Di Ida Dainese: Il paesaggio di questo quadro offre una bella immagine di due mondi separati dalla foschia che sale dalla valle. In primo piano l’aspetto del terreno è più curato, più vissuto, l’erba è tagliata o brucata dalle mandrie, punteggiata di fiori, l’arbusto ha i lunghi rami rivestiti di colore così come lo sono le foglie dell’albero in basso a destra. Sembra che sia autunno, quella stagione che in montagna è sempre così morbida e dorata. La nebbia nasconde la valle e anche il modo per arrivare all’altro terreno dove le mura rovinate del rudere annunciano subito l’abbandono e la solitudine. La vegetazione qui è più scura, formata da abeti e da un terreno più incolto. Il muro della facciata è crollato lasciando che la costruzione si apri completamente allo sguardo e alle intemperie. È facile immaginare la vita passata tra quelle mura, i visi affacciati alle finestre, le storie da raccontare. È facile anche immaginare una ricostruzione, l’aggirarsi dei passi di qualcuno, il riportare una bellezza nuova. Il vento non fischierebbe più tra le rovine e la pioggia non bagnerebbe più l’interno. Racchiuso tra la nebbia e le nuvole imponenti del cielo, la costruzione in rovina suggerisce nuove possibilità.

Di Giuseppe Mancuso: Grazie Massimo. Pian pianino cerco di inserire tutte le mie opere.

Di Massimo Baglione: Bello, come tutte le tue opere.
Sarà un paio d'anni che cerco un rudere più o meno come quello che hai illustrato, e prima o poi lo troverò.