
L'ombrello rosso – il potere delle parole e dei desideri (Ver. 2)
L'ombrello rosso – il potere delle parole e dei desideri (Ver. 2)

Re: L'ombrello rosso – il potere delle parole e dei desideri (Ver. 2)
Questo racconto, al di là del narrato, è come una partita di calcio tra Verità (o Realtà) e Finzione (o Bugia), per come possono essere intesi da un essere umano, e in cui, apparentemente, sembra, a seconda dei momenti, prevalere l'una o l'altra; ma alla fine ne esce un pareggio: facciamo un 5-5, essendo 5 il numero del destino (destino = sequenza degli eventi). In realtà, ho già partecipato con questo testo a una gara, un anno fa. Ma il racconto, per volere del "Destino", non ha poi terminato quella gara. C'è scritto Ver. 2 perché il racconto l'ho riscritto, cambiando in parte la prosa e amplificando alcuni concetti. Grazie dell'attenzione (se ci sarà); altrimenti, grazie lo stesso.
Saluti…
A.G.
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Re: L'ombrello rosso – il potere delle parole e dei desideri (Ver. 2)
Questo, dal mio punto di vista, è un gran merito delle Gare e di tutte le nostre iniziative letterarie. Quindi ti ringrazio per questo tuo approccio doppiamente positivo!Yakamoz ha scritto: 21/03/2025, 7:04 In realtà, ho già partecipato con questo testo a una gara, un anno fa. Ma il racconto, per volere del "Destino", non ha poi terminato quella gara. C'è scritto Ver. 2 perché il racconto l'ho riscritto, cambiando in parte la prosa e amplificando alcuni concetti.
Buon lavoro a tutti!
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Re: L'ombrello rosso – il potere delle parole e dei desideri (Ver. 2)
Ma grazie a te, Massimo Baglione, per aver creato BA e per l'opportunità che mi offri, non solo a me, di poter pubblicare qualcosa di mio. Riproporre poi le proprie idee, come bene sottolinei tu, non è affatto un errore; al contrario, perché proprio il confronto con altri Autori, attraverso il dialogo e l'interazione, rappresenta un'importante occasione per crescere e migliorarsi continuamente.Massimo Baglione ha scritto: 21/03/2025, 10:27 Questo, dal mio punto di vista, è un gran merito delle Gare e di tutte le nostre iniziative letterarie. Quindi ti ringrazio per questo tuo approccio doppiamente positivo!
Buon lavoro a tutti!
Cari saluti, Max,
Antonio
Re: Commento
Ciao, Vittorio Felugo,Vittorio Felugo ha scritto: 21/03/2025, 11:16 Un racconto che sembra descrivere una storia normale, quasi banale, e che si trasforma in un dramma surreale, sovrannaturale, diabolico. Poteva concludersi prima dello N.d.A., e invece prosegue, con un'appendice, che rende tutto più intricato (in senso buono), criptico, bizzarro. Complimenti per le descrizioni accurate, che permettono al lettore quasi di "vedere" quanto narrato. E per l'ingegno, anche se dici che è una nuova versione di n racconto già pubblicato, e questa è l'unica cosa che ne guasta (un pochino) l'originalità.
grazie del tuo commento e del buon voto; però, "L'ombrello rosso" è un metaracconto e se si ferma a prima delle Note dell'Autore, che metaracconto è? Poi non penso, per chi non l'ha già letto, che il testo possa perdere originalità. Non intendo polemizzare, ci mancherebbe, ma il mio intento era proprio, attraverso una "comparazione narrativa", di esplorare temi, non del tutto nuovi in letteratura, come il senso/natura della verità e della finzione. Ecco perché, nella premessa, ho portato l'esempio della partita di calcio. Sono comunque contento che, alla fine, il racconto ti sia piaciuto, Vittorio. Grazie ancora di avermi letto e del tuo riscontro positivo.
Cari saluti,
Antonio
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Abbiamo una pletora di piani temporali.
Il qui ed ora del vissuto della protagonista, poi la sua narrazione al passato del loro passato e infine lo stravolgimento del narrato del NdA che tenta di ricostruire dall'esterno la storia.
Questo senza contare l'effetto estraniante dell'incontro con il Destino che dal tutto un ulteriore strato onirico.
Come dicevo forse un po' troppo per una storia così breve, ma complimenti comunque per il coraggio.
La parte che ho preferito è sicuramene la prima. L'incontro segreto con l'amante, il racconto del loro amore segreto. Una storia semplice e piacevole ben scritta che fa risuonare corde eterne nell'animo umano e particolarmente in me.
Sia che la si voglia interpretare come una romantica storia d'amore (come la vede lei) o lo squallore di un uomo di mezza età che gioca, cinicamente, con il cuore e l'ingenuità di una ragazzina.
Mi ha lasciato un perplesso l'ingresso in campo onirico del Destino, ma ci poteva stare, quello che invece non mi è piaciuta è stata l'ultima parte.
Come lettore io vissuto i sentimenti della protagonista nella prima parte (malgrado l'inserto narrato del loro innamoramento estivo), scoprire cosi di colpo che non era vero, ma solo il racconto vergato su dei fogli ritrovati l'ho trovato un po' spiacevole.
Capisco il tentativo di creare un meta racconto, ma questo è uno escamotage molto televisivo, scoprire che quello che abbiam visto è il racconto di qualcuno e che è quello il vero piano temporale della storia, una bella sfumata e si cambia scena…. Ma in parole lo sento funzionare molto meno.
Caso mai, avrei inserito la scoperta prima, reso edotto il lettore che era un racconto di un racconto e poi caso mai fatto il commento dei fatti reali confrontati con la narrazione, in modo da non violare il patto col lettore.
Piccolo appunto di trama. La moglie e la figlia lo stanno aspettando in macchina? Lui è andato a dire addio all'amante (a prendersi un te seduto addirittura) lasciando la moglie e figlia parcheggiate a due passi?
Ho capito giusto? Onestamente trovo molto pià realistico l'apparizione del Destino con la D maiuscola che qualcuno pensi nel mondo reale di fare una cosa simile e uscirne intero.
Insomma, ben scritto, idea piacevole, struttura coraggiosa, ma troppo troppo complessa e pesante.
Un 4 cmq ci sta tutto!
Re: Commento
Ciao,Ombrone ha scritto: 22/03/2025, 15:55 Racconto molto molto complesso come struttura. Forse un filo troppo.
Abbiamo una pletora di piani temporali.
Il qui ed ora del vissuto della protagonista, poi la sua narrazione al passato del loro passato e infine lo stravolgimento del narrato del NdA che tenta di ricostruire dall'esterno la storia.
