisce, combacia nella sua spiegazione logica esattamente per, e su, ogni singola realtà, a prescindere poi dalla percezione singolare della stessa, essa è, e resta valida allora a prescindere anche dalla coscienza, comprensione o consapevolezza del singolo. Per cui diventa di fatto, un semplice fatto, una evidenza logica. Motivo per cui non ho nessun bisogno di autoconvincermi su ciò che sostengo.
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Re: L'inizio
Vedi, se in Entangled il valore di spin, non per me,per tutti non è più misurabile, mentre cessato l'entanglement è invece guarda caso sempre specifico e poi definito, questo lo pone appunto come un fatto oggettivo.
La mia interpretazione del fatto può essere si soggettiva, dal tuo punto di vista, ma non il fatto in quanto tale, e cioè che esso passi da un valore misurabile a non misurabile. Questa è invece una evidenza. Il che pone la mia conclusione, o risposta che dir si voglia, se in linea con l'evidenza di un fatto, fino a "prova" logica contraria, ma altrettanto però in linea con questo determinato specifico fatto, anch'essa una evidenza. Te invece che risposta hai?
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Re: L'inizio
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Re: L'inizio
L’oggettività, è secondo te, la controprova che la realtà che tu vivi sia più o meno la stessa che vivono gli altri. La realtà che tu vivi è la stessa che vivo io. La gravità è la stessa, le leggi fisiche sono le stesse, eccetera. Dunque quello che vale per te, con la dovuta relatività, vale anche per gli altri.
Eppure, se tu muori, tutto quello che vedi senti, pensi, ragioni, tutto quello che è logico… non ha più valore, scompare, anzi, non sarà mai esistito!
E questo vale per ognuno.
Quindi, dici tu, questa è la prova che la morte, essendo nella mia realtà è anche in quella degli altri, quindi è un evento reale oggettivo. Se è vero dal tuo punto di vista, in verità, invece, l’oggettività delle morte, come di tutto il resto, è solo apparente sia per te che per tutti quelli che nella tua realtà consideri gli “altri”.
Tu consideri la consapevolezza come una semplice concretizzazione dei processi evolutivi fisici e mentali del tuo corpo e del tuo io, e la realtà che la tua mente ti presenta a te pare soggettiva ma fino a un certo punto. Credi che al di fuori del tuo corpo esista davvero qualcosa che ha una sua esistenza diversa ed esterna al mondo da te percepito. Io dico che non puoi saperlo, né dimostrarlo perché dovresti essere cosciente anche dopo la morte per potertene accertare. Invece siccome dopo morto tu non ci sarai più, tutto quanto non sarà mai esistito. E il fatto che tu accerti la morte di un altro individuo, non certifica che la tua sia la realtà oggettiva.
Non ti ribellare: è un fatto! È un fatto che qualsiasi teoria tu immagini o deduca dalla realtà apparente che comprendi, non sia necessariamente la verità. Non esiste la realtà oggettiva, per nessuno.
Per nessuno.
Siamo apparentemente, ciascuno esseri indipendenti, unici, incomunicabili tra loro se non in modo approssimativo. Non clonabili, eppure duplicabili a livello cellulare ma inconsapevoli fino al momento della maturazione della coscienza di sé.
Poi ci rendiamo conto di essere quello che siamo. Soli.
Soli di fronte al fatto che qualsiasi concetto abbiamo realizzato o conosciuto, qualsiasi cosa che sia espressione di qualsivoglia forza o energia, o parte del tutto o anche il Tutto stesso, in verità non esiste.
Tu dici: la mia interpretazione di un fatto può essere sì soggettiva, dal tuo punto di vista, ma non il fatto in quanto tale, e cioè che esso passi da un valore misurabile a non misurabile. Tu invece che risposta hai?”
Quello che voglio dire è che la tua oggettività non vale nulla, non serve a niente. Non è la logica il metro su cui misurare il tuo essere e neppure il tuo non essere.
Se provi a staccarti totalmente dal tuo ego e dalle cose “terrene”, se riuscirai a conoscere veramente te stesso, lasciando fuori da te, la realtà con tutto ciò che appare, allora comincerai a capire il senso dell’esistenza. Io ancora non so come fare ma intuisco che quella sia la strada.
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Re: L'inizio
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Lo capisco benissimo invece, e non sono convinto, io prendo semplicemente atto di una evidenza.
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L’oggettività, è secondo te, la controprova che la realtà che tu vivi sia più o meno la stessa che vivono gli altri.
