Certi genitori - (autore: Francesco Pino)

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Certi genitori - (autore: Francesco Pino)

Messaggio da leggere da Il Guru »

leggi documento Spiacente ma, in questo browser, la lettura a voce non funziona.

Tamirat veniva dall’Eritrea. Era arrivato in Italia come tantissimi altri prima di lui: aveva attraversato il Sudan e il deserto libico. Poi a Tripoli era stato trattenuto in uno di quei famigerati centri di detenzione fino a quando non era riuscito a pagare per salire su un barcone e raggiungere Lampedusa via mare. Dalla piccola isola siciliana era poi arrivato a Roma e lì chiedeva la mancia davanti al supermercato, aiutando la gente a portare il carrello carico fino all’automobile. Non era un clandestino, aveva il foglio provvisorio in attesa del permesso di soggiorno come rifugiato… quando vieni dall’Eritrea non è poi così difficile ottenerlo. L’Eritrea è quel paese dove il servizio militare dura per un periodo indefinito. Si comincia a diciotto anni e si può terminare anche dopo i cinquanta. Chi non completa gli obblighi di leva non ha diritto al passaporto e non può dunque lasciare il paese. Chi tenta di lasciare l’Eritrea viene imprigionato e anche la sua famiglia subisce conseguenze penali, tanti comunque vengono uccisi alla frontiera durante il loro tentativo di fuga. Tamirat era tra quelli riusciti a fuggire. Gli impiegati del supermercato lo chiamavano Taro e tutti gli davano del tu; chissà perché si da sempre del tu a chi ha la pelle scura. La signora Proietti si faceva accompagnare dalla figlia per far la spese puntualmente una volta la settimana, prendeva il carrello con una moneta da due euro che poi lasciava sempre a Taro, dopo che lui le aveva caricato la spesa in macchina. Si lasciava spesso sfuggire quella frase inconsapevolmente malata: «Poverini (laggiù, in fondo alla scala sociale), non sono anche loro (come pure gli animali) figli di Dio?»
Giorgio è un ragazzotto nato e cresciuto a Roma e fuggito dall’istituto commerciale che frequentava perché non voleva più studiare. Temporaneamente aveva lo status di rifugiato a casa sua, benché i suoi genitori cercassero saltuariamente di mandarlo via attraverso l’ufficio di collocamento. Giorgio non si chiamava come il nonno, il padre volle battezzarlo così in onore di un famoso politico italiano che prima di fondare il partito di cui era leader era stato tra i firmatari del celeberrimo “Manifesto della razza” del 1938.

Il padre di Giorgio era siciliano, originario di un paesino della zona etnea, dove la disoccupazione è da sempre una spada di Damocle sul futuro dei giovani e sul presente dei meno giovani. All’età di 25 anni si era trasferito in Friuli, dove aveva trovato lavoro come magazziniere presso uno dei punti vendita di una grossa catena di negozi di mobili con sedi in tutta Italia. Resosi conto di un certo astio - che lui recepiva come abbastanza diffuso - nei confronti di chi veniva dal meridione del Paese, chiese e ottenne (col tempo) di poter essere trasferito il più a sud possibile. Lo mandarono a Roma, dove conobbe una ragazza, siciliana anch’ella, che divenne sua moglie nonché la mamma di Giorgio.

Giorgio crebbe affascinato dalla figura paterna e dall’educazione che il genitore gli impartiva. Cose tipo: «Non andare a giocare dietro i cassonetti, potrebbero esserci degli zingari che ti rapiscono!» Oppure: «No Albània, via Albània», quando qualcuno ai semafori voleva pulirgli il parabrezza. O ancora quella frase in siciliano che fece ridere tutta la famiglia a tavola mentre il TG parlava di una manifestazione chiamata Gay Pride: «Iù ci tagghiassi u fatto do piscio e i mannassi tutti all’isola ‘sti pervertiti». Però quella volta che il padre di Giorgio entrò nella sua camera mentre lui stava guardando un video degli Slayer e disse: «Drogati, tagliatevi i capelli!» il ragazzo tra sé e sé non era del tutto d’accordo. I capelli li aveva ben rasati, questo si, ma l’inizio dell’esclamazione lo imbarazzò un po’.

