Profondo nord

Spazio dedicato alla Gara stagionale d'inverno 2023/2024.

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Fausto Scatoli
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Messaggio da leggere da Fausto Scatoli »

leggi documento Spiacente ma, in questo browser, la lettura a voce non funziona.

Il mese d'aprile tra tutti è crudele,
sui morti fiorisce il lillà.
L'inverno ha sepolto la loro memoria,
lasciando soltanto pietà,
e adesso una vita è una faccia ingiallita
è solo una fotografia,
la morte non vale nemmeno il giornale
che leggi e che poi butti via.


Alla soglia dei cinquant’anni ho scoperto l’amore, cosa che mai avrei creduto possibile. Per questo ho deciso di affrancarmi dal peso che mi opprime, per potermi sentire libera di amare un uomo. Ne avevo quindici quando mi violarono corpo, anima e cuore.
Il mio non è che un insieme di frammenti, spesso intrisi di dolore e rabbia, e siccome la storia inizia quando ero bambina, i ricordi non sono completi e ho chiesto aiuto a Livio, mio fratello maggiore, testimone di molte delle scene che mi hanno vista attrice principale, pur se involontaria.


[b]Valle Camonica, maggio 1936[/b]

Come ogni giorno, all’ora di pranzo mio padre accese l’apparecchio radio che ostentava con tanto orgoglio a chiunque venisse a farci visita. Poteva permetterselo anche per via del fatto che in zona c’era l’elettricità, grazie alla centrale idroelettrica di Sonico, e sebbene abitassimo in un’area isolata, tra Berzo Demo e Cevo, eravamo in grado di usufruirne.
E l’accendeva per ascoltare il notiziario di regime, di cui era fervente ammiratore.
La voce era trionfale: «Oggi, 5 maggio 1936, l’Impero italiano in Africa si è espanso. Le truppe, guidate dal generale Badoglio, sono entrate ad Addis Abeba: l’Etiopia è italiana!»
Ero una bambina di dieci anni, ma ricordo bene il volto soddisfatto di mio padre mentre ascoltava per poi sbottare: «Finalmente abbiamo qualcuno capace di far valere la Patria e portarne in alto il nome. Grande Duce! Continua così e l’Africa intera sarà nostra.»
Mio fratello, di un lustro più vecchio di me, non contraddiceva mai, ma scoprii presto che la pensava in maniera diametralmente opposta.
Non osava contrapporsi al padre padrone, non era ancora il momento. Mamma, invece, borbottò: «Però stanno uccidendo tante persone, donne e bambini compresi, anche se non hanno fatto niente di male.»
«Taci, donna, non capisci niente. Quelli sono negri, mica gente normale, e anche se crepano non importa a nessuno.»
E tutto finì lì, perché altrimenti sarebbero arrivate ritorsioni e botte, tante botte. Per tutti.
Sono certa che quello fu un episodio chiave per le future scelte di mio fratello.

Proprietario terriero, possessore di una ventina di mucche, spesso al pascolo, con cui produceva latte e formaggi, mio padre fu felice alla nascita di Livio. Un maschio in più per il lavoro, questo era il suo pensiero.
L’anno successivo, mia madre diede alla luce due gemelli, ancora maschi. Morirono pochi giorni dopo e lui le si scagliò contro accusandola di non essere una donna capace. Arrivò a picchiarla ferocemente.
Quando nacqui io fece la stessa cosa: voleva un maschio e non una femmina, quindi se la prese pure con me e non mi vide mai di buon occhio.
Si aggregò ai fascisti locali facendo anche donazioni, convinto che così sarebbe stato lasciato in pace.
E per un bel periodo ebbe ragione, poi qualcosa cambiò.


Aprile 1939

Il giorno del mio tredicesimo compleanno, mamma mi regalò una piantina di lillà, splendido fiore.
A tavola, mi resi conto che mio padre mi guardava con occhi diversi dal solito, e infatti a un certo punto mi disse: «Meno male che non abitiamo in paese, altrimenti saresti già incinta, Sara.»
«Mario!» esclamò mia madre, mentre Livio lo guardava con occhi sbarrati.
Si difese: «Beh? Ho solo detto che ho una bella figlia, nonostante tutto. Forse non posso esprimere il mio pensiero? Adesso mangiate e state zitti.»
Non osai aprire bocca.

Nel pomeriggio presi la piantina, scelsi un angolo del giardino e la misi a dimora. Stavo male e sentivo crescere una sorta di timore, ma per fortuna non accadde nulla.