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Non è più o meno, è la stessa, solo però percepita o meglio interpretata diversamente dal singolo individuo.
La realtà che tu vivi è la stessa che vivo io.
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Si.
La gravità è la stessa, le leggi fisiche sono le stesse, eccetera.
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Appunto.
Dunque quello che vale per te, con la dovuta relatività, vale anche per gli altri.
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Si, ciò che è oggettivo, non è interpretabile soggettivamente, se non con una falsata emotiva speranza, illusione o convincimento che però non rispecchia e non è coerente con la realtà di un fatto.
Eppure, se tu muori, tutto quello che vedi senti, pensi, ragioni, tutto quello che è logico… non ha più valore, scompare, anzi, non sarà mai esistito!
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Si ma questo è vero solo per me che muoio, è ovvio.
I segni del mio passaggio però restano agli altri. Tutto scompare solo per me, o meglio alla mia coscienza conscia, dato che il cadavere occupa ancora un suo campo gravitazionale, che poi diventerà semplice calore, ecc ecc.
E questo vale per ognuno.
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Certo.
Quindi, dici tu, questa è la prova che la morte, essendo nella mia realtà è anche in quella degli altri, quindi è un evento reale oggettivo.
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La morte è un fatto. Per me che muoio lo è altrettanto, ma senza che abbia il "tempo" conscio di rendermene conto.
Se è vero dal tuo punto di vista, in verità, invece, l’oggettività delle morte, come di tutto il resto, è solo apparente sia per te che per tutti quelli che nella tua realtà consideri gli “altri”.
A livello universale si, questa realtà è apparente, ma di fatto vera però, oggettiva per la realtà stessa, dato che tutto è in essere appunto tra un comparire e un annichilire di una fluttuazione che certamente non è conscia né di sé, né di ciò che fattualmente universalmente comporta in un determinato spaziotempo finito, quantistico e relativo, che noi chiamiamo appunto realtà universale.
Invece singolarmente a livello percettivo non è così, è tutto assolutamente e oggettivamente reale.
Altrimenti spiegami questo, quando inizia l'esatto momento della tua realtà?
Quando nasci? O quando diventi consapevole?
E prima forse non era già reale?
Il giorno prima che prendessi piena consapevolezza di ciò che stai affermando ora non era reale la tua realtà forse?
E quando eri un embrione? Eri già solo nella tua, o prettamente nella realtà di tua madre? E in quella di tuo padre? E come fai ad essere contemporaneamente in due/tre realtà distinte?
Il concepimento, la nascita, e la morte, come tutto ciò che si esperisce in mezzo, sono fatti, sono uno stato di moto espresso, di calore, energia, campo gravitazionale, chiamalo come vuoi, ma è espressione fattuale di tutto ciò, la coscienza è un aspetto evoluzionistico, non c'entra con l'espressione, e cioè con la trasformazione di energia in quanto tale. Che tu sia un semplice sasso, un animale, un pianeta, una particella, un fotone, un quark, una fluttuazione quantistica, sei sempre e solo in una realtà oggettiva, perché sei quantità di moto.
Tu consideri la consapevolezza come una semplice concretizzazione dei processi evolutivi fisici e mentali del tuo corpo e del tuo io, e la realtà che la tua mente ti presenta a te pare soggettiva ma fino a un certo punto.
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La realtà della mia mente è oggettiva quando è coerente con la realtà di fatto e di conseguenza anche a un'altra qualsiasi mente espressa, ma non solo in termini di percezione, dato che la percezione si basa sulle emozioni e le emozioni vengono percepite e interpretate diversamente da singolo a singolo, ma in termini di espressione fisica. Di tutte le interazioni possibili tra diversi enti- eventi distinti tra loro.
Credi che al di fuori del tuo corpo esista davvero qualcosa che ha una sua esistenza diversa ed esterna al mondo da te percepito.
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Ovvio, ma non è che lo credo, è evidente sia così, e non solo al di fuori, il discorso vale anche per il corpo stesso essendo appunto uno stato (composto poi a sua volta da più sistemi interagenti tra loro) in quantità di moto.
Se un pazzo crede di volare e si butta cade esattamente come cadrei io che ne sono perfettamente conscio di cadere. Due diverse realtà percepite, e una oggettiva forza gravitazionale che se ne sbatte altamente della percezione più o meno cosciente, ma semplicemente fattualmente si applica di fatto su ogni corpo. Interazione tra enti-eventi. Non c'entra nulla la coscienza.
È perciò evidente che esiste una realtà oggettiva esente dalla nostra percezione cosciente.
