Di Ida Dainese: Che testo! Inizia saltellante e spensierato come un gioco da bambini e finisce con una stoccata di spada. All’inizio si è tratti in inganno dalla scintillante parola “regalo” che distoglie l’attenzione dalla più triste “definitivo”. Più o meno all’altezza dei fiori finti si comincia ad avere il sospetto che tutti quegli articoli siano pezzi di vita che la protagonista (ma potrebbe essere anche un lui) lascia andare. E una donna in genere non lascia se non è costretta (ma anche un uomo, va là). Improvvisamente tutto diventa meno allegro, con articoli che significano più di quel che sono, pomeriggi passati in solitudine, pagine lette alla luce di una lampada di comodino, aspettando che qualcuno arrivasse o si svegliasse, o che si decidesse a rispondere, ore inutili sprecate, memorie di cose che non interessano più. Poi c’è quella nota sulle persone, lasciate andare senza affetto (marito e figli non sono neanche consumati) e il singhiozzo finale, perché dispiace partire o perché si realizza di non avere un granché. Forse non è un trasloco come si pensava all’inizio, forse è un addio definitivo alla vita.