Se sul fatto che si “calava le paste” quando andava in discoteca Giorgio poteva stare abbastanza sicuro di non essere scoperto, non lo era altrettanto per il tatuaggio sulla scapola che da un paio di mesi nascondeva alla famiglia: come avrebbe fatto in estate? Si perché nell’ottobre passato il ragazzo si era fatto tatuare una croce celtica con sotto una pergamena nella quale era scritto: “Un ideale tradito, un impero crollato. Il Führer è caduto, il nazismo ingannato’’. Certo, il tatuatore avrebbe potuto per lo meno dirgli che la croce era quella sbagliata, ma non volle rovinarsi il piacere.

Un sabato mattina i genitori di Giorgio uscivano dal supermercato, quello dove bazzicava Tamirat. Il ragazzo si avvicinò alla coppia e poggiò la mano sul carrello, come faceva con tutti.
«Posso aiutarvi a caricare la spesa in macchina?»
«Senti Bongo, togliti dai coglioni che non è giornata», fu la risposta del padre di Giorgio.
«Maleducato e cafone. Razzista!»
«Oh negro. Qui siete abituati che appena qualcuno vi dice qualcosa siamo subito razzisti. Ve ne dovete tornare al paese vostro, capito? Noi qui non vi vogliamo. Levati dalle palle se no finisce male.»
Tanta gente non tiene conto di una realtà fondamentale quando aggredisce verbalmente chi sta messo male: spesso non si è di fronte a un lord di Sua Maestà Britannica, ma a qualcuno che non ha nulla da perdere. E Taro reagì come un lord non avrebbe probabilmente mai fatto. Il padre di Giorgio si trovò nel giro di qualche secondo con il naso sanguinante a causa di un pugno e con due costole incrinate per il calcio che lo colpì mentre era a terra. Insomma finì male davvero, ma non come l’uomo più maturo aveva previsto. Tamirat se la diede a gambe levate, ma nessuno lo denunciò: dopo tutto era stato il padre di Giorgio a cominciare e voleva preservare quel po’ di dignità che gli restava.

Quando i genitori di Giorgio tornarono a casa dal supermercato il ragazzo era seduto al suo PC, intento a leggere una notizia visualizzata su Facebook: “nuovo naufragio in Libia. Sarebbero circa 150 le persone disperse in mare”. C’erano già diversi commenti con i quali era sostanzialmente d’accordo:
Lucia: «Peggio X loro.»
Daniela: «Mangeranno i pesci.»
Mara: «Potevano stare a casa sua.»
Alessio: «Se rimanevano da dove venivano non rischiavano nulla.»
Patrizia: «E chi se ne f…e stavate a casa vostra.»
Alessandro: «E quindi?»
Rosalba: «Non ci credo, lo dicono X impietosirci.»
Anche Giorgio lasciò dunque il suo contributo: «Gli italiani sono stati i primi a partire X le miniere… non X spacciare ammazzare o violentare… questi sono feccia vera… portateli a casa vostra.»
Mentre i suoi gli raccontarono l’accaduto lui era quindi dell’umore adatto per la giusta cosa da fare: andare a parlare con Roberto.