Io dico che non puoi saperlo, né dimostrarlo perché dovresti essere cosciente anche dopo la morte per potertene accertare.
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E perché? La gravità agisce anche adesso senza che la mia coscienza possa influire o modificare su di essa alcun che, non serve morire, basta buttarsi dalla finestra o fare un semplice salto sul posto, propenderei per la seconda opzione.
Invece siccome dopo morto tu non ci sarai più, tutto quanto non sarà mai esistito. E il fatto che tu accerti la morte di un altro individuo, non certifica che la tua sia la realtà oggettiva.
Non ti ribellare: è un fatto!
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Ti ho già risposto sopra, non serve non poter di fatto essere coscienti alla propria morte per dimostrarlo, prova tu stesso: un due tre op! Se hai ragione e il tuo ragionamento fila, allora potenzialmente la tua coscienza e consapevolezza dovrebbe influire sulla realtà oggettiva dato che non esiste, pertanto, se esiste solo una realtà soggettiva decretata tale dalla tua percezione cosciente dovresti potenzialmente se lo volessi poter levitare adesso. Scommetto tutto sul fatto che sei invece tornato con i piedi per terra.
È un fatto che qualsiasi teoria tu immagini o deduca dalla realtà apparente che comprendi, non sia necessariamente la verità. Non esiste la realtà oggettiva, per nessuno.
Per nessuno.
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Stai ancora volando, o sei già tornato a terra?
Siamo apparentemente, ciascuno esseri indipendenti, unici, incomunicabili tra loro se non in modo approssimativo.
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Stai descrivendo solo la coscienza, una percezione, una effettiva al fine, differente interpretazione propria ad ogni singola coscienza espressa, ma che non influisce nulla sulla realtà oggettiva.
Devi comprendere che esiste tutto, compreso tu stesso, anche a prescindere della tua soggettiva percezione cosciente di te stesso. Esiste di fatto la realtà di moto. Punto. È semplicemente ed essenzialmente questo, senza doverne poi essere, per sussistere in quanto tale, anche cosciente.
Non clonabili, eppure duplicabili a livello cellulare ma inconsapevoli fino al momento della maturazione della coscienza di sé.
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Quindi un attimo prima che traessi queste conclusioni era vero tutto e poi non era vero più niente? Poi è tutta apparenza? E come hai fatto allora a crescere e sviluppare questa cosciente consapevolezza se eri solo un embrione prima? Non sarà forse magari solo tutto un processo fisico evolutivo la coscienza, il che influisce appunto solo al massimo su una realtà soggettiva/percettiva singola, ma non sulla realtà oggettiva in quanto tale, tu che dici? Riproviamo con un altro salto?
Poi ci rendiamo conto di essere quello che siamo. Soli.
Soli di fronte al fatto che qualsiasi concetto abbiamo realizzato o conosciuto, qualsiasi cosa che sia espressione di qualsivoglia forza o energia, o parte del tutto o anche il Tutto stesso, in verità non esiste.
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In termini universali non si è mai espresso niente se l'energia espressa complessiva è al fine sempre pari a zero. È sempre una non espressione di fatto una volta annichilita.
Si è espresso tutto fattualmente invece nello spazio-tempo che intercorre tra il comparire ed annichilire di questa stessa energia, cioè solo le continue trasformazioni di essa, noi compresi. Fluttuazioni quantistiche.
Tu dici: la mia interpretazione di un fatto può essere sì soggettiva, dal tuo punto di vista, ma non il fatto in quanto tale, e cioè che esso passi da un valore misurabile a non misurabile. Tu invece che risposta hai?”
Quello che voglio dire è che la tua oggettività non vale nulla, non serve a niente. Non è la logica il metro su cui misurare il tuo essere e neppure il tuo non essere.
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Serve a comprendere meglio, ed infine accettarsi finalmente per ciò che semplicemente siamo. Oggettivamente solo energia, una tra le tante continue e costanti trasformazioni di stato, siamo solo semplice quantità di moto; soggettivamente invece serve per essere poi anche coscienti di questo stesso fatto, senza appunto illudersi di essere Altro.
Se provi a staccarti totalmente dal tuo ego e dalle cose “terrene”, se riuscirai a conoscere veramente te stesso, lasciando fuori da te, la realtà con tutto ciò che appare, allora comincerai a capire il senso dell’esistenza. Io ancora non so come fare ma intuisco che quella sia la strada.
