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Mon 23 September, 21:35:37
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Recensione o commento a: Slow motion - (Racconto Poliziesco, Breve) - di Marcello Rizza:

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Le altre recensioni o commenti
Di Marcello Rizza: Ringrazio Namio, Francesco e Andr60 per i loro positivi commenti. Ha ragione Namio, questo racconto nasce dopo anni e anni di domande che mi sono posto. Il fatto avvenne nel 1987 è questo racconto l'ho scritto nel 2015. Penso sempre a quanto occorsomi, ben conscio che nelle regole d'ingaggio del mio mestiere sono previste, e probabili, certe situazioni. Penso anche che l'attenzione data dai visitatori a questo racconto, che trovo letterariamente meno importante da altri che scrivo oggi, sia proprio per la dimensione catartica (Namio sempre preciso) dovuta alla sua natura autobiografica. Si, quello scorrere irreale è lentissimo del tempo quando ci si trova in determinati momenti è esattamente ciò che ho voluto scrivere. E con quel finale, che invece non corrisponde alla realtà (come anche poi ufficializzato nella Gazzetta Ufficiale a cui riporta il link in un mio commento) riguarda i miei pensieri su una possibile reazione a cui potevo andare incontro e rovinarmi ancor più la vita. Anche se oramai ho risolto con me e con Dio questo fatto. Concludendo, dal punto di vista letterario non sono così orgoglioso di averlo scritto, ma dal lato umano sono grato a tutti di avermi qui sostenuto.
Di Andr60: Un racconto teso e avvincente, che descrive bene la percezione alterata del tempo che avviene nel protagonista, quando si rende conto di essere in pericolo. Tuttavia è difficile essere completamente lucidi in tali circostanze, e nel racconto il poliziotto reagisce in modo automatico uccidendo il rapinatore. A titolo di merito, l'Autore è invece riuscito a mantenere la freddezza necessaria e ha prevalso il suo senso del dovere.
Una considerazione finale per i rapinatori: sono come i predoni che a volte uccidono senza pietà per raggiungere la ricchezza senza la fatica quotidiana dei travet, tuttavia in una società come la nostra ormai è evidente che, se vuoi diventare veramente ricco, non devi svaligiare una banca, la devi fondare.
Di user deleted: È una storia che non lascia indifferente, questo è sicuro. Secondo me non avresti dovuto svelare che si tratta di un fatto accaduto a te stesso, è una cosa che proietta il giudizio su di te invece che sul racconto. Il finale contrasta bene con la scena delle mazzate col mitra sulla testa del rapinatore.
Di Namio Intile: Un breve, brevissimo, ma molto intenso racconto, anche questo a mio avviso dalla funzione catartica. Forse scrivere ha per te una funzione di questo genere, è un po' come confessarsi o andare nell'eremo a far penitenza. Colpisce, nel leggere, la diversa percezione del tempo che hai saputo ben rendere che si verifica quando ci si trova in pericolo, circostanze in cui tutti, chi più chi meno, abbiamo sperimentato almeno una volta nella vita. Quelle fiamme che escono dall'arma che ci hanno puntato addosso, come fossero immobili. E la calma con cui ci si muove, guardando quel che accade quasi si fosse uno spettatore, dal di fuori, da lontano. Spettatore è appunto chi osserva da lontano, senza intervenire. Un amico medico una volta mi disse che è l'adrenalina a provocare questi strani scherzi.
UN buon racconto dunque seppure scarno, anzi è proprio questa riduzione la cosa che mi ha più colpito. Come se le parole non dovessero dire ma soltanto far vedere, immaginare.
Ho sentito Draghi in una recentissima conferenza stampa affermare che non sono i soldi il problema. Se non lo sa lui che ha fatto il governatore della BCE per sette anni. Credo che ce ne siamo resi conto tutti, o almeno molti, che il denaro è solo una convenzione, non si scava in miniera, non si stampa neanche più e quindi si crea dal nulla, non esiste più in modo fisico ma virtuale. Ma il denaro, ovverossia la sua penuria, è però quella struttura che tiene in ordine la società e ne consente il progresso, almeno fino ad oggi, fino a quando la gente penserà che ce n'è poco e per averlo bisogna lavorare di più perché si scava in miniera ed è sempre più raro.
Credo che tu abbia fatto fuoco perché i tuoi avversari sono stati i primi a farlo. Il denaro era nelle loro mani e per quel denaro erano disposti a morire e a uccidere. D'altra parte gli uomini sono disposti a morire e a uccidere per un nonnulla come per la parola di Dio, che forse si equivalgono, fa parte della nostra natura forse, del nostro avere pulsioni invece che istinti.
Hai sparato per difenderti e quando difendersi non era più necessario hai salvato la vita in pericolo, seppure quella dell'uomo che aveva provato a ucciderti. Questo il senso della medaglia, non perché ti sei difeso, ma perché hai aiutato chi ti voleva offendere.
Di Marcello Rizza: Https://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazioneGazzetta=1989-04-01&atto.codiceRedazionale=089A1318&elenco30giorni=false

