I sassi nello stagno

Una zona dedicata alle riflessioni e alle idee.
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Mauro Conti
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I sassi nello stagno

Messaggio da leggere da Mauro Conti »

Quando ero bambino ero molto bravo a lanciare i sassi nell'acqua nello stagno che anni fa era vicino a casa mia.
Li facevo roteare e sulla superficie dell'acqua immobile creavo delle bellissime onde. Il sasso rimbalzava lontano, spesso fino alla fine dello stagno.
Gli altri bambini rimanevano a guardare, cercando di imitarmi ma senza riuscirci.
Il sasso era il guaio, il cattivo pensiero, la tristezza, la solitudine.
Lanciandoli con tutta la mia forza pensavo nella mia testa di bambino di poter scacciare via tutto quello che di negativo percepivo.
E con più il sasso arrivava lontano e creava cerchi sempre più ampi più l'operazione mi pareva riuscita.
Adesso da adulto molte volte in sogno mi appare quel vecchio stagno e mi riconosco mentre lancio i sassi più lontano possibile cercando di scacciare inconsciamente qualcosa andato storto nella mia via vita di adesso.
Ma all'interno del sogno, mentre l'ultimo cerchio sulla superficie dell'acqua andava, andava, fino a svanire, non lasciava mai lo stagno completamente immobile.
Come quando ero bambino, cerco di allontanare i cattivi pensieri a mio modo, ma i cerchi che rimangono sull'acqua mi danno modo di pensare che non sempre il proposito è andato a buon fine.
Gabriele Pecci
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Re: I SASSI NELLO STAGNO

Messaggio da leggere da Gabriele Pecci »

Bel racconto, anche questo ricco di diversi spunti psicologici e sociali.

L'errore se di errore si può parlare, a mio modo di vedere, è il fatto stesso di "allontanare" ,scacciare via lontano i problemi o le situazioni e relativi risvolti negativi che esse comportano o che la vita ci pone incontro.

Da bambini chiaramente è difficile cogliere questo aspetto, ma i problemi come qualsiasi altra cosa bella o meno bella nella nostra vita, non vanno scacciati o allontanati da sé senza prima averne ragione fatta, lo stesso per le questioni che inizialmente al contrario ci sembrano positive, abbracciandole ed adottandole inconsapevolmente, ma come dicevo prima ogni aspetto
và possibilmente e comprensibilmente, compreso. Questo per comprendere e quindi immagazzinare e avere in noi modo di dare/ci poi la giusta risposta ad ogni situazione emotiva o meno che ci si presenta, qualsiasi essa sia,. Per fare questo abbiamo bisogno di viverla o direttamente o di riflesso. Da bambini, appena nati impariamo e immagazziniamo tutto di riflesso. Crescendo poi, grazie alle basi sviluppate da queste stesse esperienze emotive imparate inizialmente solo di riflesso, adottiamo poi diverse risposte ai diversi stimoli interni od esterni che ci si presentano, sempre più consapevoli o specifici dettati dal nostro grado di comprensione emozionale degli stessi.

Le esperienze negative quindi sono inevitabili nella vita, fanno parte di questa e non vanno quindi solo scacciate, ma prima di tutto comprese, in seguito a questo, per la parte necessaria al nostro mantenimento ottimale psicofisico, anche poi superate tramite consapevolezza delle stesse e all' occorrenza ora sì allontanate, se risultano a noi nocive.

Se non si fa questo si continuerà sempre a vedere quei cerchi nell'acqua, perché il sasso (il problema) non sarà mai lanciato troppo lontano dalla nostra vista per non tornare poi a presentarsi sotto altra forma, ma si propagherà sempre tramite le increspature dell'acqua fino a toccarci e ferirci nuovamente.
Mauro Conti
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Re: I SASSI NELLO STAGNO

Messaggio da leggere da Mauro Conti »

Ottimo Gabriele
corretto nel dire che ogni emozione, negativa o positiva ci fa crescere.
E' un errore allontanare (o cercare di farlo) tutti i risvolti negativi dici? Occorre sempre razionalizzare TUTTO?
da uomo adulto ovviamente ti dico che hai ragione.
Ma pensa alla storia stessa dell'uomo.
Non hai mai pensato alla scaramanzia? ai riti propiziatori? alle cerimonie inaugurali?
Penso agli indiani d'America che danzano con grandi maschere attorno al fuoco per darsi coraggio e l'indomani combattere il nemico. Non sono simili ad un bambino che intende scacciare la tristezza lanciando un sasso?
Quindi a tuo avviso sono strascichi di medio evo e di antichi rituali insignificanti? Tutto deve sempre essere cosi' razionale e reale?
Lo sappiamo che alla fine si, conta la realtà, ma un po' di immaginazione possiamo mettercela? :-)
Gabriele Pecci
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Re: I SASSI NELLO STAGNO

Messaggio da leggere da Gabriele Pecci »