Questo senza contare l'effetto estraniante dell'incontro con il Destino che dal tutto un ulteriore strato onirico.
Come dicevo forse un po' troppo per una storia così breve, ma complimenti comunque per il coraggio.
La parte che ho preferito è sicuramene la prima. L'incontro segreto con l'amante, il racconto del loro amore segreto. Una storia semplice e piacevole ben scritta che fa risuonare corde eterne nell'animo umano e particolarmente in me.
Sia che la si voglia interpretare come una romantica storia d'amore (come la vede lei) o lo squallore di un uomo di mezza età che gioca, cinicamente, con il cuore e l'ingenuità di una ragazzina.
Mi ha lasciato un perplesso l'ingresso in campo onirico del Destino, ma ci poteva stare, quello che invece non mi è piaciuta è stata l'ultima parte.
Come lettore io vissuto i sentimenti della protagonista nella prima parte (malgrado l'inserto narrato del loro innamoramento estivo), scoprire cosi di colpo che non era vero, ma solo il racconto vergato su dei fogli ritrovati l'ho trovato un po' spiacevole.
Capisco il tentativo di creare un meta racconto, ma questo è uno escamotage molto televisivo, scoprire che quello che abbiam visto è il racconto di qualcuno e che è quello il vero piano temporale della storia, una bella sfumata e si cambia scena…. Ma in parole lo sento funzionare molto meno.
Caso mai, avrei inserito la scoperta prima, reso edotto il lettore che era un racconto di un racconto e poi caso mai fatto il commento dei fatti reali confrontati con la narrazione, in modo da non violare il patto col lettore.
Piccolo appunto di trama. La moglie e la figlia lo stanno aspettando in macchina? Lui è andato a dire addio all'amante (a prendersi un te seduto addirittura) lasciando la moglie e figlia parcheggiate a due passi?
Ho capito giusto? Onestamente trovo molto pià realistico l'apparizione del Destino con la D maiuscola che qualcuno pensi nel mondo reale di fare una cosa simile e uscirne intero.
Insomma, ben scritto, idea piacevole, struttura coraggiosa, ma troppo troppo complessa e pesante.
Un 4 cmq ci sta tutto!
Porto un esempio:
A volte capita, anzi, succede quasi sempre, di leggere un articolo su un giornale. Che si tratti di cronaca, esteri, politica, sport, un'intervista o lifestyle (come direbbe un inglese), immagina ciò che ti interessa/piace di più. Poi, cambiando giornale, ti trovi di fronte alla stessa notizia/fatto, ma raccontata/o in modo diverso, anche indipendentemente dall'orientamento politico di chi scrive. Se cambi nuovamente giornale, la notizia si trasforma ancora: a seconda di come viene interpretata e riportata. E così via, da un giornale all'altro. Utilizzo l'esempio del giornale, ma potrebbe essere altro, perché nel "sistema dei mass media" questa mutazione è particolarmente evidente e rapida. I fatti rimangono invariati, ma l'interpretazione cambia. Allo stesso modo, i commenti su un racconto qui su BraviAutori possono variare notevolmente fra loro (altro esempio che ti porto). A questo punto, sorge spontanea una domanda: qual è la verità? Personalmente, non ho una risposta certa e credo che, se non si è troppo "ideologizzati", pochi la possano conoscere. L'ombrello rosso, filo conduttore (fil rouge) di questo racconto, simboleggia proprio questo. Rappresenta, nella sua piccolezza di racconto (nel senso vero di riportare fatti), il terremoto/confusione costante nella nostra percezione della verità, così come noi esseri umani la vediamo, interpretiamo e, talvolta, manipoliamo.
Spero di essere stato chiaro e di non esserti sembrato troppo astruso nella mia spiegazione. Concordo con te sul fatto che il racconto possa avere "eccessive pretese" e una struttura un po' complessa e densa di "simboli"; comunque si tratta solo di due piani narrativi e di una retrospezione (flashback). Per quanto riguarda la N.a.A., non sono una spiegazione/mutazione del racconto, poiché anch'essi sono una finzione. Così, la finzione incontra la realtà, ma anche la realtà stessa non è necessariamente qualcosa di vero.
Per quanto riguarda invece la moglie "che sta a pochi passi dall'amante del marito", come tu sottolinei, non è troppo inusuale come "scena", perché lei (la moglie) potrebbe sapere che ha un'amante ma non chi è l'amante. E la giovane età della ragazza potrebbe perfino dissuadere da questa idea. Magari il marito ha detto alla moglie: "Scendo un attimo per parlare con Cristina che deve riferire una cosa al padre", poiché i due uomini si conoscevano a Capri, e poi la scena del tè è molto rapida e avviene quasi per caso, anche se è scritta lentamente.
Aggiungo una cosa:
Nel racconto c'è scritto: "Questa storia che io, Antonio, figlio di Nofi, ho cercato nel miglior modo di raccontarvi."
Io mi chiamo Antonio e sono di Nofi, che in realtà è Nocera Inferiore (Sa). La chiama Nofi Domenico Rea (compaesano ma passato a miglior vita), l'autore di Ninfa plebea, che è un romanzo dove appunto si ambienta la storia. Pure la mia storia…
Tante belle cose, Ombrone,
Antonio
Re: L'ombrello rosso – il potere delle parole e dei desideri (Ver. 2)
Domani da casa replicò con la dovuta cura
Roberto
Re: L'ombrello rosso – il potere delle parole e dei desideri (Ver. 2)
Veniamo a noi! Quello che dici mi trova perfettamente daccordo. Assolutamente.
Anzi trovo che il concetto che hai espresso sia interessantissimo. Ognuno di noi vede le cose in manhera diverse e interpreta i fatti in maniera diversa. Quindi come facciamo a sapere dai diversi punti di vista qual'é la realtà?
Si sono scritti capolavori su queste basi. Proprio oggi, che coincidenza, un amico mi parlava di un Trust un romanzo basato su un concetto simile. Lo stesso evento vissuto e visto da persone diverse che però lo vivono in maniera diversa.
L'idea è ottima e ti fa onore.
La mia critica è puramente tecnica e ovviamente potremmo vederla anche come questione di gusti.
Provo a spiegarmi.
Tu parti col vissuto di Cristina in prima persona presente (al cui interno c'é un narrato al passato del loro innamoramento estivo).
Poi parte il nuovo narrato sempre al passato di Antonio figlio di Nofi (bellissimo adesso che ho capito il gioco sul tuo nome!) che ci rivela come la prima parte sia la sua narrazione dei fogli trovati nell'ombrello.