Aprile 1941

Il lillà aveva proliferato e creato un’aiola, che curavo quotidianamente ogni momento che non dovevo aiutare mamma o Livio. Stavo ripulendo i fiori dalle erbacce, quando vidi arrivare dalla strada di Cevo due militari a cavallo.
Corsi in casa: «Mamma, mamma, ci sono i soldati!»
«I soldati? Presto, vai a chiamare papà.»
Andai alla stalla e lo trovai intento a foraggiare le mucche insieme a Livio.
Quando gli dissi dei militari rispose: «Impossibile. Cosa vuoi che vengano a fare qui?» Però il viso dava segni di preoccupazione; depose il forcone e andammo alla casa.
Trovammo i due sulla porta, insieme a mia madre.
Non appena ci videro, uno di loro parlò: «Camerata Mario Boni, sei tu?»
«In persona, ragazzi. Ditemi, che posso fare per voi?»
«Sappiamo che già fai tanto col gruppo locale, ma puoi fare molto di più.»
«Spiegatevi meglio.»
«Mario Boni, siamo in guerra. Lo sai, vero?»
«Certo che lo so, ma questo cosa significa?»
I due si lanciarono uno sguardo, poi: «Significa che hai un figlio di vent’anni che deve servire la Patria. Dov’è?»
Il panico colse tutti noi, mio padre provò a ribattere: «No, un momento, non è possibile. Se mi portate via il figlio come farò a seguire tutti i lavori di casa? Resterei solo con due femmine incapaci e non potrei più garantire aiuto ai camerati.» Vidi uno strano lampo attraversare i suoi occhi.
«Questo non ci interessa, Mario Boni. Sono fatti tuoi. Chiama tuo figlio.»
Uno strano ghigno accompagnò le parole di papà: «Aspettate un attimo. Se invece vi concedessi mia figlia? È giovane e illibata, potreste divertirvi con lei e dire che non avete trovato nessuno.»
L’orrore sul volto di mia madre credo riflettesse il mio. «No, vigliacco! Non puoi fare questo a tua figlia!» e cercò di scagliarglisi addosso ma un ceffone violento la fece cadere.
Urla e pianti seguirono subito dopo. Anche da parte mia, visto che i due parevano aver accettato la proposta.
«Va bene, Mario Boni, indicaci la stanza dove andare» disse il primo che aveva parlato. Mi prese per un braccio, stringendo fino a farmi male, e mi portò dentro mentre mio padre faceva strada.
Le grida attirarono Livio, che accorse immediatamente, ma venne fermato dall’altro soldato sotto minaccia di una pistola.
Comprese quanto stava accadendo e lo sguardo divenne cattivo. Rammento le sue parole, lontane: «Papà, questa la pagherai cara, te lo giuro su mia madre e mia sorella.»
Ricordo anche la risata di risposta, mentre il dolore della violenza l’ho cancellato dalla memoria.

Nel periodo successivo, mamma mi fu molto vicina e cercò di lenire le ferite, soprattutto morali, che mi erano state inflitte.
Si rifiutò al marito da allora in poi, insultandolo ogni volta che lui la prendeva con la forza, facendole male. Il suo odio crebbe, il mio ancora non era nato.
Nacque nel momento in cui mi resi conto di aspettare un bambino, figlio della prepotenza maschile, del patriarcato, dello schifo in cui il paese era finito.
Insieme all’odio nei suoi confronti, sorse una repulsione totale verso i maschi, fratello compreso. Dal quel giorno era scomparso ed ero convinta fosse scappato. Vigliacco come il padre, pensavo. Non sapevo di sbagliarmi, ero piena di rabbia e incapace di raziocinio.

Non feci parola della gravidanza, anche se mamma se ne accorse quasi subito. Mi venne accanto, in lacrime, e mi fece la domanda. Alla mia risposta affermativa disse: «Lo uccido.»
«No, non farlo, mamma. Non se lo merita.»
Mi guardò, stranita per le mie parole, e mi abbracciò forte. Piangemmo tanto.