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Bella introspettiva come sempre, apre sconfinate porte all'ignoto. Un bel viaggio, peccato sia solo illusione, ed esso stesso, lo stesso pensiero, lo stesso impulso elettromagnetico che ha messo in successione queste stesse parole in immagini e sensazioni emozionali dal tuo corpo percepite e mappate tali, sia invece come sempre è per tutto ciò che risulta espressione, solo quantità di moto.
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Re: L'inizio
La differenza è sostanziale. L’evoluzione riguarda la coscienza, l’io. La differenza sta nella capacità di essere coscienti di essere. Tutti gli uomini sono capaci di questa consapevolezza, non gli animali.
Ecco che la realtà influisce sulla psiche degli uomini modificando il loro destino sia come individui che come genere. La parte animale ( che comprende l’io) non ha la possibilità di essere cosciente di se stesso. La consapevolezza di sé è solo umana e rende la comprensione della realtà effettivamente diversa da quanto si può supporre senza attribuirle il vero valore. Il valore è quello soggettivo proprio a causa della capacità di sapere di esserne cosciente. Sono io che dico a te di fare la scelta tra il renderti conto di questo e il non farlo per i motivi che sappiamo.
Tu sfotti dicendo:” Quindi un attimo prima che traessi queste conclusioni era vero tutto e poi non era vero più niente? Poi è tutta apparenza? E come hai fatto allora a crescere e sviluppare questa cosciente consapevolezza se eri solo un embrione prima? Non sarà forse magari solo tutto un processo fisico evolutivo la coscienza, il che influisce appunto solo al massimo su una realtà soggettiva/percettiva singola, ma non sulla realtà oggettiva in quanto tale, tu che dici? Riproviamo con un altro salto?”
L’esempio del salto è banale e fasullo: ti confonde le idee.
La coscienza è un processo fisico evolutivo comune agli esseri viventi. Essi arrivano a creare il proprio Io , il proprio individualismo, ma si fermano lì. La loro realtà è quella in cui vivono e la descrizione che fai è perfetta. Per loro non esiste la differenza tra soggettiva e oggettiva, nel senso che siamo solo noi capaci di attribuire questa differenza dandone un valore soggettivo.
Non potrai accettare queste riflessioni senza ammettere che se sei consapevole di esistere, sei in uno stato dell’essere fuori dalla quantità di moto. Qui c’è la chiave per un altro modo di ragionare.
Mi fermo qui perché oltre questo valico so che non ci senti più.
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Re: L'inizio
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È banale sì, ma non fasullo, e non confonde, ma ti chiarisce le idee in una maniera semplicissima. Nemmeno il tuo "sapere" di essere, influisce sulla realtà oggettiva e cioè sull'interazione di un corpo in quanto gravitazionalmente presente e quindi in stato di moto, a cui automaticamente si applicano e a sua volta applica forze e interazioni gravitazionali sia per sé stesso in quanto tale, sia verso altri enti-eventi distinti da lui.
La coscienza è un processo fisico evolutivo comune agli esseri viventi. Essi arrivano a creare il proprio Io , il proprio individualismo, ma si fermano lì. La loro realtà è quella in cui vivono e la descrizione che fai è perfetta. Per loro non esiste la differenza tra soggettiva e oggettiva, nel senso che siamo solo noi capaci di attribuire questa differenza dandone un valore soggettivo.
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Perfetto concordo, anche se già la coscienza di un animale/pianta comprende benissimo determinati sentimenti ben più complessi di una prettamente di natura esclusivamente cellulare.
Non potrai accettare queste riflessioni senza ammettere che se sei consapevole di esistere, sei in uno stato dell’essere fuori dalla quantità di moto. Qui c’è la chiave per un altro modo di ragionare.
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No perché appunto la tua consapevolezza non influisce minimamente su tutto ciò che è invece oggettivo, agisce apparentemente (dato che comunque sono processi in stato di moto anche quelli mentali) solo sulla tua singolare percezione della realtà e quindi soggettiva convinzione che da questa scaturisce e cioè nel tuo caso dubbio esistenziale. Tutto ciò però non ti esclude dal sottostare ad una oggettività. Semplicemente il tuo dubbio esistenziale invece ti porta solo a continua domanda sempre irrisolta.
Mi fermo qui perché oltre questo valico so che non ci senti più."
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Non è che non ci sento più, è semplicemente che ogni cosa che asserisci (diversa, ma uguale di fondo, e comune a tutte le altre, compresa la mia di un tempo), è pura illusione da te singolarmente percepita emozionalmente (e quindi percepita soggettivamente come reale dall'io, o sé, come preferisci in questo caso, visto la struttura con cui questo sé o io si esprime) come "la strada giusta" da seguire.
