Non capirsi
Descrizione: da definire...
Incipit: Non capirsi Quella lieve zoppia.
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Hai detto bene, tutto è relativo, compreso il come si è. Il come si è, lo si è, lo si diventa, in relazione al nostro tempo e spazio di vita, a sua volta poi in relazione al grado di comprensione che abbiamo raggiunto, o per meglio dire, cerchiamo di raggiungere, di e su noi stessi, in e su questo determinato tempo e spazio che abbiamo.
Questa comprensione su di sé porta così a definire poi ogni percezione fisica e quindi mentale/emozionale che abbiamo data e percepita dal, del e sul corpo, cioè di e su tutta la gamma di sentimenti, espressi e letti a livello conscio tramite le nostre emozioni, compresa quindi anche la libertà di esprimere e di esprimerci al nostro meglio, su ciò che più personalmente e singolarmente ci caratterizza o ci aggrada.
Ora siccome viviamo continuamente interagendo gli uni con gli altri, tutto chiaramente confluisce, influisce ed interagisce poi nelle e sulle relazioni stesse. Per questo chi comprende sé stesso, comprende anche il bisogno dei propri tempi e dei propri spazi da e in cui poter vivere, cioè della propria libertà di esprimere ed esprimersi per come meglio crede, ma soprattutto comprende anche il dovere di non influenzare o quantomeno non compromettere troppo con la sua libertà di espressione (con il suo spazio e il suo tempo), anche quella altrettanto dovuta e di uguale diritto, dell'altro.
Ora spesso succede invece che si tende a inglobare le libertà proprie dell'altro, nella nostra sfera di libertà di espressione personale, ma così facendo si influisce e si limita, automaticamente, e a volte purtroppo sistematicamente, l'altra persona. La si prevale mentalmente e quindi fisicamente del e sul suo personale tempo e spazio, in favore o in giocoforza del proprio. Gli si creano attorno barriere, limitazioni, muri fisici e/o mentali, in cui non può più esprimere ciò che singolarmente è o si sente di essere, ritrovandosi invece ad essere, e quindi vivere, ciò che altri pretendono, impongono, vogliono o vorrebbero.
Questo è particolarmente vero e di un sicuro rilevante peso, per e su quello che riguarda la situazione percepita e vissuta dalla donna all'interno della società, dove sia nella realtà di coppia, sia nel suo stesso stato di diritto e dovere sociale, questo viene poi sempre negato o sminuito in favore di quello dell'uomo.
Questo è il nostro limite, il male che affligge la società in cui viviamo, ci priva (ci priviamo) silenziosamente, ma sistematicamente, del nostro tempo e spazio di espressione, cioè della nostra libertà di espressione individuale, dove, completamente poi assuefatti come siamo, da tutte le distrazioni inutili o dai limiti imposti, perdiamo il senso e la comprensione di e su noi stessi, quella ricerca continua di cui parlavo all'inizio, fino a quando sembra poi del tutto normale non averne affatto, o in alternativa, ricalcare o ritrovarsi solo in quello stato di essere e quindi di vivere, indotto, permesso da altri, e/o ricercato, voluto e adottato per e verso tutti, dal sistema stesso.
Da qui partono le alienazioni, le alterazioni, le depressioni, ma anche tutte le violenze mentali e quindi fisiche di e su tutti i nostri mali moderni, da tutti poi, a nostro modo e misura, permessi, perpetuati e al contempo subiti, che ci affliggono e continuano, mutando insieme a noi, alla società in cui e su cui di volta in volta ci raffiguriamo e rappresentiamo, ad affliggerci, ma nonostante questo, portiamo, e continuiamo a portare, inesorabilmente, da sempre e come sempre appresso.
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E potrebbe trattarsi anche di una zoppia riferita allo scrivere o a un'altra forma artistica: sentire l'esigenza di modificare qualcosa del percorso, allontanandosi un po' e sperimentando altre cose, perché non più gratificante (non per mancanza di riscontri) il rapporto (sempre di rapporto si tratta) tra chi scrive e chi legge. Bisogno naturale: la ricerca continua per poter nutrire i propri sogni.
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