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Recensione o commento a: Dialogo surreale tra due bambini - (Racconto Narrativa, Breve) - di Andrea Menegon:

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Le altre recensioni o commenti
Di Andrea Menegon: Grazie Loredana, concordo in pieno.
Di user deleted: Aggiungo anch'io qualcosa. Qui, tra di. noi, nessuno è professionista della scrittura in senso stretto e probabilmente tra le tante firme che arricchiscono questa comunità non ce n'è neppure una destinata a lasciare un segno imperituro nella storia delle letterature… Dunque, siamo tutti appassionati di scrittura e con la scrittura cerchiamo di dare voce a idee ed emozioni che poi destiniamo ad altri: i lettori. Tutto qui. Sono, i lettori, in qualche caso, a loro volta autori di qualche altra cosa: trovano nel testo ciò che neppure l'autore sapeva di averci messo. Insomma, il rapporto lettore-scrittore è un aspetto molto interessante, e sicuramente molto complesso, del più generale processo della scrittura. Concludo, le mie osservazioni sono nate fondamentalmente da un apprezzamento del tuo scritto, sia dei contenuti che propone sia delle soluzioni linguistiche. Leggerò volentieri altri tuoi scritti.
Di Andrea Menegon: Grazie mille per il gradito commento. Spero che il grande Giorgio Gaber non se ne abbia a male per aver visto accostato il suo nome a quello di un "famoso scrittore" assolutamente privo di talento. Mi fa immensamente piacere trovare persone che, su questo tema, la pensano come me. Un grande saluto. Andrea.
Di Andrea Menegon: Grazie mille per il gradito commento. Spero che il grande Giorgio Gaber non se ne abbia a male per aver visto accostato il suo nome a quello di un "famoso scrittore" assolutamente privo di talento. Un grande saluto. Andrea.
Di Andrea Menegon: Mi scuso per il ritardo col quale rispondo. Ringrazio sentitamente per il gradito commento. Un caloroso saluto. Andrea.
Di Andrea Menegon: Grazie mille Mirta. Un grandissimo saluto. Andrea.
Di Andrea Menegon: Grazie Loredana per l'interessante e gradita recensione. Per prima cosa chiarisco, cosa che penso sia comunque evidente, che il sottoscritto ha ben poco in comune con uno scrittore. Tento di spiegare il perchè il racconto è costruito in questa maniera. L'idea iniziale era quella di evidenziare il fatto che i ragazzi, che vivono in famiglie in grado di offrire loro tutto il necessario e anche qualcosa in più, non si rendono conto che tutto ciò non è scontato e non vale per molti loro coetanei meno fortunati. Durante la stesura, mi è venuto spontaneo anche parlare del problema migrazione. I due protagonisti sono un europeo e un africano per un motivo semplice: in campo economico e sociale l'Europa (come la parte settentrionale dell'America o certe nazioni dell'Asia) è considerata "ricca", "sviluppata", mentre l'Africa viene vista come "povera". È partendo da questo diffuso "sentire" che ho deciso di dare all'agiato una provenienza europea e al suo sfortunato interlocutore origini africane. Sono pienamente conscio che la realtà è diversa. Purtroppo anche nelle nazioni più ricche esistono persone in stato di grave indigenza, mentre si trovano ricchi anche nelle parti più disagiate del mondo. Ai due protagonisti non faccio approfondire i temi perchè lo scopo del non-dialogo (giustamente definito così poichè avviene, anche se non espressamente specificato, mentre i soggetti si trovano nei rispettivi paesi) era quello di mettere il lettore di fronte a situazioni diametralmente opposte, lasciando alla sua sensibilità decidere se una simile situazione sia giusta o sbagliata (ai miei occhi è assolutamente inaccettabile). Per quanto concerne le differenze tra cittadini di nazioni dello stesso continente, con me si sfonda una porta "che non c'è" (non, semplicemente, una porta aperta). Infatti, di norma, non apprezzo le generalizzazioni (i bianchi sono così, i neri sono cosà, le donne sonno x, gli uomini sono y, i giovani sono k, gli anziani sono j) perchè ogni singolo individuo ha caretteristiche uniche, derivanti da moltissimi fattori, quindi non solo sono diversi greci e norvegesi, ma anche, tra di loro, i vari cittadini di ogni nazione, regione, provincia o città. Ultima cosa che vorrei aggiungere è questa: la comunicazione è un cosa più difficile di quanto tendenzialmente si creda. Quando parliamo o scriviamo, abbiamo ben presente cosa vogliamo esprimere. Il problema è riuscire a veicolare correttamente il messaggio agli interlocutori. Chi ascolta (o legge) non necessariamente coglie quanto voleva essere comunicato, perchè esperienze, sensibilità e altri fattori filtrano il messaggio, modificandolo e arricchendolo di altri particolari. Questo aspetto della comunicazione e le mie non eccelse doti danno vita ad "opere" non esattamente memorabili. Grazie di nuovo. Un grande saluto. Andrea.