Questo costringe il lettore a resettare totalmente il suo film mentale.
Io, ma ripeto è solo un idea, sarei partito, prima con Antonio figlio di Nofi che parla dell'incidente che ha visto e dei fogli che ha ritrovato.
Qui la sua esposizione diel racconto di Cristina (al presente o anche al passato)
Infine le riflessioni di Antonio figlio di Nofi sulle differenze tra wquanto presente nei fogli e quanto riportato nei giornali e nelle altre fonti (e quindi il tema che specificavi della varie versioni che ognuno di noi ha dei fatti reali).
In questa maniera il lettore ha sempre chiara coscienza di cosa sta vivendo.
Cmq ripeto ottima idea molto ben scritto
Re: L'ombrello rosso – il potere delle parole e dei desideri (Ver. 2)
Per rispondere, dovrei fare un lungo "spiegone", cosa che di solito evito. Mi fa comunque piacere sapere che questo racconto ha suscitato interesse, almeno in te. Posso solo dire che si avvicina al limite delle 25.000 battute; anche se qui ne risultano meno, e aggiungendo qualche frase in più non avrebbe potuto partecipare. Inoltre, se invertissi le parti, sarei costretto a narrare l'intera storia al passato remoto, invece di utilizzare il presente, il che la renderebbe più una cronaca che un'esperienza "vissuta in prima persona", correndo il rischio di farla sembrare preconfezionata/incellofanata. Un ulteriore problema sarebbe che cambiando i tempi verbali alcune frasi potrebbero non funzionare più e necessiterebbe pure di una revisione della prosa: praticamente, dovrei quasi riscriverlo. Credo piuttosto che il vero "problemino", ma non un dramma, siano le N.d.A. che non piacciono molto e risultano un po' difficili/complicate da seguire.Ombrone ha scritto: 23/03/2025, 21:05 Eccomi. Casa Finalmente!
Veniamo a noi! Quello che dici mi trova perfettamente daccordo. Assolutamente.
Anzi trovo che il concetto che hai espresso sia interessantissimo. Ognuno di noi vede le cose in manhera diverse e interpreta i fatti in maniera diversa. Quindi come facciamo a sapere dai diversi punti di vista qual'é la realtà?
Si sono scritti capolavori su queste basi. Proprio oggi, che coincidenza, un amico mi parlava di un Trust un romanzo basato su un concetto simile. Lo stesso evento vissuto e visto da persone diverse che però lo vivono in maniera diversa.
L'idea è ottima e ti fa onore.
La mia critica è puramente tecnica e ovviamente potremmo vederla anche come questione di gusti.
Provo a spiegarmi.
Tu parti col vissuto di Cristina in prima persona presente (al cui interno c'é un narrato al passato del loro innamoramento estivo).
Poi parte il nuovo narrato sempre al passato di Antonio figlio di Nofi (bellissimo adesso che ho capito il gioco sul tuo nome!) che ci rivela come la prima parte sia la sua narrazione dei fogli trovati nell'ombrello.
Questo costringe il lettore a resettare totalmente il suo film mentale.
Io, ma ripeto è solo un idea, sarei partito, prima con Antonio figlio di Nofi che parla dell'incidente che ha visto e dei fogli che ha ritrovato.
Qui la sua esposizione diel racconto di Cristina (al presente o anche al passato)
Infine le riflessioni di Antonio figlio di Nofi sulle differenze tra wquanto presente nei fogli e quanto riportato nei giornali e nelle altre fonti (e quindi il tema che specificavi della varie versioni che ognuno di noi ha dei fatti reali).
In questa maniera il lettore ha sempre chiara coscienza di cosa sta vivendo.
Cmq ripeto ottima idea molto ben scritto
Grazie per l'interesse, Roberto,
Antonio
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Il racconto lo ricordo, ma rispetto alla prima versione quali sono le differenze?
Adesso il rischio è di commentare in maniera opposta a quella della prima versione facendo una pessima figura.
E passo alla versione due. La prima parte funziona e, lo riconosco, nelle sequenze descrittive sei un vero maestro.
Il PdV è quello di Cristina e sua è la voce narrante. Adoperi il pensiero libero diretto, che alterni con la voce narrante e l'insieme funziona molto bene, imprime un'accelerazione al racconto nonostante le sequenze descrittive lo rallentino. Bene anche l'analessi, che ha la funzione di spiegone, ma non annoia.
Adesso ti riporto un passo
Qui, mi pare, ho l'impressione, che la voce narrante, l'io narrante, si confonda con il pensiero diretto libero. Ad esempio: mi ha mollata è un pensiero, ma sono rimasta interdetta mi pare di no. A mio avviso dovresti rivedere il passaggio, ma attendo una tua risposta in merito.Mi ha mollato di punto in bianco e sono rimasta interdetta. Appena riprendo lucidità, mi catapulto fuori anch'io. L'auto è già partita. Senza pensarci due volte, scalzo via le mie décolleté dai tacchi troppo alti e mi lancio in un'insensata corsa nell'illusione di poterla raggiungere. Quando mi viene a mancare il fiato, mi fermo di colpo. Un'occhiata all'orologio: le lancette immobili. Che stupida! Sono sola a lato della carreggiata, scalza, china sul tronco, con le mani poggiate sulle ginocchia, non respiro più dall'affanno:
Qui
una citazione del film di Verdone con Margherita Buy. Bei ricordi.«Maledetto sia il giorno che ti ho incontrato! Che il diavolo ti porti!»
E poi questo passaggio
non mi ha convinto.«Chi sei?», gli chiedo.
«Il Destino», risponde secco.
«In che senso?», chiedo, sempre più frastornata.
«Sono quello che ti è venuto incontro quando hai maledetto Franco», dice, mentre la sua voce e il suo aspetto si alternano con una celerità assurda a quella del venditore ambulante, del soldatino e di Franco, per infine assumere le sembianze di un signore con baffi e pizzetto, elegantemente vestito, e a me del tutto ignoto. «Hai desiderato che il diavolo se lo portasse via, e quello che hai ottenuto è proprio quello che volevi.» Un brivido mi percorre la schiena. Non riesco a crederci.