Al che la mia domanda è sempre la stessa, visto che tu stesso dici "non so come FARE, ma SENTO..."
Cosa senti di concreto se non la tua stessa domanda e quindi la tua stessa percezione da te poi interpretata come reale e che da questa tua domanda/bisogno direttamente scaturisce?
Aggiri sempre questa risposta, rimani sempre sul vago, cerchi di spiegare il tuo punto di vista, motivandolo a tuo intendere, ma non rispondi mai in realtà in maniera chiara e coincisa.
È una domanda semplice e diretta, alla quale se avessi ragione tu potresti e dovresti invece rispondere facilmente e del tutto coscientemente, su quale aspetto concreto questa tua percezione ti porterebbe o consentirebbe di uscire dallo stato di moto?
Ti ricordo che se usi termini come "non so come FARE, ma SENTO..." se attribuisci e associ a questa tua consapevolezza di SAPERE di essere il che RITIENI poi esuli da uno stato di moto; un sapere, fare o sentire, un ritenere o la consapevolezza e comprensione stessa di sentire, sapere fare o ritenere qualcosa... questi sono tutti, sempre, stati di moto. Stai DESCRIVENDO (azione) azioni che implicano movimento, come appunto ogni azione o pensiero che sia implica ed è intrinseco necessariamente a un movimento, indi per cui stato di moto. Quindi come fai ad asserire che questo invece esuli lo stesso? Te ne puoi solo CONVINCERE ( un'altra azione). Comprendi che non esuli mai comunque
e a prescindere da qualsiasi cosa senti, o percepisci, appunto perché senti e percepisci qualcosa, una realtà di moto?
Se tu salti la mente, non ferma il corpo, il corpo cade.
La mente invece può illusoriamente credere di levitare anche se il corpo è già a terra.
Quindi sono mentalmente uscito dalla realtà di moto forse?
No. La mente è parte del tuo corpo è una capacità di analisi e previsione di esso da cui scaturiscono poi anche immaginazione, comprensione, consapevolezza ecc.
La realtà è che se il tuo corpo cade, tutto ciò che il tuo corpo oggettivamente è, cade con/in esso.
Ciò che apparentemente sfugge è la convinzione soggettiva che appunto la mente stessa, il pensiero in quanto tale esuli da tutto questo.
Ma non è così, anch'esso è espressione in stato di moto, pertanto anch'esso intrinsecamente ad, in e per, ogni sua stessa espressione, sottosta sempre ad uno stato di moto.
Non esula mai da esso. Altrimenti non potresti appunto pensare, sentire o percepire alcun che, saresti appunto totalmente incosciente a livello biografico, o direttamente morto.
Il che comunque non ti esula dal continuare a essere in un tuo specifico stato di moto, dato che il tuo cadavere occupa sempre uno spazio gravitazionale presente, rimane quindi un ente-evento presente, poi una volta decomposto si trasformerà in polvere, polvere che condurrà sempre calore, calore che a sua volta andrà e sarà in interazione fattuale con altri enti-eventi.
Il resto come ti dicevo sono solo paradossi, solo illusioni di cui ci vogliamo convincere per bisogno e necessità.
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Re: L'inizio
È una domanda semplice e diretta, alla quale se avessi ragione tu potresti e dovresti invece rispondere facilmente e del tutto coscientemente, su quale aspetto concreto questa tua percezione ti porterebbe o consentirebbe di uscire dallo stato di moto?"
Ovviamente se avessi la risposta smetterei di fare domande. La risposta di come dimostrare l'esistenza di un ente che per la nostra realtà non esiste, non è possibile.
Ho detto " di come dimostrare l'esistenza", non ho detto che l'ente di cui non possiamo dimostrare l'esistenza non esista.
La più evidente ragione di questa convinzione è che troppe cose della nostra realtà non sono spiegabili con la sola logica e la scienza, né comunque con la ragione.
Le risposte che ottengo sono tutte non dimostrabili neppure con la logica che, comunque, di per sé non può essere la verità in assoluto.
Esempio.
Si è stabilito che l'evoluzione del genere umano ha portato il complesso sistema del corpo, ivi compresa la sua organizzazione mentale (per farla breve), alla coscienza e alla formazione dell'io (che significa semplicemente "essere un individuo"). Fin qui tutto pare sufficientemente dimostrato dagli studi dei ricercatori (tipo Damasio).
