Nato da un uomo e una donna
Inviato: 03/07/2021, 8:56
Spiacente ma, in questo browser, la lettura a voce non funziona.
1. Una corsa e una rivelazione
Con centinaia di miliardi di galassie nell'universo, e cento miliardi di pianeti solo nella nostra, di cui diciassette miliardi simili alla terra.
Con dodici miliardi di persone solo sul nostro pianeta, senza contare robot e umanoidi in tutte le salse, quel tipo doveva seguire proprio me?
L'avevo notato quando mi ero fermato ad acquistare il giornale. E d'altra parte era difficile non vedere un tizio allampanato e per di più con un look che si vedeva solo nelle filmine storiche degli anni '70 del XX secolo: capelli lunghi con frangetta voluminosa, grossi baffi spioventi, pantaloni larghi alla caviglia...
Il tipo si era bloccato davanti ad una vetrina vuota ed era rimasto a fissarla fino a che io ero all'edicola, poi aveva ripreso a seguirmi. Avevo cercato di capire se seguisse proprio me passando da un marciapiede all'altro un paio di volte e accelerando il passo, e lui era sempre dietro.
Ero arrivato in una zona poco frequentata e ormai ero quasi di corsa. Mi girai ancora e il tipo non mi mollava di un centimetro.
Vidi una traversa sulla destra che sapevo essere un vicolo senza uscita e decisi che era venuto il momento di risolvere la questione.
Mi misi a correre e svoltai, feci ancora una decina di metri e mi fermai poggiandomi al muro anche per riprendere fiato.
L'uomo arrivò all'imbocco della stradina, si affacciò e mi vide.
Si rassettò i vestiti e venne verso di me.
Non aveva il minimo fiatone nonostante avessimo corso entrambi per diversi minuti.
“Chi sei e perché mi segui?” gli chiesi appena mi fu davanti ed ebbi ripreso fiato.
“Ti sto cercando. E ora ti ho trovato” rispose con una voce strana, nasale, quasi metallica.
“Mi stai cercando? Ma se io non ti conosco!”
“Ma io conosco te, Zakarias!”
“E chi è mo' Zakarias!? Chi lo conosce?”
“Certo che lo conosci, eccoti qua!” disse tirando fuori dalla giacca un foto che mi stava mostrando.
In effetti l'uomo della foto poteva assomigliarmi: stessa età, capelli radi e grigi, barba bianca. Ma di certo non ero io.
“No, no, questo non sono io” gli dissi picchiettando con l'indice sulla foto.
L'uomo sembrò esitare un momento, poi si riprese e mi disse:
“Io cerco Zakarias Shorfix. Se non sei tu fammi vedere i documenti.”
Stavo cominciando a perdere la pazienza.
“Ma tu chi sei? che vuoi da me? e poi: perché ti dovrei far vedere i miei documenti?”
“Perché io ho questa” rispose con tutta calma. E così dicendo tirò fuori una pistola a tamburo, che sembrava uscita da quei vecchi fumetti western che ancora circolavano tra i collezionisti.
Mi era tornata la pazienza, ma accompagnata da una certa paura.
“Ok. Allora adesso ti faccio vedere i miei documenti così ti convinci. Ma tu metti via quella pistola.”
“Prima prendi i documenti, così sono certo che non fai scherzi.”
“Va bene...”
Presi dalla tasca il portafoglio e tirai fuori la carta di riconoscimento olografico.
Il tipo mise via la pistola e prese il documento. Lo guardò a lungo, confrontandolo ogni tanto con la mia faccia.
“Hai ragione” disse alla fine “non sei tu.”
“E te l'avevo detto! Somiglio, ma non sono io! Ora mi vuoi dire chi sei tu e che vuoi da me?”
“Il mio padrone mi ha mandato a cercare questo Zakarias Shorfix per non so' quale questione di soldi, ma glielo avevo detto che io non ero adatto, non sono programmato per questo genere di cose.” La sua voce metallica si stava incrinando leggermente.
“Programmato!?”
Ma che stava dicendo questo tizio?
“Certo, programmato. Io sono un modello H224V, vecchio di più di cinquanta anni.”
“Cioè tu sei un...”
“Un umanoide? Sì, sono un umanoide. Non te ne eri accorto?”
“ Sinceramente no. Appena ho capito che mi stavi seguendo ho avuto solo il tempo di avere paura e di cominciare a scappare. Ma anche visto così da vicino mi sembri un uomo. Forse un po' la voce... ah, e il fatto che dopo questa corsa non hai il fiatone come me.”
“Sì, sono un umanoide, guarda” e si toccò un punto sotto il polso destro. Si sentì il rumore di uno scatto e la mano si staccò. Rimase penzoloni appesa a qualche cerniera per qualche istante, poi l'umanoide la rimise al suo posto.
