Il luogo della paura
Descrizione: L'indirizzo della paura. Come evitare di incontrarla.
Incipit: Il luogo della paura La paura dove è? Arriva sempre penultima. Non è una gran bella posizione ma d'a…
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conseguentemente a questo, l'un l'altro. In conclusione l'indirizzo della paura è l'individualità, è ogni singolo "IO", la concezione e coscienza stessa di questa personale e intima individualità, e quindi di riflesso poi la sua potenziale perdita, il soffocamento, la preclusione della propria diversità e libertà di espressione derivata dalla coscienza stessa di questo "IO" proprio, singolo, appartenente ad ognuno di noi e non condivisibile, dove per mantenersi tale, o cercare di ampliarsi al suo meglio, o peggio che sia (egoismo sempre presente, desideri e ambizioni future) necessita inesorabilmente di prevalere in termini di sopravvivenza, l'uno sull'altro.
È giusto, è sbagliato? Non è un problema espresso sotto questi termini, non c'è una vera reale distinzione, perché tutti a nostro modo siamo e agiamo sotto questi stessi termini, la differenza tra queste singolarità è solo che a seconda del ruolo attivo/passivo che hanno in un dato sistema sociale, le nostre scelte, le nostre azioni poi oltre che a favore o sfavore in primis su noi stessi, ricadono o possono ricadere a loro volta su relativamente poche, come anche moltissime di queste altre e diverse individualità.
Ma se noi per fare un esempio invochiamo la pace, ci dobbiamo rendere conto che è grazie ad una guerra già vinta, già combattuta o ancora portata costantemente e silenziosamente in atto che abbiamo avuto e possiamo mantenere ora il nostro stato di relativa pace. Quindi risulta ipocrita poi ogni singola costatazione di giudizio, pregno di ipocrisia, dato che tutto a nostra volta, è stato derivato e ora costantemente permesso da una precedente conquista, da una guerra vinta, da una lotta combattuta, da un guadagno ricevuto, sia esso permesso dal passato, sia esso perdurante nel presente; e dove esiste, perdura o si amplifica una qualsiasi situazione o forma di guadagno (non solo economico, ma anche esistenziale), automaticamente questo comporta per qualcun altro e nel medesimo tempo, una sconfitta, una sopraffazione, una esclusione, una preclusione, una perdita di o su questo stesso guadagno.
Vogliamo mantenere o ampliare il nostro stato socioculturale? La nostra qualità di vita? Il nostro livello di benessere? Tutto questo, il suo mantenimento costante o il suo ampliamento ha un prezzo che non abbiamo, e non paghiamo noi ora, più direttamente, quindi indirettamente tutti però, ne siamo ora indistintamente fruitori, consapevoli o meno che sia, del, e sul mantenimento costante, di esclusione e preclusione da questo stato, del medesimo altrettanto potenziale benessere spettante ad altri, a cui noi, tutti noi in minima parte, accettando di fatto questo compromesso, questa bilancia socioculturale, non a parole, ma con i fatti, priviamo, precludiamo, escludiamo così a loro il medesimo diritto su questo stato.
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E non si può dire "dobbiamo accontentarci di quello che già si ha" (il che già include di per sé uno stato di prevaricazione costante continuato ad applicare su altre e diverse realtà come spiegato poc'anzi, quindi di mantenimento dello stato ora presente), questa è una favola della buonanotte, è l'illusione che ci permette di addormentarci con una relativa coscienza già appagata o soddisfatta verso ciò a cui potenzialmente possiamo applicare una nostra singolare rinuncia di accrescimento, o di amplificazione, ma non stiamo lasciando o concedendo assolutamente nulla a nessuno così.
Il punto resta che l'individualità essendo tale si prospetta sempre e comunque su una probabilistica concezione futura, dove nei fatti poi si migliora o si peggiora, ma non si può soffocare in una determinata e fissa situazione o stato di essere esclusivamente presente.
Ognuno di noi desidererà, ambirà sempre di essere più di ciò che già è, di accrescere, e non necessariamente solo o soltanto in concezione negativa (quella è una conseguenza, una sua componente poi purtroppo di riflesso inevitabile), su ciò che è già "IO", quindi su ciò che già esistenzialmente possiede.
Questo è un dato di fatto che si può solo accettare, perché è questo esattamente, e di fatto, ciò che ci rende appunto individui biologicamente coscienti di noi stessi.
Dato che "IO" rappresenta già un concetto intrinseco di egoismo e paura, esso l'egoismo o la paura, non è più solo antecedente ad un qualsiasi fatto, persona, oggetto o contesto, venuto a porsi, e nemmeno solo una potenziale diretta conseguenza, ma il fattore esistenziale equivalente all'essere e poi percepirsi appunto "IO", una singola, non esperibile individualità.
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