Il problema reale si manifestò quando tutto divenne evidente.
Una sera, a cena, mi chiese se aspettassi un bambino. Gli sorrisi e accennai col capo, facendolo infuriare: «Puttana schifosa, una figlia puttana, ecco cosa mi ritrovo. Un bastardo che mi ha abbandonato e una figlia puttana…» non andò oltre perché la lama di un coltellaccio da cucina, impugnato da mia madre, lo punse alla gola.
Scioccato, mormorò: «Che fai Resi, sei impazzita? O sei bastarda e puttana anche tu?»
Solo la pressione della lama sulla giugulare lo fece stare zitto.
«Se c’è un bastardo in casa, quello sei tu, Mario. Il ventre di tua figlia è stato riempito dai tuoi amici fascisti, contro la sua volontà. Sei tu il colpevole, lo sarai per tutta la vita.»
Si allontanò, sempre col coltello in mano, e mio padre si girò di scatto, colpendola al volto e riempiendola poi di botte.
Non mi toccò ma mi disse: «Tu non uscirai più da questa casa fin che io sarò vivo, intesi?»
Se ne andò bestemmiando: «Puttane, tutte troie e puttane, sono le donne.»


Gennaio 1942

Il 10, con il supporto di mamma, partorii Michele. Lo chiamai con quel nome, anche se mio padre voleva imporgli il proprio, Mario. In fin dei conti, era felice per il fatto che fosse maschio e si congratulò con me: «Sei meglio di tua madre.» il mio disprezzo nei suoi confronti crebbe ancora.
Sebbene non desiderato, si era formato nel mio grembo e lo sentivo parte di me. Lo amai dal primo minuto, come ogni madre dovrebbe amare i frutti del proprio corpo. Fortuna volle che il bimbo fosse sano, il che fu un’agevolazione non da poco.
In caso di malattia avrei dovuto far venire qualche dottore, e cos’avrebbe pensato, vedendolo?
Alle cose necessarie pensò sempre lei, mia madre Teresa, o Resi, come la chiamava lui. Meno male che avevo lei, altrimenti non so come sarebbe finita la storia.


Aprile 1942

Una bella giornata di sole mi vide nel giardino a ripulire i lillà che cominciavano a fiorire. Poco prima avevo allattato dal seno il piccino, che ora dormiva beato. Mio padre aveva condotto le vacche al pascolo.
Mi sentivo osservata e infatti giunse una voce: «Ciao, Sara.»
Livio! Mi guardai in giro cercando di capire dove fosse e lo vidi: fucile a tracolla, mi sorrideva da oltre la siepe che delimitava il giardino.
Per un istante ebbi l’istinto di maledirlo, poi scoppiai a piangere e andai ad abbracciarlo.
«Dove sei stato finora? Se papà ti vede…»
«Mi sono unito ai partigiani, Sara, non sono scappato. Cerco di difendere la mia terra dal sopruso fascista.»
«Scusami, Livio, pensavo che fossi andato via per la paura.»
«Nessuna paura, sorellina. Però voglio vedere il mio nipotino.»
Lo guardai, attonita. «Come fai a saperlo? Ne parlano in giro? Oddio, che vergogna.»
«No, non ne parlano. Pochi sanno dell’accaduto, e sono tutti fidati, ma ogni tanto passavo di qua e ho visto l’evoluzione del tuo corpo. Ho parlato con mamma più di una volta, per questo sono a conoscenza dei fatti.»
Lo presi per mano ed entrammo in casa. Michele dormiva nella culla, mio fratello gli si avvicinò e gli diede un bacio in fronte. «È bellissimo» sussurrò per non disturbarlo.
Apparve mia madre e, vedendolo, lo abbracciò fortemente.
Poche parole, poi ci disse: «Devo andare, mi stanno aspettando, ma tornerò, statene certe.»
«Fermati» esclamò mamma, «ho messo da parte tre forme senza che tuo padre se ne accorgesse, ora te le prendo. Vi saranno utili di sicuro, figlio mio.»
Pochi istanti dopo ci accomiatammo, ma prima di partire mi guardò negli occhi: «Ho giurato di vendicarti, Sara, e mantengo sempre la parola. Al momento opportuno lo farò, ora sarebbe dannoso.»
Mi baciò sulle guance e partì.


Luglio 1944

Le stagioni si susseguirono, Michele crebbe senza particolari problemi, mia madre era una nonna formidabile. Mario Boni era sempre quello. Cattivo, violento, arrabbiato col mondo per il tradimento di Livio, che l’aveva lasciato solo a gestire ogni cosa.
Nonostante le sorti della guerra si stessero ormai delineando in modo netto, rimase ancorato alla sua idea fascista, continuando a frequentare i gruppi in zona e aiutandoli come poteva.