Roberto era uno dei migliori amici di Giorgio, benché avesse alcuni anni più di lui. Faceva parte del gruppetto dei nazi dell’Eur che il ragazzo frequentava e aveva la passione per le armi e per la caccia. Quando veniva il momento di recarsi al seggio per votare mostrava il porto d’armi come documento, aveva sia la carta d’identità che la patente, ma lui tirava fuori sempre quello. Lavorava in un alberghetto come portiere di notte. Giorgio gli raccontò l’episodio al supermercato: «A questo gli dobbiamo rompere il culo, Robè!» La risposta dell’amico non fu, però quella che il ragazzo si aspettava: «Giorgè, lascia stare. E’ tuo padre che se l’è cercata.»
«Ma che dici? Guarda che quello pretende i soldi da tutti quelli che fanno la spesa. Praticamente ruba due euro a ogni cliente, è come se domandasse il pizzo.»
«Chiede l’elemosina», tagliò corto Roberto.
«Si, e se non gliela dai ti aggredisce. Ma si può sapere perché non vuoi aiutarmi?»
«Giorgio, io penso che le nostre idee non vanno bene, è da un po’ che ci rifletto.»
«Perché?»
«Da qualche settimana lavora all’albergo una ragazza nigeriana. Prima batteva sul marciapiede, poi… non ho capito come e manco voglio saperlo, un prete l’ha tirata fuori dal giro e l’ha proposta al proprietario dell’albergo; ora pulisce le camere.»
«Embè? Che ti sei innamorato della negretta?”
«Non dire stronzate», rispose Roberto leggermente imbarazzato, «lo sai cos’è Boko Haram?»
«Mai sentito nominare.»
«E’ un’organizzazione islamica operante in Nigeria. Stuprano e uccidono le donne, sgozzano i cristiani, imbottiscono di tritolo i bambini… è un inferno. Tu non fuggiresti dall’inferno? Non ne avresti il diritto?»
«io scapperei per lavorare, non per rubare davanti i supermercati.»
«Giorgio, in queste cose on ci voglio più entrare.»

Ma Giorgio non se la diede per vinta e decise di vendicare anche da solo l’affronto subito dal padre. Tamirat venne accoltellato quello stesso pomeriggio davanti al supermercato dove chiedeva l’elemosina. Non morì, ma ebbe bisogno di un intervento chirurgico e parecchi giorni di ospedale. Giorgio invece lo andarono a prendere a casa poche ore dopo i carabinieri, ci volle niente a identificarlo. Lo arrestarono con l’accusa di tentato omicidio.
«Ma che minchia facisti?» Chiese il padre mentre lo portavano via. «Ti sei rovinato con le tue stesse mani!»
«Papà, io ho fatto quello che mi hai sempre insegnato tu.»
L’uomo chinò la testa e serrò le labbra, la porta si chiuse. La mamma di Giorgio piangeva disperata, seduta al tavolo del soggiorno. Suo marito provò a mettergli le mani sulle spalle, ma la disperazione della donna si fece ancora più grande: «Vatinni, vattene via!»
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Re: Certi genitori-commento 1

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Uno spaccato di vita reale e attuale, interessante da leggere e carico di riflessioni (dal ruolo fondamentale dei genitori nell’educazione dei figli alla straziante situazione dei migranti).
Non da meno, cela un’ironia tipicamente meridionale che fa dei dialoghi un importante tassello per leggere meglio il racconto. Aggiungiamo anche l’immagine del tatuaggio sbagliato, in questa ironia: l’ignoranza cieca è spesso la causa di tragedie evitabili.

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Re: Certi genitori - commento 2

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Il racconto contiene delle imperfezioni, refusi sparsi qua e là, frutto di una mancata revisione attenta. Questo però non toglie nulla alla bellezza di questa narrazione, sia per il tema affrontato (con il giusto distacco dell'autore o autrice che non esprime mai "pensieri personali" al riguardo della tematica, sapendo restare "fuori" dal testo, quello che è necessario fare quando si scrive). Un racconto è valido se ha qualcosa da raccontare e questo ne è il caso.

Mi sento anche di ringraziare chi lo ha scritto, proprio per il tema affrontato. Aggiungo che in certi casi non ci sono vincitori. Bravo/a.

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Re: Certi genitori - commento 3

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Ha ragione l’autore (generico mi raccomando!): a chi ha la pelle diversamente colorata o viene da paesi di migranti o semplicemente parla un’altra lingua, tante persone tendono a dare del tu, quasi a voler sminuire il rapporto sociale, come ben pensa la signora Proietti.

Noi siamo noi e voi no.

Rimanendo sul racconto: è scritto bene, un lessico semplice e un ritmo scorrevole, con giusto equilibrio di spazi dedicati a presentarci i personaggi e le loro storie: l’emigrato che si arrangia, il ragazzo che se ne guarda bene dal cominciare ad arrangiarsi; un padre-cliché che dimentica di aver ricevuto lo stesso trattamento che ora riserva a Tamirat; e l’amico, un quasi Grillo Parlante che però si defila.