Ti spiego... Intanto a chi ti dice di essere il Destino non rispondi in che senso, altrimenti si svolta nel farsesco, o nel grottesco. E più avanti scopriamo che lei ha chiesto al diavolo di portarselo via. Dunque la storia entra dentro l'infinito (come varietà) mondo delle narrazioni in cui la Morte, Satana, o chi per lui entra in gioco e spariglia le carte. A mio avviso non ce n'era bisogno, perché il racconto era bellissimo anche senza questo intervento soprannaturale. E infine, a esser pignoli, perché il Destino? Il destino dà l'idea di una predeterminazione delle cose, degli avvenimenti, di ciò che è. Il destino è quanto è stato già scritto. Mentre Cristina ha invocato il diavolo proprio per ottenere un intervento non predestinato. Non so se sono riuscito a spiegarmi. È più coerente l'apparizione del Diavolo che quella del Destino in questo caso.
E poi c'è la seconda parte, quella dopo N.d.A. che già solo questa mi pare una precisazione non necessaria.
La voce narrante diventa impersonale con una focalizzazione esterna alla vicenda
Subito dopo peròPrima di mezzanotte, eventi inquietanti accaddero nella città. La ballerina del carillon, che esibiva la sua grazia nella vetrina del negozio di antiquariato accanto a quello di Cristina, ruppe l'unica gamba che la sosteneva, ma continuò a danzare tra i frammenti di porcellana, come posseduta dalla musica. In una bella villa della stessa strada, la pendola della sala principale, che da anni scandiva il tempo con impeccabile precisione, si fermò all'improvviso. Le lancette congelate cinque minuti prima della mezzanotte. Un gatto nero che attraversava la strada, proprio sul lato della pozzanghera dove Cristina stava per scivolare, fu investito in pieno da una Citroen c5 e rimase senza vita sull'asfalto bagnato.
reintroduci un io narrante che non è Cristina, ma Antonio, che scopriamo ha narrato la vicenda di Cristina in quanto ha trovato dei fogli nell'ombrello rosso che dà senso al titolo.Io, sceso un attimo dal mio appartamento e per caso mi trovavo al Roxy Bar a comprare le sigarette, fui testimone di un frastuono assordante. Un lampadario era caduto dal soffitto sopra un tavolino vicino alla vetrina e fortunatamente vuoto a quell'ora tarda. La commessa all'istante si affrettò a raccogliere i vetri con scopa e paletta, scusandosi con i pochi clienti presenti: cioè io, un vecchio barbone alcolizzato con un cappuccio verde e vestito come un personaggio dei cartoni animati, e un soldatino seduto in un angolo appartato. Mentre poi uscivo dal bar, una bomba d'acqua mi colse alla sprovvista. Non avendo l'ombrello, ne notai uno fastosamente rosso in un vaso accanto alla porta. Lo rubai senza pensarci molto. Aprendolo, accadde qualcosa di strano: dei fogli di carta ben ripiegati come un pacchetto caddero a terra. Li svolsi, credendo che potessero contenere soldi o altro di prezioso. Trovai invece una storia scritta a mano. Questa storia che io, Antonio, figlio di Nofi, ho cercato nel miglior modo di raccontarvi.
L'espediente non è affatto nuovo, ma l'hai sviluppato tecnicamente piuttosto bene, fatta eccezione per quella voce narrante impersonale a inizio della seconda parte del racconto. E senza considerare queste (a mio avviso) imprecisioni che ti ho riferito il racconto funziona piuttosto bene ed è di gradevole lettura.
Altra considerazione, del tutto personale, come le precedenti d'altra parte. Quando si sviluppa un discorso narrativo sulla base di un manoscritto trovato (è un espediente di tantissimi romanzi, pure uno di Eco se non sbaglio), si riporta una storia vissuta da altri. Ma questa storia può essere riportata in prima persona, senza dare delle serie martellate alla sospensione dell'incredulità? È una domanda, Antonio. Non ne conosco la risposta.
E adesso l'ultimissima considerazione: in un racconto (lungo per i non addetti ai lavori, ma per noi vecchie cosacce della scrittura amatoriale cortissimo) l'insieme delle figure narratologiche che riesci a incastrare e di cui puoi fare mostra temo appesantisca il discorso narrativo col rischio di non farti comprendere da chi legge, che magari ha meno strumenti di quelli tuoi per fare chiarezza. Si scrive per chi legge, non per se stessi, o almeno si scrive soprattutto per chi legge.
Per concludere, un ottimo racconto il tuo, Antonio, pur facendo la tara alle imprecisioni.
A rileggerti. Spero non una versione tre, perché ti avverto che passo. Scherzo, ovviamente.
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Non credo esista questo problema:Namio Intile ha scritto: 26/03/2025, 16:42 Adesso il rischio è di commentare in maniera opposta a quella della prima versione facendo una pessima figura.
- se il tuo commento sarà identico, vorrà dire che il testo non è sostanzialmente cambiato;
- se invece sarà diverso, il testo sarà sicuramente migliorato o peggiorato.
Semplice

UIn ogni caso, la colpa o il merito saranno tutti in capo all'autore.
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Re: L'ombrello rosso – il potere delle parole e dei desideri (Ver. 2)
Oppure, altra possibilità, è peggiorata la mia recensione.
La questione è che col tempo si cambia. E così non si può dire due volte la stessa cosa, pure davanti alla stessa cosa. A meno che non si impari la lezioncina a memoria. Il tempo cambia chi noi siamo e quindi anche ciò con cui interagiamo. I matrimoni finiscono per questo piccolo particolare: il tempo non è neutro.
Re: Commento
Ciao, Namio Intile,Namio Intile ha scritto: 26/03/2025, 16:42 Ciao, Antonio.
Il racconto lo ricordo, ma rispetto alla prima versione quali sono le differenze?
Adesso il rischio è di commentare in maniera opposta a quella della prima versione facendo una pessima figura.
E passo alla versione due. La prima parte funziona e, lo riconosco, nelle sequenze descrittive sei un vero maestro.
Il PdV è quello di Cristina e sua è la voce narrante. Adoperi il pensiero libero diretto, che alterni con la voce narrante e l'insieme funziona molto bene, imprime un'accelerazione al racconto nonostante le sequenze descrittive lo rallentino. Bene anche l'analessi, che ha la funzione di spiegone, ma non annoia.
Adesso ti riporto un passo
Qui, mi pare, ho l'impressione, che la voce narrante, l'io narrante, si confonda con il pensiero diretto libero. Ad esempio: mi ha mollata è un pensiero, ma sono rimasta interdetta mi pare di no. A mio avviso dovresti rivedere il passaggio, ma attendo una tua risposta in merito.
Qui una citazione del film di Verdone con Margherita Buy. Bei ricordi.
E poi questo passaggio non mi ha convinto.