Ogni cosa che tende a portare o riporre la nostra "essenza" fuori dal corpo, che sia speranza,fede, o dubbio, la ho da qualche tempo teorizzata sotto il nome di "inganno dell'io". Questo è un discorso molto lungo, che andrebbe fatto con molte specificazioni a riguardo, in parte le puoi già trovare sotto ad alcuni miei testi, o su molte delle mie risposte sotto quelli di Giancarlo. Anzi questo stesso ragionamento è stato frutto proprio del dibattito aperto con Giancarlo, prima ho io stesso nutrito fede in Altro, ora questo altro ho compreso che ero e potevo essere sempre solo io. Tutto nasce dalla in-comprensione auto indotta, che a un certo punto nella vita (tutti) abbiamo e razionalizziamo della e sulla nostra futura morte, dove non potendo scappare fisicamente da essa, il corpo (l'io) , trova riparo mentale , via di fuga, e/o accettazione della/dalla stessa tramite una speranza, un dubbio (anche sotto un ipotetico piano scientifico, non solo religioso) od una fede, nel mantenimento o possibile mantenimento della propria coscienza in vita (cioè l''io) fuori dal corpo (ma il corpo è l'io, e l'io è il corpo, noi siamo perciò la nostra singolarità pensante, ma questa al fine è solo e nient'altro che il corpo che comprende sé stesso) dissociandola da esso in una qualche forma percepita poi come assolutamente dal nostro punto di vista personale, reale, diversa per ognuno di noi, ma anche associabili e possibilmente anche indotte poi a loro volta tra di loro (religioni ecc) di possibile salvezza in essere futura e quindi accettazione in divenire della morte, convincendoci ( o per meglio dire autoconvincendoci quindi in gran parte) di avere così un continuo esistenziale dopo di essa, lo stesso discorso è associabile quindi anche al perché di ogni atto di scaramanzia, rito propiziatorio, fede, progresso scientifico riguardante il corpo, tipo ipotizzare un giorno o di mantenere il corpo attivo tendendo ad un suo infinito mantenimento di essere in divenire o di traslare direttamente la propria coscienza su qualche altra struttura consona a supportarla biologica o meccanica che sia (quest'ultima anche ipoteticamente realizzabile forse, ma non auspicabile a mio avviso, e comunque essa stessa utopistica perché sarebbe sempre limitata dalla realtà stessa, finita e non infinita, quindi nel tempo e nello spazio che la racchiude). Come dicevo è un discorso lungo e complicato sia da provare a spiegare e quindi disvelare, sia da comprendere per essere così disvelato.

Comunque questo aspetto non è negativo di per sé, dato che esso porta ad ogni modo come risultato una parziale anche se distorta, comprensione di e dentro se stessi per rispondere o cercare inutilmente di rispondere al bisogno di conoscenza sui vari perché esistenziali, a cui come ti dicevo puoi trovare risposta data e precisa solo dentro te stesso tramite la comprensione da questa ricerca derivata, ma mai, oltre o al di fuori di esso (quindi del corpo/io), risposte poi riposte usualmente tramite fede se essa non disvelata, in Altro fuori da esso (Anima,Spirito,Dio ecc). Ad ogni modo ogni riflessione porta o può portare al progresso nell'uomo ed al suo miglioramento, basta guardare alla medicina, dove per cercare di prolungare o guarire il corpo per mantenerlo funzionante e attivo al suo meglio possibile o potenziale, si è giunti ad allungare di parecchio già la normale aspettativa di vita precedente ad essa; tanto quanto ad orrori, stragi, guerre fraticide, dovute alle diverse convinzioni da queste portare avute tanto in passato quanto ancora nel presente (crociate,caccia alle streghe, guerre Sante più attuali ecc). È lungo, ma interessante il discorso, se poi hai qualche dubbio o domanda a riguardo chiedi pure, cercherò di fugarlo il più possibile o risponderti al meglio delle mie possibilità.
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Déjà vu - il rivissuto mancato

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Talvolta, a causa di dinamiche non sempre esplicabili, uno strano meccanismo nella nostra mente ci illude di aver già assistito a una scena che, in realtà, la si sta vivendo solo ora. Il dèjà vu diventa così una fotocopia mentale di quell'attimo, un incontro del pensiero con se stesso.
Chi non ha mai pensato (o realmente vissuto) un'istantanea della propria vita, gli stessi gesti e le stesse parole senza rimanerne perplesso e affascinato? Chi non lo ha mai rievocato come un sogno o, perché no, come un incubo a occhi aperti?
Ventitrè autori si sono cimentati nel descrivere le loro idee di déjà vu in chiave poetica.
A cura di Francesco Zanni Bertelli.

Contiene opere di: Alberto Barina, Angela Catalini, Enrico Arlandini, Enrico Teodorani, Fausto Scatoli, Federico Caruso, Francesca Rosaria Riso, Francesca Gabriel, Francesca Paolucci, Gabriella Pison, Gianluigi Redaelli, Giovanni Teresi, Giuseppe Patti, Ida Dainese, Laura Usai, Massimo Baglione, Massimo Tivoli, Pasquale Aversano, Patrizia Benetti, Pietro Antonio Sanzeri, Silvia Ovis, Umberto Pasqui, Francesco Zanni Bertelli.

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A cura di Roberto Virdo'.

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