Una sera, non ricordo la data precisa, sentimmo spari a oltranza provenire dalle parti di Cevo. Stava accadendo qualcosa di brutto, in paese, e ci sorse il timore che potessimo venire coinvolti anche noi, pur essendo piuttosto lontani.
Non avvenne, ma vedemmo fiamme e fumo alzarsi nel cielo.
«Speriamo non ci sia di mezzo Livio» esordì mamma. Aveva ragione, non ci pensavo ma poteva benissimo essere uno scontro tra partigiani e militi.
Mio padre non ribatté, stranamente.
Qualche giorno dopo, mio fratello si fece vivo, rassicurandoci, tramite Roberta, sua compagna di lotta. Che fosse anche compagna di vita lo avremmo scoperto in seguito.


Aprile 1945

Lo vidi entrare sorridendo e urlare: «Sono arrivati gli americani, abbiamo vinto!»
Sbalordite, lo guardammo. Mio padre che esultava per la vittoria degli alleati? Aveva cambiato idea, ma da quando? Fino a poco prima sosteneva che la vittoria avrebbe arriso agli altri, e ora…
Tacitamente decidemmo di non ribattere e la cosa lo fece infuriare: «Non siete contente? Non siete mai contente voi donne, maledizione!» Uscì sbattendo la porta e andò verso la stalla.
Pochi minuti dopo giunse Livio. Non lo aspettavamo, fu una sorpresa. Aveva una mano fasciata e gli chiesi se avesse bisogno di medicazione.
«Dopo» fu la sua risposta. «Ora prendete il bambino e allontanatevi, è giunto il momento che aspettavo. Mamma, dov’è lui?»
Scosse la testa: «Non farlo, figliolo, ti prego. Non farlo.»
«Non posso, mamma. È sempre stato una spia fascista, ha mandato lui i repubblichini a Cevo perché sapeva che noi eravamo là. Sei morti e tutto il paese in fiamme, grazie a lui. Dov’è?»
«Non so, credo sia nella stalla.»
Livio mi prese per un braccio: «Andate, Sara. Recatevi alla baracca nel pascolo, verrò a chiamarvi.»
Facemmo come ci aveva chiesto, col cuore gonfio.

Michele stava raccogliendo fiori di campo, controllato a vista da noi due, quando sentimmo due colpi d’arma da fuoco. D’istinto io e mia madre ci abbracciammo, sotto lo sguardo sorpreso del piccolo.
Passarono parecchi minuti prima che arrivasse Livio.
Osservandolo, mi accorsi dei suoi occhi arrossati. Aveva pianto, di sicuro, ma quale fosse il motivo preciso potevo solo supporlo, e mi ruotavano in testa tesi e antitesi.
«Venite, potete rientrare» disse mestamente.

A casa non c’era traccia di alcun accadimento e così gli chiesi dove lo avessero sepolto.
«Sotto i lillà, Sara. A imperitura memoria del suo infame comportamento nei tuoi confronti.»
Il cuore mi fece un sobbalzo. Piansi. Mia madre era invece imperscrutabile e gestiva mio figlio con una noncuranza che non comprendevo. O forse sì, ero molto combattuta, pur se conscia del male e dei torti subiti.

Alcuni giorni dopo, stabilizzatasi del tutto la situazione nazionale con la fine ufficiale della guerra, Livio si trasferì definitivamente da noi insieme a Roberta, conosciuta durante la resistenza.
La convivenza non fu difficile. Lei era una brava donna, lui riprese a occuparsi della fattoria e del terreno, sostituendo in toto nostro padre, mentre mamma si andò lentamente spegnendo, forse sopraffatta dalla portata degli eventi, e pochi mesi dopo ci lasciò.

Il giorno del suo funerale, Michele mi chiese per la prima volta dove fosse nonno Mario.
«Al prossimo compleanno ti spiego tutto, bimbo» fu la mia risposta.


Gennaio 1946

La festicciola in famiglia per il quinto anniversario di vita di mio figlio fu semplice e frugale, pur se allietata dalla notizia della gravidanza di Roberta. Gravidanza cercata, voluta, gradita.
Dopo pranzo andai in giardino con Michele e gli feci vedere una fotografia, ingiallita dal tempo, dei nonni. Mario e Teresa.
«Nonna se n’è andata pochi mesi fa per malattia, lo ricordi, vero? Il nonno invece è morto poco prima. Ha avuto uno scontro a fuoco col nemico ed è rimasto ucciso.»
«Davvero?»
«Sì, gioia, davvero. Al pari di tuo padre, ha cercato di difendere la Patria come poteva e ci ha rimesso la vita.»
«Povero nonno. Grande nonno…» Prese la fotografia e la baciò.
Non stavo rivalutando mio padre, volevo solo che Michele crescesse tranquillo.
«Di papà non ci sono fotografie?»
«No, piccolo, non c’è stato il tempo.»
Un giorno, forse, avrebbe saputo la verità, ma per ora andava bene così.