Di user deleted: Leggendo questo dialogo surreale tra due bambini ho avuto l'impressione che di dialogico non ci sia molto. Direi che si tratti piuttosto di un parlare a distanza tra due soggetti, quasi a voler mettere sul tavolo questioni e situazioni attraverso uno scambio di domande che però non dà luogo a un confronto, o a un approfondimento, a una richiesta ulteriore che chiarisca quanto detto. Entrambi gli interlocutori tirano dritto e passano da una questione alla successiva pur avendo ciascuno di essi appreso dall'altro qualcosa di inatteso: una realtà profondamente diversa da quella sperimentata e conosciuta da ciascuno di essi si configura in modo sempre più preciso, ma ciò non produce alcuna reazione né nell'uno né nell'altro. Non c'è sorpresa nell'europeo per le parole dell'altro che delineano un quadro fatto di fame e di privazioni, ben diverso da quello a lui noto; non c'è né stupore né disappunto da parte dell'africano per le parole dell'europeo reso miope dal troppo che la vita gli ha dato, impedendogli così di comprendere il valore di ogni singolo bene ricevuto.
Forse, ma questo è il mio personalissimo parere, questo dialogo-non dialogo non ha la forza che invece meriterebbe una questione così urgente come quella del divario esistente ancora oggi nel mondo tra pochissimi privilegiati e moltitudini di poveri e poverissimi. Dare un nome ai personaggi, qualificandoli però in modo così generico (un europeo e un africano: ma quante e quali differenze separano un greco da un norvegese, un macedone da uno svizzero; un egiziano da un senegalese, un tunisino da un sudafricano) non basta. Trovo che questa impostazione finisca col depotenziare la carica di significato che invece i contenuti proposti potrebbero veicolare.
Di Mirta Contessi: Il testo, a mio parere, raggiunge lo scopo di far riflettere sul problema delle disparità di condizioni di vita fra i popoli. Lo ritengo molto valido come contenuto e mi auguro che venga diffuso, a scopo educativo, fra i più giovani principalmente, ma non solo. Se posso muovere una critica: la voce che legge risulta troppo metallica per rendere al meglio un testo così emozionante. Complimenti all'autore e a chi ha scelto questo lavoro.
Di Marcello Rizza: Ciao Andrea. Come già a un altro recensore, anche a me è subito venuto in mente il Signor G di Gaber. Forse perché il confronto era improbo e, giocoforza, impari, dal punto di vista della sorpresa non mi sono sentito particolarmente coinvolto. Come sensibilità cambia tutto. La penso esattamente come te. Come testimonianza si, sarebbe, per la sua semplicità, da far leggere ai dodicenni fortunati. A certi politici non farebbe neanche effetto, inutile farglielo leggere. Si leggeranno il Mein Kampf.
Di Andr60: Dialogo che (almeno a me, che ho una certa età) ha ricordato quello del signor G. di Gaber, ma aggiornato al 21° secolo. Vero che bisognerebbe farlo leggere a quei pargoli che storcono il naso se non mangiano la loro merendina preferita. Forse questa clausura forzata servirà a far riflettere, adulti e bambini su quali sono le cose davvero importanti e quali no. Almeno, lo spero.
Di Arcangelo Galante: È proprio vero, quanto sia diverso il cielo che sovrasta la realtà di un bambino, nato in una condizione economica di disagio profondo, rispetto a un altro, invece, assai più avvantaggiato dalla sorte, felice di guardare la vita in una dimensione stellata e migliore di tanti altri. Eppure, non è mai proprio ben chiaro il perché, le condizioni nelle quali giace uno rispetto a un altro, nel mondo, siano talmente disparate, da fare sentire fortunati coloro che neppure se ne rendono conto, e insoddisfatti gli altri. Nel dialogo della storia, il confronto si basa sull'interpretazione di un soggiorno, che viene scambiato per una vacanza. Invece, lo scopo dei genitori di chi è in difficoltà, è spinto dal motivo nel dover cercare un lavoro di sostentamento, per l'intera famiglia. E tale vicenda, sembra essere l'occasione di fortuna per il bambino, che non comprende, immediatamente, cosa sia un centro d'accoglienza, definendo lo spostamento del suo interlocutore, fonte di probabilità per viaggiare e visitare altri luoghi. La morale della narrazione risiede nella riflessione di un incontro didascalico, che in evidenza mette le diversità delle relative ambientazioni, nonché provenienze, sottolineando un netto dislivello sociale tra i due bambini. Pubblicazione da far leggere nelle scuole. Complimenti alla sensibilità umana dell'autore!






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