Niente di nuovo o di particolarmente originale sotto questo sole: un insieme di personaggi e di storie che abbiamo trovati declinati in tanti racconti o romanzi, compresa la classica domanda “cosa faremmo noi al loro posto”. Pura demagogia per chi ragiona con la pancia e dimentica che anche noi siamo stati e siamo tutt’ora un popolo di migranti.

Un racconto che, anche con una bella scrittura sicura e senza tanti fronzoli, proprio per la sua linearità - quasi delle cronistorie - non mi ha trasmesso emozioni: nessuno dei personaggi, quale che sia la sua natura, riesce a sovrastare gli altri. Rimangono sul piano di stereotipi freddi e scontati. Anche il finale è in linea con la storia che vorrebbe essere di denuncia: un finale buonista dove si spera che a vincere sia la Giustizia.

Mi spiace questo perché a mio parere la capacità di “entrare” nei personaggi e darne maggior spessore (ad esempio le vicissitudini di Tamirat, sicuramente più pesanti che non quelle del padre) ci sarebbe, mentre invece la storia è piatta. Scritta bene ma non emozionale.

“ma nessuno lo denunciò: dopo tutto era stato il padre di Giorgio a cominciare e lui voleva preservare quel po’ di dignità che gli restava.” Con il lui la frase funziona meglio.

“Giorgio invece lo andarono a prendere a casa poche ore dopo i carabinieri, ci volle niente a identificarlo.” Fila meglio: c’era voluto niente a identificarlo. 

C’è qualche refuso, ma niente di grave, capita anche all’ultima lettura.

 
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Re: Certi genitori - commento 4

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La lettura è piacevole da una parte perché il racconto è ben riuscito, ma non si può ignorare la non-piacevolezza di ciò che si narra. Da notare come la facilità della lettura faccia da contrasto alla “pesantezza” dell’argomento, costringendo il lettore a fronteggiare diversi sentimenti: la pietà, l’indifferenza, la paura, l’ingiustizia. Si racconta di vite difficili e a rischio, di comportamenti stupidi dovuti all’ignoranza, di responsabilità genitoriali, di delusioni. Si rimane colpiti da come l’autore sia riuscito a porgere queste riflessioni al lettore con tocco delicato, narrando di fatti senza mettere giudizi. Noi lettori riconosciamo, purtroppo, atteggiamenti e comportamenti a cui siamo abituati e che cerchiamo sempre di dimenticare in fretta. Il racconto si legge con scioltezza perché è scritto bene, collegato in tutte le sue parti, capace di far immaginare le scene con poche battute. Nella penultima riga “mettergli” va corretto con “metterle” perché è femminile.

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Re: Certi genitori-commento 5

Messaggio da leggere da Il Guru »

Testo ben scritto, si lascia leggere molto bene , sembrerebbe quasi però un articolo di giornale, l’impersonalità del narratore è sia punto di forza che debolezza del testo perchè l’ho trovato alla fine un pò spersonalizzato.
La storia colpisce , sopratutto per la sua drammatica attualità e veridicità ma niente di più.
Qualche errore qua e la che in realtà non mi ha dato molto fastidio non rende questo testo peggiore però devo sinceramente ammettere che non mi ha dato ciò Chee speravo mi desse, non mi ha fatto scattare una scintilla che invece altri testi in gara mi hanno fatto scattare.
Quindi sottolineando che trovo questo racconto molto ben scritto e anche molto forte dal punto di vista concettuale (credo sia importante anche far notare come lo stile leggero faccia scorrere una storia molto più dura) però non mi ha fatto entusiasmare come invece ho letto effettivamente in molti altri commenti, non volermene..
Non sono nessuno per giudicare per cui cerco solo di dare una mia visione.
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Re: Certi genitori-commento 6

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La scrittura è buona, anzi ottima ma tutto il racconto dà l'impressione
di un tema di scuola.
Rende una realtà. Si limita a riportare dei fatti e non li
approfondisce o non obbliga ad approfondirli.
In questo non ci sarebbe niente di male se tutto non avesse la
parvenza delle chiacchiere da bar.
L'autore o autrice non mostra delle soluzioni e ha scelto un argomento
complesso sul quale molto si è detto, non offrendo, nel testo, una via
d'uscita.
Tocca tutti gli argomenti, i social per esempio, passandoci vicino
senza arrivare al cuore. Non escludo che abbia voluto evidenziare
certi aspetti non giudicando (le ragioni dell'uno contro quelle
dell'altro).
I dialoghi si leggono volentieri.
Il finale è quello giusto per la rappresentazione precedente ma il
racconto lascia un gusto di retorica.
Con una tale scrittura, si può fare di meglio!

