
Adolf Hitler, il leader malato




Descrizione: Nel testo si analizzano i principali errori compiuti da Hitler nella seconda guerra mondiale, da un lato concentrandosi sul suo comportamento megalomane che lo portò all'autodistruzione, e dall'altro facendo un parallelo con il mondo aziendale.
Incipit: Adolf Hitler (1889-1945) nacque a Braunau am Inn, in Austria. Nel 1907 andò a vivere a Vienna con l'intenzione di diventare un artista, ma fu respinto due volte dall'Accademia di Belle Arti e visse per alcuni anni in povertà. Durante questo periodo, sviluppò molte delle idee antisemite che caratterizzarono la sua futura carriera politica. Nel 1913 si trasferì a Monaco e combatté come soldato tedesco nella prima guerra mondiale. Dopo la guerra, si unì al Partito dei Lavoratori Tedeschi…
Un caro saluto
è sempre un piacere sentirti. Sì, tra per questo e altri motivi non sono più riuscito a partecipare alle gare di BA. Spero di riprendere a farlo presto. Grazie e ciao
"La separazione istituzionale della politica e dell'economia implicava una negazione della validità della sfera politica poiché l'economia veniva identificata con i rapporti contrattuali, che erano visti come l'unico vero regno della libertà. Il resto era vaniloquio."
È un passo de La grande trasformazione di Karl Polanyi, grande economista e antropologo della prima metà del secolo passato. Era il 1944 e infuriava una guerra che con l'economia, apparentemente non aveva nulla a che vedere.
Solo che gli americani, adottando alla produzione militare un sistema di governance aziendale, surclassarono la produzione industriale europea e giapponese.
Quanto all'impianto ideologico del tuo lavoro, lamento la mancanza di adeguate conclusioni.
Ecco, io credo che il nocciolo del tuo lavoro sia l'idea che sia possibile sostituire dla politica con l'economia e di pari passo sia possibile la sostituzione del concetto di governo (che ci ha guidato fino agli anni Settanta) con quello di governance, che è tipico dei sistemi neoliberisti nati nei paesi anglosassoni e che è stato assorbito e portato a nuovi livelli dall'unione europea.
E infatti è proprio l'Europa il luogo dove, a partire dalla seconda metà degli anni Settanta, la concezione dello Stato e la sua funzione economica e sociale sono stati ripensati dando luogo a quel salto paradigmatico verso il neoliberismo, facendo della governance un sostituto funzionale della democrazia e dei suoi governi. Il processo di de-democratizzazione delle politiche dell'unione va infatti di pari passo con l'affermarsi di meccanismi sempre più evoluti ed efficienti di governance, con la trasformazione della polis coi suoi diritti in un mercato concorrenziale.
Scriveva Guido Carli, in Cinquant'anni di vita italiana:" L'Unione europea implica la concezione dello stato minimo, l'abbandono dell'economia mista, l'abbandono della programmazione economica, la ridefinizione delle modalità di composizione della spesa, una redistribuzione delle responsabilità che restringa il potere dei parlamenti e aumenti quello dei governi, il ripudio della gratuità diffusa, con conseguente riforma del sistema sanitario e di quello pensionistico, l'abolizione di ogni tipo di scala mobilie, la riduzione delle aree popolari di privilegio, la mobilità dei fattori produttivi, la scomparsa dello stato dal sistema del credito e dell'industria, l'abbandono dei comportamenti inflazionistici non soltanto da parte dei lavoratori, ma anche dei produttori dei servizi, l'abolizione delle normative che prevedono prezzi amministrati e tariffe. In altre parole, un nuovo patto coi cittadini affinché vengano diretti da élite competenti che mitighino la debolezza congenita della democrazia… "
Che dire, il Trattato di Maastrich venne firmato proprio da Guido Carli, ex Governatore della Banca d'Italia e ministro del Tesoro proprio in quel terribile scorcio nel 1992, che tutti ricordiamo bene.
Quanto alle cose militari, l'analisi è apprezzabile, ma forse il tarl, per come la poni tu, sta nel fatto che Hitler sia stato sconfitto proprio da un suo omologo, ossia un pazzo maniaco pari suo, un accentratore di decisioni ancora peggiore di Hitler, che faceva assassinare i suoi generali migliori, e mi riferisco all'eliminazione, esiziale per l'Unione Sovietica, di Tuchacevskij nel 1937. Stalin era affetto da tutti quei disturbi della personalità che giustamente attribuisci al suo omologo tedesco, qualcosa in più da una parte e qualcosa in meno dall'altra. Inoltre il sistema comunista era dirigista e soggetto a meticolosa programmazione, tutto il contrario del sistema da te auspicato. Eppure i russi hanno vinto. Certo però hanno perso la Guerra Fredda, e anche malamente. Ma oggi invece? Mi pare che siano loro quelli che vinceranno. Credo che, nelle guerre moderne, quel conti è la produzione industriale, e quindi la governance, rispetto alle volontà dei singoli uomini o alle capacità dei leader delle forze armate. Quando la produzione industriale raggiunge una massa critica gli eserciti che se ne servono non possono essere arrestati, anche se dall'altra parte vi sono prodotti anche migliori. I tedeschi produssero 6000 ottimi carri Panther nel corso dell'intero conflitto, forse i migliori dell'intero conflitto. Come il Me262. Però gli americani assemblavano diecimila pessimi Sherman ogni mese e migliaia di F4U e di P51.
Condivido pienamente il tuo pensiero finale: alla fine è il più forte a prevalere. Anche se Hitler avesse conquistato Mosca, o i giapponesi avessero vinto a Midway, o Napoleone fosse riuscito a trionfare a Waterloo, i destini delle nazioni coinvolte non sarebbero cambiati.
Infine, grazie per aver menzionato Tuchacevskij: non conoscevo la sua storia, e l'ho letta con grande interesse. Un saluto!
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