Rimasi per qualche secondo basito, poi mi ripresi.
“Ancora non mi hai detto come ti chiami.”
“Il mio nome di fabbrica è quello che ti ho detto: H224V, ma poi ogni proprietario o noleggiatore ci può chiamare come vuole.”
“E il tuo nome qual è?”
“Adesso mi chiamano Joseph, ma è un nome che non mi piace...”
“E tu come vorresti essere chiamato?”
La discussione stava virando sul malinconico sentimentale.
“Mi piacerebbe Abramo. Una volta ho visto un vecchio film dove si parlava di un uomo che aveva questo nome e che guidava un popolo intero nel deserto. C'era di mezzo qualcuno che si chiamava Dio, mi sembra, ma non ricordo altro.”
“Sì, anche io ho letto qualcosa in proposito, ma sono credenze arcaiche, descritte in vecchi libri che forse sono pure proibiti. Boh, non so, non è il mio campo.
“Certo” riprese abbacchiato Joseph, “non sono un modello nuovo, di quelli che hanno funzioni quasi perfettamente umane, ma per alcuni servizi vado ancora bene. Il mio padrone è uno spilorcio e non mi vuole vendere per prendere un modello nuovo. Io sarei più contento di fare lavoretti semplici per qualche anziano e lui potrebbe comprare un modello più avanzato e utile a lui.”
Mi faceva quasi pena in quel suo giustificarsi.
“Non ti preoccupare, dai. Vedrai che tutto si metterà ma posto.”
“Ok, grazie, e scusa ancora per l'inconveniente di prima.”
“Vai, su. Tutto dimenticato.”
Ci avviammo insieme per uscire dal vicolo. Quando ci separammo gli diedi una pacca sulla spalla e lo strano rumore di metallo mi fece una certa impressione.
2. Oh che buona la bistecca di Tlok!
“Capite quello che mi è successo?”
Stavo raccontando a Dario e Johnson il fatto dell'umanoide mentre aspettavamo i nostri piatti.
Due, tre volte la settimana mangiavamo insieme nella pausa pranzo. Lavoravamo in uffici vicini e quando potevamo ci ritrovavamo in quel locale dove servivano 'la migliore bistecca di tlok della galassia' come recitava la pubblicità. Comunque, a parte le esagerazioni, era veramente buona.
“Certo devi esserti preso un bello spavento” disse Dario.
“Aivoglia! Quello che mi segue, la pistola... poi però è andata bene, dai.”
Intanto la cameriera stava arrivando col carrello e i nostri piatti. Ce li mise davanti e al centro del tavolo tondo poggiò il grande vassoio con i contorni: patate fritte e al forno, spinaci saltati al burro e gurmishi panate. Le gurmishi erano l'ultima moda gastronomica proveniente da non so quale pianeta; pare che non possano mancare sulle tavole che contano. Ma alla fine sanno come le nostre melanzane.
La mania dell'eccentrico a tutti i costi non lascerà mai noi umani.
“Comunque questa storia di robot, umanoidi... non sai mai chi hai davanti e come ti devi comportare.” disse Johnson.
Con lui e Dario non eravamo proprio amici, ma con loro si poteva parlare liberamente di tutto.
Dario era un tecnico informatico sui trentacinquenne anni che teneva molto al suo fisico e si allenava tutti i santi giorni. Non aveva tempo per le donne, come diceva lui, ma quando gli capitava non si faceva sfuggire l'occasione (anche se lui usava termini un po' più coloriti).
Johnson invece era un grafico molto apprezzato nel suo giro. Non che fosse grasso, ma di certo aveva qualche chilo di troppo. Neanche lui era sposato, nonostante avesse passato da un po' i quarant'anni.
Dario tagliò e mise in bocca una bella fetta di bistecca.
“Io penso che in certi casi gli umanoidi dovrebbero avere un qualche segno di riconoscimento” disse mentre ancora masticava.
“Se parli con la bocca piena non si capisce niente” gli dissi.
“Ho fame e la bistecca è ottima” rispose, sempre masticando.
“Sì, hai ragione” disse Johnson. “Cioè avete ragione tutti e due: tu sugli umanoidi e tu sul fatto che se lui parla mentre mangia non si capisce niente” intervenne anche lui con la bocca piena.
Io spillai della birra nei nostri boccali. La birra era la cara, vecchia birra terrestre, che si attingeva da un aggeggio al centro della tavola al momento.
“Ma secondo voi” dissi “la bionda che ci ha serviti prima era un'umana, una donna vera oppure un macchina tutto fumo e niente arrosto? se capite quello che voglio dire...
“E come si fa a saperlo?” chiese Dario.
“Beh, appena ripassa da qui le do una palpatina e vi faccio sapere” intervenne Johnson scatenando una risata.