Aprile 1975

Sono passati decenni. Livio e Roberta hanno avuto tre figli; uno è professore universitario, le due femmine sono sposate felicemente.
Anche Michele si è maritato e insieme a Clelia mi ha reso nonna due volte, con Carlo e Claudio.
Io non ho più avuto un uomo in vita mia, non me la sono sentita.
Mi sono dedicata ai fiori e agli animali, ai lillà e ai cagnolini, ultimo dei quali è Toby, una vera peste.
Però qualcosa sta cambiando, dentro di me. Ho conosciuto Giorgio, in paese, un paio di settimane fa, e da allora mi sento scombussolata. Ansia e desiderio di ritrovarlo, batticuore quando accade… cose mai provate prima.
Oggi viene a casa mia, vuole presentarsi alla famiglia, farsi conoscere.
Lo attendo girovagando per il giardino, insieme al mio cane.
Che sta cercando di fare una buca dove ci sono i lillà.
«Toby! Smettila e vieni subito via da lì. Non si fanno le buche in giardino, se non servono.»


«Quel corpo che tiene sepolto in giardino
di fiori ne dà o non ne dà?
Tenga lontano il suo cagnolino:
se scava lo ritroverà.»

Stormy Six – La sepoltura dei morti - 1975


Nda_ I nomi dei protagonisti sono di pura fantasia, ma si fa riferimento a fatti realmente accaduti. A Cevo, nel luglio 1944, i fascisti uccisero, dopo tortura, sei persone, poi diedero fuoco a quasi tutto il paese lasciando mille persone senza tetto.
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Messaggio da leggere da Namio Intile »

Ciao, Fausto.
Bel racconto. È la breve storia di una famiglia negli anni a cavallo dell'ultima guerra, visto con gli occhi della giovane protagonista, narrato in prima persona al passato e col punto di vista della ragazza. Direi che nel complesso funziona come la breve introduzione con l'analessi che narra i fatti avvenuti nel passato e la conclusione che riporta al presente della narratrice, un comodo e riuscito espediente narrativo. Il tema centrale è quello dell'inutilità della guerra con quello sussidiario della violenza alle donne. Non da meno è il conflitto tra padre e figlio, quello generazionale, che però si tramuta in una sorta di vendetta che non sembra preludere a nulla di buono in quanto ripercorre gli orrori del passato. Livio si fa in definitiva giustizia da sé col tacito assenso di madre e sorella. Forse qui potevi trovare un finale più adatto.
Il tema comunque sorregge bene la storia.
Non hai bisogno di correzioni, il testo è accurato. Ti segnalo solo: l'impero italiano in Africa... si è espanso. Lo riporti tra virgolette, ma il termine mi suona inopportuno. Non sarebbe meglio un semplice allargato, o accresciuto?
Quel "per poi sbottare", subito dopo, lo cambierei in esultare, mi pare più appropriato.
E ancora, quel "figlio della prepotenza maschile, del patriarcato, dello schifo in cui il paese era finito." mi pare una conclusione più di questi giorni. Di certo non del 1942, però dato che la riflessione viene fatta a posteriori, nel 1975, potrebbe pure andare bene.
Infine, Livio diventa partigiano nel 1942, ma la Resistenza comincia dopo l'otto settembre 1943, non prima. Non erano i fascisti che andavano a cercare i renitenti alla leva nel 1941, ma i Regi Carabinieri.
Poi faccio una considerazione di ordine generale. I personaggi sono un po' privi di sfaccettature, soprattutto i cattivi. Hai dipinto i fascisti come degli avidi stupratori senza scrupoli (ma tutti gli italiani erano fascisti prima della sconfitta) e il padre come un vigliacco, opportunista, violento e privo di amor paterno. Non si può non odiarli, esultare per la loro fine, ma forse è troppo facile, non credi?
Spesso il male si nasconde dietro il bene, dietro i buoni sentimenti, si maschera di routine e di impegni lavorativi. Il male è spesso banale più che eccezionale.
Ottimo testo, complimenti.
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Messaggio da leggere da Andr60 »

