(poesia altro, brevissimo)
di
Ofelia
Descrizione: Poesia scritta sul divano a ricordare le ultime giornate di umanità
incipit: Sul divano, gambe scoperte e libro in mano.
Descrizione: La poesia tenta di fare comprendere la perdizione di un uomo che ha perso la compagna che lo ha accompagnato per tutta la vita. Non è facile vivere decenni con una persona. Tuttavia è facile ricordarla. E se sono bei ricordi, è difficile dimenticarli.
incipit: L'incipit è una passeggiata che ho compiuto uno di questi giorni. Ho immaginato questo dolore e l'ho voluto congelate.
Descrizione: Un racconto introspettivo sulla memoria e il tempo, in cui un anziano professore, immerso nell'oblio della vecchiaia, ritrova sé stesso grazie a fotografie che risvegliano ricordi sopiti e emozioni perdute. Stile proustiano.
incipit: Le ore, i minuti, i secondi, i giorni, i mesi… ogni cosa rimane immutata, come il susseguirsi del medesimo momento ripetuto senza sosta in un loop senza fine e interminabile. Qui, in questo spazio fuori dal tempo e dimenticato nell'oblio della consapevolezza, anche il senso, senza che il ritmo ne scandisca il valore intrinseco, smette semplicemente di esistere.
Descrizione: Il racconto inizia con l'incipit di un romanzo famoso, in questo caso "Alice nel paese delle meraviglie", per poi svilupparsi in modo libero.
incipit: Alice cominciava a non poterne più di starsene seduta accanto alla sorella, sulla riva del fiume, senza far niente: un paio di volte aveva dato un'occhiata al libro che la sorella stava leggendo, ma non c'erano figure né storielle, «E a che serve un libro», pensò Alice, «se non ha figure né storielle?».
Descrizione: Illustrazione per il racconto omonimo, terzo classificato al concorso di letteratura fantascientifica 'Apuliacon 2006'.
Descrizione: descrizione da definire...
incipit: BjbjUUDEIRDRE.Il sangue colava lentamente dalle lettere e dalle cifre bianche. Macchie dello stesso colore cupo spiccavano sul gancio centrale, sul respingente sinistro, sui cavi dell'alimentazione e dei freni che pendevano inerti. Poco lontano, davanti al fabbricato della stazione chiusa da anni, un infermiere del pronto soccorso cercava di calmare il macchinista, ancora in preda allo shock. L'altro infermiere camminava lungo le rotaie, i guanti di lattice usa e getta imbrattati ed un sacco bianco in una mano, pallido in volto nonostante l'abitudine. Centrato in pieno, eh? L'agente della Polfer, alto e allampanato, gli si avvicinò con in mano un bloc-notes. Ho raccolto alcune deposizioni, ma non c'è molto da dire. Sembrerebbe che fosse immobile, in mezzo alle rotaie. Il macchinista se lo è visto davanti e ha azionato la rapida, ma era troppo tardi. Stava accelerando, come sempre dopo essere uscito dalla galleria là in fondo ed aver oltrepassato il ponte. Il segnale di protezione gli aveva dato via libera. L'agente allargò le braccia. Il vice questore fece un segno d'assenso con la testa. La giornata era grigia e umida, ma non fredda. Lui si strinse nella giacca di velluto lo stesso, reprimendo un brivido. Si rivolse all'agente: Se hanno finito di raccogliere i pezzi chiama la stazione di Callisalta e dì che facciano venire qualcuno per portare via il treno. Gli metteremo i sigilli e lasceremo andare i passeggeri quando arriveranno là. L'agente se ne andò, lasciando il vice questore da solo vicino al respingente chiazzato. Un suicidio? Al momento, aveva tutta l'aria di esserlo. Il mattino esalava il suo umido respiro, lasciando che l'anima delle montagne si sollevasse dai boschi e dalle cime in lembi di nuvole candide. Brian a volte si alzava presto solo per godersi quello spettacolo, come quel giorno. Seduto sulla collinetta che nascondeva la sua nuova casa rispetto al dirupo scosceso che portava al lago, guardava i monti di fronte a lui nel silenzio che seguiva all'alba. Nella sua mente, l'aria frizzante si unì al verde cupo degli abeti in lontananza ed insieme lo trasportarono ancora in quell'Irlanda da cui era arrivato sette mesi e ventitré giorni prima. La nostalgia si stava affievolendo, però. Quello che cercava, ammesso che riuscisse mai a dargli un nome, non si trovava sulle sponde di Erin. Forse non si trovava nemmeno lì dove si trovava ora, ma per il momento la cosa non aveva importanza alcuna. Si alzò spazzolandosi con una mano i jeans stinti e ritornò verso casa. Appena dietro la collinetta aveva ritagliato una decina di metri quadrati di orto, che si mise ad ispezionare con cura ripulendolo dalle erbacce. Poco più avanti, silenzioso e stinto da anni di abbandono che la recente presenza di Brian non aveva ancora del tutto mitigato, un casello ferroviario faceva buona guardia all'unico binario della linea che risaliva la valle fino a Calisalta. L'uomo cedette ancora una volta all'istinto che lo aveva portato ad accettare quella sistemazione da moderno eremita…
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Descrizione: E' la mia interpretazione di una leggenda su un particolare tipo di vampiro: il nachzehrer, o masticatore di sudari. Un vampiro che non riesce a uscire dalla sua bara, ed è costretto a mordere il suo stesso sudario.
incipit: Nachzehrer.I BASTA! L'urlo rimbalza nel buio della stanza. Lame di luce penetrano le tapparelle, disegnando lunghe linee oblique sulle coperte.Carlo è seduto sul letto. Il sudore si raffredda sulle sue spalle mentre artiglia le lenzuola. Il respiro è pesante, gli occhi sbarrati fissano il fondo del letto. Rimane così per un po', ansimando, poi ricade pesantemente sui cuscini. La pioggia tamburella gentile sui vetri. La sveglia scandisce la notte in piccoli intervalli di quiete.L'uomo fissa il.
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