Ti spiego… Intanto a chi ti dice di essere il Destino non rispondi in che senso, altrimenti si svolta nel farsesco, o nel grottesco. E più avanti scopriamo che lei ha chiesto al diavolo di portarselo via. Dunque la storia entra dentro l'infinito (come varietà) mondo delle narrazioni in cui la Morte, Satana, o chi per lui entra in gioco e spariglia le carte. A mio avviso non ce n'era bisogno, perché il racconto era bellissimo anche senza questo intervento soprannaturale. E infine, a esser pignoli, perché il Destino? Il destino dà l'idea di una predeterminazione delle cose, degli avvenimenti, di ciò che è. Il destino è quanto è stato già scritto. Mentre Cristina ha invocato il diavolo proprio per ottenere un intervento non predestinato. Non so se sono riuscito a spiegarmi. È più coerente l'apparizione del Diavolo che quella del Destino in questo caso.
E poi c'è la seconda parte, quella dopo N.d.A. che già solo questa mi pare una precisazione non necessaria.
La voce narrante diventa impersonale con una focalizzazione esterna alla vicenda
Subito dopo però reintroduci un io narrante che non è Cristina, ma Antonio, che scopriamo ha narrato la vicenda di Cristina in quanto ha trovato dei fogli nell'ombrello rosso che dà senso al titolo.
L'espediente non è affatto nuovo, ma l'hai sviluppato tecnicamente piuttosto bene, fatta eccezione per quella voce narrante impersonale a inizio della seconda parte del racconto. E senza considerare queste (a mio avviso) imprecisioni che ti ho riferito il racconto funziona piuttosto bene ed è di gradevole lettura.
Altra considerazione, del tutto personale, come le precedenti d'altra parte. Quando si sviluppa un discorso narrativo sulla base di un manoscritto trovato (è un espediente di tantissimi romanzi, pure uno di Eco se non sbaglio), si riporta una storia vissuta da altri. Ma questa storia può essere riportata in prima persona, senza dare delle serie martellate alla sospensione dell'incredulità? È una domanda, Antonio. Non ne conosco la risposta.
E adesso l'ultimissima considerazione: in un racconto (lungo per i non addetti ai lavori, ma per noi vecchie cosacce della scrittura amatoriale cortissimo) l'insieme delle figure narratologiche che riesci a incastrare e di cui puoi fare mostra temo appesantisca il discorso narrativo col rischio di non farti comprendere da chi legge, che magari ha meno strumenti di quelli tuoi per fare chiarezza. Si scrive per chi legge, non per se stessi, o almeno si scrive soprattutto per chi legge.
Per concludere, un ottimo racconto il tuo, Antonio, pur facendo la tara alle imprecisioni.
A rileggerti. Spero non una versione tre, perché ti avverto che passo. Scherzo, ovviamente.
grazie mille per la tua lettura attenta e per il commento dettagliato, ricco di spunti, e per il tempo speso. Cercherò di non essere troppo lungo, provando a rispondere punto per punto, anche se la sintesi non è il mio forte.
1) Tua domanda:
"Il racconto lo ricordo, ma rispetto alla prima versione quali sono le differenze?"
Le differenze non stanno nel contenuto, che rimane lo stesso, ma stanno nel contenente, cioè nell'esposizione del racconto, che ha una prosa più "dettagliata e descrittiva", per certi versi quasi poetica, rispetto alla prima versione. Ne è prova il fatto che la ver.1 era di meno 17.000 battute e in questa, invece, si è accresciuta di 1/3.
2) Confusione PdV di questo passaggio:
"Mi ha mollato di punto in bianco e sono rimasta interdetta. Appena riprendo lucidità, mi catapulto fuori anch'io. L'auto è già partita. Senza pensarci due volte, scalzo via le mie décolleté dai tacchi troppo alti e mi lancio in un'insensata corsa nell'illusione di poterla raggiungere. Quando mi viene a mancare il fiato, mi fermo di colpo. Un'occhiata all'orologio: le lancette immobili. Che stupida! Sono sola a lato della carreggiata, scalza, china sul tronco, con le mani poggiate sulle ginocchia, non respiro più dall'affanno."
Rileggendolo, in effetti, mi rendo conto che il confine tra il "pensiero diretto libero" e la "voce narrante" poteva essere più sfumato del voluto. Perché sembra un miscuglio, in certi punti, tra pensiero e conseguenze/riflessioni. Come se Cristina sapesse già in anticipo il risultato delle sue azioni. Sottigliezze che un buon scrittore/lettore come te nota; vedremo di rendere il passaggio più "istintivo e coerente", magari.
3) Dialogo tra Cristina e il Destino/diavolo/morte:
Non riporto il passaggio, non serve.
Punto cruciale e comprendo le tue perplessità. Ma la mia intenzione era quella di "esplorare a modo mio" il tema della responsabilità e delle conseguenze delle parole in un modo che trascendesse una semplice spiegazione razionale/logica/scontata. E il Destino è la personificazione delle parole (il Desiderio), quasi come se l'universo avesse "raccolto l'eco" della maledizione di Cristina. Ho scelto di chiamarlo Destino e non Diavolo per dare un'interpretazione più ampia e meno legata a una specifica entità religiosa. Poi il diavolo è mistificatore, imbroglione: un diavolo che si presenta dicendo "sono Io" dava un'idea troppo, palesemente, "faustiana". Meglio una maschera non definita e mutante, seppur farsesca, per creare una sorta di ibrido tra destino, predeterminato, e un'entità beffarda/maligna capace di infrangere le carte già scritte. Per quanto riguarda "In che senso?", la risposta che Cristina dà quando l'Ibrido si presenta: altro omaggio a Verdone.
4) Voce narrante impersonale e voce di Antonio:
La VnI mi sembrava suggestiva, per dare un senso di Mistero/Noir/Gotico. Come pennellate (nuance), puramente descrittive, per accattivarmi un po' il lettore, anche se ininfluente ai fini della storia, che introduce poi Antonio.
La voce di Antonio, in realtà, non spiega nulla. Ma serve solo a creare altri dubbi tra verità e finzione. Questo era il mio intento.
5) La tua altra domanda:
"Altra considerazione, del tutto personale, come le precedenti d'altra parte. Quando si sviluppa un discorso narrativo sulla base di un manoscritto trovato (è un espediente di tantissimi romanzi, pure uno di Eco, se non sbaglio), si riporta una storia vissuta da altri. Ma questa storia può essere riportata in prima persona, senza dare delle serie martellate alla sospensione dell'incredulità?"
La risposta sta già nella domanda: qualche martellata la dà; l'importante è che alla fine il racconto non risulti troppo ammaccato. Ma se racconto prima un sogno, porto un esempio onirico, senza dire che è un sogno, forse qualcuno mi prende più sul serio rispetto a fare l'opposto. Vero, si inganna un po' il lettore, ma senza tradirlo troppo: peccato veniale e non mortale.
