
Essere e divenire dell'uomo




Descrizione: Può l'uomo cambiare il suo essere in divenire futuro?
Incipit: Perché l'uomo non riesce e non riuscirà mai a cambiare il proprio essere in divenire? L'uomo gioca e…

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"(si muore solo nel presente, quindi non consci di questo stesso momento) e che potrebbe comunque vivere o cogliere in stato di piena coscienza, solo nel proprio passato (non nel caso della morte però, essendo essa come appurato già pervenuta nel suo presente)".
Nel momento della morte l'Io, che fino al momento fatidico è il mediatore del SÉ (colui che comprende se stesso nell'IO), cessa di essere perché l'energia vitale si interrompe. L'IO non è più cosciente e si smaterializza con la corruzione delle cellule e il SÉ semplicemente (?) scompare. Oppure rimane "essere nel presente" senza tempo né spazio. Questa sarebbe la rappresentazione dello spirito che, sganciato dalla realtà del nostro spazio-tempo, è libero di Essere senza corpo fisico.
Chi lo sa?
sarebbe più gentile. Ti pare?
Domanda:
Se viviamo nel passato come possiamo comprendere il futuro che ancora non esiste?
Se proviamo emozioni per eventi già passati come possiamo avere emozioni su eventi futuri se non IMMAGINANDO probabilità ? e perché mai dovremmo immaginare solo la paura della morte e non alternative frutto della fantasia come l'immortalità o delle emozioni come l'amore ? ( sono solo esempi che servono ad introdurre alternative diverse).
Quindi su questo tema non è immaginato niente, ma provato direttamente percependo nel nostro presente/passato la morte o invecchiamento di ciò che ci circonda nel presente/passato stesso (sia nell'oggi come sul ieri, in questo caso quindi esperienze di vita), esseri umani in primis.
Sul resto quando immaginiamo probabilità che ci sembrano "future", una volta immaginate, sono anch'esse immediatamente già presenti/passate, quindi sempre costruite, basate e associate sulla percezione, intuizione, quindi derivate da esperienze o associazioni logiche dirette o indirette di eventi causa/effetto, già comunque presenti/passati o solo passati (ricordo/memoria).
Quando ricordiamo infatti sembra quasi che invertiamo il flusso del tempo in divenire (è proprio così infatti), ma un ricordo od esperienza non è e non sarà mai l'esatto attimo o "fotogramma" di tempo già vissuto, ma un ricordo appunto di esso, una foto sbiadita o non completamente a fuoco, quindi un momento già assimilato e compreso in essere nel presente/passato dell'epoca, dall'IO, e riportato poi sempre da questo, nel presente/passato di oggi solo in divenire (di-venire a ricordo/memoria su ciò che è "in essere" già stato).
in realtà quindi, sia che pensiamo verso una visione futura, sia che ne ricordiamo invece una passata, cogliamo sempre solo il presente/passato in/di ogni pensiero, o tempo in esso poi associato mentalmente.
se io ti chiedo invece cosa immagini se stai attraversando una strada e vedi arrivare una macchina cosa immagini o prevedi? In questo caso l'immaginazione prende atto di una esperienza vissuta e già elaborata, quindi calibra al millimetro ogni tuo esatto movimento che compirai o penserai di compiere sempre e comunque nel tuo presente/passato.
Quindi in entrambe reale o meno che sia l'immaginazione stessa, si basa poi su concetti, immagini, percezioni, intuizioni, associazioni logiche già presenti/passate o passate che tornano però nel momento stesso che le ripensi/rivivi (diversamente in ogni caso) nel presente/passato attuale.
Quindi può essere o risultare veritiera come no, per questo servono poi le scienze, come controprova falsificabile.
ma non puoi intuire realmente qualcosa che non comprendi in essere, Dio intuisci che c'è perché sai per certo che nell'universo niente si crea dal niente, quindi per associazione logica ne accerti l'esistenza fuori dall'universo stesso.ma non comprenderai mai Dio, come qualsiasi cosa che noi SUPPONIAMO tendente all'infinito, ma che non possiamo provare in nessun modo, anzi per logica quei numeri stessi non sono infiniti ma solo "tendenti" appunto.
Questo è il motivo che mi spinge a credere che possa aver ragione sulle mie tesi, appurando con esse infatti solo il nostro stesso comportamento in essere, nulla che sia fuori quindi dalla nostra stessa comprensione o possibile tale, tutto ciò che va oltre noi o il finito per farla breve, sono solo pura immaginazione o intuizioni derivate da associazioni che possono apparire anche di tipo logiche, ma comunque mai dimostrabili dato che saremo già morti in essere, e derivate comunque da nostre concezioni di esse già presenti/passate, come nell'esempio del paradiso di prima.