A proposito di memoria, è sempre bene ricordare che decenni fa il campo di battaglia era qui, e che le vittime erano le nostre famiglie. Basterebbe questo a favorire l'empatia con chi invece subisce oggi le conseguenze delle guerre, fomentate da... non si può dire.
Venendo al racconto, mi è piaciuta la struttura in forma di diario; la storia forse risulta troppo schematica ( a volte sembra di assistere allo scontro tra buoni e cattivi da film: nei vecchi western i buoni avevano il cappello bianco, i cattivi quello nero) ma viene svolta in modo efficace e coinvolgente. Per integrare il commento di Namio, è vero che fino al 7 settembre 1943 la stragrande maggioranza degli italiani fosse fascista per convenienza o quieto vivere, a parte una minoranza di fanatici, e che l'8 settembre molti si trovarono di fronte a una scelta che avrebbe cambiato per sempre le loro vite, soprattutto dopo la fondazione della repubblica di Salò: diventare renitenti alla leva ed entrare nella Resistenza, oppure combattere a fianco dei tedeschi.
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Re: Profondo nord

Messaggio da leggere da Namio Intile »

Ehi, Andr. Ricordo quando mio padre raccontava, all'indomani dello sbarco degli americani in Sicilia, i primi di luglio del 1943, che ricevette l'ordine da suo padre di andare, insieme all'altro fratello più piccolo, a buttare al fiume il Mussolini. Mio padre lo ricorda così. Ossia tutti i busti di Mussolini, i quadri, e la bigiotteria fascista. Fatta carriola, a notte fonda, scesero verso il fiume. E là incontrarono torme di ragazzini che si sbarazzavano del fascismo prima ancora del Gran Consiglio. E sotto gli occhi di quei quattro tedeschi che avevano colà un distaccamento con una inutile e ridicola batteria antiaerea che li doveva proteggere dalle Stratofortress americane.
Per dirti che, non soltanto l'adesione al fascismo del popolo italico fu tacita, silenziosa e sotterranea, ma anche la sua abiura seguì le medesime forme, solo che di certo fu più repentina, da mane a sera.
Dopo quindici giorni arrivarono gli americani e i Regi Carabinieri, la Chiesa Cattolica e la Mafia, non esattamente in quest'ordine, consegnarono letteralmente le chiavi del paese ai Liberatori. I tedeschi sparirono la notte dopo del fiume. Sic transit Gloria Mundi. Gli americani ringraziarono e lasciarono che i vari Don amministrassero il paese, insieme all'Arciprete e al maresciallo dei Regi. Avevano una guerra da combattere loro, non potevano perdere tempo con quattro strazzati. E il gattopardesco risultato fu che cambiò tutto per non cambiare proprio niente. Quello siciliano è un popolo astorico. Non costruiamo la storia, la subiamo come i cani subiscono le loro pulci.
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Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

Enorme, Fausto!
Ho davvero pochi aggettivi per definire un racconto così ben articolato e sentito (e in così poco spazio!): ogni momento, ogni periodo è ben studiato e pesato in questo diario, senza tralasciare (anzi!) il lato emotivo della vicenda.
Fuori dal racconto... Che triste osservare come ci stiamo avviando allo stesso tipo di atteggiamento: Namio racconta della sua Sicilia, ma "dalle Alpi alle piramidi" son tutti miserabili. Ricordo ancora quando uscì la notizia di padri di famiglie "bene" che facevano anticamera per offrire le figlie a Silvio. Dubito fosse per mantenere due braccia in più nella fattoria. L'unica cosa nella quale l'italiano è grande è la meschinità.
A presto, spero per opere più leggere.
«Amare, sia per il corpo che per l'anima, significa creare nella bellezza» - Diotima

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Re: Profondo nord

Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

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Re: Profondo nord

Messaggio da leggere da Andr60 »

Caro Namio, è verissimo che la maggior parte degli italiani fino al 7 settembre 1943 fu fascista più per convenienza e quieto vivere che per altro, e che dal 9 settembre in poi solo una minoranza aderì con entusiasmo alla repubblica di Salò. Per altri, i giovani, la scelta decise le loro vite; mio padre (nato nel 1926) divenne partigiano più per pressione ambientale che per convinzione, al netto della propaganda di regime: all'epoca, al Nord la guerra picchiava duro già da mesi e i nazi-fascisti non erano molto popolari. Negli ultimi anni della sua vita tuttavia, a vedere in che condizioni la repubblica democratica aveva lasciato il nostro Paese, mormorava sconsolato: "Non lo rifarei più". Però sapevo che, sotto sotto, fosse orgoglioso di aver fatto parte di qualcosa di più grande di lui, e che comunque è preferibile tentare e fallire piuttosto che starsene seduti tranquilli in attesa di eventi decisi da altri. Il merito di racconti come questo è anche quello di farci ripensare a quell'epoca, e di trovare delle analogie con la situazione attuale.
Saluti a tutti
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Re: Commento