Sono caduto in trappola, mio malgrado. Perché ho fatto uno "spiegone!"Ahimè! Ma adesso, visto che mi trovo, racconto qualcosina in più:
Questo è stato il primo racconto che ho scritto espressamente con l'intenzione di farlo partecipare a BA e nello scriverlo, strano che tu (o altri) non te ne sia accorto, mi sono ispirato, in molti simboli ma non nel significato, alla fiaba di Andersen, "Scarpette rosse". Le analogie sono il rosso, il nome di Cristina, il soldato, il peccato (Karen di vanità, Cristina invece di lussuria), la punizione in una situazione incontrollabile (Karen, difatti, balla). E questa frase del mio racconto rimanda a "Scarpette rosse" (ma anche a Bulgakov, la scena del gran ballo di Satana, e pure A. Sexton c'entra un po', per la poesia omonima):
"Queste (le scarpe) sono più appariscenti e robuste di quelle che aveva lei prima e quindi molto più adatte per una festa da ballo, non trova?"
Manca, apparentemente, l'Angelo Redentore di "Scarpette rosse", che in realtà è il racconto stesso, visto come una "catarsi" per la protagonista. Raccontare è come piangere: ci si sfoga e ci si libera da un peso. Poi ci sono altri simboli, come il numero 5 ripetuto 5 volte, e altri (forse troppi) ancora, letterari e non, che sarebbe troppo lungo enumerare.
Ti ringrazio ancora, di cuore, di avermi letto (o riletto), Namio…
Un caro saluto,
Antonio
P.S. Penso di essere bravino su alcune cose, meno su altre. Fatico un po' a costruire trame efficaci, soprattutto in poco spazio, e mi perdo troppi in dettagli (dispersivo). Per questo sono qui, su BA, per imparare un po' da tutti, e dare anche qualcosina un po' di mio se ci riesco.
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Re: L'ombrello rosso – il potere delle parole e dei desideri (Ver. 2)
Sulle trame... scrivere racconti e scrivere opere più sostanziose come novelle o romanzi sono attività che richiedono doti diversissime. Nel racconto credo che più conti la capacità di impressionare e interessare il lettore in uno spazio temporale breve: facciamo tre, cinque, dieci minuti al massimo di lettura. Il romanzo presuppone una capacità opposta di incastro e saper gestire i tempi, le pause le accelerazioni, la capacità di creare personaggi e storie, di costruire spessore anziché toglierlo come nel racconto, che siano di stimolo a proseguire la lettura paragrafo dopo paragrafo.
Il punto è sempre il medesimo: raccontare storie. E credo che imparato non ci nasca nessuno, ma che la capacità si acquisti col tempo e la fatica. Che poi si riesca anche ad esser letti da un pubblico è faccenda del tutto fuori dal nostro controllo, temo, soprattutto in un paese tanto difficile come l'Italia.
Ecco, lo spessore. Ho notato a mie spese che lo spessore nei racconti di rado funzioni e che bisogna costruire un racconto per sottrazione, mentre nel romanzo vale la regola opposta.
Bello scambio, Antonio.
Commento
Il salto dalla vicenda principale all'appendice mi ha sorpreso e disorientato, ma l'Autore ne ha fornito la spiegazione e l'ho trovata accettabile. Per quanto riguarda la differenza tra scrivere racconti e romanzi, sono d'accordo con Namio Intile: sono richieste caratteristiche differenti, come nella corsa breve/lunga.
Forse questo racconto, appunto per la sua complessità, verrebbe valorizzato di più se fosse allungato fino ad assumere le caratteristiche di un romanzo breve.
Saluti, a rileggerti
Re: L'ombrello rosso – il potere delle parole e dei desideri (Ver. 2)
Cari saluti, Andr60,
Antonio
"Forse questo racconto, appunto per la sua complessità, verrebbe valorizzato di più se fosse allungato fino ad assumere le caratteristiche di un romanzo breve."
Fosse vero! Ma poi chi mi legge? Ciao

Aggiungo una piccola cosa:
Molti si lamentano della "lunghezza" dei racconti, parlo in generale e non a te, Andr60, specialmente quelli che scrivono cose brevi o short. Ma un racconto non è come un gelato che se si scioglie, non lo si può recuperare e lo devi buttare (sono bravo a fare metafore, almeno questo). Ma la soluzione è semplice: perché non leggerlo a piccole dosi, senza fretta, un pezzo alla volta? Ci tenevo a dire questa cosa…
Re: L'ombrello rosso – il potere delle parole e dei desideri (Ver. 2)
Sullo scrivere, la scelta migliore è procedere istintivamente, almeno per scrittori non professionisti come noi: pensare troppo al (potenziale) lettore limiterebbe la propria creatività, mentre un professionista sa esattamente quali sono i tasti sui quali puntare poiché conosce il suo pubblico.Yakamoz ha scritto: 11/04/2025, 13:07 Grazie per il passaggio, Andr60. Hai ragione, abbiamo stili di scrittura diversi. In effetti, ti invidio! Ma è un'invidia positiva, non negativa. Perché io non ci riesco a scrivere una storia in 10.000/15.000 battute. Muovo la penna (i tasti in realtà) come se fosse una cinepresa o una telecamera e senza pensare troppo al lettore (mio difetto), e potrei risultare noioso quando mi dilungo troppo. Magari sono più uno "sceneggiatore" che "scrittore" (e forse non mi sbaglio a definirmi così).
Cari saluti, Andr60,
Antonio
"Forse questo racconto, appunto per la sua complessità, verrebbe valorizzato di più se fosse allungato fino ad assumere le caratteristiche di un romanzo breve."
Fosse vero! Ma poi chi mi legge? Ciao
Aggiungo una piccola cosa:
Molti si lamentano della "lunghezza" dei racconti, parlo in generale e non a te, Andr60, specialmente quelli che scrivono cose brevi o short. Ma un racconto non è come un gelato che se si scioglie, non lo si può recuperare e lo devi buttare (sono bravo a fare metafore, almeno questo). Ma la soluzione è semplice: perché non leggerlo a piccole dosi, senza fretta, un pezzo alla volta? Ci tenevo a dire questa cosa…
In linea di massima, sulla lettura "a piccole dosi", sono d'accordo. Però questo va bene per chi si ricorda cosa ha letto il giorno prima, purtroppo non è (più) il mio caso. L'età procede inesorabile...