Il primo uomo che ha provato tutto questo, quando si è visto morire qualcuno o qualcosa intorno a lui ha immediatamente provato e nel tempo poi focalizzato (in mille maniere differenti) tutte queste emozioni a partire dalla paura più pura e semplice, provate all'istante, associandole poi di volta in volta differenti immagini/emozioni fino ai nostri giorni, come la vinci la morte ? con l'amore, la serenità, la pace, la gioia, la speranza, la fratellanza o la vittoria dei/di un solo popolo, la preghiera, ecc anche queste sono intuizioni illogiche, illusorie, ma a loro modo di essere percepite sono reali e vissute poi tali, esattamente come l'esempio di prima del paradiso.
Ecco come si sviluppa quindi temporalmente il pensiero.
nella realtà quindi a nostra ancora completa insaputa e comprensione di essa, ogni movimento ricezione a qualsiasi stimolo avviene comunque nel presente/passato.
ma dal nostro punto di vista non avendo ancora nessun impulso associato a nessuna emozione registrata, qualsiasi "prima volta" viene percepita a nostro modo nel passato/presente, quindi registrata in un nostro primo e irripetibile "presente" di quello stesso impulso emozionale ricevuto (infatti non ricordiamo niente di ogni nostro primo approccio a qualsiasi emozione o impulso dato), da qui in poi quella stessa emozione/impulso sarà sempre invece anche percepita da noi stessi in un presente/passato. Ma ne avremo poi vera memoria solo quando l'io e il sistema cognitivo saranno poi in grado di riportarlo in divenire alla mente.
Da FB 9/6/22
Jung Italia - Psicologia Complessa
6 giugno alle ore 12:15 ·
Nell'anniversario della sua morte, condivido una lettera di Jung, del '45, sulla sua esperienza pre-morte (da brividi):
«Lei sa che l'angelo della morte ha prostrato anche me ed è mancato poco che mi cancellasse dalla sua lavagna. […]
Tutto sommato la malattia è stata per me un'esperienza molto significativa: mi ha offerto l'occasione preziosa di gettare un'occhiata dietro il velo.
L'unica difficoltà sta nel liberarsi dal corpo, nello spogliarsi del mondo e della volontà dell'Io.
Quando si riesce a rinunciare alla forsennata volontà di vivere e succede come di cadere in una vaga nebbia, inizia allora la vera vita con tutto quello che si era pensato e non si era mai raggiunto. È un'esperienza di ineffabile grandezza.
Ero libero, completamente libero, e integro come prima non mi ero mai sentito. Ero lontano dalla terra 1500 chilometri e la vedevo come un'enorme sfera avvolta in una splendida luce azzurrina.
Mi trovavo sospeso in un punto preciso sopra l'estremità meridionale dell'India che brillava di una luce azzurra-argentea e Ceylon pareva un opale scintillante nel profondo mare azzurro.
Ero nell'universo, su un enorme blocco di pietra in cui era costruito un tempio. Ne scorgevo l'ingresso illuminato da mille piccole fiammelle, alimentate da olio di cocco, e sapevo di dover entrare nel tempio, dove avrei raggiunto la conoscenza totale.
Ma proprio in quell'istante appariva un messaggero dal mio mondo (che fino allora costituiva un angolino del tutto insignificante dell'universo) e diceva che io non potevo abbandonarlo; e proprio allora la visione svanì.
Da quel momento dormii per tre settimane di seguito [di giorno], ma ogni notte mi svegliavo nell'universo, rivivendo tutta la mia visione.
Non ero io ad essere congiunto a qualcuno o a qualcosa, ma era la congiunzione stessa, era il hieròs gámos, l'agnello mistico.
Era una festa, una festa silente e invisibile, pervasa da un sentimento incomparabile, ineffabile di eterna beatitudine; mai avrei pensato che un sentimento del genere potesse far parte dell'esperienza umana.
Osservata dall'esterno e finché si rimane fuori, la morte appare enormemente crudele. Ma appena vi si è dentro, si prova un sentimento così intenso di compiutezza, di pace, di soddisfazione che non si vorrebbe più tornare indietro.»
(C.G. Jung, in una lettera alla dottoressa Kristine Mann, il 1 febbraio 1945)
Questo a mio parere è solo l'io stesso che rivela e ci mostra quello in cui si è più convinto o si ritrova vicino nel sentire, nel suo dissociamento stesso. Dal momento che si è nella sub coscienza ognuno ha le diverse ma ricorrenti in certi aspetti visioni, tutte di serenità, tutte di pace e completezza, guarda caso proprio quello che spesso si è convinti anche da coscienti, c'è chi vede la luce e chi no, ma questo alimenta solo la mia tesi non la smuove di nulla. Jung è un uomo come tutti e come tutti teme la morte, ripeto come la si accetta in fine? Con una senzazione di pace e serenità e solo così che si può abbracciare, l'io anche dissociato, sa e già conosce comunque il suo destino. Sarebbe interessante sapere invece le visioni di chi da cosciente ha compreso che sta per morire in quello stesso momento, chi annega, chi prende fuoco, chi si butta da un grattacielo, chi viene fucilato, loro si sentono altrettanto sereni o in pace? La vedono la luce?
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