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Re: Certi genitori-commento 7

Messaggio da leggere da Il Guru »

(Tanto i testi quanto i commenti postati restano responsabilità del partecipante e non necessariamente rappresentano opinioni/vedute del Guru o dello Staff)
--------
Commento:
Mamma mia quanti luoghi comuni! Mi ricorda tanto un "libro" scritto da Fazio tanti anni fa. Ma quello avrebbe dovuto far sorridere. Questo mi rattrista. Per via delle banalità. Al nord razzisti. Imprenditori razzisti. Figli di imprenditori razzisti e viziati. La colpa sempre dei genitori. Comunque approfitto per dire che se ti metti a osservare quelli che raccolgono le monete dei carrelli, a fine giornata non se ne vanno a casa se non hanno dato la "pappa" a quello che passa col furgone. La mafia è dove non vogliamo guardare.

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Re: Certi genitori-commento 8

Messaggio da leggere da Il Guru »

Esistono i razzisti? Sì, esistono, ed è giusto che si parli anche di loro. Un bel racconto, una storia di vita quotidiana, di periferia, come tante altre che macchiano la cronaca dei tanti giornali locali (credo che nella realtà l’episodio dell’accoltellamento non meriti più spazio, sui quotidiani, della nuova borsa firmata della Ferragni…). Ci sono tutti gli elementi di un racconto moralista al contrario, nel quale il “cattivo” è il protagonista, il padre e l’amico sono le comparse “buone” che cercano di redimerlo ma non ci riescono. Ambigua, ma molto umana, la figura del ragazzo di colore, che non si rende protagonista di atti di eroismo, anzi… eppure sembra un po’ l’eroe della narrazione. Un’idea senza dubbio originale, che va premiata.

Veniamo ora al commento sulla tecnica: mi piace molto il fatto che siano inseriti particolari didascalici (il servizio militare infinito dell’Eritrea, la setta islamica in Nigeria, ecc…) senza appesantire il racconto, un po’ meno il tono usato, che coinvolge poco. Avrei preferito un più crudezza anche nella narrazione, non solo nei dialoghi. Nel complesso un giudizio più che positivo.

VOTO: 4 :roll:
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Re: Certi genitori-commento 9

Messaggio da leggere da Il Guru »

Il racconto di Tamirat e Giorgio.
Un racconto didascalico, le cui vicende sono in parte evocate dal titolo e in cui la voce narrante cede spesso (troppo a mio avviso) il posto all'autore con precisazioni e messaggi da inviare al lettore, nella paura quasi che questo possa non comprendere o, peggio, fraintendere.
Una narrazione dunque non molto sicura, intermittente, quasi balbettante.
I tempi verbali della seconda parte sono errati. Se si adopera il passato come tempo di riferimento, per ciò che avviene in passato bisogna adoperare i trapassati e non il passato remoto o peggio l'imperfetto.
Gli incisi in siciliano sono in gran parte errati, segno che l'autore mastica poco quella lingua.
Il contenuto poi è piuttosto scontato, ma anche contraddittorio.
Più che il razzismo sembra dominare l'ignoranza, che a mio avviso è quasi una circostanza attenuante delle azioni di Giorgio, del padre e anche di Tamirat, violento come i primi due.
Anche l'eritreo che indugia con facilità alla violenza non mi pare faccia decollare la narrazione, perché mette in cattiva luce proprio coloro i quali l'autore vorrebbe sostenere, e potrebbe avere come risultato d'alimentare il sentimento opposto.
Alla fine Giorgio, nel seguire gli insegnamenti del padre razzista (ma a sua volta soggetto di razzismo si legge... un po' un non senso), si mette nei guai.
A dominare, mi ripeto, sembra più l'ignoranza che una reale e intima convinzione dei protagonisti, il che rende ogni cosa più fluida e meno intensa.
Tanto che all'amico Roberto basta un occasionale contatto umano con una povera profuga per cambiare radicalmente avviso e chiacchierare di Boko Haram, come fosse il primo difensore dei deboli.
Quindi il tema sembra spostarsi dal razzismo all'ignoranza che lo provoca. Come se razzismo e ignoranza siano sinonimi.
Troppo confuso e forse eccessivamente facile.
Chi ha scritto il manifesto sulla razza citato dall'autore non era ignorante e a sostenerlo non erano solo gli ignoranti.
Si può credere in un'idea per tutta una serie di ragioni, non sempre unite dall'ignoranza.
A ogni modo, il testo presenta altresì numerosi refusi, facilmente eliminabili con una buona ripulita.