Saluti
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Re: Commento
Cara, Laura, c'è un piccolo qui pro quo, questo pensiero a proposito della scrittura e lettura:Laura Traverso ha scritto: 05/05/2025, 20:07 Ciao Antonio, molto particolare, intrigante e significativo è questo tuo racconto che ho molto apprezzato. Certamente non è semplice da decifrare perché spazia tra realtà e fantasia. Leggendolo mi è parso di ricordarmi della relazione tra Cristina e l'uomo sposato descritta nel tuo precedente racconto, come da tua stessa ammissione. Anche i foglietti caduti dall'ombrello mi pare fossero descritti anche nel precedente, oltre a diversi altri particolari. Mi è piaciuta la storia perché mescola molti argomenti: parla di destino, dell'uomo "colorato", di amore, di tradimento e… morte. In merito alla lunghezza di cui parli nel commento sopra, sono d'accordo circa l'istintività nel procedere con la scrittura, per noi autori non professionisti, con l' istinto. E anche se un racconto non è breve, come questo tuo, non potrei leggerlo a piccole dosi, proprio per ciò che hai detto, ossia di non ricordare… Bravo! voto 5
"Sullo scrivere, la scelta migliore è procedere istintivamente, almeno per scrittori non professionisti come noi: pensare troppo al (potenziale) lettore limiterebbe la propria creatività, mentre un professionista sa esattamente quali sono i tasti sui quali puntare poiché conosce il suo pubblico.
In linea di massima, sulla lettura "a piccole dosi", sono d'accordo. Però questo va bene per chi si ricorda cosa ha letto il giorno prima, purtroppo non è (più) il mio caso. L'età procede inesorabile…"
Non è un mio pensiero, ma è di Andr60, a una mia risposta al suo primo commento. A cui dovevo rispondere, ma non ho risposto: perché dice il vero e quindi chi tace acconsente. Il famoso silenzio assenso, che a volte è una cosa buona; altre meno. A proposito di silenzio assenso, c'è un piccolo "cunto" dalle mie parti, Napoli/Salerno, che spesso viene raccontato ai bambini: essendo "cunto" con intento morale. Questo:
"C'era una volta una madre vedova che aveva un bambino piccolo e vivevano in grande povertà. Un giorno, il bambino rubò un semplice ago da cucire e lo portò alla madre, che non disse nulla e si limitò a prenderlo. Successivamente, il bambino rubò altre cose, portandole sempre alla madre, che continuava a non reagire. Con il passare degli anni, il bambino divenne sempre più abile a "rubare", e ogni volta portava la refurtiva alla madre, che rimaneva silenziosa. Finché, ormai adulto, fu catturato dalle guardie, portato a Napoli, processato e condannato alla pena capitale, che all'epoca si eseguiva con la ghigliottina. Arrivato il giorno dell'esecuzione, l'uomo fu condotto sul patibolo. Chi vigilava l'esecuzione gli chiese se avesse un ultimo desiderio, e lui rispose: "Sì, prima di andarmene, voglio dare un bacio a mia mamma", che nel frattempo piangeva per la sventura capitata al figlio. Ma quando il figlio si avvicinò per baciarla, invece di un bacio, le morse il naso, quasi staccandoglielo, lasciandola sorpresa. La madre allora chiese: "Perché hai fatto questo?", e lui rispose: "Perché, se quando da bambino rubai l'ago, tu mi avessi rimproverato e magari dato uno schiaffo, oggi non sarei qui!" La madre non replicò, rimanendo in silenzio."
L'ho scritto, più o meno, come viene raccontato, come lo ricordo, e senza aggiungere nulla di mio. "L'ombrello rosso" pure è un "cunto" (racconto), più complesso, ma alla fine sempre quello è.
Grazie di avermi letto, apprezzato, del voto generoso, Laura, e cari saluti,
Antonio
P.S. Non è una risposta bizzarra la mia: divagare è un mio vizio, purtroppo!
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Re: Commento
Ciao Antonio, il tuo è sempre un piacevole divagare. Circa il leggere a "piccole dosi" non avevo notato fosse stato scritto da Andr60, ma siamo con lui d'accordo, e quindi non c'é altro da aggiungere. Un qualcosa di simile alla tua storiella del bimbo, dell'ago, della mamma e della ghigliottina si racconta anche qui a Genova. Pessimo esempio quella madre... Buon pomeriggio, ciaoYakamoz ha scritto: 06/05/2025, 14:28 Cara, Laura, c'è un piccolo qui pro quo, questo pensiero a proposito della scrittura e lettura:
...
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La prima parte è molto trasportante, accurata, ben descritta e si tende ad empatizzare con la protagonista e a capire il suo punto di vista. La seconda parte la trovo più caotica, meno lineare e forse troppo sbrigativa.
Ci sono dei punti in cui si intuisce che c'è stato un rimaneggiamento, per esempio in "Sono sola a lato della carreggiata, scalza, china sul tronco,", il tronco non compare prima, non viene descritto e questo mi fa pensare che sia rimasto un refuso da una prima versione. Corretto?
Ciao.
Re: Commento
L'espressione "china sul tronco" descrive una persona che è piegata in avanti, con la parte superiore del corpo (il tronco, il busto) flessa. Questo può avvenire per vari motivi, come raccogliere qualcosa da terra, riposarsi appoggiandosi sulle ginocchia, o in un momento di affaticamento o riflessione. Quindi gli alberi non c'entrano. Grazie di avermi letto, FeliceF,FeliceF ha scritto: ieri, 22:55 Buonasera.
La prima parte è molto trasportante, accurata, ben descritta e si tende ad empatizzare con la protagonista e a capire il suo punto di vista. La seconda parte la trovo più caotica, meno lineare e forse troppo sbrigativa.
Ci sono dei punti in cui si intuisce che c'è stato un rimaneggiamento, per esempio in "Sono sola a lato della carreggiata, scalza, china sul tronco, ", il tronco non compare prima, non viene descritto e questo mi fa pensare che sia rimasto un refuso da una prima versione. Corretto?
Ciao.
Antonio
Noto che sei un po' "Speedy Gonzales" nel commentare.
A rileggerci…

Aggiungo una cosa:
"China sul tronco", nel senso di tronco umano, è un'espressione piuttosto rara, se non in descrizioni di posture in quadri o fotografie; più comunemente si usa "china sul busto". Ma io sono un po' "poeta" e preferisco "china sul tronco": per accentuare il senso di rigidità, impossibilità, impotenza. Grazie comunque per la tua osservazione, che trovo interessante e non "impertinente".
Riciao, FeliceF…
Re: L'ombrello rosso – il potere delle parole e dei desideri (Ver. 2)
Non conoscevo questa espressione. Non credo di averla mai sentita. Allora è più chiaro. Ti ringrazio.