Se scorri questo link trovi la motivazione mia e di seguito del mio amico e collega Bruno per cui ci è stata concessa dal Presidente della Repubblica la medaglia d'argento al valor militare. Tieni presente che quando ci fu concessa dalla fiwn della seconda guerra mondiale a quel momento ne erano state concesse 320 e due terzi "alla memoria". È stato un forte momento.
Di Mauro Conti: Mamma mia che storia Marcello. Cose che noi poveri umani non possiamo nemmeno immaginare. Come dicevano in un film, è un lavoro sporco ma qualcuno lo deve pur fare. A presto.
Di Marcello Rizza: Ciao Mauro. Scusa se rispondo in ritardo ma mi ero perso questo tuo commento al racconto. L'ho ritrovato guardando le novità dall'ultimo azzeramento. Ti ringrazio della tua recensione. Si, ho vissuto proprio così La storia. Solo il finale è diverso. Nella realtà sono riuscito a salvare i rapinatori dalle fiamme. Anche se uno dei rapinatori, dopo due anni, a seguito dei miei colpi infertigli, un proiettile troppo vicino al cuore per essere operabile, è poi venuto a mancare. Ne ho sofferto molto, mi sono chiesto se per difendere 350.000.000 di oro che era stato rapinato valesse la pena di uccidere un uomo, ancorché un delinquente che comunque aveva tentato di uccidere me. Ho dovuto farmi aiutare da un sacerdote di un eremo a Camaldoli, dove mi sono rifugiato per parlare con Dio e chiedergli aiuto. Sono tuttora provato da quella esperienza. Al termine del conflitto a fuoco un mio superiore mi chiese il motivo per cui avessi rischiato di morire tra le fiamme per salvare uno che aveva provato a uccidermi. Gli risposi che sparava lui e sparavo io e che se, una volta che lui non poteva più farmi del male, non l'avessi salvato anche a costo della mia vita non ci sarebbe stata alcuna differenza tra me e lui.
Di Mauro Conti: Accidenti Marcello. Se non avessi premesso che è una storia vera avrei pensato a un racconto poliziesco fatto di sparatorie e inseguimenti, un pezzo letterario alla 007, ma di pura invenzione.
Quello che ci deve entrare in zucca a noi cittadini italiani che siamo sempre pronti a puntare il dito sull'operato delle forze dell'ordine è che se possiamo starcene belli pasciuti sul divano a guardarci le serie TV è perché la fuori c'è qualcuno che si prende le pallottole al posto nostro. Questo è il mio umile pensiero ma lo sosterrò fino alla fine. E ti avevo già detto che ho un parente nei carabinieri a cui è capitata più o meno la stessa cosa e trovarsi in mezzo - addestramento o meno - non dev'essere bello.
Bel pezzo. Ciao.






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che hanno capito che non serve solo a riempire il cranio e che
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striscia implacabile fino a detonare dalle loro mani.

A voi, astanti ed esteti dell'arte.

(Sam L. Basie)




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