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Re: Certi genitori-commento 10

Messaggio da leggere da Il Guru »

Ho trovato questo racconto un po’ scontato, oltre che infarcito di stereotipi (l’anziano imprigionato nei suoi preconcetti razzisti, il figlio che automaticamente cresce simile al padre e che a sua volta influenzerà negativamente i propri figli, a meno che non tragga insegnamento dalla brutta avventura vissuta… l’immigrato che si ribella ai suoi persecutori e che passa a sua volta dalla parte del torto). Credo che il razzismo, il vero razzismo intendo, si declini anche in modi molto diversi (e più subdoli) rispetto a quelli tradizionalmente riconosciuti. Nel complesso, comunque, la storia si dipana in modo fluido e scorrevole, e si lascia leggere senza particolari intoppi.

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Re: Certi genitori-commento 11

Messaggio da leggere da Il Guru »

Di questo racconto mi piace il titolo, che trovo un efficace rimando al senso che l’autore (ritengo) voglia dare al testo, e il modo di presentare i vari personaggi, come se fossero incatenati, uno dopo l’altro.

Oltre a questo mi sento di dire che non mi ha convinto molto; da un racconto che vorrebbe colpire emotivamente il lettore questa emozione non mi è arrivata, forse perché la stesura ricorda inizialmente un articolo di giornale, poi ha uno svolgimento più ironico, e i due stili non si amalgano bene.

Alcune considerazioni sulla stesura:

Non mi piacciono le parentesi in un discorso diretto: «Poverini (laggiù, in fondo alla scala sociale), non sono anche loro (come pure gli animali) figli di Dio?» e in generale trovo un po’ forzato l’inserimento di pensieri/giudizi del narratore nella vicenda. A mio avviso è più efficace far riflettere il lettore attraverso la narrazione e l’emozione scaturita dalla vicenda piuttosto che da simili inserzioni un po’ forzate.

“Temporaneamente aveva lo status di rifugiato a casa sua, benché i suoi genitori cercassero saltuariamente di mandarlo via attraverso l’ufficio di collocamento.” Ho trovato particolarmente simpatica e azzeccata questa espressione

“Giorgio non si chiamava come il nonno, il padre volle battezzarlo così …” l’aveva voluto battezzare

“in onore di un famoso politico italiano che prima di fondare il partito di cui era leader era stato tra i firmatari del celeberrimo “Manifesto della razza” del 1938.” Questo giro di parole mi sembra un po’ eccessivo, come altri passaggi più avanti.

Andrebbe rivisto, ci sono delle imprecisioni e espressioni che secondo me non vanno, ad esempio: “Ma Giorgio non se la diede per vinta”.

Non sono quindi entusiasta né dello stile, né della storia (non per i contenuti che, sebbene ben noti, non sono mai scontati e trovo sia sempre importante trattare, ma per come è presentata). Non voglio però dare un voto troppo basso perché tirando le somme non è scritto, trovo, particolarmente male.