Però ci si ferma di fronte al muro della coscienza di sé. Nessuno è in condizioni di dimostrare che anche questo passaggio sia dovuto all'evoluzione, anzi lo stacco tra l'animale e l'essere umano è sempre più precisato. Il negare questo (come fai tu) è pura forzata immaginazione che svela una volontà di coprire un buco esistenziale. Ed è quello che continui a fare inseguendo logiche che con questo concetto nulla hanno a che fare se non con complicati accostamenti a fenomeni quantistici.
La tua ipotesi suffragata dalla logica dice che se un fenomeno è fattuale, non c'è bisogno di sapere perché. Anzi dici che se un fenomeno assomiglia per certi versi a un fatto, anche questo fenomeno è un fatto e non serve domandarsi perché.
Altri esempi: la vita (difficile da definire) è quella scintilla originale che caratterizza alcuni esseri della nostra realtà. Nessuno è in grado neppure di definirla se non dando descrizioni del suo funzionamento ma non dello stato dell'essere. Così come l'Energia (altro mistero fattuale) che sappiamo definire solo con formule matematiche ma che non sappiamo assolutamente dire di che si tratta in realtà (quantità, valore, lavoro, ecc.). Mi fermo qui.
Quando spieghi che il moto è la realtà dell'universo, che il nulla non esiste come il buio o il vuoto assoluto, dici cose logiche e giustamente desumi, secondo la logica che ne deriva, tutta una serie di osservazioni corrette. Tutto giusto perché non considera assolutamente realistico l'esistenza di altre dimensioni oltre quelle che conosciamo, oltre quella che ha bisogno della realtà di moto.
Questa possibilità è scartata come illogica, contraria, anzi assurda perché pensata da un ente che fa parte di quella realtà stessa. Non c'è alternativa: qualsiasi ipotesi è immaginazione che riporta a quella
Verità dalla quale non c'è fuga.
Dunque il cerchio è chiuso, tanto, avendo a disposizione solo questa logica, nessuno potrà mai dimostrare il contrario. E tu insisti dicendo: perché non c'è il contrario.
E allora io dico dimostramelo. Dimostra che dio non esiste (non è per il dio, ma qualunque cosa che per te non esiste) ma senza usare la logica che tutto comprende nella realtà di moto. Come vedi, è il gioco che fai tu, anche con te stesso. La pretesa di dimostrare è assurda. Non puoi dimostrare che il buio non esiste se per farlo devi parlare della luce. Così come io non posso dimostrare che dio esiste se per farlo devo parlare della realtà di moto.
Dunque resta solo una via, quella di abbandonare la logica dell'oggettività per sviscerare la realtà soggettiva, sapendo che l'evoluzione della natura umana arriva a spiegare che cos'è un individuo ma non arriva a spiegare la coscienza di sé. C'è confusione, ma per fare un esempio, prova a immaginare come dire a un supercomputer di AI che lui è un supercomputer anzi è QUEL supercomputer.
Potrà ripeterlo, potrà organizzarsi in modo da emulare certe funzioni ma non potrà "comprendere".
Neppure davanti allo specchio lo scimpanzè capisce che quello è proprio LUI. Saprà definire la differenza tra lui e l'immagine che vede, potrà associare alcuni atteggiamenti, ma non ha la capacità di comprendere chi è lui veramente.
Questi esempi servono solo per demolire la certezza della logica; questa definisce fino a prova contraria i confini della realtà oggettiva, che non necessariamente è la verità.
Tu non sei arrivato. Io non sono arrivato. Occorre ancora cercare.
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Re: L'inizio
È sempre più precisato perché appunto evolutivamente la specie umana ha sviluppato questa necessità.
Ha bisogno di prevedere con largo anticipo i fatti per la propria omeostasi corporale, si è sprovvista evoluzionisticamente di tutti quei parametri necessari alla sopravvivenza tipici degli animali in favore di una coscienza di tipo più complessa. Tutto qui non mi pare così complicato come concetto logico da comprendere. Non abbiamo più una pelliccia che ci ricopra dalle temperature invernali, per tanto abbiamo bisogno di prevedere l'avvento della stagione fredda e agire di conseguenza anticipatamente. O procacciando una pelliccia animale, o costruendo un riparo adeguato. Sono tutti aspetti di una coscienza conscia di sé spaziotemporalmente definita e in termini di previsione futura, se sviluppo per omeostasi una percezione verso una previsione futura, allora per forza di fattori avrò anche una percezione passata e "presente". Quindi sono conscio di essere. Semplice evoluzione, diramazione specifica e sviluppo di una coscienza idonea alla sopravvivenza della struttura corporale definita uomo, o non ti torna come ragionamento? Capirei il dubbio se solo noi presentassimo coscienza di fatto, ma se anche a livello di un singolo batterio, di una singola cellula è presente diventa poi ovvio che sia solo strutturata poi in maniera più complessa man mano che diventa sempre più specifica nel comprendere e leggere emozionalmente i vari fatti che vengono ad interagire e con cui essa a sua volta interagisce. È il tuo bisogno di sentirti speciale che ti spinge a ragionarla diversamente, nient'altro che questo.