Messaggio da leggere da Fausto Scatoli »

Marino Maiorino ha scritto: 26/02/2024, 18:50 Enorme, Fausto!
Ho davvero pochi aggettivi per definire un racconto così ben articolato e sentito (e in così poco spazio!): ogni momento, ogni periodo è ben studiato e pesato in questo diario, senza tralasciare (anzi!) il lato emotivo della vicenda.
Fuori dal racconto... Che triste osservare come ci stiamo avviando allo stesso tipo di atteggiamento: Namio racconta della sua Sicilia, ma "dalle Alpi alle piramidi" son tutti miserabili. Ricordo ancora quando uscì la notizia di padri di famiglie "bene" che facevano anticamera per offrire le figlie a Silvio. Dubito fosse per mantenere due braccia in più nella fattoria. L'unica cosa nella quale l'italiano è grande è la meschinità.
A presto, spero per opere più leggere.
ti ringrazio di cuore
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Re: Commento

Messaggio da leggere da Fausto Scatoli »

A. Giordano ha scritto: 26/02/2024, 21:58 Noto: la figura del padre è maccheronica, e molti dialoghi sono forzati: da rivedere.

Ma il mio è solo un parere, e lo prenda per quello che vale.
Inoltre, essendo solo simbolica la mia partecipazione per aver espresso 12 commenti, non la voto.

Tante belle cose

Antonio Giordano

"A’ femmina tropp’ lisciat’, o perd’ i pil’ o se ne vaj senz’.", adagio napoletano.”

P.S. Specifico meglio, al fine di essere chiari e non sembrare scortesi: se si legge un testo come "Ninfa plebea", che cito come esempio ma potrebbero essere altri, noterà sicuramente un linguaggio che rispecchia il contesto culturale in cui è ambientato. Nel suo racconto, manca proprio questo elemento, e per questa evidente ragione "i dialoghi" sembrano forzati.
sarà maccheronica, la figura del padre, ma si rifà a un personaggio conosciuto da mio nonno e da lui raccontatomi.
mi spiace che trovi i dialoghi forzati.
a me non pare, ma sicuramente hai ragione
l'unico modo per non rimpiangere il passato e non pensare al futuro è vivere il presente
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Laura Traverso
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Messaggio da leggere da Laura Traverso »

Il racconto mi è piaciuto molto, sin dalle prime righe ho sperato in una fine pessima del padre/padrone violento, fascista e opportunista. La storia narrata è brutale ma certamente sono convinta che simili mostri "umani" esistano e siano esistiti. E' di grande impatto la scena in cui baratta la figlia pur di non perdere l'aiuto del figlio maschio. La parte storica che descrivi l' ho sentita raccontare dai miei genitori che anch'essi affermavano che alla fine della guerra, contrariamente al durante, nessuno era più fascista. A tutta prima può sembrare un atteggiamento vigliacco, e forse lo è, ma chi non si dichiarava fascista, così diceva mio padre, veniva fucilato. Fa impressione leggere sugli orrori bellici del passato e spaventa tanto la situazione attuale... Comunque, -tornando al tuo scritto - trovo che sia coinvolgente, scorrevole e ben esposto. Voto 5 (apprezzata anche l'introduzione poetica, che anticipa gli eventi...).
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Human Takeaway

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What if we were cattles grazing for someone who needs a lot of of food? How would we feel if it had been us to be raised for the whole time waiting for the moment to be slaughtered? This is the spark that gives the authors a chance to talk about the human spirit, which can show at the same time great love and indiscriminate, ruthless selfishness. In this original parody of an alien invasion, we follow the short story of a couple bound by deep love, and of the tragic decision taken by the heads of state to face the invasion. Two apparently unconnected stories that will join in the end for the good of the human race. So, this is a story to be read in one gulp, with many ironic and paradoxical facets, a pinch of sadness and an ending that costed dearly to the two authors. (review by Cosimo Vitiello)
Authors: Massimo Baglione and Alessandro Napolitano.
Cover artist: Roberta Guardascione.
Translation from Italian: Carmelo Massimo Tidona.

