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La musicalità degli ultimi tre versi è quasi onomatopeica. Sembra di sentire il crollo di qualcosa che travolge l'autore: un destino ineluttabile che non lascia spazio nemmeno al rimpianto o alla logorante sofferenza. La poesia è interessante (anzi, decisamente bella) con quel suo giocare tra amore e morte, tra l'incamminarsi verso la felicità e la consapevolezza simultanea di una fine. Allusiva, evocativa e vagamente ermetica, la composizione si avvale di versi curati, musicali, con qualche asperità .
L'abbraccio dell'amore viene interrrotto dall'arrivo di "venti lontani"che sono il presagio della "fine". Ma quale fine? Si cita la morte, ma non è la morte fisica dell'individuo, è la morte del sentimento che, dopo essere stato vissuto ed esplorato fino in fondo in una gioia senza lacrime, inevitabilemente è destinato a morire. Ma questo presagio non impedirà al poeta di tuffarsi nei sentieri dell'amore tanto agognato da tutti gli uomini. Poi accade l'imprevedibile....e tutto crolla provocando uno schianto che introduce in "stanze" misteriose. Questa parte è molto oscura, forse volutamente. Meno incomprensibile la contentezza nella parte finale che ha dato al poeta la possibilità di evocare ed esprimere in versi il "suo canto". Forse è il canto di chi ha conosciuto l'amore infinito, il mito che tuttti cercano e rincorrono senza trovarlo mai. Il testo è poco chiaro, un po' tortuoso nella forma, nonostante presenti delle belle espressioni poetiche. Mi suonano male questo "preannunciavano fini" e "nonostante il gigante che schiacciava il mio cammino".
Giovanni Minio in questo suo testo," Una fine", percorre, pare, a ritroso momenti felici e cupi al tempo stesso, pregni di dolore mortificante, ma conscio della propria esistenza minacciata da qualcosa che più non è, che forse rincorre, e mentre si accinge a farlo gli sfugge continuamente, si disperde, si volatilizza. Alla fine, di fronte a se stesso, medita e comprende che la vita va vissuta per quel che è, ma la sofferenza accompagna ognuno di noi, è la nostra ombra interiore, spesso sconosciuta, talvolta incombente. Ancora una volta Minio ci dimostra che la poesia non è un mero esercizio di metriche e orpelli, ma contenuti e forse confessioni che non faremmo mai ad alcuno. Roberto Naponiello
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