“Dicono che gli ultimi modelli di umanoidi siano talmente perfetti che anche a letto sono difficilmente riconoscibili da un umano in carne ed ossa” dissi.
“Ma allora, alla fine, in che cosa si distinguono da noi?” fece Dario.
Passammo qualche minuto in silenzio a bere e masticare.
Sembrava che nessuno di noi tre sapesse come continuare la discussione.
“Insomma, io mi chiedo: ma se ad una macchina perfetta, con un'estetica perfetta anche nella pelle, ma pur sempre un macchina, mettiamo dentro al suo cervello computerizzato dei ricordi, una formazione scolastica e comportamentale, una gamma di reazioni sentimenti ecc. possiamo dire di aver creato un uomo? Ripeto: alla fin fine, al nocciolo, al succo: dove finisce un umanoide e dove comincia un uomo?” concluse Dario.
“Insomma” intervenne Johnson “vuoi sapere se corri il rischio di portarti a letto la cameriera e scoprire che è solo un insieme di circuiti ben assemblati?”
“Diciamo che quello è un aspetto... possiamo anche scherzarci su, ma è una domanda che dovremmo avere il tempo di farci davvero” rispose Dario.
Stava passando la cameriera, e tutti e tre la guardammo attentamente, e non solo perché si presentava come una bella figliola.
“A me sembra una donna vera” disse Dario sottovoce.
3. Dal diario di Johan Erlandson al giorno 25 maggio 2175 d.c.
Carissimo diario.
Sono parecchi giorni che non ti scrivo qualcosa. Come sai non ho avuto tempo, in ufficio è un periodaccio: tutti vogliono tutto subito e possibilmente anche prima.
Ma ora mi sono imposto di darmi una pausa e stasera sono qui a ricapitolare un po’ di cose come faccio sempre quando ti scrivo.
Qualche giorno fa sono andato a pranzo con Dario e Johnson in quel locale di cui ti ho parlato altre volte, quello in cui servono bistecche di tlock da sogno.
A un certo punto la discussione è caduta su… ah già! se non ti racconto il precedente?
Quella mattina avevo avuto una brutta esperienza, per fortuna finita bene.
Mi ero accorto di essere seguito da un tipo mai visto. Ho fatto di tutto per non farmi beccare, ma alla fine mi sono dovuto fermare perché non ce la facevo più a correre. E un po’ anche perché ero curioso di sapere che voleva da me uno che non conoscevo.
Per fartela breve, il tipo era un umanoide che mi aveva scambiato per un altro, uno che il suo padrone stava cercando per questione di soldi. Ma la discussione era terminata in modo amichevole. Anzi lui era quasi dispiaciuto di non aver potuto portare a termine l’incarico perché… non era programmato per riconoscere le persone!
Bene. Ora a pranzo naturalmente abbiamo parlato di questo fatto ed è venuta fuori la domanda se non fosse giusto che gli umanoidi abbiano un segno di riconoscimento, per evitare cose come quella che era capitata a me.
Ma la domanda seguente è stata, mi sembra, più interessante: cos’è che distingue un umano da un umanoide?
Ormai infatti, come sai, è possibile rivestire gli umanoidi con quella pelle sintetica che non ha niente da invidiare a quella umana, tanto che viene usata per le operazioni di chirurgia estetica.
La discussione quel giorno è finita lì.
Però è da allora che la domanda continua a frullarmi per la testa.
In fondo la risposta che viene spontanea è che gli umanoidi non hanno una coscienza, non sono capaci di sentimenti, sensazioni, emozioni.
Ma quello stesso umanoide non aveva detto di non essere “programmato” per riconoscere le persone e nel dirlo sembrava… dispiaciuto? E non aveva aggiunto che “avrebbe voluto” chiamarsi Abramo?
E il sentirsi dispiaciuto non è una forma di sentimento? Il “volersi chiamare” non è avere volontà? Eppure lui aveva detto di essere un modello ‘vecchio’. Che siano arrivati al punto di inserire nella programmazione degli umanoidi anche sentimenti e passioni?
Io personalmente non ci credo.
Vorrebbe dire superare una soglia da cui non si torna più indietro! Per quanto potrebbe un giorno diventare possibile, sarebbe una cosa pericolosa: rendere gli umanoidi praticamente capaci di libero arbitrio, di scelta, di decisione!
Non so… Il progresso è importante, essenziale per certi versi, ma fino a dove? C’è qualcosa o qualcuno che potrebbe porre dei limiti?
Comunque, se anche questa fosse attualmente la differenza tra uomini e umanoidi ma potesse esser presto superata, penso che ci sia però una cosa che non potrà mai cambiare: solo gli uomini… nascono da un uomo e da una donna!
(P.S. Mi scuso con un mostro sacro della fantascienza: R. Matheson, per aver parafrasato il titolo di un suo famosissimo racconto.)