Scheletri nell'armadio

Lo stile con cui è narrato questo bel racconto lo fa assomigliare a uno spettacolo teatrale. Qualcosa che si risveglia grazie alla magia di qualcuno che ricorda. Il regista è il narratore che all’inizio ritrova foto, luoghi e memorie; il suo cercare e riordinare i ricordi assomiglia a quei momenti dell’attesa, quando si sentono il mormorio del pubblico in sala, i colpi di tosse, gli strani brevi suoni dell’orchestra che si prepara. Poi si apre il sipario ed ecco riversarsi sul palcoscenico quei personaggi di un tempo con i loro momenti e le loro battute, l’avvicendarsi dei testi tra un pisolino e un commento, la figura di uno zio con le sue vittorie e le sue cadute, le declamazioni e gli spettacoli luccicanti, attori e attrici che danzano nel teatro e nella vita.
Infine tutto sembra rientrare piano dentro le cornici delle foto e chiudersi di nuovo negli armadi; gli scheletri smettono di ballare, i luoghi tornano silenziosi e impolverati, il sipario si chiude.
(C’è una ripetizione nella seconda riga.)