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Le altre recensioni o commenti
Di Roberto Ballardini: Che mi riesca o meno di farli arrivare anche ad altri, nella mia testa i personaggi di qualsiasi storia io abbia scritto li sento sempre molto vivi, ma credo che il buon successo di un personaggio (in generale) dipenda proprio dal suo inserimento nel contesto di cui fa parte, non necessariamente reale ma comunque, in un modo o nell'altro, sempre rapportato ai suoinostri simili. E che l'apprezzamento di una storia sia tanto più gratificante quando fa leva non già sul personalismo e sugli istinti più bassi delle persone ma sui disagi e la sofferenza di cui, chi più chi meno, patiamo tutti. Immagino che leggendo Demonite ci si possa ravvisare anche una contraddizione con questa affermazione, ma ovviamente per me non è così. Grazie del graditissimo passaggio, Selene.
Di Selene Barblan: Nella descrizione parli della crisi economica e del lavoro nell’edilizia; da come ho vissuto io il racconto questi aspetti li paragonerei quasi a un contorno, o meglio uno sfondo dal quale emergono le persone (non personaggi perché sembrano molto vivi), soprattutto Carson e Martha. Davvero bella l’idea di presentarli “in fila” uno dopo l’altro, come nel fumetto. E il paragone con la montagna mi è piaciuto molto. Racconto che riesce a “muovere” le emozioni e a coinvolgere, avvicinare il lettore ai personaggi.
Di Roberto Ballardini: Ciao Carlo. Bel commento, ricco di spunti anche per me. Dunque, in merito alla poesia non ho detto esattamente che non so produrre poesia, o almeno non intendevo quello. Diciamo che concordo in pieno con te sul fatto che a volte la prosa possa essa stessa creare poesia, ma che quando a me succede non è premeditato. Quel dialogo tra Martha e Carson mi è molto caro credo proprio perché ci ho ravvisato anch'io un afflato poetico, ma non è costruito. E' nato spontaneamente e se mi ci mettessi, probabilmente, non riuscirei a riprodurre consapevolmente lo stesso effetto. Non ne faccio una questione di bravura o meno, dico solo che la poesia in questo caso era insita nell'alchimia tra i due personaggi, ed è venuta fuori da sola.
Per quanto riguarda la poesia vera e propria, dico invece che non mi ci ritrovo proprio perché spesso mi pare ingabbiata dentro un sistema di regole che non mi lasciano la libertà che vorrei. Altri ci riescono (anche superandole con stile) Ma non è importante, in quanto la prosa è e rimane per me il territorio in cui al momento mi sento più a mio agio. Per quel che riguarda questo racconto, invece, la sua organicità io l'ho vista e continuo a vederla proprio in quel personaggio (per questo il titolo) in quanto ne ho voluto fare una mia icona personale di un certo pessimismo sano da contrapporre all'ottimismo illusorio e spesso tragico che a mio avviso ha contraddistinto quel decennio lì, quando a banche e immobiliaristi vari faceva comodo far scorrere il denaro e poi, dopo, hanno cominciato a piangere come coccodrilli. Allo stesso tempo, mi piaceva contrapporre il "pragmatismo" di Carson e anche la sua umanità (che io non vedo come una faccenda di cuore, ma come una capacità di "vedere" e capire che nasce proprio dal suo tener i piedi per terra) alla corsa forsennata dietro sogni di ricchezza e ambizioni varie che hanno prodotto solo danni e pessime costruzioni. Quel momento poetico che dici tu piace anche a me, ma soltanto se inserito in quel contesto di implicita denuncia. O perlomeno, l'idea era questa. Comunque sia, è questione di punti di vista, credo, ed è bello parlarne. Grazie sempre. Di Giampiero: Ciao, Roberto. Chiariamo che io di poesia non ne so affatto più di te. In tal senso mi dai spunto di fare delle osservazioni. Partiamo da questo racconto, ad esempio. L’apice della poesia la si coglie laddove “Carson” fa una carezza alla sua ex moglie beccata a masturbarsi. In questa scena metti a nudo la vera psicologia di Carson. Qui al lettore si trasmette tutta l’empatia che serve in un personaggio. Se questa non è poesia, io allora sto mentendo come possono mentire i commenti che di proposito non vogliono cogliere l’oggettiva di una scrittura. La scrittura, la narrativa in questo caso, non ha in sé il dono di poter mentire; i commenti a volte magari sì.
Ora una semicritica al racconto. L’hai intitolato “Carson”, quindi implicitamente doveva essere un dramma incentrato interamente alla persona (Carson, appunto) mentre il racconto coglie altri aspetti (belli e interessanti, comunque) che a mio giudizio tolgono “quello” spazio che, collegandosi al titolo, doveva essere riservato all’unico personaggio (guarda caso) in grado di meglio sviluppare il dramma, la poesia. Quindi, dovresti cominciare a scrivere con una consapevolezza diversa, se continui a dire che non sai produrre poesia, finisci col crederci, rischi di non prendere consapevolezza della tue vere potenzialità che a mio giudizio sono alte. |
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Dedicato a tutti coloro che hanno scoperto di avere un cervello,
che hanno capito che non serve solo a riempire il cranio e che
patiscono quell'arrogante formicolio che dalle loro budella
striscia implacabile fino a detonare dalle loro mani.
A voi, astanti ed esteti dell'arte.
(Sam L. Basie)
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