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Riduzione di complessità - il libro Downpunk

è probabilmente il primo libro del genere Downpunk, ma forse è meglio dire che il genere Downpunk è nato con questo libro. Sam L. Basie, autore ingiustamente sconosciuto, presenta una visione dell'immediato futuro che ci lascerà a bocca aperta. In un futuro dove l'individuo è perennemente connesso alla globalità tanto da renderlo succube grazie alla sua immediatezza, è l'Umanità intera a operare su se stessa una "riduzione di complessità", operazione resa necessaria per riportare l'Uomo a una condizione di vita più semplice, più naturale e più... umana. Nel libro, l'autore afferma che "anche solo una volta all'anno, l'Essere umano ha bisogno di arrangiarsi, per sentirsi vivo e per dare un senso alla propria vita", ma in un mondo dove tutto ciò gli è negato dall'estremo benessere e dall'estrema tecnologia, le menti si sviluppano in maniera assai precaria e desolante, e qualsiasi inconveniente possa capitare diventerà un dramma esistenziale.
Di Sam L. Basie
A cura di Massimo Baglione.

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L'anno della Luce

L'anno della Luce

antologia ispirata all'Anno della Luce proclamato dall'ONU

Il 2015 è stato proclamato dall'Assemblea generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) Anno internazionale della luce e delle tecnologie basate sulla luce. Obiettivo dell'iniziativa adottata dall'ONU è promuovere la consapevolezza civile e politica del ruolo centrale svolto dalla luce nel mondo moderno. Noi di BraviAutori.it abbiamo pensato di abbracciare questa importante iniziativa proponendo agli autori di scrivere, disegnare o fotografare il loro personale legame con la luce, estendendo però la parola "luce" a tutti i suoi sinonimi, significati e scenari.
A cura di Massimo Baglione.

Contiene opere di: Alessandro Carnier, Amelia Baldaro, Andrea Teodorani, Angelo Manarola, Anna Barzaghi, Annamaria Vernuccio, Anna Rita Foschini, Antonella Cavallo, Camilla Pugno, Cinzia Colantoni, Claudia Cuomo, Daniela Rossi, Daniela Zampolli, Domenico Ciccarelli, Dora Addeo, Elena Foddai, Emilia Cinzia Perri, Enrico Arlandini, Enrico Teodorani, Francesca Paolucci, Francesca Santucci, Furio Detti, Gilbert Paraschiva, Giorgio Billone, Greta Fantini, Ianni Liliana, Imma D'Aniello, Lucia Amorosi, Maria Rosaria Spirito, Maria Spanu, Marina Den Lille Havfrue, Marina Paolucci, Massimo Baglione, Mauro Cancian, Raffaella Ferrari, Rosanna Fontana, Salvatore Musmeci, Sandra Ludovici, Simone Pasini, Sonia Tortora, Sonja Radaelli, Stefania Fiorin, Umberto Pasqui.

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Calendario BraviAutori.it 2012 - (a colori)

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(edizione 2012, 6,33 MB)

Autori partecipanti: Marina, Paul Olden, Maurizio Vicedomini, Lady Rugiada, Andrea Leonelli, Angela Di Salvo, Celeste Borrelli, yami iume, Recenso, Simone Guidi, Mariadele, Tullio Aragona.
A cura di Tullio Aragona.
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La Gara 64 - L'amore e le sue sfumature

La Gara 64 - L'amore e le sue sfumature

(maggio/giugno 2017, 45 pagine, 924,70 KB)

Autori partecipanti: Ida Dainese, Lodovico, Ser Stefano, Alberto Tivoli, Mirtalastrega, Fabrizio Bonati, Mastronxo, Daniele Missiroli, Angela Catalini, Skyla74, Angelo Manarola, Patrizia Chini, David Cintolesi, Manuel Crispo.
A cura di Massimo Tivoli.
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La Gara 15 - Risorse a piccoli sorsi

La Gara 15 - Risorse a piccoli sorsi

(luglio/agosto 2010, 60 pagine, 845,46 KB)

Autori partecipanti: Cmt, Gloria, Arianna, SerStefano, Arditoeufemismo, hellies15, Giacomo Scotti, Carlocelenza, Vit, Manuela, Daniela F, Vecchiaziapatty, pieromacrelli, Gigliola, Biancaspina, Titty Terzano, Michele.
A cura di Mastronxo.
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