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Re: Certi genitori-commento 12

Messaggio da leggere da Il Guru »

Credo sia indispensabile specificare subito che le perplessità che seguono non hanno nulla a che fare con l’argomento trattato, e semmai mi spingo a dire che la penso esattamente come chi ha scritto questo lavoro. Ed è proprio questo il principale problema del racconto. Ho letto le recensioni dei nostri colleghi, e ne ricordo due o tre che si complimentavano perché la Penna non esprimeva giudizi, lasciandoli al lettore. Invece, a mio parere, c’è un’intromissione pedissequa del narratore reale, non c’è alcun spazio per permettere al lettore di farsi una propria idea. L’esempio forse più eclatante di quanto ho appena scritto è nella frase che recita la signora anziana quando da i due euro del carrello al giovane di colore. Una così accentuata invasione della Penna nel racconto ha, come conseguenza, che perde la patente di vero racconto e diventa articolo di denuncia. Denuncia che civilmente condivido, ma siamo in un contest dove non è in esame l’ideologia, e un racconto che non lascia alcun spazio alla fantasia del lettore e che non riesce mai a giungere a un climax efficace, ancorché ben scritto come questo, non possa competere più di molto con altri testi qui presenti che offrono spunti di originalità e sorpresa.

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Il libro è un collage di opere grafiche e testuali pubblicate sul portale www.BraviAutori.it e selezionate tenendo conto delle recensioni ricevute, del numero di visualizzazioni e, concedetecelo, il nostro gusto personale. L'antologia non segue un determinato filone letterario e le opere sono state pubblicate volutamente in ordine casuale.
A cura di Massimo Baglione.

Contiene opere di: Dino Licci, Annamaria Trevale, Sara Palladino, Filippo C. Battaglia, Gilbert Paraschiva, Luigi Torre, Francesco Vespa, Luciano Somma, Francesco Troccoli, Mitsu, Alda Visconti Tosco, Mauro Cancian, Dalila, Elisabetta Maltese, Daniela Tricarico, Antonella Iacoli, Jean Louis, Alessandro Napolitano, Daniela Cattani Rusich, Simona Livio, Michele Della Vecchia, Giovanni Saul Ferrara, Simone De Foix, Claudia Fanciullacci, Giorgio Burello, Antonia Tisoni, Carlo Trotta, Matteo Lorenzi, Massimo Baglione, Lorenzo Zanierato, Riccardo Simone, Monica Giussani, Annarita Petrino, Luigi Milani, Michele Nigro, Paolo Maccallini, Maria Antonietta Ricotti, Monica Bisin, Gianluca Gendusa, Cristiana, Simone Conti, Synafey, Cicobyo, Massimiliano Avi, Daniele Luciani, Cosimo Vitiello, Mauro Manzo.

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L'anno della Luce

L'anno della Luce

antologia ispirata all'Anno della Luce proclamato dall'ONU

Il 2015 è stato proclamato dall'Assemblea generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) Anno internazionale della luce e delle tecnologie basate sulla luce. Obiettivo dell'iniziativa adottata dall'ONU è promuovere la consapevolezza civile e politica del ruolo centrale svolto dalla luce nel mondo moderno. Noi di BraviAutori.it abbiamo pensato di abbracciare questa importante iniziativa proponendo agli autori di scrivere, disegnare o fotografare il loro personale legame con la luce, estendendo però la parola "luce" a tutti i suoi sinonimi, significati e scenari.
A cura di Massimo Baglione.

Contiene opere di: Alessandro Carnier, Amelia Baldaro, Andrea Teodorani, Angelo Manarola, Anna Barzaghi, Annamaria Vernuccio, Anna Rita Foschini, Antonella Cavallo, Camilla Pugno, Cinzia Colantoni, Claudia Cuomo, Daniela Rossi, Daniela Zampolli, Domenico Ciccarelli, Dora Addeo, Elena Foddai, Emilia Cinzia Perri, Enrico Arlandini, Enrico Teodorani, Francesca Paolucci, Francesca Santucci, Furio Detti, Gilbert Paraschiva, Giorgio Billone, Greta Fantini, Ianni Liliana, Imma D'Aniello, Lucia Amorosi, Maria Rosaria Spirito, Maria Spanu, Marina Den Lille Havfrue, Marina Paolucci, Massimo Baglione, Mauro Cancian, Raffaella Ferrari, Rosanna Fontana, Salvatore Musmeci, Sandra Ludovici, Simone Pasini, Sonia Tortora, Sonja Radaelli, Stefania Fiorin, Umberto Pasqui.

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