"Dimostra che dio non esiste (non è per il dio, ma qualunque cosa che per te non esiste) ma senza usare la logica che tutto comprende nella realtà di moto. Come vedi, è il gioco che fai tu, anche con te stesso."
Ma perdonami se con la logica associata a una comprensione della realtà di fatto dimostro appunto che non può esserci coscienza esente da uno stato di moto, perché non dovrei usarla? Non usarla significa appunto abbandonarsi totalmente ad un illusione (cosa che sarebbe comunque posta in stato di moto, a prescindere da cosa implica la nostra singolare percezione). È impossibile non usare una logica inerente al moto se tu stesso sei totalmente in essere perché appunto sei inerente al moto, coscienza di sé compresa. Che senso ha negarla? Compreso questo, è già un fatto che Dio non può sussistere, perché per sussistere sarebbe anch'esso in stato di moto, ma se lo fosse allora lo potremmo benissimo comprendere dato che saremmo nella stessa realtà. Quindi non può essere infinito, perché sarebbe automaticamente Nulla, non esisterebbe in quanto tale, nessuna coscienza né pensiero/azione, e al contempo sappiamo che non può essere in stato di moto perché altrimenti non ci sarebbe nessun "mistero" su di esso, quindi è solo una nostra immaginazione, una falsata percezione del nostro stato in essere, e cioè proprio ciò di cui tu sei convinto, il potere trascendere lo stato di moto. Pura illusione, dato che immaginare, percepire, dedurre, avere consapevolezza o coscienza di sé, sono tutti aspetti emozionali cementati e possibili solo in stato di moto.
È impossibile immaginare realtà non inerenti al moto, se non c'è moto non c'è nulla di espresso, quindi automaticamente non esiste. Immaginare è già una azione pertanto è stato di moto. È assurdo tutto ciò che asserisci come fattibile se togli il moto.
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Re: L'inizio
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Re: L'inizio
R izzo
R---"Nessuno è in condizioni di dimostrare che anche questo passaggio sia dovuto all'evoluzione, anzi lo stacco tra l'animale e l'essere umano è sempre più precisato."
P---È sempre più precisato perché evolutivamente la specie umana ha sviluppato questa necessità.
Ha bisogno di prevedere con largo anticipo i fatti per la propria omeostasi corporale, si è sprovvista evoluzionisticamente di tutti quei parametri necessari alla sopravvivenza tipici degli animali in favore di una coscienza di tipo più complessa. Tutto qui non mi pare così complicato come concetto logico da comprendere. Non abbiamo più una pelliccia che ci ricopra dalle temperature invernali, per tanto abbiamo bisogno di prevedere l'avvento della stagione fredda e agire di conseguenza anticipatamente. O procacciando una pelliccia animale, o costruendo un riparo adeguato. Sono tutti aspetti di una coscienza conscia di sé spaziotemporalmente definita e in termini di previsione futura, se sviluppo per omeostasi una percezione verso una previsione futura, allora per forza di fattori avrò anche una percezione passata e "presente". Quindi sono conscio di essere. Semplice evoluzione, diramazione specifica e sviluppo di una coscienza idonea alla sopravvivenza della struttura corporale definita uomo, o non ti torna come ragionamento?
R---No. questa non posso fartela passare. Ragioni proprio al contrario. È proprio grazie alla consapevolezza che l’uomo ha il senso del tempo e grazie al fatto che è conscio di essere che riesce a prevedere la sua necessità futura. Non succede come dici tu e cioè che l’uomo riesce a prevedere l’inverno e di conseguenza si vede nel futuro!
Confermo che la coscienza di sé non è determinata dall’evoluzione ma semplicemente si “appoggia” all’Io che a sua volta è frutto dell’evoluzione. La consapevolezza ha un’altra origine e non è possibile per nessuna forma di vita sulla Terra, né può essere duplicata nelle macchine.
P---Capirei il dubbio se solo noi presentassimo coscienza di fatto,
R--- è proprio così: la capacità di essere consci di Sé è prerogativa umana ed è, come dici tu, un fatto.