Il racconto l'ho letto due giorni fa, ieri mi sono letto tutti i commenti e ho visto che molte delle considerazioni che avrei voluto fare erano già racchiuse in essi, da ciò la sintesi del commento e la sottolineatura di un passaggio che non mi era chiaro, ma che mi hai spiegato perfettamente.
Ribadisco che mi è piaciuto, ma che la seconda parte mi risulta meno intrigante: il cambio di registro e di personaggio forse lo hanno imposto, ma il risultato è differente da quello della prima. Si tratta comunque sempre di una opinione.
Re: L'ombrello rosso – il potere delle parole e dei desideri (Ver. 2)
Rispondo brevemente:FeliceF ha scritto: oggi, 10:19 Buongiorno.
Non conoscevo questa espressione. Non credo di averla mai sentita. Allora è più chiaro. Ti ringrazio.
Il racconto l'ho letto due giorni fa, ieri mi sono letto tutti i commenti e ho visto che molte delle considerazioni che avrei voluto fare erano già racchiuse in essi, da ciò la sintesi del commento e la sottolineatura di un passaggio che non mi era chiaro, ma che mi hai spiegato perfettamente.
Ribadisco che mi è piaciuto, ma che la seconda parte mi risulta meno intrigante: il cambio di registro e di personaggio forse lo hanno imposto, ma il risultato è differente da quello della prima. Si tratta comunque sempre di una opinione.
Ciao, FeliceF, ma tu sei libero di commentare come vuoi tu. È una gara democratica questa. Poi non è che ci tenga molto alla gara e relativi voti, ma più ai commenti: cosa che ho scritto più volte. Era solo un mio consiglio, essendo tu nuovo. Benvenuto tra noi, quindi! Io sono di Salerno e qui si dice:
"A gatta, pè jì 'e pressa, facette 'e figlie cecate." = "La gatta, per fare presto, fece i figli ciechi."
A buon intenditor poche parole, o chi ha orecchio intenda.
Per quanto riguarda il tuo racconto, ho dato 4 e non 3, perché ieri sera il sito era un po' lento e non riuscivo a votare (pigiavo sulla freccina a caso) né a scrivere tutto quello che volevo. Ma, essendo tu sintetico, almeno con me, sono sicuro che apprezzerai anche la mia sintesi. Riguardo al tuo commento sul mio racconto, sapevo già che, per la sua lunghezza e complessità, la seconda parte poteva risultare poco chiara: essendo scritta come una "formula magica", forse un po' noiosa e dove le parole non vanno tutte prese alla lettera, lasciando perciò molto spazio all'interpretazione e fantasia del lettore. L'importante, penso io, è che, qui su BA, ci si possa prendere sul serio quel tanto che basta; senza però mai perdere il rispetto verso gli altri e per la "leggerezza" di questo "gioco" che ci accomuna (spero che non venga frainteso il senso buono, e non polemico, di questa mia frase).
Buona gara, FeliceF,

Antonio
Riciao

P.S. Una volta qui era tutta campagna! (Sto filosofeggiando, eh, non farci troppo caso.)
Altra nota:
Nei testi giuridici di criminologia forense, rapporti/relazione/verbali e altro, si usa, per precisione del termine, "tronco" al posto di "busto". E provenendo io da quel "contesto", tranquillo non sono un criminale, istintivamente scrivo tronco.
Downgrade
Riduzione di complessità - il libro Downpunk
è probabilmente il primo libro del genere Downpunk, ma forse è meglio dire che il genere Downpunk è nato con questo libro. Sam L. Basie, autore ingiustamente sconosciuto, presenta una visione dell'immediato futuro che ci lascerà a bocca aperta. In un futuro dove l'individuo è perennemente connesso alla globalità tanto da renderlo succube grazie alla sua immediatezza, è l'Umanità intera a operare su se stessa una "riduzione di complessità", operazione resa necessaria per riportare l'Uomo a una condizione di vita più semplice, più naturale e più... umana. Nel libro, l'autore afferma che "anche solo una volta all'anno, l'Essere umano ha bisogno di arrangiarsi, per sentirsi vivo e per dare un senso alla propria vita", ma in un mondo dove tutto ciò gli è negato dall'estremo benessere e dall'estrema tecnologia, le menti si sviluppano in maniera assai precaria e desolante, e qualsiasi inconveniente possa capitare diventerà un dramma esistenziale.
Di Sam L. Basie
A cura di Massimo Baglione.
Vedi ANTEPRIMA (2,50 MB scaricato 305 volte).
Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.
A Quattro mani
antologia di opere scritte a più mani
Una collaborazione, di qualunque natura essa sia, diventa uno stimolo, la fusione di peculiarità ben definite, la concretizzazione di un'intesa, la meraviglia di scoprire quel qualcosa che individualmente non si sarebbe mai potuta fare. È una prova, una necessità di miglioramento, il superamento dei propri limiti stilistici o di quei blocchi creativi che sovente ci pongono di fronte a un disarmante "foglio bianco". Gli autori di questa antologia ci hanno voluto provare.
A cura di Massimo Baglione.
Copertina di Antonio Abbruzzese.
Contiene opere di: Chiara Masiero, Mauro Cancian, Stefania Fiorin,
Anna Rita Foschini,
Ida Dainese,
Alberto Tivoli,
Marina Paolucci,
Maria Rosaria Spirito,
Marina Den Lille Havfrue,
Cristina Giuntini, David Bergamaschi,
Giuseppe Gallato,
Maria Elena Lorefice.
Vedi ANTEPRIMA (802,46 KB scaricato 202 volte).
Un passo indietro
Il titolo di questo libro vuole sintetizzare ciò che spesso la Natura è costretta a fare quando utilizza il suo strumento primario: la Selezione naturale. Non sempre, infatti, "evoluzione" è sinonimo di "passo avanti", talvolta occorre rendersi conto che fare un passettino indietro consentirà in futuro di ottenere migliori risultati. Un passo indietro, in sostanza, per compierne uno più grande in avanti.
Di Massimo Baglione.
Vedi ANTEPRIMA (1,82 MB scaricato 520 volte).
Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.
Gara d'inverno 2020-2021 - Una rampa per l'abisso, e gli altri racconti










A cura di Massimo Baglione.
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Gara d'autunno 2019 - Mattoni, e gli altri racconti














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GrandPrix di primavera 2022 - Frammenti di una morte (2 novembre 1975) - e le altre poesie









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