P---ma se anche a livello di un singolo batterio, di una singola cellula è presente diventa poi ovvio che sia solo strutturata poi in maniera più complessa man mano che diventa sempre più specifica nel comprendere e leggere emozionalmente i vari fatti che vengono ad interagire e con cui essa a sua volta interagisce.
R----quella a cui ti riferisci è la Coscienza pari a quella animale che al massimo sancisce l’individualità ovvero la differenza tra l’io e il resto del mondo, ma non riconosce il Sé.
P---È il tuo bisogno di sentirti speciale che ti spinge a ragionarla diversamente, nient'altro che questo.
R---Continui da dare spiegazioni da testimone di Geova…
R---"Dimostra che dio non esiste (non è per il dio, ma qualunque cosa che per te non esiste) ma senza usare la logica che tutto comprende nella realtà di moto. Come vedi, è il gioco che fai tu, anche con te stesso."
R---È per farti capire che non puoi chiedere a me di dimostrare quello che è assurdo per la comune logica tua e mia.
P---Ma perdonami ------testo non riportato--------Comprendi dunque perché è impossibile?
R--- E tu comprendi perché è impossibile dimostrare l’esistenza di dio o la sua negazione stando in questa realtà di moto? L’hai appena spiegato.
Ma su tutto il resto non mi hai detto niente...
77, le gambe delle donne
ovvero: donne in gamba!
Antologia di 77 opere e 10 illustrazioni per esplorare, conoscere e rappresentare la complessità e la varietà dell'universo femminile. Ognuno dei testi presenti in questa antologia riesce a cogliere tanti aspetti, anche contrastanti, di questa creatura affascinante e sorprendente che assieme agli uomini per millenni ha contribuito, nell'ombra o sul palco della storia, all'evoluzione della civiltà così come la conosciamo oggi. è inutile aggiungere che 77 opere soltanto non hanno la presunzione di fornire una rappresentazione esaustiva, ma lasciamo che la parte di questo "iceberg" femminile ancora sommerso rimanga pronto per emergere in prossime indagini e, perchì no, per costituire ancora la materia prima di altre future opere di ingegno.
A cura di Massimo Baglione.
Contiene opere di: Tullio Aragona, Maria Basilicata, Mara Bomben, Alessandro Borghesi, Emanuela Bosisio, Nunzio Campanelli, Paolo Caponnetto, Alessandro Carnier, Gino Centofante, Polissena Cerolini, Antonio Ciervo, Luigi Andrea Cimini, Giacomo Colosio, Cristina Cornelio, Marika Davoli, Stella Demaris, Maria Rosaria De Simone, Cetta de Luca, Cristoforo De Vivo, Roberta Eman, Luca Fadda, Lorella Fanotti, Lodovico Ferrari, Raffaella Ferrari, Virginia Fiorucci, Anna Rita Foschini, Franco Frainetti, Manuela Furlan, Nicola Gaggelli, Isabella Galeotti, Rebecca Gamucci, Lucilla Gattini, Michela Giudici, Antonino R. Giuffrè, Alessandro Kabon, Concita Imperatrice, Carlotta Invrea, Greta Leder, Silvia Leuzzi, Yuleisy Cruz Lezcano, Libero, Marina Li Volsi, Rosalia Maria Lo Bue, Diego Luci, Sandra Ludovici, Verdiana Maggiorelli, Marino Maiorino, Angelo Manarola, Myriam Mantegazza, Germana Meli (geMadame), Roberta Michelini, Samuele Mocellin, Maurizio Nequio, Teresa Pace, Marina Paolucci, Roberto Paradiso, Umberto Pasqui, Viviana Picchiarelli, Daniela Piccoli, Anna Pisani, Luciano Poletto, Monica Porta, Pietro Rainero, Gianluigi Redaelli, Maria Rejtano, Stefania Resanfi, Franca Riso, Massimo Rosa, Francesca Santucci, Libera Schiano Lomoriello, Daniele Schito, Veronica Sequi, Salvatore Stefanelli, Stella Stollo, Paola Tomasello, Sonia Tortora, Liliana Tuozzo, Alessandro Zanacchi.
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La brevità va a pari passo con la modernità, basti pensare all'estrema sintesi dei messaggini telefonici o a quelli usati in internet da talune piattaforme sociali per l'interazione tra utenti. La pubblicità stessa ha fatto della brevità la sua arma più vincente, tentando (e spesso riuscendo) in pochi attimi di convincerci, di emozionarci e di farci sognare.
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